Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 18 gennaio 2012

Dio è Giudice giusto


In una preghiera del passato a san Michele Arcangelo, erano presenti queste parole come sua conclusione: “ Fa che non abbiamo a perire nel tremendo Giudizio ”. Il Giudizio fa parte dei novissimi, le Verità ultime della Fede cristiana: morte, Giudizio, inferno, purgatorio, Paradiso; il Giudizio viene dopo la morte ed è senza appello, soltanto la vita presente è il tempo della misericordia, il tempo che Dio concede per credere e convertirsi, per potersi salvare dall’inferno. Nel purgatorio le anime sono già salvate, sono già redente, devono soltanto prepararsi, espiare e purificarsi, acquisire la perfezione della carità, per poter accedere al Paradiso; Gesù nel Vangelo afferma che gli uomini renderanno conto a Dio di tutto, anche della più piccola parola pronunciata, poiché nel Giudizio sarà presente tutta la loro vita, che verrà pesata sulla bilancia della Giustizia del Signore, la vera Giustizia! Non la giustizia balorda degli uomini mondani, quella terrena per intenderci. La bilancia della Giustizia è la Croce di Cristo, essa pesa i cuori e retribuisce le anime secondo le loro azioni, secondo verità, con imparzialità perfetta: alla fine della vita saremo giudicati sull’amore, questo è il criterio del Giudizio, quindi chi non avrà amato sarà inevitabilmente condannato, chi avrà amato sarà tra i redenti, nella Gerusalemme celeste, come è scritto nell’Apocalisse di Giovanni. Con Gesù erano crocifissi due uomini, due malfattori, così li definisce il Vangelo, uno a destra e l’altro a sinistra: entrambi parlano con Gesù durante l’agonia della crocifissione, uno dice al Signore, quasi per deriderlo, con assoluta miscredenza, che se egli è il Figlio di Dio, scenda dalla Croce e salvi sé stesso e loro, l’altro gli dice, con un atto di Fede sincera e riconoscendo l’innocenza di Gesù, quindi amandolo: “ Signore, ricordati di me, quando entrerai nel tuo Regno ”; Gesù gli risponde: “ In verità, in verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso ”. Gesù scruta il cuore di entrambi, in uno vede la chiusura alla misericordia, l’impenitenza e nell’altro un sincero pentimento delle proprie colpe, un atto autentico di carità ed è per questo che il destino di entrambi, è stato per ciascuno di loro diverso da quello dell’altro, il Giudizio si è applicato in questi termini, come sui due piatti della bilancia, condanna e assoluzione, perdizione e salvezza: la Croce del Signore è stata la bilancia che ha decretato il Giudizio. Questo è il tempo propizio per accettare la salvezza, dopo la morte i giochi sono fatti, quindi la vita è un’occasione unica, non esiste una seconda opportunità; la Fede insieme alle opere sono il cardine della salvezza, non si può separare la Fede dalle opere e le opere dalla Fede, come dice san Giacomo Apostolo nella sua epistola, la Fede senza le opere è morta, egli dice anche: “ Io con le mie opere ti mostrerò la mia Fede ”, quali sono queste opere? Sono gli atti di carità, d’amore. La Croce, l’Amore e il Giudizio sono in una dinamica intimamente coerente, sono forze che non si possono disgiungere, sono un unico ente che pone l’anima in relazione al suo Creatore e la fa passare dal tempo all’eternità, nel legame stabile che la creatura ha scelto liberamente di avere con il proprio Creatore, per sempre: una porta verso l’infinito.

