Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 21 febbraio 2017

Un manifesto sulla vita e il suo senso

Ho sentito dire da qualcuno che la vita va consumata, come se si trattasse di una candela che inesorabilmente si consuma e alla fine si spegne risolvendosi in un po’ di fumo che svanisce; è la convinzione sul modo di intendere la vita che ha la maggior parte della gente, tutto quaggiù e subito e dopo niente; questa visione atea e materialistica della vita si può definire con tre parole cariche di un significato contrario alla speranza cristiana, queste correnti di pensiero sono il modernismo, il secolarismo e l’intramondanità; molti sono seguaci di queste scuole di filosofia senza neanche saperlo, alla radice della loro affermazione nelle coscienze e nella società c’è una nascosta quanto insidiosa apostasia, cioè il rinnegamento delle verità di fede tramandateci dagli Apostoli del Signore, un disinteresse per la fede, una subdola miscredenza. Per molti altri invece la fede è stata una straordinaria riscoperta che li ha portati ad una sincera conversione al Vangelo e alla preghiera, dove le coltri di tenebra sembrano avvolgere tutto e prevalere sulla sana dottrina si accendono incessantemente delle luci che intensificano il loro fulgore e chiamano altri con la propria testimonianza veritiera a tornare al Signore e alla sua Legge; ci sono due lati in una medaglia che si oppongono e non si guardano mai, c’è il lato cattivo e c’è il lato buono, ciascuno di noi può scegliere liberamente da che parte stare e agire di conseguenza per il bene o per il male; la vita non è qualcosa che va consumata, bensì va vissuta secondo degli ideali che sono estranei ai falsi valori materiali ed epicurei, questi ideali ce li insegna Gesù con il suo Vangelo e l’esempio della sua vita, sono innanzitutto il ritorno alla vita interiore con la preghiera e la pratica delle virtù cristiane. C’è una condizione imprescindibile per essere felici anche quaggiù ed è amare il prossimo, quando noi amiamo gli altri che incontriamo sul nostro cammino e abbiamo il cuore proteso a fare del bene, ci sentiamo tranquilli nonostante le prove e le difficoltà e ci pervade la pace, siamo contenti perché sappiamo di essere approvati dal Signore che incessantemente ci chiama alla conversione. La vita non è un bene di consumo come un prodotto che si compra al supermercato, la vita è un miracolo che Dio ha fatto per noi, la vita non si spiega con la scienza o con la medicina, la vita non può essere estraniata da quel senso di profondo mistero che la avvolge, donare la vita a una persona è un atto d’amore e Dio lo compie passando dall’amore sponsale che nasce tra l’uomo e la donna, sono loro che partecipano alla creazione di una nuova anima predestinata alla vita eterna, una sola anima ha un valore immenso, è più importante nel concetto di Dio dell’intero universo creato. La vita non va consumata, la vita va vissuta spendendola per gli altri, vivere non per sé stessi ma per gli altri è l’unica via possibile per dare significato alle nostre vite: una società sana è fondata su questo tipo di etica, una società malata dimentica l’etica e si corrompe e tutti diventano chiusi ed ostili al prossimo, c’è egoismo e indifferenza e in tal modo si edificano e si radicano le strutture di peccato, dove il male morale viene favorito e diffuso dalla colpevole complicità omertosa della maggioranza dei cittadini della nostra collettività. Il cambiamento parte dai singoli che si relazionano e quindi dal proprio ambito personale, se io cambio contribuisco a cambiare in meglio una particella del mondo, quella particella fondamentale è la mia persona, poi la mia famiglia, il mio gruppo di lavoro, la comunità religiosa a cui appartengo e infine la società locale e l’intera civiltà: un cambiamento positivo avviene soltanto se c’è l’adesione di tutti, se tutti in diversa misura vi partecipano, se tutti lo vogliono e si impegnano seguendo una schema condiviso di valori onesti e obiettivi benevoli; quel che deve cambiare è soprattutto il cuore delle persone ( l’uomo non può vivere in pienezza la sua dignità senza la pratica delle virtù umane e cristiane ), occorre buona volontà e rinuncia altrimenti non può esserci nemmeno un inizio che porti ad un esito felice. Questa proposta è troppo favolistica e la gente è fatta in un certo modo, non si può far finta di non conoscere le reali proporzioni del male nel mondo, ma è bello sperare e cercare di fare qualcosa nel proprio piccolo: la vita non va consumata, va vissuta per gli altri affinché sia carica di senso, stare dalla parte della vita è stare dalla parte di Dio.

