Ricordo i
sacerdoti della mia infanzia e la loro affettuosità paterna, il loro rispetto,
le parole buone e incoraggianti nei confronti di un bambino che tutti
ritenevano eccessivamente timido e chiuso in sé stesso; ero uno di quei
fanciulli che oggi vengono definiti come appartenenti a quell’ampio spettro
autistico con variabili di modalità e gravità diverse, ero asociale e mi isolavo
dal gruppo e dalla classe scegliendo di tanto in tanto un amico esclusivo con
cui dialogare a differenza degli altri che mi percepivano strano. Quei
sacerdoti mi esortavano a stare con gli amici e lo facevano anche gli affetti
della mia famiglia come mio nonno materno, era difficile per me mantenere lo
sguardo negli occhi di chi avevo di fronte, era difficile parlare per esternare
le mie vere emozioni e il peso di quella difficoltà mi provocava disagio, una
sorta di ansia e di senso di inadeguatezza, un conflitto interiore che sfogavo
pensando ai lunghi silenzi e alle frasi sbagliate dette impulsivamente senza
pensarci, che suscitavano risposte sarcastiche o addirittura ostilità ed
esclusione. Quando scrivevo i compiti di catechismo ricevevo sempre delle lodi
e quel voto da scuola elementare, l’ottimo che mi faceva contento e mi riempiva
di significato. L’ultimo libro che mi fu prestato per l’estate dimenticai di
restituirlo, era una biografia che ancora conservo; quando mi convertii alla
fede, pur non abbandonandola mai per davvero, erano passati anni dal periodo
della mia adolescenza e quel libro che continuai a leggere sempre con
ammirazione mi fece capire quali sono i valori che nella vita contano sul
serio, è il Vangelo, è Gesù che ci parla, che ci dice chi siamo e perché stiamo
al mondo; un mio interrogativo fin da ragazzino fu il domandarmi se il Vangelo
fosse un resoconto di fatti immaginari o la descrizione della realtà di un
passato lontano che è parte della nostra storia, ero attanagliato da dubbi che
mi toglievano la convinzione che il Signore ci fosse davvero, fosse presente
adesso e avesse effettivamente vissuto in quel modo e pronunciato quelle parole
e quei discorsi: dissi a me stesso, quasi come una scommessa contro tutto quello
che lo contraria, che il Vangelo dice la verità ed è un racconto storico, una
cronaca. Leggere quelle parole significa mettersi in ascolto di Gesù, entrare
in contatto con Lui. Se esiste il soprannaturale ogni persona umana è stata
creata da Dio e predestinata alla felicità, il Vangelo descrive la realtà di
fatti soprannaturali e l’amore di Dio per ciascun uomo, il Vangelo dice la
verità ed è una verità meravigliosa, supera in sapienza tutte le più importanti
opere filosofiche dello scibile umano: è l’Opera che una persona semplice come
un bambino può comprendere, assimilare e vivere quotidianamente amando il
Signore con cuore puro e animo sincero. La bellezza di Dio risiede nella
semplicità e nella fanciullezza, in uno spirito libero che sa cogliere dall’esperienza
tutti quei tratti nascosti che sono lo scrivere di Dio nelle nostre vite, il
nostro conformarci alla sua volontà. C’è un nemico che non ama il Vangelo e
vuole distoglierci da ciò che può portare del bene nella nostra esistenza, è un
nemico invisibile e multiforme, una voce che vuole sedurci e a cui dobbiamo
dire di no con disprezzo: se leggiamo il Vangelo ascoltiamo Gesù che con la sua
voce zittisce quell’impostore bugiardo e malevolo, se preghiamo quel Vangelo
possiamo viverlo ogni giorno con coerenza, se preghiamo possiamo pentirci e
ricominciare sempre daccapo, procedendo su buon cammino. La vita spirituale è
una relazione d’amicizia, una relazione con un amico sempre presente e che non
ci abbandonerà mai, amare significa portare la croce gli uni degli altri, non
da soli e nella tristezza, convincersi di essere amati dal Signore è l’inizio
della nostra redenzione: una persona ha un valore inestimabile.
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