domenica 15 gennaio 2012

Il tradimento di Giuda


Gesù è stato tradito da Giuda, il Vangelo dice che satana mise nel cuore di Giuda il proposito di tradire il Signore; il Signore a proposito di Giuda afferma che tra i Dodici, gli Apostoli, era presente un diavolo e che per il traditore sarebbe stato meglio non essere mai nato, poiché all’inferno è forse preferibile il non esserci; il Signore fece di tutto per convertire Giuda, poiché probabilmente in lui era presente un lato buono, infatti Giuda era stato scelto da Gesù per essere uno degli Apostoli, quindi è impensabile che abbia scelto lui senza dei buoni motivi, senza che vi sia stata da parte di Giuda una predisposizione alla vocazione dell’Apostolo; anche Giuda aveva il suo lato oscuro, ma il Signore scorse in lui anche il bene e la possibilità di riscatto dal peccato, ma l’apostolo traditore alla fine scelse il male, scelse di assecondare il maligno nel proposito del tradimento; il Vangelo afferma che Giuda era ladro e che rubava dalla cassa comune, quello che doveva essere destinato ai poveri: chissà quante volte il Signore ha tentato invano di recuperarlo, di redimerlo dalle sue colpe. Il Vangelo dice che nell’ultima cena satana entrò in Giuda, questo non sarebbe mai accaduto se egli non avesse liberamente aderito con il suo cuore al male, il peccato di Giuda fu un peccato compiuto con assoluta malizia e consapevolezza; Giuda si pentì per aver consegnato il Signore, ma invece di andare alla Croce per chiedere perdono, andò a suicidarsi, evidentemente il suo pentimento non era permeato di carità verso Gesù, era più la consapevolezza di avere sbagliato, di avere commesso una ingiustizia. Giuda in quel frangente della sua vita definisce Gesù come sangue innocente, ma non pensa a convertirsi, non crede che il Signore possa perdonarlo, dispera quindi della sua Misericordia, per questo peccato di cieca disperazione Giuda si è perduto inevitabilmente: si è perduto perché non si è affidato a Cristo con un atto di contrizione e di carità, perché nel suo cuore si era convinto di non poter mai essere perdonato da Dio. Giuda ebbe Fede nel Figlio di Dio, durante la sua vicinanza con Lui nella vita pubblica di predicazione? Soltanto il Signore scrutava nel cuore di Giuda e conosceva i suoi veri sentimenti e le sue vere intenzioni, ciò era all’oscuro di tutti gli altri Apostoli; nel Vangelo di san Giovanni è scritto, dopo il discorso nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita, che alcuni dei presenti, cioè alcuni dei discepoli lo abbandonarono a causa di una crisi di Fede, non riuscivano più a credere in Lui, quindi Gesù domandò agli Apostoli, tra cui c’era anche Giuda: “ Volete andarvene anche voi? ”, ma Pietro risponde a nome di tutti i Dodici, che loro scelgono di rimanere con il Signore senza alcuna esitazione, perché soltanto Lui ha parole di Vita eterna, questa è una affermazione di Fede senza possibilità di malinteso; ma Giuda era concorde con i sentimenti di Pietro e degli altri Apostoli? Probabilmente no, ma lui maschera il suo cuore con la falsità, forse Giuda credeva soltanto di poterci guadagnare sul piano materiale dalla sequela di Cristo, forse era convinto che Gesù fosse uno dei tanti messia, che comparivano nei territori di Giudea, Galilea e Palestina in quel periodo storico, probabilmente la sua Fede nel Santo di Dio era inconsistente e ipocrita. Il Signore amava Giuda e mentre egli Lo tradisce con un bacio nell’orto degli ulivi, Gesù lo chiama per nome e gli dice amico: il Signore ha sofferto molto per il traviamento di Giuda, poiché lo amava e lo aveva scelto come Apostolo. Una parte delle sofferenze di Cristo nella sua vita, una particella della sua Passione, fu proprio il disamore e il tradimento del suo figlio Giuda.