domenica 19 febbraio 2017

La discriminazione è uno sbaglio

La disabilità rende una persona diversa se paragonata al modello di efficienza e di bellezza che la società impone per omologare tutti a dei canoni precostituiti, per fare della collettività un allevamento di individui che corrispondano a ideali conformi alle aspettative di chi detta legge, quelle leggi sociali che ci presentano la vita come una competizione dove vincono i forti e i deboli soccombono; la disabilità è invece una straordinaria risorsa per la società, la disabilità è una forza capace di motivare una persona a dare il meglio di sé, la disabilità mette in evidenza talenti che molto spesso sono nascosti o che gli altri, i normali benpensanti, negano e non vogliono vedere per paura o pregiudizio; ci sono tante forme di disabilità e nessuna di esse è veramente un ostacolo alle abilità innate, o sviluppatesi nel tempo, di una persona che ama la vita e vede nel prossimo un grande valore, questa capacità di visione nel riconoscere il valore degli altri e gli aspetti positivi, le qualità diversificate che l’invidia di alcuni o la loro ipocrisia, talvolta la loro stupidità, tendono a non riconoscere e a non coltivare come un bene per tutti, come una opportunità. Una persona diversamente abile solitamente manifesta una maturità e una sapienza che per coloro che sono senza problemi sono virtù sconosciute, vivere stando nelle comodità e senza particolari difficoltà, quindi estranei alla sofferenza anche minima, porta un soggetto a costruirsi delle illusioni e ad arroccarsi in una falsa sicurezza; la persona problematica deve mettersi sempre in discussione e ha l’imprescindibile dovere di combattere contro sé stessa e contro un mondo che tante volte si rivela ostile, ogni giorno è una sfida da superare per migliorarsi, e per migliorare le proprie relazioni con coloro che abbiamo vicino e che incontriamo nell’avventura dell’esistenza, ogni giorno è un nuovo inizio che ci convince di quanto sia bella e preziosa la vita, un dono gratuito di Dio e la prova del suo amore per ciascuno di noi. Chi ama non vede le differenze ed è il caso dei bambini che accettano chiunque senza mai formulare nei loro cuori il disprezzo, l’egoismo e l’esclusione: quando una persona non si accorge della disabilità ma vede la persona in quanto tale e conoscendola sottolinea il suo lato positivo, le sue caratteristiche interessanti, pensa alla maniera di un bambino, dimostra di possedere la mentalità del vero cristiano. Tanti adulti che abitano il mondo, hanno conservato nel tempo quasi miracolosamente la purezza del loro cuore, e si approcciano indistintamente agli altri secondo uno schema che rivela un autentico spessore umano, non fanno differenza tra persona e persona, non risentono neanche di quel atteggiamento meschino che consiste nel rispetto umano, riverire alcuni che sarebbero degni di stima e considerazione per poi disprezzare o ignorare altri ritenuti a torto senza importanza. Ci sono tre opposte categorie di disabilità che consistono in un handicap fisico, psichico o intellettivo, ma nessuna di queste tre acerrime nemiche toglie a una persona la sua dignità ( sacralità e inviolabilità della vita umana ), a conculcare la dignità di qualcuno sono sempre delle persone cattive in cui è assente la capacità d’amare e di compatire, di patire assieme il che significa condividere e solidarizzare per amicizia con coloro che nella vita, senza alcuna colpa, devono faticare di più e hanno maggiore necessità di essere aiutate a conquistare una propria autonomia: ciascuno di noi ha bisogno degli altri, nessuno deve essere lasciato solo. Diversamente abili o diversamente normali…? perché coloro che non hanno paura del diverso sono pervenuti ad una profonda conoscenza di sé, e temono soltanto che chi non sia come loro possa considerarli diversi o addirittura inadeguati, ma quel che pensano gli altri vale in una certa misura, vale in proporzione al rispetto e alla verità, vale se noi riteniamo che chi ci conosce sia un amico e quindi lo carichiamo di significato e di importanza: vogliamo essere corrisposti da quelle persone che portiamo nel nostro cuore, per cui proviamo un sincero sentimento affettivo, l’amicizia è quel nobile sentimento. Se siamo civili e abbiamo una buona coscienza non dobbiamo dire: “Vedo i tuoi difetti, vedo il tuo handicap e ti detesto”, piuttosto dobbiamo dire: “Vedo come sei e ti accetto con i tuoi pregi e con i tuoi difetti, proprio come accetto me stesso”; l’amore maturo dice: “Ho bisogno di te, perché ti amo”, è questa la sana modalità di rapportarsi senza nuocere e senza discriminazioni nei confronti di chiunque incontriamo, perché siamo tutti dei diversi, nessuno è uguale a un altro; se ami non giudichi ma ti impegni a fare esclusivamente il bene che è nelle tue possibilità. Al di là di ogni reale o apparente disabilità è nascosto un potenziale positivo, sono i talenti che il Signore in diverso modo e in diversa misura ha distribuito a ciascuno di noi per l’edificazione comune.

