In una preghiera del passato a
san Michele Arcangelo, erano presenti queste parole come sua conclusione: “ Fa
che non abbiamo a perire nel tremendo Giudizio ”. Il Giudizio fa parte dei
novissimi, le Verità ultime della Fede cristiana: morte, Giudizio, inferno,
purgatorio, Paradiso; il Giudizio viene dopo la morte ed è senza appello,
soltanto la vita presente è il tempo della misericordia, il tempo che Dio
concede per credere e convertirsi, per potersi salvare dall’inferno. Nel
purgatorio le anime sono già salvate, sono già redente, devono soltanto
prepararsi, espiare e purificarsi, acquisire la perfezione della carità, per
poter accedere al Paradiso; Gesù nel Vangelo afferma che gli uomini renderanno
conto a Dio di tutto, anche della più piccola parola pronunciata, poiché nel
Giudizio sarà presente tutta la loro vita, che verrà pesata sulla bilancia
della Giustizia del Signore, la vera Giustizia! Non la giustizia balorda degli
uomini mondani, quella terrena per intenderci. La bilancia della Giustizia è la
Croce di Cristo, essa pesa i cuori e retribuisce le anime secondo le loro
azioni, secondo verità, con imparzialità perfetta: alla fine della vita saremo
giudicati sull’amore, questo è il criterio del Giudizio, quindi chi non avrà
amato sarà inevitabilmente condannato, chi avrà amato sarà tra i redenti, nella
Gerusalemme celeste, come è scritto nell’Apocalisse di Giovanni. Con Gesù erano
crocifissi due uomini, due malfattori, così li definisce il Vangelo, uno a
destra e l’altro a sinistra: entrambi parlano con Gesù durante l’agonia della
crocifissione, uno dice al Signore, quasi per deriderlo, con assoluta
miscredenza, che se egli è il Figlio di Dio, scenda dalla Croce e salvi sé
stesso e loro, l’altro gli dice, con un atto di Fede sincera e riconoscendo
l’innocenza di Gesù, quindi amandolo: “ Signore, ricordati di me, quando
entrerai nel tuo Regno ”; Gesù gli risponde: “ In verità, in verità ti dico,
oggi sarai con me in Paradiso ”. Gesù scruta il cuore di entrambi, in uno vede
la chiusura alla misericordia, l’impenitenza e nell’altro un sincero pentimento
delle proprie colpe, un atto autentico di carità ed è per questo che il destino
di entrambi, è stato per ciascuno di loro diverso da quello dell’altro, il
Giudizio si è applicato in questi termini, come sui due piatti della bilancia,
condanna e assoluzione, perdizione e salvezza: la Croce del Signore è stata la
bilancia che ha decretato il Giudizio. Questo è il tempo propizio per accettare
la salvezza, dopo la morte i giochi sono fatti, quindi la vita è un’occasione
unica, non esiste una seconda opportunità; la Fede insieme alle opere sono il
cardine della salvezza, non si può separare la Fede dalle opere e le opere
dalla Fede, come dice san Giacomo Apostolo nella sua epistola, la Fede senza le
opere è morta, egli dice anche: “ Io con le mie opere ti mostrerò la mia Fede
”, quali sono queste opere? Sono gli atti di carità, d’amore. La Croce, l’Amore
e il Giudizio sono in una dinamica intimamente coerente, sono forze che non si
possono disgiungere, sono un unico ente che pone l’anima in relazione al suo
Creatore e la fa passare dal tempo all’eternità, nel legame stabile che la
creatura ha scelto liberamente di avere con il proprio Creatore, per sempre:
una porta verso l’infinito.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
mercoledì 18 gennaio 2012
domenica 15 gennaio 2012
Il tradimento di Giuda
Gesù è stato tradito da Giuda,
il Vangelo dice che satana mise nel cuore di Giuda il proposito di tradire il