martedì 10 gennaio 2012

Empio e giusto


Molto presto assisteremo con gioia alla disfatta degli empi, questo è il tema centrale di molti Salmi, la perfidia degli empi disprezza il giusto e ciò che è bene sul piano della sensibilità nella comune coscienza; gli empi sono quella categoria di persone che il Signore degli eserciti detesta e contro cui battaglia e vince, l’empio nella Sacra Scrittura è assimilabile con lo stolto, stoltezza e empietà sono intrinsecamente presenti nella persona malvagia, che odia Dio e calpesta il prossimo, soprattutto deboli e innocenti: lo stolto pensa nel suo cuore che l’Eterno non c’è, dicono vari Salmi e anche che l’empio cammina con superbia, arroganza e alterigia, si cinge di violenza e di delitto, ma il Signore degli eserciti combatte contro questa fattispecie di persone e li condanna a un destino di perdizione, secondo la sua sempiterna Giustizia, secondo il suo giudizio veritiero e giusto in sommo grado. L’empio non avrà mai la vittoria finale, è destinato per decreto dell’Altissimo alla sconfitta, alla condanna del male che nella vita ha commesso. Protettore dei giusti è il Signore, dicono altri Salmi, quindi il giusto trionferà sull’empio, lo sconfiggerà nel nome del Signore: la rabbia degli empi cadrà nel nulla e la bontà dei giusti trionferà imperitura nell’eternità. Tutti riceveranno la propria retribuzione eterna, ma già da questa vita terrena il Signore agisce per rendere giustizia ai suoi fedeli e castigare severamente coloro che praticano la violenza e la menzogna, affinché la Giustizia abbia la vittoria che inevitabilmente ottiene, senza possibilità di fallimento. Gli empi pensano che rimarranno impuniti per sempre e che la vita è soltanto quella di quaggiù, ma sono stolti e non comprendono i misteri di Dio, non comprendono che per il male che hanno fatto saranno nei tormenti, dopo la condanna che hanno attirato su di sé, non comprendono che il male porta altro male, soprattutto a chi lo pratica, e che il giusto anche se soffre e muore prematuramente a causa loro, è benedetto e sarà per sempre nella pace del suo Signore; in questa impostazione di vita consiste la stoltezza dell’empio, nel non riconoscere il proprio peccato e detestarlo, pentendosi ed emendandosi per poi cambiare vita. L’empio è abitato nel suo cuore dal diavolo e compie le sue opere inique, purtroppo la categoria degli empi è molto estesa nella civiltà contemporanea, questo significa che le anime che vanno all’inferno sono numerose, ma ciò non vuol dire che non vi siano giusti a contrastare le loro malefatte, anzi il giusto è sempre presente e combatte con coraggio contro la perduta gente del mondo, anche se perde qualche battaglia, alla fine vincerà la guerra: i giusti trionfano perché il Signore degli eserciti combatte con loro e non li abbandona mai nel conflitto, il Signore è al nostra fianco, è vicino al nostro cuore e ci protegge combattendo con noi per la vittoria del bene sul male, sull’empietà di quelli che sono asserviti al maligno e compiono le sue opere. Il Signore è Santo e non potrà mai essere sconfitto dalla debolezza del peccato, Egli è il nostro Condottiero valoroso e noi i suoi soldati, la sua milizia: possa ogni persona di buona volontà, fare parte del suo esercito e avere sempre il coraggio di combattere valorosamente per il Vangelo della pace, per il lieto annunzio della vita e della carità.