domenica 12 febbraio 2017

Perché Dio è un mendicante

Dalla relazione con gli altri, ed in modo particolare con i più deboli, manifestiamo la nostra indole cristiana; il nostro temperamento si esprime nei modi di agire gli uni verso gli altri, e quando ci accorgiamo delle persone diventiamo ciò che nel nostro intimo talvolta abbiamo timore di esprimere. Non sempre ci è possibile comprendere le situazioni e le difficoltà degli altri, ma quando ci riusciamo il nostro animo viene nobilitato da una fonte limpida che scaturisce dall’alto e che si chiama Carità. Le nostre parole nei confronti del prossimo dicono chi siamo, quando diciamo bene di qualcuno o leniamo un dolore psicologico tendiamo a quella fonte pura che non appartiene all’ordine di quaggiù e che alcuni erroneamente definiscono solidarietà o empatia. Quando vedo una persona che soffre provo compassione e il desiderio sincero di aiutare e liberare da quel male che la opprime, un simile atteggiamento psicologico ci qualifica come uomini e donne che possiedono quella natura genuina che ci rende dissimili dalle creature inferiori, le quali sono condizionate dall’istinto e non possiedono quel grande dono che è la libertà; con la libertà impostiamo la nostra vita nel bene o nel male, con la libertà costruiamo noi stessi momento per momento, è la libertà che ci trasforma in angeli o demòni. Il Signore ci ha lasciato questo testamento nel suo Vangelo: “…i poveri li avrete sempre con voi, invece non avrete me per sempre”, ed inoltre: “…quel che fate a loro, lo fate a me”, in queste parole di nostro Signore c’è la chiave che apre la porta del suo Regno; quando piangiamo per un’altra persona e non per noi stiamo semplicemente amando, ci siamo aperti alla grazia e Dio ha preso posto nei nostri cuori; le lacrime dell’egoismo sono le lacrime di chi è immaturo ed estraneo alla logica della condivisione e del sacrificio: “…nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”, non c’è un amore vero senza abnegazione, senza che l’altro abbia nel nostro cuore un posto tanto elevato da svuotarci del nostro io e della nostra superbia, Dio infatti è mansueto e umilissimo: “…eccomi sono l’ancella del Signore, si compia in me la tua parola”, è il sì di Maria al disegno di Dio, è la sua umiltà dinanzi a una domanda e a una attesa, è l’amore di una creatura, la più alta e nobile. Con il povero ci si può comportare in due modi, avendone disprezzo e indifferenza o piangendo per lui, è la compassione che si traduce in un agire giusto secondo la volontà di Dio. Ho incontrato dei poveri nella mia vita e sono stato al loro fianco, ho condiviso la loro condizione e non me ne vergogno, sono felice di essere come loro e di stare dalla loro parte. Chi è umiliato e soffre ha il cuore prossimo a Cristo che ha condiviso tutto con ciascuno di noi fuorché il peccato, la devianza del nostro libero arbitrio che ci porta a compiere il male; Cristo è povero e sofferente e abita nelle persone povere e sofferenti, beati coloro che conoscono il valore della compassione e la dilezione del cireneo sulla via della Croce, sono quelle anime più vicine a Dio. Avere a cuore il destino degli ultimi significa conoscere Dio e avere a cuore la salvezza della propria anima; sono una persona introversa e sensibile e questo mi porta a soffrire di più, probabilmente è una illusione convincersi di portare su di sé dei pesi esistenziali eccessivi, perché molte più persone di noi in questo mondo hanno sofferto e soffrono così tanto che non possiamo nemmeno averne idea, ma non è sbagliato sentirsi solidali con fratelli e sorelle che vivono situazioni critiche e desiderare sinceramente di fare qualcosa per loro, per toglierli da quel disagio o per lenire quel che provano e che li fa piangere e disperare. Dio è così, non si ferma a guardare ma prende il nostro posto per liberarci e portarci a Lui.