Signore; il Signore a proposito di Giuda afferma che tra i Dodici, gli
Apostoli, era presente un diavolo e che per il traditore sarebbe stato meglio
non essere mai nato, poiché all’inferno è forse preferibile il non esserci; il
Signore fece di tutto per convertire Giuda, poiché probabilmente in lui era
presente un lato buono, infatti Giuda era stato scelto da Gesù per essere uno
degli Apostoli, quindi è impensabile che abbia scelto lui senza dei buoni
motivi, senza che vi sia stata da parte di Giuda una predisposizione alla
vocazione dell’Apostolo; anche Giuda aveva il suo lato oscuro, ma il Signore
scorse in lui anche il bene e la possibilità di riscatto dal peccato, ma l’apostolo
traditore alla fine scelse il male, scelse di assecondare il maligno nel
proposito del tradimento; il Vangelo afferma che Giuda era ladro e che rubava
dalla cassa comune, quello che doveva essere destinato ai poveri: chissà quante
volte il Signore ha tentato invano di recuperarlo, di redimerlo dalle sue
colpe. Il Vangelo dice che nell’ultima cena satana entrò in Giuda, questo non
sarebbe mai accaduto se egli non avesse liberamente aderito con il suo cuore al
male, il peccato di Giuda fu un peccato compiuto con assoluta malizia e
consapevolezza; Giuda si pentì per aver consegnato il Signore, ma invece di
andare alla Croce per chiedere perdono, andò a suicidarsi, evidentemente il suo
pentimento non era permeato di carità verso Gesù, era più la consapevolezza di
avere sbagliato, di avere commesso una ingiustizia. Giuda in quel frangente
della sua vita definisce Gesù come sangue innocente, ma non pensa a
convertirsi, non crede che il Signore possa perdonarlo, dispera quindi della sua
Misericordia, per questo peccato di cieca disperazione Giuda si è perduto
inevitabilmente: si è perduto perché non si è affidato a Cristo con un atto di
contrizione e di carità, perché nel suo cuore si era convinto di non poter mai
essere perdonato da Dio. Giuda ebbe Fede nel Figlio di Dio, durante la sua
vicinanza con Lui nella vita pubblica di predicazione? Soltanto il Signore
scrutava nel cuore di Giuda e conosceva i suoi veri sentimenti e le sue vere
intenzioni, ciò era all’oscuro di tutti gli altri Apostoli; nel Vangelo di san
Giovanni è scritto, dopo il discorso nella sinagoga di Cafarnao sul pane di
vita, che alcuni dei presenti, cioè alcuni dei discepoli lo abbandonarono a
causa di una crisi di Fede, non riuscivano più a credere in Lui, quindi Gesù
domandò agli Apostoli, tra cui c’era anche Giuda: “ Volete andarvene anche voi?
”, ma Pietro risponde a nome di tutti i Dodici, che loro scelgono di rimanere
con il Signore senza alcuna esitazione, perché soltanto Lui ha parole di Vita
eterna, questa è una affermazione di Fede senza possibilità di malinteso; ma
Giuda era concorde con i sentimenti di Pietro e degli altri Apostoli?
Probabilmente no, ma lui maschera il suo cuore con la falsità, forse Giuda
credeva soltanto di poterci guadagnare sul piano materiale dalla sequela di
Cristo, forse era convinto che Gesù fosse uno dei tanti messia, che comparivano
nei territori di Giudea, Galilea e Palestina in quel periodo storico,
probabilmente la sua Fede nel Santo di Dio era inconsistente e ipocrita. Il
Signore amava Giuda e mentre egli Lo tradisce con un bacio nell’orto degli
ulivi, Gesù lo chiama per nome e gli dice amico: il Signore ha sofferto molto
per il traviamento di Giuda, poiché lo amava e lo aveva scelto come Apostolo. Una
parte delle sofferenze di Cristo nella sua vita, una particella della sua
Passione, fu proprio il disamore e il tradimento del suo figlio Giuda.