sabato 7 gennaio 2012

Etica della libertà


Possiamo affermare che la libertà, consista nel fare quello che si vuole? Noi sappiamo che tutte le creature sono entrate nell’essere, mentre un tempo passato non esistevano e vivono il presente nell’ambito della finitezza; tutte le creature sono limitate, nel senso che soggiacciono a regole di vita molto precise, senza le quali sarebbe impossibile il mantenimento dell’ordine in cui solamente è possibile, una vita senza devianze nella direzione di un danno implicito per la persona: affermare che la persona umana è libera, perché può fare tutto quello che vuole, è un totale assurdo; per vivere nell’onesto, nel buono e nel giusto occorre osservare scrupolosamente delle regole, delle leggi, dei comandamenti e così, in questo modo, attraverso determinate modalità, si può vivere nell’ambito della libertà umana e realizzare in pienezza la propria vocazione umana. La libertà autentica consiste nell’esercitare la volontà, il cosiddetto libero arbitrio, riconoscendo nelle proprie scelte una verità riguardo alla propria persona e cioè che si è dipendenti da molti fattori, ad esempio nessuno è padrone del battito del proprio cuore e nessuno ha deliberatamente chiesto di venire al mondo, di nascere con tutte quelle circostanze che lo caratterizzano, riguardo alla propria personalità e alla società in cui si trova a vivere; la libertà è la consapevolezza della propria dipendenza e la conseguente accettazione di questo stato, per esercitare scelte che vadano nella direzione di una ricerca del bene, come espressione di una libertà che porta alla felicità e a vivere quindi conformi alla propria natura, senza sbandare dai binari dell’onesto, del buono e del giusto: non c’è libertà, senza esercizio e pratica concreta delle virtù, poiché la dimensione preponderante nell’uomo e nella donna, dimensione che connatura la vera dignità umana, è la dimensione spirituale e morale; occorre recuperare un’etica della libertà, in cui la considerazione di norme valide da seguire per raggiungere il bene, la felicità dell’anima, concorra con l’osservanza di queste e sviluppi nella persona la convinzione che soltanto all’interno di comandamenti specifici, è possibile vivere autenticamente liberi, senza l’asservimento alla dittatura dell’io, senza il dispotico agitarsi delle brame egoistiche della carne e del vizio, forze che degradano e deturpano la nostra umana bellezza, il nostro vero bene. Per essere liberi occorre obbedire a leggi esistenziali specifiche, senza le quali l’umanità si degrada nel disordine di una natura che progressivamente perde l’appetito al bene, unica fonte da cui attingere la felicità più genuina, la nostra piena realizzazione nella libertà: il bene e il male, sono i cardini della libertà, le nostre scelte in base all’esercizio dell’arbitrio personale, sono la bussola per applicare la reale decisione che porta alla virtù o al vizio, piena avvertenza e deliberato consenso fanno della scelta, la nostra sincera libertà. La piena avvertenza è la profonda consapevolezza che qualcosa sia sbagliato, il deliberato consenso è la piena adesione alla negatività senza opposizione da parte della volontà; a dare la conoscenza di questi elementi decisivi alle nostre scelte, è la coscienza interiore, quella legge morale, che è radicata sul piano naturale in ogni persona senziente, come la chiave di volta che sostiene l’architettura della psiche, l’intero apparato del mondo del cuore, i sentimenti, il pensiero e la volontà. Per essere liberi, occorre riconoscere e scegliere il bene, senza infingimenti o tentennamenti, con la piena facoltà di intendere e di volere.

giovedì 5 gennaio 2012

Decadenza


La nostra società è fondata sulle menzogne e la corruzione coinvolge un numero altissimo di persone, perché il denaro è il solo idolo capace di muovere l’interesse di tutti; non è possibile salvare la società dalla corruzione, perché l’andamento del mondo è una progressiva disumanizzazione dei costumi e una costante crescita della ricerca dell’interesse personale ed egoistico, quindi la depravazione della mente umana, è la rassicurante condizione per un futuro fatto di belle aspettative consolanti… Questo sporco mondo fatto di gente ignobile, per quasi tutta la sua totalità, va verso la rovina più degradante: non servono i profeti di sventura per comprendere l’abisso di male cui tutti sono proiettati, basta una visione realistica dell’essere umano e del suo sporco mondo, per essere consapevoli dell’inferno che va imponendosi nelle società umane. Siamo come al crollo del sacro romano impero, dove le masse si illudevano di aver raggiunto il benessere e la prosperità, mentre all’interno cresceva il cancro della corruzione e della decadenza, quasi nell’inconsapevolezza collettiva. Il salario del peccato è la morte; nel mondo ci sono forze di distruzione che attendono il loro scatenarsi, mentre tutti dormono sonni tranquilli, forze che vogliono il male per il male, per quanto non sia possibile al buon senso il comprenderlo. Perché il salario del peccato è la morte? Che cos’è il peccato? E’ la disgregazione necrotica di ogni bene positivo, è il disfacimento dell’anima delle persone, la corruzione del vizio e dell’egoismo, l’odio verso i propri simili, tutto ciò che è male e che dall’interiorità umana si propaga nella società e nelle relazioni tra individui: la decadenza. Il suo salario è la morte, perché la morte è quello che di più simile ci sia al male morale, il riflesso nello specchio della vita, tra lo spirito e la materia, tra l’anima e la realtà esteriore e visibile; morte e decadenza, sono davanti a noi in prospettiva e la loro evitabilità è pressoché impossibile, la storia è ciclica, si ripete alternativamente per sempre e dove si edifica la civiltà si deve distruggerla per riedificarla, così ancora e ancora, sempre… è la legge dell’eterno ritorno, a cui non si può sfuggire, per quanto gli sforzi dell’oggi siano proiettati verso il paradiso in terra, un sogno assurdo che sfocerà nel peggiore degli incubi, la decadenza dell’umana civiltà per un nuovo rinascimento. L’umanità è il vero peccato del mondo, questa pestilenza che ammorba la nostra madre terra, il cancro dell’universo che deve necessariamente essere redento, dal fuoco e dalla spada; comunque il destino del mondo non può essere cambiato, la guerra non sarà mai bandita dal suolo sempre intriso di sangue, perché la creatura umana è pazza e la sua follia si esprimerà inevitabilmente nella sua storia, la creatura umana è malata e la sua malattia è inguaribile, e la sua malattia si chiama “ delirio di vita ”, per questo la cura porta nome “ tormento di morte ”; tutto è impresso nella nostra carne, occorre attendere con pazienza l’avvento dell’antivita, che attraverso i millenni purifica da questo inconveniente parassitismo, la natura della nostra madre terra, con la sua falce mietitrice, le doglie dell’avvenire apocalittico, la rivelazione del futuro decadimento, verso la rinascita, una civiltà nuova dove il pensiero rompe gli argini della materia inanimata: un nuovo mondo di bene e di male, dove l’equilibrio assesta le ragioni della carne umana, dove l’equilibrio mette ordine tra la vita e la morte, oltre il caos dell’antivita, oltre l’illusione del paradiso in terra, fuori dall’inferno della decadenza, fatta di corruzione e di peccato, civiltà espiante il male delle anime, arcano spettro del futuro, nuovo ordine di rinascita per gli spiriti.

