Ho
sentito dire da qualcuno che la vita va consumata, come se si trattasse di una
candela che inesorabilmente si consuma e alla fine si spegne risolvendosi in un
po’ di fumo che svanisce; è la convinzione sul modo di intendere la vita che ha la
maggior parte della gente, tutto quaggiù e subito e dopo niente; questa visione
atea e materialistica della vita si può definire con tre parole cariche di un
significato contrario alla speranza cristiana, queste correnti di pensiero sono
il modernismo, il secolarismo e l’intramondanità; molti sono seguaci di queste
scuole di filosofia senza neanche saperlo, alla radice della loro affermazione
nelle coscienze e nella società c’è una nascosta quanto insidiosa apostasia,
cioè il rinnegamento delle verità di fede tramandateci dagli Apostoli del
Signore, un disinteresse per la fede, una subdola miscredenza. Per molti altri
invece la fede è stata una straordinaria riscoperta che li ha portati ad una
sincera conversione al Vangelo e alla preghiera, dove le coltri di tenebra
sembrano avvolgere tutto e prevalere sulla sana dottrina si accendono
incessantemente delle luci che intensificano il loro fulgore e chiamano altri
con la propria testimonianza veritiera a tornare al Signore e alla sua Legge; ci
sono due lati in una medaglia che si oppongono e non si guardano mai, c’è il
lato cattivo e c’è il lato buono, ciascuno di noi può scegliere liberamente da
che parte stare e agire di conseguenza per il bene o per il male; la vita non è
qualcosa che va consumata, bensì va vissuta secondo degli ideali che sono
estranei ai falsi valori materiali ed epicurei, questi ideali ce li insegna
Gesù con il suo Vangelo e l’esempio della sua vita, sono innanzitutto il
ritorno alla vita interiore con la preghiera e la pratica delle virtù
cristiane. C’è una condizione imprescindibile per essere felici anche quaggiù
ed è amare il prossimo, quando noi amiamo gli altri che incontriamo sul nostro
cammino e abbiamo il cuore proteso a fare del bene, ci sentiamo tranquilli
nonostante le prove e le difficoltà e ci pervade la pace, siamo contenti perché
sappiamo di essere approvati dal Signore che incessantemente ci chiama alla
conversione. La vita non è un bene di consumo come un prodotto che si compra al
supermercato, la vita è un miracolo che Dio ha fatto per noi, la vita non si
spiega con la scienza o con la medicina, la vita non può essere estraniata da
quel senso di profondo mistero che la avvolge, donare la vita a una persona è
un atto d’amore e Dio lo compie passando dall’amore sponsale che nasce tra l’uomo
e la donna, sono loro che partecipano alla creazione di una nuova anima
predestinata alla vita eterna, una sola anima ha un valore immenso, è più
importante nel concetto di Dio dell’intero universo creato. La vita non va
consumata, la vita va vissuta spendendola per gli altri, vivere non per sé
stessi ma per gli altri è l’unica via possibile per dare significato alle
nostre vite: una società sana è fondata su questo tipo di etica, una società
malata dimentica l’etica e si corrompe e tutti diventano chiusi ed ostili al
prossimo, c’è egoismo e indifferenza e in tal modo si edificano e si radicano le
strutture di peccato, dove il male morale viene favorito e diffuso dalla
colpevole complicità omertosa della maggioranza dei cittadini della nostra collettività.
