Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 22 novembre 2013

Il deserto del cuore come a Nazaret

I network televisivi e radiofonici di ispirazione religiosa, specie quelli cattolici, con le loro trasmissioni annichilano il senso dell’orazione e il valore intimistico della spiritualità cristiana, meglio quindi raccogliersi nel silenzio della riflessione, della preghiera e dello studio, che ascoltare radio e guardare televisione, perché la radio e la televisione dissipano la mente e il cuore e distolgono l’anima dal Signore: per trovare il Cielo dobbiamo cercare dentro di noi e non distrarci con le cose esteriori, con tutto ciò che proviene dagli altri. Per avvicinarci a Dio dobbiamo andare nel nostro personale deserto, dobbiamo trovare la nostra Nazaret sull’esempio della santa famiglia: Gesù bambino è cresciuto in sapienza, età e grazia stando accanto a due persone straordinarie come il suo papà legale san Giuseppe e la sua mamma Maria santissima, la casa di Nazaret è la casa del silenzio e della preghiera, senza alcuna distrazione in cose fatue e mondane, è la casa della divina provvidenza, è la casa in cui dimora l’amore di Dio e quest’amore deve dimorare nel nostro cuore, deve diventare parte di noi; non intendo dire con questo che tutti debbano necessariamente diventare dei mistici o dei contemplativi, ma se una persona cerca sinceramente Dio deve allontanarsi dalle distrazioni del mondo e coltivare la propria interiorità con zelo e tenacia, nel suo cuore troverà Dio che l’aspetta, in questa dinamica del profondo consiste la vera dimensione della preghiera, nel deserto e nella solitudine, ma non nella rinuncia al prossimo, è un deserto e una solitudine vissuta dentro di sé in compagnia dello sposo, come descrive bene l’incontro tra il Signore e l’anima, il Libro sacro del Cantico dei cantici, un rapporto d’amore poetico, sensuale e romantico tra due giovani che si cercano e si trovano. Si può vivere il deserto anche stando in mezzo agli altri, e vivendo con gli altri in spirito di fratellanza, perché ciò avvenga bisogna pregare con perseveranza e, come dice il Signore nel Vangelo, senza mai stancarsi: costruendo nel proprio mondo interiore, che coinvolge anche la mente e tutte le altre facoltà nascoste di una persona, una dimensione orante, l’assiduità alla preghiera, al dialogo diretto con il Signore, pensare a Dio come Lui realmente è, un soggetto distinto da noi che ci ascolta e ci risponde, una persona buona e recettiva, profondamente empatica, che può relazionarsi con ciascuno di noi, se noi lo vogliamo, basta un poco di buona volontà e di accoglienza. I bambini nella loro semplicità credono nell’esistenza di Dio e pregano, senza farsi troppi interrogativi cervellotici, sono semplici e spontanei nella loro fede e si fidano degli adulti come il papà e la mamma che gli parlano di Dio e gli insegnano le preghiere: nell’esercizio della preghiera occorre rassomigliare ai bambini, diventare come loro, avere la loro stessa spontaneità a credere a quanto i grandi gli suggeriscono, perché la preghiera dei bambini per quanto essenziale, è una preghiera piena di fede, una fede sincera che con il trascorrere degli anni verso l’adultità, diventa il buon seme che nella vita futura germoglia per maturare in noi il dialogo con il Signore e la fiducia in Lui, per questo motivo è importante educare i piccoli alla preghiera e al senso di Dio; i bambini imparano dai grandi, il miglior atto educativo