martedì 3 gennaio 2012

Ama il tuo prossimo


Secondo la mentalità del periodo di Gesù e del popolo ebraico il prossimo per il pio israelita, era soltanto colui che apparteneva al giudaismo, si aveva il dovere di beneficare e di aiutare solamente i propri compatrioti e non coloro che appartenevano ad altre genti, cioè ai gentili, secondo un termine in uso all’epoca, o greci, secondo la definizione degli stranieri che san Paolo Apostolo usa nelle sue Lettere; in un colloquio con un israelita gli viene domandato quale sia il più grande comandamento della Legge e Lui afferma che si tratta della Legge dell’amore, della carità perfetta, verso Dio e verso il prossimo, l’interlocutore afferma che la risposta di Gesù è secondo verità e ne fa un grande apprezzamento, ma domanda perplesso e confuso al Signore, chi sia il suo prossimo: a quel punto del dialogo il Signore risponde con la parabola del buon samaritano; i samaritani erano stranieri per i giudei, con loro non si intrattenevano rapporti cordiali, anche a causa delle divergenze cultuali e religiose, erano ritenuti estranei al popolo eletto dall’opinione comune della gente; Gesù con questa parabola vuole affermare che ogni persona che soffre e che incontriamo sul nostro cammino, nella nostra vita, è il prossimo da amare con il cuore stesso della carità, la centralità stessa insita nella virtù dell’amore, che è la compassione, il prossimo da amare è la persona che ha bisogno di aiuto senza eccezioni, poiché qualsiasi eccezione è un impedimento all’esercizio dell’amore e della compassione; l’amore quindi è universale, deve abbracciare tutti senza escludere nessuno, altrimenti non è vero amore! La compassione è il nucleo centrale dell’amore, la sua espressione più alta: compassione significa, soffrire con, insieme, sentirsi nell’altro, condividere le sofferenze altrui con un atto di profonda empatia, essere nell’altro e avere la capacità di intervenire per lenire il dolore, piangere con coloro che piangono e gioire quando il prossimo gioisce; compassione significa essenzialmente comunione di cuori. Ama il prossimo tuo come te stesso, dice il Signore, questo è il secondo e più grande dei comandamenti di Dio: chi ama gli altri ama sé stesso, non c’è amore per gli altri senza un amore verso la propria persona, occorre amare sé stessi per amare anche gli altri, poiché volere il bene proprio è insito nella volontà di bene nei riguardi di coloro che ci circondano, nei riguardi delle altre creature; nell’amore agli altri non ci si dimentica di sé stessi, non è una forma di estraniazione impersonale, dove l’io perde di importanza, anzi è il solo ed autentico modo per valorizzare l’io, per dare un significato reale alla propria esistenza: pensare agli altri porta come atto intrinseco il pensare a sé stessi, a fare il proprio bene, anche se descritto così può sembrare un paradosso, ma è invece una verità di fatto. L’abnegazione, il dimenticare sé stessi per il bene altrui, è il passo intermedio che porta al sacrificio, all’atto di amore finale nella propria vita; l’abnegazione è saggezza di vita, è la sapienza del Vangelo, stoltezza e follia secondo i canoni del mondo.