Il cambiamento parte dai singoli che si relazionano e quindi dal proprio ambito
personale, se io cambio contribuisco a cambiare in meglio una particella del
mondo, quella particella fondamentale è la mia persona, poi la mia famiglia, il
mio gruppo di lavoro, la comunità religiosa a cui appartengo e infine la
società locale e l’intera civiltà: un cambiamento positivo avviene soltanto se
c’è l’adesione di tutti, se tutti in diversa misura vi partecipano, se tutti lo
vogliono e si impegnano seguendo una schema condiviso di valori onesti e obiettivi
benevoli; quel che deve cambiare è soprattutto il cuore delle persone ( l’uomo non può vivere in pienezza la sua
dignità senza la pratica delle virtù umane e cristiane ), occorre buona
volontà e rinuncia altrimenti non può esserci nemmeno un inizio che porti ad un
esito felice. Questa proposta è troppo favolistica e la gente è fatta in un
certo modo, non si può far finta di non conoscere le reali proporzioni del male
nel mondo, ma è bello sperare e cercare di fare qualcosa nel proprio piccolo:
la vita non va consumata, va vissuta per gli altri affinché sia carica di senso,
stare dalla parte della vita è stare dalla parte di Dio.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
martedì 21 febbraio 2017
domenica 19 febbraio 2017
La discriminazione è uno sbaglio
La
disabilità rende una persona diversa se paragonata al modello di efficienza e
di bellezza che la società impone per omologare tutti a dei canoni
precostituiti, per fare della collettività un allevamento di individui che corrispondano a ideali conformi alle
aspettative di chi detta legge, quelle leggi sociali che ci presentano la vita
come una competizione dove vincono i forti e i deboli soccombono; la disabilità
è invece una straordinaria risorsa per la società, la disabilità è una forza
capace di motivare una persona a dare il meglio di sé, la disabilità mette in
evidenza talenti che molto spesso sono nascosti o che gli altri, i normali benpensanti, negano e non
vogliono vedere per paura o pregiudizio; ci sono tante forme di disabilità e
nessuna di esse è veramente un ostacolo alle abilità innate, o sviluppatesi nel
tempo, di una persona che ama la vita e vede nel prossimo un grande valore,
questa capacità di visione nel riconoscere il valore degli altri e gli aspetti positivi,
le qualità diversificate che l’invidia di alcuni o la loro ipocrisia, talvolta
la loro stupidità, tendono a non riconoscere e a non coltivare come un bene per
tutti, come una opportunità. Una persona diversamente abile solitamente
manifesta una maturità e una sapienza che per coloro che sono senza problemi
sono virtù sconosciute, vivere stando nelle comodità e senza particolari difficoltà,
quindi estranei alla sofferenza anche minima, porta un soggetto a costruirsi
delle illusioni e ad arroccarsi in una falsa sicurezza; la persona problematica
deve mettersi sempre in discussione e ha l’imprescindibile dovere di combattere
contro sé stessa e contro un mondo che tante volte si rivela ostile, ogni
giorno è una sfida da superare per migliorarsi, e per migliorare le proprie
relazioni con coloro che abbiamo vicino e che incontriamo nell’avventura dell’esistenza,
ogni giorno è un nuovo inizio che ci convince di quanto sia bella e preziosa la
vita, un dono gratuito di Dio e la prova del suo amore per ciascuno di noi. Chi
ama non vede le differenze ed è il caso dei bambini che accettano chiunque
senza mai formulare nei loro cuori il disprezzo, l’egoismo e l’esclusione:
quando una persona non si accorge della disabilità ma vede la persona in quanto
tale e conoscendola sottolinea il suo lato positivo, le sue caratteristiche
interessanti, pensa alla maniera di un bambino, dimostra di possedere la
mentalità del vero cristiano. Tanti adulti che abitano il mondo, hanno
conservato nel tempo quasi miracolosamente la purezza del loro cuore, e si
approcciano indistintamente agli altri secondo uno schema che rivela un
autentico spessore umano, non fanno differenza tra persona e persona, non
risentono neanche di quel atteggiamento meschino che consiste nel rispetto
umano, riverire alcuni che sarebbero degni di stima e considerazione per poi
disprezzare o ignorare altri ritenuti a torto senza importanza. Ci sono tre opposte categorie di disabilità che consistono in un handicap fisico, psichico o
intellettivo, ma nessuna di queste tre acerrime nemiche toglie a una persona la
sua dignità ( sacralità e inviolabilità
della vita umana ), a conculcare la dignità di qualcuno sono sempre delle
persone cattive in cui è assente la capacità d’amare e di compatire, di patire assieme il che significa
condividere e solidarizzare per amicizia con coloro che nella vita, senza
alcuna colpa, devono faticare di più e hanno maggiore necessità di essere
aiutate a conquistare una propria autonomia: ciascuno di noi ha bisogno degli
altri, nessuno deve essere lasciato solo. Diversamente abili o diversamente
normali…? perché coloro che non hanno paura del diverso sono pervenuti ad una
profonda conoscenza di sé, e temono soltanto che chi non sia come loro possa considerarli
diversi o addirittura inadeguati, ma quel che pensano gli altri vale in una
certa misura, vale in proporzione al rispetto e alla verità, vale se noi
riteniamo che chi ci conosce sia un amico e quindi lo carichiamo di significato e di importanza: vogliamo essere
corrisposti da quelle persone che portiamo nel nostro cuore, per cui proviamo
un sincero sentimento affettivo, l’amicizia è quel nobile sentimento. Se siamo
civili e abbiamo una buona coscienza non dobbiamo dire: “Vedo i tuoi difetti, vedo il tuo handicap e ti detesto”, piuttosto
dobbiamo dire: “Vedo come sei e ti
accetto con i tuoi pregi e con i tuoi difetti, proprio come accetto me stesso”;
l’amore maturo dice: “Ho bisogno di te,
perché ti amo”, è questa la sana modalità di rapportarsi senza nuocere e
senza discriminazioni nei confronti di chiunque incontriamo, perché siamo tutti
dei diversi, nessuno è uguale a un altro; se ami non giudichi ma ti impegni a
fare esclusivamente il bene che è nelle tue possibilità. Al di là di ogni reale
o apparente disabilità è nascosto un potenziale positivo, sono i talenti che il
Signore in diverso modo e in diversa misura ha distribuito a ciascuno di noi
per l’edificazione comune.