nei confronti dei bambini è il nostro esempio, far pregare i bambini è qualcosa di molto gradito al Signore, è qualcosa che in avvenire li renderà adulti migliori, per questo motivo se non si prega in famiglia con il tempo l’educazione dei fanciulli sarà in parte compromessa, educare alla preghiera significa educare alla civiltà e all’umanesimo cristiano, tutti i giovani e i giovanissimi ne hanno un bisogno immenso: i genitori che ai propri bambini non insegnano la preghiera e non parlano loro della bontà di Dio, sono dei dissennati che li consegnano al diavolo e che gli negano quel dono prezioso che è la fede e con la fede il senso della vita, la sua vera bellezza; i bambini ci ascoltano e ci guardano e comprendono molto più di quanto noi possiamo immaginare, cerchiamo di non tradirli e nemmeno di ingannarli, sarebbe una tragedia imperdonabile agli occhi del Dio divenuto bambino per condividere la nostra carne, la nostra natura umana. Per tornare al discorso sui media, per non distrarci dalla preghiera distraiamoci da televisione, radio e computer, ritagliamoci nella giornata dei momenti sacri soltanto per noi e parliamo a tu per tu con il Signore, insegniamo ai nostri bambini a fare lo stesso e a coltivare il senso di Dio, li beneficheremo immensamente e li faremo persone migliori, sempre che loro lo vogliano, ma è di norma difficile trovare opposizione al bene nell’innocenza: il linguaggio umano possiede un grande potere e cioè dare del Tu al proprio Signore ed entrare in relazione intima con Lui, soltanto gli esseri umani possono questo e le altre creature no; per valorizzare ogni giorno che Dio ci dà da vivere abbiamo la possibilità di pregare, non sprechiamo questo potenziale dissipandoci in tante stupidaggini che non hanno nessun valore, valorizziamo la nostra giornata con la preghiera, dedicando al Signore qualche ora del nostro tempo, una giornata in cui si prega è una giornata piena di valore, una giornata in cui si compiono atti di carità, che è la forma attiva della preghiera, è una giornata spesa bene, una giornata che non abbiamo sprecato inutilmente: alcuni sostengono da sempre, cioè da quando sono diventati adulti emancipati dalla cosiddetta puerilità, che il tempo è denaro e quindi vale in funzione del guadagno economico, ma il tempo della vita è una grazia che viene da Dio e vale in misura di quanto lo dedichiamo a Lui e non viceversa, di quanto a Lui lo togliamo per usarlo individualisticamente seguendo la seduzione dei nostri idoli. Nazaret è il simbolo del nascondimento e dell’umile povertà, Gesù è il Dio nascosto, che vive una vita semplice e ordinaria con gli affetti della sua famiglia, la Madonna e san Giuseppe, Gesù conosce la fatica del lavoro quotidiano, conosce il lutto nella perdita del proprio padre putativo, vede la condizione della propria madre divenuta vedova, le vedove erano persone deboli ed esposte nella società di quel tempo, non avevano tutele; Gesù conosce le difficoltà di una vita trascorsa in un villaggio abitato da persone sufficientemente abbienti ma non ricche, persone che vivevano del proprio lavoro: Nazaret è lo stereotipo sociale dell’esistenza della maggior parte dei cittadini del mondo, di quelli che non contano nulla, ma che agli occhi di Dio sono preziosi e amati con predilezione, i piccoli del Signore. Cerchiamo Nazaret e lì troveremo la santità di Dio, il suo amore per noi: nel nascondimento e nell’umiltà si nasconde l’Emmanuele, il Dio con noi.

