Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 10 giugno 2016

Il mondo incantato del diavolo

L’occhio sonnolento di Marco si posò sulla gatta che accovacciandosi sul letto chiuse gli occhi per riposarsi un po’ da una giornata fredda, allora aprì il libro e trovò le parole scritte alla rovescia con la maiuscola all’inizio, pensò di avere sbagliato libro ma si accorse che sulla copertina era sempre presente il sigillo del grande antico che presiede alla liturgia dei demoni. Si sentì chiamare dalla porta della sua stanza e dal buio fitto del corridoio scorse due occhi vivaci e perfidi, dal chiarore sinistro… si alzò dal letto senza scomodare l’animale che si era già addormentato e camminando lentamente si diresse verso la porta che ad un tratto si chiuse da sé. L’incubo di cui era vittima lo intrappolò in un ambiente grande, dal colore rosso cupo e pervaso da un odore di carne marcia, non si poteva più sopportare la vista di quella enorme bestia dalle fauci spalancate che si stagliava al di sopra del vuoto. Gridò a squarciagola con un terrore che attraversava tutto il suo corpo e scuoteva la sua mente, gridò per cercare aiuto e nessuno rispose a parte l’orrenda creatura che dominava ovunque e sembrava volerlo divorare a momenti. Non c’era altro da fare che tornare nella propria stanza, dove tra le lenzuola si sarebbe sentito protetto e al sicuro… ma qualcuno lo trattenne in quel luogo estraneo afferrandolo per le gambe e stringendolo forte alle caviglie, era un personaggio bizzarro che nei giorni precedenti si fece vedere nei suoi sogni esortandolo a pregare per non incontrare il guardiano della porta. Marco non pregò, non volle pregare, anzi il suo atteggiamento si fece sarcastico e finì con il disprezzare quei richiami alla consapevolezza, finalmente anche lui sapeva che negli orridi anfratti del mondo si nascondevano misteriose presenze, sapeva che covavano nei suoi confronti un odio implacabile. Marco però sentiva la paura, non poteva ignorarla. Allora volle correre per cercare una via d’uscita a quella prigione opprimente, corse per trovare la porta che lo avrebbe di nuovo riportato nella sua stanza, corse ovunque ma senza esito. Vide in lontananza qualcuno che se ne stava seduto per terra e si avvicinò per chiedere aiuto, domandò con voce tremante dove si trovava, che posto era quello e si sentì rispondere che quell’immenso antro colmo di figure spettrali e personaggi grotteschi era un mondo di mezzo tra la terra e l’inferno, quella persona seduta affermò di essere una strega che legata al diavolo mieteva vittime con la magia nera. Marco gli arrivò alle spalle e dopo quei discorsi la donna si voltò a guardarlo e la sua faccia era rugosa, tanto invecchiata e con un ghigno sarcastico sulle labbra e lo sguardo torvo, era una donna brutta da cui traspariva l’intenzione celata di nuocere agli altri per voluttà, ma lei disse anche che oltre a fare del male per il piacere di commetterlo seguiva una causa a cui aveva aderito dall’età giovanile e cioè dare anime al signore delle tenebre. Quella strega decise di non aiutare Marco a tornare a casa entro l’alba, in quel momento una campana dai lugubri rintocchi suonò le tre della notte e la strega si mise a cantare una nenia con quella sua voce stridula e disturbante, diceva la sua canzone: “Ad ogni ora l’uomo vive di Dio, di quel Dio che non vogliamo, quel Dio che ci ha creati e a cui abbiamo detto di no per sempre, alle tre quel Dio finisce e comincia la morte, noi siamo la morte e con noi quel Dio muore per morire a quest’ora, ogni tenebrosa notte noi siamo la morte”. La strega disse a Marco di odiare quanto poteva e di non avere più paura della sofferenza, così sarebbe tornato nella sua stanza confortevole e avrebbe dormito un sonno tranquillo, gli disse che la chiave per abbattere il muro che lo separava dall’altra realtà si trovava dentro di lui ed era il libero arbitrio. Quel modo con cui la strega intendeva fargli del male era un rito di magia nera, un rito autentico che consegnava anime al diavolo per perderle eternamente, Marco si rifiutò di odiare e si allontanò da quella donna dalle sinistre sembianze, subito dopo pregò con insistenza e fiducia quel Dio che la religione cristiana gli aveva insegnato e che la strega avversava come il suo peggiore nemico, gli chiese aiuto invocando il suo perdono, gli disse piangendo che sarebbe cambiato, che la sua vita sarebbe cambiata, che finalmente avrebbe cominciato ad amare perché si ricordò che il Dio cristiano ha la sua Legge radicata nell’amore vissuto con coerenza e tante sono le forme dell’amore, come i petali di un fiore bello e profumato. Quella strega si alzò e gli corse dietro con un arnese nelle mani e con il proposito di ucciderlo, Marco chiuse gli occhi e quando attorno a sé ebbe la sensazione del silenzio li dischiuse, era nella sua stanza con la gatta che dormicchiava ancora sul letto, la carezzò dolcemente e lei si destò dal sonno con un atteggiamento riconoscente.