domenica 12 febbraio 2017
Perché Dio è un mendicante
Dalla
relazione con gli altri, ed in modo particolare con i più deboli, manifestiamo
la nostra indole cristiana; il nostro temperamento si esprime nei modi di agire
gli uni verso gli altri, e quando ci accorgiamo delle persone diventiamo ciò
che nel nostro intimo talvolta abbiamo timore di esprimere. Non sempre ci è
possibile comprendere le situazioni e le difficoltà degli altri, ma quando ci
riusciamo il nostro animo viene nobilitato da una fonte limpida che scaturisce
dall’alto e che si chiama Carità. Le nostre parole nei confronti del prossimo
dicono chi siamo, quando diciamo bene di qualcuno o leniamo un dolore
psicologico tendiamo a quella fonte pura che non appartiene all’ordine di
quaggiù e che alcuni erroneamente definiscono solidarietà o empatia. Quando
vedo una persona che soffre provo compassione e il desiderio sincero di aiutare
e liberare da quel male che la opprime, un simile atteggiamento psicologico ci
qualifica come uomini e donne che possiedono quella natura genuina che ci rende
dissimili dalle creature inferiori, le quali sono condizionate dall’istinto e
non possiedono quel grande dono che è la libertà; con la libertà impostiamo la
nostra vita nel bene o nel male, con la libertà costruiamo noi stessi momento
per momento, è la libertà che ci trasforma in angeli o demòni. Il Signore ci ha
lasciato questo testamento nel suo Vangelo: “…i poveri li avrete sempre con voi, invece non avrete me per sempre”,
ed inoltre: “…quel che fate a loro, lo
fate a me”, in queste parole di nostro Signore c’è la chiave che apre la
porta del suo Regno; quando piangiamo per un’altra persona e non per noi stiamo
semplicemente amando, ci siamo aperti alla grazia e Dio ha preso posto nei
nostri cuori; le lacrime dell’egoismo sono le lacrime di chi è immaturo ed
estraneo alla logica della condivisione e del sacrificio: “…nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri
amici”, non c’è un amore vero senza abnegazione, senza che l’altro abbia
nel nostro cuore un posto tanto elevato da svuotarci del nostro io e della
nostra superbia, Dio infatti è mansueto e umilissimo: “…eccomi sono l’ancella del Signore, si compia in me la tua parola”,
è il sì di Maria al disegno di Dio, è la sua umiltà dinanzi a una domanda e a
una attesa, è l’amore di una creatura, la più alta e nobile. Con il povero ci
si può comportare in due modi, avendone disprezzo e indifferenza o piangendo
per lui, è la compassione che si traduce in un agire giusto secondo la volontà
di Dio. Ho incontrato dei poveri nella mia vita e sono stato al loro fianco, ho
condiviso la loro condizione e non me ne vergogno, sono felice di essere come
loro e di stare dalla loro parte. Chi è umiliato e soffre ha il cuore prossimo
a Cristo che ha condiviso tutto con ciascuno di noi fuorché il peccato, la
devianza del nostro libero arbitrio che ci porta a compiere il male; Cristo è
povero e sofferente e abita nelle persone povere e sofferenti, beati coloro che
conoscono il valore della compassione e la dilezione del cireneo sulla via
della Croce, sono quelle anime più vicine a Dio. Avere a cuore il destino degli
ultimi significa conoscere Dio e avere a cuore la salvezza della propria anima;
sono una persona introversa e sensibile e questo mi porta a soffrire di più,
probabilmente è una illusione convincersi di portare su di sé dei pesi
esistenziali eccessivi, perché molte più persone di noi in questo mondo hanno
sofferto e soffrono così tanto che non possiamo nemmeno averne idea, ma non è sbagliato sentirsi solidali con fratelli e sorelle che
vivono situazioni critiche e desiderare sinceramente di fare qualcosa per loro,
per toglierli da quel disagio o per lenire quel che provano e che li fa
piangere e disperare. Dio è così, non si ferma a guardare ma prende il nostro posto per
liberarci e portarci a Lui.