martedì 19 novembre 2013

La vita esige Dio, la morte lo nega

Ci sono molte persone convinte che Dio non esista, e che la vita sia soltanto qui al presente, in questo mondo, persone che credono nelle capacità dell’uomo di costruire qualcosa di meglio per sé e per le generazioni future, persone che vedono nella morte il peggiore dei mali e che hanno scommesso tutto sulla soddisfazione del proprio egoismo, come se si trattasse di un valore assoluto sul quale non poter transigere: anche questa è una buona filosofia, perché di Dio cosa ce ne facciamo se ad esempio con molto denaro possiamo diventare “autenticamente” felici e vivere senza pensieri e preoccupazioni, magari circondati da coloro che continuano a soffrire e a morire, nella nostra più totale indifferenza; non crediamo in Dio e non ce ne importa proprio nulla di cercarlo, perché tanto cosa ce ne facciamo di una fantasia alienante? E’ per questo che ci si suicida sempre di più e in gran numero, perché se perdiamo quello che per noi ha veramente importanza nella vita, la vita non è più meritevole di essere vissuta, allora meglio morire perché tanto dopo non c’è niente, quindi la morte è una buona soluzione, una via di fuga per risolvere definitivamente ogni difficoltà e problema, quindi con la crisi economica le statistiche ci dicono che in Italia il numero dei suicidi è salito alle stelle, negli ultimi anni fino ad oggi: se si perde l’idolo della ricchezza e del benessere, che sostituisce Dio per gli illusi senza moralità, allora meglio uccidersi e magari portarsi con sé nella morte anche i propri cari e qualcun altro… chi me lo fa fare di vivere, se non posso essere felice come voglio io, secondo i criteri valoriali della società postmoderna? Allora disertare la vita diventa la soluzione, meglio scappare in quel tunnel buio e sconosciuto che è la morte, che affrontare con coraggio il disagio della miseria, le privazioni e la sofferenza morale, quello che per qualcuno è una malintesa perdita di dignità, in quanto la dignità è creduta come l’opinione che gli altri nella società hanno di noi, lo status e il successo, ma la vera dignità della persona umana non è questa, la dignità è il nostro valore intrinseco agli occhi di Dio che ci ama perché ci ha fatti come sue creature buone, ma per chi non crede nell’esistenza di Dio cosa volete che sia la dignità di una persona, forse la sua anima immortale, visto che l’anima al pari di Dio non esiste? La dignità è un valore relativo per qualche benpensante ateo, c’è chi l’ha e chi non l’ha, a seconda delle valutazioni “cliniche” di coloro che detengono il potere diabolico di giudicare i propri simili e di decidere se una vita non valga più la pena di essere vissuta, sia quindi immeritevole di sopravvivenza e di continuità: questa è una ideologia senza scrupoli, e sono in molti che attualmente la professano calpestando l’esistenza del loro prossimo, dei loro fratelli e delle loro sorelle in umanità, è l’ideologia della società dell’anticristo e dell’antivangelo, dove il peccato personale e collettivo diventa un irrinunciabile diritto e Legge dello Stato che è necessario rispettare per essere liberi di esprimere la propria volontà, dinanzi all’idolo tirannico dell’ego esaltato sopra l’idea illusoria di un Dio di carità e compassione. Se non si adora Dio nel proprio cuore e fuori di sé, si adora l’io con tutti i suoi idoli blasfemi al seguito e la morte diventa la soluzione ad ogni problema apparentemente irrisolvibile: la democrazia esige il rispetto delle libertà personali, ma la libertà non è poter fare quello che si vuole estraniandosi da qualsiasi ordine etico, perché vi sia libertà occorrono delle regole condivise e l’osservanza da parte di tutti i cittadini di queste regole, il contrario è l’anarchia o addirittura la tirannide. Le regole condivise in democrazia si chiamano Legge e le Leggi patrie devono rispecchiare la morale naturale scritta nel cuore di ogni essere umano, fuori da quest’ordine c’è il crimine, quello che con un termine religioso poco conosciuto e poco compreso si chiama peccato: non ci sono soltanto peccati personali, ma ci sono anche peccati collettivi, colpe sociali, e questi peccati consistono nelle molteplici violazioni dell’ordine naturale della coscienza a favore del relativismo etico, della confusione tra il bene e il male che porta gli individui che si relazionano in una società, ad una vera e propria deriva etica. Noi sappiamo che uccidere è male, se ad un certo punto della storia diventa condivisibile l’idea che uccidere sia un bene, abbiamo in tal caso una colpa sociale, in questo modo è chiaro che noi non costruiamo una civiltà migliore, ma ci avviciniamo a degli aspetti infernali di una società nemica dell’uomo e della sua dignità. Se una persona è convinta che Dio è pura immaginazione e non lo cerca, cadendo successivamente, o in concomitanza, in un grave disordine morale e nella colpa contro la Legge di amore del Dio cristiano potrà essere perdonato da codesto Dio? La risposta è no, non può esserci perdono per coloro che persistono nel crimine contro la propria coscienza, senza autentica conversione non si può essere perdonati da Dio e si va incontro a un giudizio di condanna: il Signore è buono, ma è anche giusto ed è per questo motivo che esiste l’inferno per le anime impenitenti. Alcune rivelazioni private sostengono che la maggior parte di anime che si trovano all’inferno, non credevano nella sua esistenza e in quei tormenti così acerbi, mentre erano nella vita temporale e passeggera, come non credevano nell’esistenza di Dio e nella sua natura sommamente benigna ed è vero anche, bisogna aggiungere, che senza fede non si può piacere a Dio: un metro di valutazione che sancisce o meno la salvezza di un’anima, è la grandezza e la maturità della propria fede in rapporto a Dio, ma esiste anche una ignoranza incolpevole, comunque a noi basta convincerci che il Signore è buono e vede tutto, proprio tutto fin nel profondo dei cuori e che il suo Giudizio non fa torto a nessuno. Aggiungo queste due brevi giaculatorie che prego ogni giorno, sperando che in molti le facciano proprie: “Mio Dio, Ti amo, abbi pietà di noi e del mondo intero”; “Signore Gesù, Cristo, Figlio del Dio Altissimo, abbi pietà di noi che siamo peccatori!”.