martedì 10 gennaio 2012
Empio e giusto
Molto presto assisteremo con
gioia alla disfatta degli empi, questo è il tema centrale di molti Salmi, la
perfidia degli empi disprezza il giusto e ciò che è bene sul piano della
sensibilità nella comune coscienza; gli empi sono quella categoria di persone
che il Signore degli eserciti detesta e contro cui battaglia e vince, l’empio
nella Sacra Scrittura è assimilabile con lo stolto, stoltezza e empietà sono
intrinsecamente presenti nella persona malvagia, che odia Dio e calpesta il
prossimo, soprattutto deboli e innocenti: lo stolto pensa nel suo cuore che
l’Eterno non c’è, dicono vari Salmi e anche che l’empio cammina con superbia,
arroganza e alterigia, si cinge di violenza e di delitto, ma il Signore degli
eserciti combatte contro questa fattispecie di persone e li condanna a un
destino di perdizione, secondo la sua sempiterna Giustizia, secondo il suo
giudizio veritiero e giusto in sommo grado. L’empio non avrà mai la vittoria
finale, è destinato per decreto dell’Altissimo alla sconfitta, alla condanna del
male che nella vita ha commesso. Protettore dei giusti è il Signore, dicono
altri Salmi, quindi il giusto trionferà sull’empio, lo sconfiggerà nel nome del
Signore: la rabbia degli empi cadrà nel nulla e la bontà dei giusti trionferà
imperitura nell’eternità. Tutti riceveranno la propria retribuzione eterna, ma
già da questa vita terrena il Signore agisce per rendere giustizia ai suoi
fedeli e castigare severamente coloro che praticano la violenza e la menzogna,
affinché la Giustizia abbia la vittoria che inevitabilmente ottiene, senza
possibilità di fallimento. Gli empi pensano che rimarranno impuniti per sempre
e che la vita è soltanto quella di quaggiù, ma sono stolti e non comprendono i
misteri di Dio, non comprendono che per il male che hanno fatto saranno nei
tormenti, dopo la condanna che hanno attirato su di sé, non comprendono che il
male porta altro male, soprattutto a chi lo pratica, e che il giusto anche se
soffre e muore prematuramente a causa loro, è benedetto e sarà per sempre nella
pace del suo Signore; in questa impostazione di vita consiste la stoltezza
dell’empio, nel non riconoscere il proprio peccato e detestarlo, pentendosi ed
emendandosi per poi cambiare vita. L’empio è abitato nel suo cuore dal diavolo
e compie le sue opere inique, purtroppo la categoria degli empi è molto estesa
nella civiltà contemporanea, questo significa che le anime che vanno
all’inferno sono numerose, ma ciò non vuol dire che non vi siano giusti a
contrastare le loro malefatte, anzi il giusto è sempre presente e combatte con
coraggio contro la perduta gente del mondo, anche se perde qualche battaglia,
alla fine vincerà la guerra: i giusti trionfano perché il Signore degli
eserciti combatte con loro e non li abbandona mai nel conflitto, il Signore è
al nostra fianco, è vicino al nostro cuore e ci protegge combattendo con noi
per la vittoria del bene sul male, sull’empietà di quelli che sono asserviti al
maligno e compiono le sue opere. Il Signore è Santo e non potrà mai essere
sconfitto dalla debolezza del peccato, Egli è il nostro Condottiero valoroso e
noi i suoi soldati, la sua milizia: possa ogni persona di buona volontà, fare
parte del suo esercito e avere sempre il coraggio di combattere valorosamente
per il Vangelo della pace, per il lieto annunzio della vita e della carità.
sabato 7 gennaio 2012
Etica della libertà
Possiamo affermare che la
libertà, consista nel fare quello che si vuole? Noi sappiamo che tutte le
creature sono entrate nell’essere, mentre un tempo passato non esistevano e
vivono il presente nell’ambito della finitezza; tutte le creature sono limitate,
nel senso che soggiacciono a regole di vita molto precise, senza le quali
sarebbe impossibile il mantenimento dell’ordine in cui solamente è possibile,
una vita senza devianze nella direzione di un danno implicito per la persona:
affermare che la persona umana è libera, perché può fare tutto quello che
vuole, è un totale assurdo; per vivere nell’onesto, nel buono e nel giusto
occorre osservare scrupolosamente delle regole, delle leggi, dei comandamenti e
così, in questo modo, attraverso determinate modalità, si può vivere
nell’ambito della libertà umana e realizzare in pienezza la propria vocazione
umana. La libertà autentica consiste nell’esercitare la volontà, il cosiddetto
libero arbitrio, riconoscendo nelle proprie scelte una verità riguardo alla
propria persona e cioè che si è dipendenti da molti fattori, ad esempio nessuno
è padrone del battito del proprio cuore e nessuno ha deliberatamente chiesto di
venire al mondo, di nascere con tutte quelle circostanze che lo caratterizzano,
riguardo alla propria personalità e alla società in cui si trova a vivere; la
libertà è la consapevolezza della propria dipendenza e la conseguente
accettazione di questo stato, per esercitare scelte che vadano nella direzione
di una ricerca del bene, come espressione di una libertà che porta alla
felicità e a vivere quindi conformi alla propria natura, senza sbandare dai
binari dell’onesto, del buono e del giusto: non c’è libertà, senza esercizio e
pratica concreta delle virtù, poiché la dimensione preponderante nell’uomo e nella
donna, dimensione che connatura la vera dignità umana, è la dimensione
spirituale e morale; occorre recuperare un’etica della libertà, in cui la
considerazione di norme valide da seguire per raggiungere il bene, la felicità
dell’anima, concorra con l’osservanza di queste e sviluppi nella persona la
convinzione che soltanto all’interno di comandamenti specifici, è possibile
vivere autenticamente liberi, senza l’asservimento alla dittatura dell’io,
senza il dispotico agitarsi delle brame egoistiche della carne e del vizio,
forze che degradano e deturpano la nostra umana bellezza, il nostro vero bene.
