Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 1 febbraio 2021

La forza dell'incredulità

Ci sono persone che non credono nell’esistenza di Dio, forse perché la realtà le porta lontano dall’idea di Qualcuno che si occupa degli uomini con amore, o che da una dimensione soprannaturale ha creato tutto e così anche la vita e ogni persona umana. Non è una posizione intellettuale irragionevole per chi vuole rimanere con i piedi ben piantati a terra, per chi non è abbastanza filosofo da cercare una risposta sull’origine di questa realtà o se questa realtà serva a qualcosa, abbia quindi uno scopo che comporti per l’uomo una serie di scelte e una certa mentalità, quella che in molti hanno definito la ricerca della Verità. L’ateismo ha una spiccata forza intellettuale ma pone le basi per una antropologia che guarda all’uomo come ad uno dei tanti animali che popolano il pianeta e a qualsiasi fenomeno come il risultato della somma degli elementi che compongono la natura e la materia; ci sono le leggi di materia da conoscere e la morte è la fuga da queste leggi verso il nulla, non c’è altro e la morale a proprio uso e consumo asseconda quel pensiero per cui ogni cosa è lecita in assenza di un giudizio e di una trascendenza che come tale ha la necessità di confermarsi nell’anima e nel suo rapporto con Dio, un giudizio che può essere di condanna per coloro che si estraniano da una Legge superiore che dimora nella coscienza come qualcosa di spiritualmente vitale e che si pone addirittura prima del legame con la carne e le sue funzioni in rapporto alla realtà contingente. Questa Legge rende l’uomo capace di distinguere tra il bene e il male, capace di comprendere che le sue scelte e le azioni che compie si distinguono in buone o cattive e comportano delle conseguenze in rapporto a Dio che ci ha creati, in prospettiva dell’eternità dopo la morte che per l’ateo non è altro che la distruzione della persona, l’assenza di qualsiasi soffio vitale, la fine di tutto in un nulla senza ritorno. La Legge eterna ci permette di esaminare noi stessi e di renderci consapevoli se quello che facciamo sia giusto o sbagliato, c’è una vita morale nell’uomo che non può essere cancellata dalle convenzioni o dagli errori di giudizio, coltivare la coscienza significa mantenere saldo il nostro legame con Dio e vivere della sua grazia, con il rimorso della coscienza sentiamo che qualcosa è male e siamo capaci di correggerci per conformarci di continuo a quella Legge scritta da Dio nelle nostre anime. Nessuno è esente dal commettere delle trasgressioni a quella Legge che si chiamano colpe, la differenza tra le persone risiede nella capacità di pentirsi e di convertirsi, o meglio nella volontà di pentirsi e di convertirsi, di tornare sulla via del bene oppure di proseguire su quella del male fino ad estinguere la sensibilità della coscienza nell’impenitenza, e poi nell’impenitenza finale per perdersi separati da quel sommo bene che è Dio cadendo nel male assoluto, dove i demoni hanno la propria dimora e la propria potestà; per morire alla grazia occorre un atto di volontà contro quella Legge, non c’è colpa senza l’esercizio della volontà, occorre volere il male sapendo che si tratta del male, cioè di una grave offesa fatta a Dio o al prossimo; l’offesa più grande che si possa compiere è qualsiasi atto, pensiero o parola che annientino l’amore per Dio o per il prossimo, anche l’indifferenza è qualcosa che offende gravemente la carità, è una colpa grave il disinteresse per gli altri, o quei peccati che si dicono omissioni, tutto quello che lede l’amore in noi. Si entra in Paradiso con l’amore e si va all’inferno senza amore, anche questa verità è scritta nella Legge eterna; la vita dell’anima è la vita della grazia, solamente chi è capace di amare sul serio può entrare nella vita, nella stessa vita di Dio, ma tutto questo fa parte delle realtà invisibili fuori dall’ordine naturale e sono pochi coloro che ci credono davvero, che hanno scommesso tutto sul senso stesso della vita in un mondo come il nostro che sembra una propaggine dell’inferno. La morte è la porta che apre sull’eternità: “Non muoio, entro nella vita”, questa frase è di Santa Teresa di Lisieux il cui destino fu felice perché la sua fede non si arrese al dubbio.