domenica 1 gennaio 2012

Il lavacro del santo Battesimo


Il lavacro del santo Battesimo ci redime dal peccato originale, ci assolve dalla colpa ereditata dai progenitori e ci innesta nella vita di grazia della Santissima Trinità; con il Battesimo ricevuto nella forma Trinitaria, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ci immergiamo nella morte di Cristo e risorgiamo alla vita di grazia, diventiamo partecipi della divina natura, Dio abita nel nostro cuore ed espropria il maligno che ci aveva preso sotto la sua potestà con l’inganno, nel momento della caduta della nostra stirpe, nel momento tragico della sua estraniazione dalla comunione originaria con il Creatore. Ogni battezzato è figlio di Dio in unione mistica con il suo Figlio Gesù, il Signore ci ha redenti con la sua Croce benedetta, ci ha liberati dal male, ci ha introdotti nel Regno del Padre come salvati dalla dannazione eterna; con l’invocazione Trinitaria, lo Spirito Santo prende possesso di un’anima e la segna con il suo indelebile sigillo, per ereditare la Vita eterna: il segno di questo reale evento di grazia è l’acqua, simbolo di purificazione e di salvezza, acqua che purifica dall’iniquità del peccato e che salva dalla perdizione nell’inferno, dalla schiavitù del diavolo. L’arca del diluvio di cui si parla nell’Antico Testamento, rappresenta come figura precorritrice il Battesimo in Cristo, come l’arca salvò il patriarca Noè e la sua famiglia dalla distruzione del diluvio, così l’acqua del Battesimo salva il cristiano dal peccato che conduce alla disfatta dell’anima nell’eterna dannazione e lo introduce alla comunione dei figli di Dio. Il Battesimo in origine avveniva per immersione di tutto il corpo, nell’elemento simbolico dell’acqua, come a significare l’immersione nella morte redentrice di Cristo e l’emersione dall’acqua che simboleggia l’avvenuta Risurrezione di Gesù e la nostra futura risurrezione, per opera della sua potenza divina, nella partecipazione della Gloria immortale con il Padre. Il Battesimo è segno e strumento, segno nel senso che è portatore di uno specifico significato, la salvezza delle anime, strumento nel senso che attua efficacemente e realmente quello di cui si fa portatore, cioè l’azione redentrice di Cristo Salvatore; la formula Trinitaria, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, richiama sul battezzando, sul futuro battezzato, la grazia ottenutaci dalla Passione, morte in Croce e Risurrezione del Signore Gesù, questa formula ha il potere di rimettere il peccato originale e tutti i peccati commessi in vita, per una virtù propria soprannaturale insita nella formula dichiarata, per il fatto stesso di essere pronunciata su un’anima umana, amata infinitamente da Dio Padre nel suo Figlio Gesù, di cui lo Spirito Santo prende stabile dimora. Giovanni il Battista, il Profeta precursore di Gesù, battezzava con acqua solamente e impartiva un battesimo simbolico di penitenza, che aveva la sua efficacia nella seria decisione dei battezzandi di convertirsi alla carità e alla giustizia, pentendosi dei propri peccati, il Battesimo di Gesù è il Battesimo della nuova ed eterna Alleanza, è il Battesimo definitivo del suo Sacrificio d’amore in espiazione dei peccati, un Battesimo che dona lo Spirito Santo a chi lo riceve, la Vita stessa di Dio nella sua dimensione più alta, soprannaturale. Coloro che sono Battezzati e vivono con perseveranza la vita di grazia, evitando e rinnegando il male, il peccato, sono maggiormente protetti dalla influenza e dalle aggressioni del maligno, indossano da valorosi l’armatura di Dio.