Per essere liberi occorre obbedire a leggi esistenziali specifiche, senza le
quali l’umanità si degrada nel disordine di una natura che progressivamente
perde l’appetito al bene, unica fonte da cui attingere la felicità più genuina,
la nostra piena realizzazione nella libertà: il bene e il male, sono i cardini
della libertà, le nostre scelte in base all’esercizio dell’arbitrio personale,
sono la bussola per applicare la reale decisione che porta alla virtù o al
vizio, piena avvertenza e deliberato consenso fanno della scelta, la nostra
sincera libertà. La piena avvertenza è la profonda consapevolezza che qualcosa
sia sbagliato, il deliberato consenso è la piena adesione alla negatività senza
opposizione da parte della volontà; a dare la conoscenza di questi elementi
decisivi alle nostre scelte, è la coscienza interiore, quella legge morale, che
è radicata sul piano naturale in ogni persona senziente, come la chiave di
volta che sostiene l’architettura della psiche, l’intero apparato del mondo del
cuore, i sentimenti, il pensiero e la volontà. Per essere liberi, occorre
riconoscere e scegliere il bene, senza infingimenti o tentennamenti, con la
piena facoltà di intendere e di volere.
giovedì 5 gennaio 2012
Decadenza
La nostra società è fondata
sulle menzogne e la corruzione coinvolge un numero altissimo di persone, perché
il denaro è il solo idolo capace di muovere l’interesse di tutti; non è
possibile salvare la società dalla corruzione, perché l’andamento del mondo è
una progressiva disumanizzazione dei costumi e una costante crescita della
ricerca dell’interesse personale ed egoistico, quindi la depravazione della
mente umana, è la rassicurante condizione per un futuro fatto di belle
aspettative consolanti… Questo sporco mondo fatto di gente ignobile, per quasi
tutta la sua totalità, va verso la rovina più degradante: non servono i profeti
di sventura per comprendere l’abisso di male cui tutti sono proiettati, basta
una visione realistica dell’essere umano e del suo sporco mondo, per essere
consapevoli dell’inferno che va imponendosi nelle società umane. Siamo come al
crollo del sacro romano impero, dove le masse si illudevano di aver raggiunto
il benessere e la prosperità, mentre all’interno cresceva il cancro della corruzione
e della decadenza, quasi nell’inconsapevolezza collettiva. Il salario del
peccato è la morte; nel mondo ci sono forze di distruzione che attendono il
loro scatenarsi, mentre tutti dormono sonni tranquilli, forze che vogliono il
male per il male, per quanto non sia possibile al buon senso il comprenderlo.