venerdì 1 novembre 2013

Ognissanti, dies natalis delle anime elette

Oggi è il primo novembre, festività di Ognissanti in cui si commemora il ricordo di tutti i santi e le sante della Chiesa; chi sono i santi? sono gli amici di Dio, coloro che nella vita sono stati fedeli alla sua Legge e ai suoi Comandamenti, coloro che hanno saputo amare con cuore libero e sereno, coloro che hanno testimoniato la fede in Cristo fino al sacrificio della vita, con coraggio e abnegazione, coloro che hanno fatto del bene senza chiedere nulla in cambio, sono coloro che la Chiesa dichiara tali perché hanno praticato con fatica e impegno le virtù cristiane in grado eroico; Ognissanti è la festa di chi nell’ordinario della propria vita ha saputo, anzi voluto con tutto il cuore, amare Dio e il suo prossimo, comprendendo che il significato dell’esistenza umana è nascosto entro un segreto accessibile a tutti, e cioè che la vita è grazia che viene dal Signore e dev’essere dono per gli altri che incontriamo sul cammino, dev’essere qualcosa di partecipato nell’amore; i santi e le sante sanno cosa significa piangere per chi soffre ed è solo, povero, emarginato, abbandonato, dimenticato da tutti e loro sono lì, sono presenti agli ultimi, vicino a loro, per condividere tutto, per dare sé stessi in un atto di autentica compassione che non si ferma al sentimento e alle lacrime, ma va oltre, fino a fondersi con il cuore del sofferente, fino a sentire l’altro come se si fosse nella sua persona, in una profonda empatia, in una comunione che è l’essenza stessa dell’amore divino; i santi e le sante sono l’onore dell’umano genere, le persone migliori che la nostra storia abbia avuto e avrà in futuro, sono persone normali come noi ma con una particolarità: hanno scelto di amare, e di amare quel Dio che li ha amati prima di ogni tempo, di amarlo nel prossimo, di amarlo con tutto il cuore e con assoluto disinteresse. Ci sono santi e sante che la Chiesa proclama tali solennemente perché siano esempi da seguire per tutti gli altri fedeli, ma sono molti di più i santi e le sante sconosciuti, persone che si sono santificate nel nascondimento, persone che nessuno conosce e che nessuno conoscerà, che il tempo si è portati via come tutti i nati da donna che magari non hanno fatto la storia, ma hanno vissuto una vita umile e all’insegna del quotidiano, proprio come noi, ma che il Signore ha riconosciuto per suoi figli e sue figlie e ha accolto nel suo Paradiso, anime innumerevoli di beati nella comunione dei santi, ma cosa significa comunione dei santi? Significa che tutte le persone che si trovano in stato di grazia di Dio, condividono i beni eterni, per coloro che sono morti è la visione beatifica nell’aldilà e sono felici e libere, impossibilitate a peccare e a separarsi dal sommo bene che è Dio stesso, Trinità beatissima nella comunione e nella partecipazione della Carità, Dio stesso; coloro che attualmente vivono quaggiù e si trovano in grazia di Dio, partecipano in modo indiretto e insensibile alla beatitudine celeste, quando passeranno la soglia della morte entreranno in Paradiso; la grazia di Dio è la condizione dell’anima in comunione con Dio ed è in stretto legame con la comunione dei santi, chi è in grazia di Dio partecipa fin da subito alla comunione dei santi; tutto questo collima con il Mistero della nostra salvezza compiuta da Gesù sulla Croce, è Gesù che ci dona il Paradiso, è Lui il nostro Cielo. Per essere degni di andare in Paradiso è necessario vivere in grazia di Dio, escludendo da noi il peccato, il male, l’egoismo, la menzogna, la cattiveria, quindi tutto quello che potrebbe separarci dall’amore di Dio, per entrare in Paradiso occorre affidarsi alla divina Misericordia ed essere in grazia: il Signore tramite la sua Chiesa ci ha donato tutti i mezzi che sono necessari per mantenersi in grazia, questi mezzi sono i Sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, sono i mezzi soprannaturali con cui il cristiano vive della stessa vita di Dio, vive in comunione con Lui, anche i santi e le sante hanno dovuto ricorrere a questi mezzi per poter avanzare e crescere nel proprio viaggio personale verso l’eterna salvezza, un continuo cammino di conversione a Dio e di separazione dal peccato, hanno dovuto combattere il male che si annidava in loro e scegliere sempre per il bene, sono loro a insegnarci che la vera vita cristiana è la vita di un soldato in battaglia, è un combattimento instancabile contro le forze del male, contro l’impero delle tenebre le cui colonne portanti sono la carne, il mondo e il maligno. I santi e le sante sono grandi combattenti, non si sono mai arresi e sono coloro che veramente hanno realizzato in pienezza la propria vita, l’hanno realizzata scegliendo Dio e rinunciando a sé stessi, è come se in loro il Santo Vangelo sia divenuto persona a imitazione del Maestro Gesù Cristo, i progetti che il Signore aveva su queste creature buone si sono compiuti perché hanno ascoltato la sua Parola di verità e gli hanno dato la massima fiducia. In questo giorno ricordiamoci del Cielo in cui tutti i nostri santi e le nostre sante vivono eternamente, loro ci vogliono felici per sempre e noi cerchiamo con il nostro impegno di cristiani di diventare conformi alle beatitudini evangeliche, per essere degni di partecipare al medesimo destino di gioia e di pace senza tramonto. L’ultima parola non è della morte, l’ultima parola è la Risurrezione di Cristo, fissiamo lo sguardo a Gesù risorto, quello è il nostro vero destino e il senso autentico della virtù teologale della Speranza. La festa di Ognissanti è una festa con una valenza prettamente pasquale ma anche universale, il dies natalis di ogni anima umana creata da Dio-Amore per il Paradiso, il Dio amante della vita.