martedì 7 febbraio 2017
Attraversare lande desolate
Ricordo i
sacerdoti della mia infanzia e la loro affettuosità paterna, il loro rispetto,
le parole buone e incoraggianti nei confronti di un bambino che tutti
ritenevano eccessivamente timido e chiuso in sé stesso; ero uno di quei
fanciulli che oggi vengono definiti come appartenenti a quell’ampio spettro
autistico con variabili di modalità e gravità diverse, ero asociale e mi isolavo
dal gruppo e dalla classe scegliendo di tanto in tanto un amico esclusivo con
cui dialogare a differenza degli altri che mi percepivano strano. Quei
sacerdoti mi esortavano a stare con gli amici e lo facevano anche gli affetti
della mia famiglia come mio nonno materno, era difficile per me mantenere lo
sguardo negli occhi di chi avevo di fronte, era difficile parlare per esternare
le mie vere emozioni e il peso di quella difficoltà mi provocava disagio, una
sorta di ansia e di senso di inadeguatezza, un conflitto interiore che sfogavo
pensando ai lunghi silenzi e alle frasi sbagliate dette impulsivamente senza
pensarci, che suscitavano risposte sarcastiche o addirittura ostilità ed
esclusione. Quando scrivevo i compiti di catechismo ricevevo sempre delle lodi
e quel voto da scuola elementare, l’ottimo che mi faceva contento e mi riempiva
di significato. L’ultimo libro che mi fu prestato per l’estate dimenticai di
restituirlo, era una biografia che ancora conservo; quando mi convertii alla
fede, pur non abbandonandola mai per davvero, erano passati anni dal periodo
della mia adolescenza e quel libro che continuai a leggere sempre con
ammirazione mi fece capire quali sono i valori che nella vita contano sul
serio, è il Vangelo, è Gesù che ci parla, che ci dice chi siamo e perché stiamo
al mondo; un mio interrogativo fin da ragazzino fu il domandarmi se il Vangelo
fosse un resoconto di fatti immaginari o la descrizione della realtà di un
passato lontano che è parte della nostra storia, ero attanagliato da dubbi che
mi toglievano la convinzione che il Signore ci fosse davvero, fosse presente
adesso e avesse effettivamente vissuto in quel modo e pronunciato quelle parole
e quei discorsi: dissi a me stesso, quasi come una scommessa contro tutto quello
che lo contraria, che il Vangelo dice la verità ed è un racconto storico, una
cronaca. Leggere quelle parole significa mettersi in ascolto di Gesù, entrare
in contatto con Lui. Se esiste il soprannaturale ogni persona umana è stata
creata da Dio e predestinata alla felicità, il Vangelo descrive la realtà di
fatti soprannaturali e l’amore di Dio per ciascun uomo, il Vangelo dice la
verità ed è una verità meravigliosa, supera in sapienza tutte le più importanti
opere filosofiche dello scibile umano: è l’Opera che una persona semplice come
un bambino può comprendere, assimilare e vivere quotidianamente amando il
Signore con cuore puro e animo sincero. La bellezza di Dio risiede nella
semplicità e nella fanciullezza, in uno spirito libero che sa cogliere dall’esperienza
tutti quei tratti nascosti che sono lo scrivere di Dio nelle nostre vite, il
nostro conformarci alla sua volontà. C’è un nemico che non ama il Vangelo e
vuole distoglierci da ciò che può portare del bene nella nostra esistenza, è un
nemico invisibile e multiforme, una voce che vuole sedurci e a cui dobbiamo
dire di no con disprezzo: se leggiamo il Vangelo ascoltiamo Gesù che con la sua
voce zittisce quell’impostore bugiardo e malevolo, se preghiamo quel Vangelo
possiamo viverlo ogni giorno con coerenza, se preghiamo possiamo pentirci e
ricominciare sempre daccapo, procedendo su buon cammino. La vita spirituale è
una relazione d’amicizia, una relazione con un amico sempre presente e che non
ci abbandonerà mai, amare significa portare la croce gli uni degli altri, non
da soli e nella tristezza, convincersi di essere amati dal Signore è l’inizio
della nostra redenzione: una persona ha un valore inestimabile.
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