Perché il salario del peccato è la morte? Che cos’è il peccato? E’ la
disgregazione necrotica di ogni bene positivo, è il disfacimento dell’anima
delle persone, la corruzione del vizio e dell’egoismo, l’odio verso i propri
simili, tutto ciò che è male e che dall’interiorità umana si propaga nella
società e nelle relazioni tra individui: la decadenza. Il suo salario è la
morte, perché la morte è quello che di più simile ci sia al male morale, il riflesso
nello specchio della vita, tra lo spirito e la materia, tra l’anima e la realtà
esteriore e visibile; morte e decadenza, sono davanti a noi in prospettiva e la
loro evitabilità è pressoché impossibile, la storia è ciclica, si ripete
alternativamente per sempre e dove si edifica la civiltà si deve distruggerla
per riedificarla, così ancora e ancora, sempre… è la legge dell’eterno ritorno,
a cui non si può sfuggire, per quanto gli sforzi dell’oggi siano proiettati
verso il paradiso in terra, un sogno assurdo che sfocerà nel peggiore degli
incubi, la decadenza dell’umana civiltà per un nuovo rinascimento. L’umanità è
il vero peccato del mondo, questa pestilenza che ammorba la nostra madre terra,
il cancro dell’universo che deve necessariamente essere redento, dal fuoco e
dalla spada; comunque il destino del mondo non può essere cambiato, la guerra
non sarà mai bandita dal suolo sempre intriso di sangue, perché la creatura
umana è pazza e la sua follia si esprimerà inevitabilmente nella sua storia, la
creatura umana è malata e la sua malattia è inguaribile, e la sua malattia si
chiama “ delirio di vita ”, per questo la cura porta nome “ tormento di morte ”;
tutto è impresso nella nostra carne, occorre attendere con pazienza l’avvento
dell’antivita, che attraverso i millenni purifica da questo inconveniente
parassitismo, la natura della nostra madre terra, con la sua falce mietitrice,
le doglie dell’avvenire apocalittico, la rivelazione del futuro decadimento,
verso la rinascita, una civiltà nuova dove il pensiero rompe gli argini della
materia inanimata: un nuovo mondo di bene e di male, dove l’equilibrio assesta
le ragioni della carne umana, dove l’equilibrio mette ordine tra la vita e la
morte, oltre il caos dell’antivita, oltre l’illusione del paradiso in terra,
fuori dall’inferno della decadenza, fatta di corruzione e di peccato, civiltà
espiante il male delle anime, arcano spettro del futuro, nuovo ordine di
rinascita per gli spiriti.
martedì 3 gennaio 2012
Ama il tuo prossimo
Secondo la mentalità del
periodo di Gesù e del popolo ebraico il prossimo per il pio israelita, era
soltanto colui che apparteneva al giudaismo, si aveva il dovere di beneficare e
di aiutare solamente i propri compatrioti e non coloro che appartenevano ad altre
genti, cioè ai gentili, secondo un termine in uso all’epoca, o greci, secondo
la definizione degli stranieri che san Paolo Apostolo usa nelle sue Lettere; in
un colloquio con un israelita gli viene domandato quale sia il più grande
comandamento della Legge e Lui afferma che si tratta della Legge dell’amore,
della carità perfetta, verso Dio e verso il prossimo, l’interlocutore afferma
che la risposta di Gesù è secondo verità e ne fa un grande apprezzamento, ma
domanda perplesso e confuso al Signore, chi sia il suo prossimo: a quel punto
del dialogo il Signore risponde con la parabola del buon samaritano; i
samaritani erano stranieri per i giudei, con loro non si intrattenevano
rapporti cordiali, anche a causa delle divergenze cultuali e religiose, erano
ritenuti estranei al popolo eletto dall’opinione comune della gente; Gesù con
questa parabola vuole affermare che ogni persona che soffre e che incontriamo
sul nostro cammino, nella nostra vita, è il prossimo da amare con il cuore
stesso della carità, la centralità stessa insita nella virtù dell’amore, che è
la compassione, il prossimo da amare è la persona che ha bisogno di aiuto senza
eccezioni, poiché qualsiasi eccezione è un impedimento all’esercizio dell’amore
e della compassione; l’amore quindi è universale, deve abbracciare tutti senza
escludere nessuno, altrimenti non è vero amore! La compassione è il nucleo
centrale dell’amore, la sua espressione più alta: compassione significa,
soffrire con, insieme, sentirsi nell’altro, condividere le sofferenze altrui
con un atto di profonda empatia, essere nell’altro e avere la capacità di
intervenire per lenire il dolore, piangere con coloro che piangono e gioire
quando il prossimo gioisce; compassione significa essenzialmente comunione di
cuori. Ama il prossimo tuo come te stesso, dice il Signore, questo è il secondo
e più grande dei comandamenti di Dio: chi ama gli altri ama sé stesso, non c’è
amore per gli altri senza un amore verso la propria persona, occorre amare sé
stessi per amare anche gli altri, poiché volere il bene proprio è insito nella
volontà di bene nei riguardi di coloro che ci circondano, nei riguardi delle
altre creature; nell’amore agli altri non ci si dimentica di sé stessi, non è
una forma di estraniazione impersonale, dove l’io perde di importanza, anzi è
il solo ed autentico modo per valorizzare l’io, per dare un significato reale
alla propria esistenza: pensare agli altri porta come atto intrinseco il
pensare a sé stessi, a fare il proprio bene, anche se descritto così può
sembrare un paradosso, ma è invece una verità di fatto. L’abnegazione, il
dimenticare sé stessi per il bene altrui, è il passo intermedio che porta al
sacrificio, all’atto di amore finale nella propria vita; l’abnegazione è
saggezza di vita, è la sapienza del Vangelo, stoltezza e follia secondo i
canoni del mondo.