martedì 7 febbraio 2017

Attraversare lande desolate

Ricordo i sacerdoti della mia infanzia e la loro affettuosità paterna, il loro rispetto, le parole buone e incoraggianti nei confronti di un bambino che tutti ritenevano eccessivamente timido e chiuso in sé stesso; ero uno di quei fanciulli che oggi vengono definiti come appartenenti a quell’ampio spettro autistico con variabili di modalità e gravità diverse, ero asociale e mi isolavo dal gruppo e dalla classe scegliendo di tanto in tanto un amico esclusivo con cui dialogare a differenza degli altri che mi percepivano strano. Quei sacerdoti mi esortavano a stare con gli amici e lo facevano anche gli affetti della mia famiglia come mio nonno materno, era difficile per me mantenere lo sguardo negli occhi di chi avevo di fronte, era difficile parlare per esternare le mie vere emozioni e il peso di quella difficoltà mi provocava disagio, una sorta di ansia e di senso di inadeguatezza, un conflitto interiore che sfogavo pensando ai lunghi silenzi e alle frasi sbagliate dette impulsivamente senza pensarci, che suscitavano risposte sarcastiche o addirittura ostilità ed esclusione. Quando scrivevo i compiti di catechismo ricevevo sempre delle lodi e quel voto da scuola elementare, l’ottimo che mi faceva contento e mi riempiva di significato. L’ultimo libro che mi fu prestato per l’estate dimenticai di restituirlo, era una biografia che ancora conservo; quando mi convertii alla fede, pur non abbandonandola mai per davvero, erano passati anni dal periodo della mia adolescenza e quel libro che continuai a leggere sempre con ammirazione mi fece capire quali sono i valori che nella vita contano sul serio, è il Vangelo, è Gesù che ci parla, che ci dice chi siamo e perché stiamo al mondo; un mio interrogativo fin da ragazzino fu il domandarmi se il Vangelo fosse un resoconto di fatti immaginari o la descrizione della realtà di un passato lontano che è parte della nostra storia, ero attanagliato da dubbi che mi toglievano la convinzione che il Signore ci fosse davvero, fosse presente adesso e avesse effettivamente vissuto in quel modo e pronunciato quelle parole e quei discorsi: dissi a me stesso, quasi come una scommessa contro tutto quello che lo contraria, che il Vangelo dice la verità ed è un racconto storico, una cronaca. Leggere quelle parole significa mettersi in ascolto di Gesù, entrare in contatto con Lui. Se esiste il soprannaturale ogni persona umana è stata creata da Dio e predestinata alla felicità, il Vangelo descrive la realtà di fatti soprannaturali e l’amore di Dio per ciascun uomo, il Vangelo dice la verità ed è una verità meravigliosa, supera in sapienza tutte le più importanti opere filosofiche dello scibile umano: è l’Opera che una persona semplice come un bambino può comprendere, assimilare e vivere quotidianamente amando il Signore con cuore puro e animo sincero. La bellezza di Dio risiede nella semplicità e nella fanciullezza, in uno spirito libero che sa cogliere dall’esperienza tutti quei tratti nascosti che sono lo scrivere di Dio nelle nostre vite, il nostro conformarci alla sua volontà. C’è un nemico che non ama il Vangelo e vuole distoglierci da ciò che può portare del bene nella nostra esistenza, è un nemico invisibile e multiforme, una voce che vuole sedurci e a cui dobbiamo dire di no con disprezzo: se leggiamo il Vangelo ascoltiamo Gesù che con la sua voce zittisce quell’impostore bugiardo e malevolo, se preghiamo quel Vangelo possiamo viverlo ogni giorno con coerenza, se preghiamo possiamo pentirci e ricominciare sempre daccapo, procedendo su buon cammino. La vita spirituale è una relazione d’amicizia, una relazione con un amico sempre presente e che non ci abbandonerà mai, amare significa portare la croce gli uni degli altri, non da soli e nella tristezza, convincersi di essere amati dal Signore è l’inizio della nostra redenzione: una persona ha un valore inestimabile.