Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 16 dicembre 2020

Quegli innocenti martiri del Natale

Tra l’anno che è quasi trascorso ed il prossimo ci sono le festività natalizie, la maggior parte della gente le vivrà da pagana nel disinteresse per il tema religioso che caratterizza il Natale, quella strage degli innocenti compiuta da Erode che cercava di uccidere il Bambino, quei bambini uccisi dalla polizia di quella canaglia, sono ancora i bambini che vivono il nostro tempo martoriato da tante difficoltà e incertezze, sono i bambini maltrattati, abbandonati, usati dagli adulti privi di umanità e di coscienza, potrebbero essere i nostri bambini al sicuro nelle nostre case riscaldate nel freddo dell’inverno, ma sono i tanti bambini nel mondo di oggi che purtroppo per tante cause soffrono ancora. Tanti dimenticano che il piccolo Gesù salvato dagli angeli ha avuto la sua controparte nei bambini assassinati con l’intento di uccidere Lui, assassinati di spada davanti alle loro madri; Gesù si è salvato per andare incontro a quella Croce che lo attendeva nell’avvenire e gli innocenti martiri sono stati portati in Paradiso tra le braccia dei loro angeli custodi, due destini diversi ma un medesimo porto sicuro, il Regno dei cieli. Il Vangelo spiega così quell’episodio doloroso: «Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Matteo 2: 17,18). Il mondo è una macchina costruita appositamente dal maligno in complicità con gli uomini empi per offendere Dio nel disprezzo della vita dei più deboli e per favorire la perdizione delle anime, il mondo non è la civiltà democratica con tutte le sue contraddizioni dove i diritti delle persone sono messi al centro dell’interesse comune, tutto al contrario perché nella realtà è una macchina antropofaga che appartiene al suo vero principe che è il diavolo. I bambini di Betlemme sono morti per volontà del diavolo che agisce per tramite degli uomini a lui asserviti e il Signore lo ha permesso, come permette tante altre e innumerevoli ingiustizie, ma la morte è soltanto apparenza e nessuno porterà mai via a quegli innocenti la loro felicità, il Paradiso che tanti intendono come una favoletta o l’oppio dei popoli. Questo mondo non è a misura di bambino, è il mondo di quegli adulti che non sanno dare cose buone ai loro bambini, questa sembra una frase che contraddice il Vangelo perché Gesù afferma che “voi cattivi sapete dare cose buone ai vostri bambini”, quando mette a paragone la bontà umana con la bontà di Dio che è immensamente più grande, poiché è facile capire come gli uomini e le donne della nostra epoca non siano tutti uguali, e di tutte le altre epoche del resto. Noi adulti non dovremmo pensare di abbassarci al livello dei bambini quando ci rapportiamo a loro, ma dovremmo invece pensare di innalzarci all’altezza dei loro sentimenti e dei loro cuori, per la nobiltà d’animo di ogni bambino o bambina. Una società che non tutela l’infanzia e non rispetta la fanciullezza è una società decadente fatta di individui che sono incapaci di educare sia con la parola che con l’esempio, ma come ho detto prima grazie al Cielo non siamo tutti uguali. Quasi non serve educare i fanciulli alla benevolenza e alla compassione perché fanno parte delle loro qualità innate, è l’espressione della loro sensibilità spirituale, della loro bellezza interiore, andrebbero invece rieducati gli adulti che troverebbero nei piccoli i migliori maestri. Il Natale è la festa di un Bambino che ci insegna il valore della semplicità e l’importanza dell’umiltà che contraddistingue le persone savie, è l’amore incomprensibile di Dio per l’uomo, pensare che Dio sia potuto diventare Bambino è un atto sconfinato di amore, è il Mistero più grande della fede cristiana.

[…]

tu se’ colei che l’umana natura 
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore 
non disdegnò di farsi sua fattura.

(Paradiso, XXXIII, 4-6)

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