domenica 1 gennaio 2012
Il lavacro del santo Battesimo
Il lavacro del santo Battesimo
ci redime dal peccato originale, ci assolve dalla colpa ereditata dai
progenitori e ci innesta nella vita di grazia della Santissima Trinità; con il
Battesimo ricevuto nella forma Trinitaria, nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, ci immergiamo nella morte di Cristo e risorgiamo alla vita
di grazia, diventiamo partecipi della divina natura, Dio abita nel nostro cuore
ed espropria il maligno che ci aveva preso sotto la sua potestà con l’inganno,
nel momento della caduta della nostra stirpe, nel momento tragico della sua
estraniazione dalla comunione originaria con il Creatore. Ogni battezzato è
figlio di Dio in unione mistica con il suo Figlio Gesù, il Signore ci ha
redenti con la sua Croce benedetta, ci ha liberati dal male, ci ha introdotti
nel Regno del Padre come salvati dalla dannazione eterna; con l’invocazione
Trinitaria, lo Spirito Santo prende possesso di un’anima e la segna con il suo
indelebile sigillo, per ereditare la Vita eterna: il segno di questo reale
evento di grazia è l’acqua, simbolo di purificazione e di salvezza, acqua che
purifica dall’iniquità del peccato e che salva dalla perdizione nell’inferno,
dalla schiavitù del diavolo. L’arca del diluvio di cui si parla nell’Antico
Testamento, rappresenta come figura precorritrice il Battesimo in Cristo, come
l’arca salvò il patriarca Noè e la sua famiglia dalla distruzione del diluvio,
così l’acqua del Battesimo salva il cristiano dal peccato che conduce alla
disfatta dell’anima nell’eterna dannazione e lo introduce alla comunione dei
figli di Dio. Il Battesimo in origine avveniva per immersione di tutto il
corpo, nell’elemento simbolico dell’acqua, come a significare l’immersione
nella morte redentrice di Cristo e l’emersione dall’acqua che simboleggia
l’avvenuta Risurrezione di Gesù e la nostra futura risurrezione, per opera
della sua potenza divina, nella partecipazione della Gloria immortale con il
Padre. Il Battesimo è segno e strumento, segno nel senso che è portatore di uno
specifico significato, la salvezza delle anime, strumento nel senso che attua
efficacemente e realmente quello di cui si fa portatore, cioè l’azione
redentrice di Cristo Salvatore; la formula Trinitaria, nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, richiama sul battezzando, sul futuro battezzato,
la grazia ottenutaci dalla Passione, morte in Croce e Risurrezione del Signore
Gesù, questa formula ha il potere di rimettere il peccato originale e tutti i
peccati commessi in vita, per una virtù propria soprannaturale insita nella
formula dichiarata, per il fatto stesso di essere pronunciata su un’anima
umana, amata infinitamente da Dio Padre nel suo Figlio Gesù, di cui lo Spirito
Santo prende stabile dimora. Giovanni il Battista, il Profeta precursore di
Gesù, battezzava con acqua solamente e impartiva un battesimo simbolico di
penitenza, che aveva la sua efficacia nella seria decisione dei battezzandi di
convertirsi alla carità e alla giustizia, pentendosi dei propri peccati, il
Battesimo di Gesù è il Battesimo della nuova ed eterna Alleanza, è il Battesimo
definitivo del suo Sacrificio d’amore in espiazione dei peccati, un Battesimo
che dona lo Spirito Santo a chi lo riceve, la Vita stessa di Dio nella sua
dimensione più alta, soprannaturale. Coloro che sono Battezzati e vivono con
perseveranza la vita di grazia, evitando e rinnegando il male, il peccato, sono
maggiormente protetti dalla influenza e dalle aggressioni del maligno,
indossano da valorosi l’armatura di Dio.
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