Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 22 marzo 2024

Selezione di haiku n°092


Mute le nuvole
tra foglioline verdi sui rami –
un flebile risveglio.

L'era degli aquiloni –
nei pensieri l'aria è vento,
figure come di carta.

Cammino solo –
il buio oltre la nebbia,
nel cuore l'attimo.

Nella nuda terra –
si muove la vita impercettibile,
senza fare rumore.

L'alba ha un sole vacuo –
il muschio copre il tronco a nord,
rugiada sulle gemme.

Il passero su quel ramo –
robusta è la quercia sotto la pioggia,
amarezza per il misero.

Nella serata senza nubi –
la lucciola come puntino che danza,
traccia crepuscolare.

Cade con moderata intensità –
l'acqua della pioggia bagna le foglie,
nella terra le radici.

L'interiorità vede oltre –
il crisantemo bianco è molto onesto,
non cela malizia ma pace.

È chiarore armonioso –
tanti petali di ciliegio cadono subito,
la vita è presto trascorsa.

Un genuflettersi alla vita –
questo gattino si nutre di carne altrui,
chi ama offre del proprio.

Cosa pensa il diavolo della Madonna

Negli esorcismi i demoni chiamano la Madonna col titolo di Alta Dama e testimoniano che il Santo Rosario è la preghiera più esorcistica, che li vince sempre, che vanifica la loro attività diabolica specie se pregato comunitariamente, affermano che se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario per loro sarebbe finita, dicono che se vedessimo soltanto un decimo della magnificenza di Maria cadremmo nella polvere, molti cristiani non capiscono ancora il ruolo che ha la Madonna nell’economia della salvezza e il potere che Dio le conferisce come corredentrice, il suo grado di gloria in Paradiso e la sua vicinanza a Dio che è al di sopra di tutte le creature sante, è la Madre di Gesù e come potrebbe essere diversamente?

giovedì 21 marzo 2024

L'esercizio delle virtù cristiane rende liberi

Gesù disse: “... il diavolo non ha alcun potere su di me” (Gv 14,30) ... il Signore essendo la sorgente della vita e di ogni bene, della carità, della verità e della santità, infatti non ha mai commesso alcun peccato: è soltanto il peccato o il male morale che dà a satana dei diritti sugli uomini e gli fa esercitare un potere su chi li commette: “... chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8,34). Il male esercita il suo dominio sugli uomini quando si ostinano nel peccato, che in un cammino di degenerazione morale arrivano a non pentirsi più di nulla e a dire male il bene e bene il male, è questo indurimento del cuore ciò che si prefigge il maligno e una persona che arriva a una tale soglia di non ritorno diventa una marionetta inconsapevole manovrata dai demoni, nonostante sia miscredente, nonostante non creda nella loro esistenza e nel loro influsso sulla mente quando con le loro catene imprigionano addirittura l’anima, se ne impossessano. Ci si libera dal male spirituale che schiavizza l’esistenza con il pentimento sincero delle proprie colpe o la Confessione sacramentale – perché è il Sangue di Gesù che lava le anime e infonde loro la vita di grazia – e la conversione alla Legge di Dio, con l’esercizio di una coscienza sensibile e opponendosi alle nostre cattive inclinazioni esercitando così le virtù, nella perseveranza del bene e in un continuo e instancabile combattimento, in una difficile tensione marziale: il diavolo non si arrende mai, è sempre all’opera per danneggiarci e portarci via dall’amore di Dio che è l’unica e vera salvazione.

mercoledì 13 marzo 2024

Il buon grano e la zizzania

Se ho fatto del male mi pento, poi c’è la riparazione su cui non si può transigere e chiedo perdono per me stesso, se ho fatto del bene ringrazio il Signore che ne è l’unica e vera fonte; le possibilità di bene non appartengono a noi, sono occasioni o addirittura una prassi che ci viene concessa dall’Alto; da noi soltanto il peccato, le cattive inclinazioni della nostra bieca natura, dall’Eterno attraverso di noi la virtù, qualsiasi pensiero buono, le parole che edificano e consolano, che leniscono le sofferenze mentali, che guariscono il cuore del prossimo e ogni gesto d’amore; di nostro alla grazia soprannaturale e alle buone ispirazioni della coscienza, partecipiamo con una volontà ben disposta e la nobiltà dell’animo... se ci siamo costruiti così, se siamo stati capaci di progresso interiore attraverso il tempo della vita – dono della divina provvidenza.

domenica 10 marzo 2024

La carità come fulcro di significato

Nell’uomo è presente l’anelito al mistero e la nostalgia di Dio, il desiderio di dare significato alla propria esistenza, ma la religiosità nel nostro mondo contemporaneo è vista come una fuga dalla realtà, una fantasia anacronistica, un ideale che non si può realizzare in un mondo pervaso dal materialismo, invece essa è scritta a caratteri d’oro nella nostra natura come ricerca della felicità, di un bene così grande da superare tutto il resto, appartiene soltanto allo spirito umano che esercitandola con maturità e secondo la retta ragione realizza la vita interiore della nostra persona, la sua libertà, l’innocenza e la coscienza; i mistici alla religiosità cristiana hanno dato compimento con la parola amore, che non è soltanto linguaggio ma vissuto concreto, sia in senso verticale o trascendente che orizzontale o immanente, ma soprattutto di Dio per l’uomo, per l’anima umana che è bisognosa di un amore in pienezza, che supera anche le più temerarie aspettative, è l’abbraccio di Dio che come nella parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso ci introduce nella sua casa eterna, veramente accolti e con la dignità dei prediletti.

martedì 5 marzo 2024

Silloge poetica n°063


REGOLA

Negli spazi angusti di questo cuore rabbuiato
si delineano le virtù di una filosofia incerta e puerile,
quel che è scritto nel libro eloquente della vita
con la sua umanità tanto fragile,
il fanciullo chiuso nella mente logora
si rivela quando la madre lo accoglie fra braccia benedicenti,
la consapevolezza che tutto ha un suo compimento
è la madre premurosa,
il fanciullo è il sentimento che cerca il senso remoto,
l'affetto che si delinea nei meandri dell'ignoto e dell'arcaico,
quell'inizio in un pensiero fuori dal tempo,
forse il destino
o la mistica della comunione,
forse l'estasi della visione
o il fondamento della conoscenza,
la mente adulta e consunta
stanca di tante vicissitudini dolorose
è la mia nel passaggio in cui i ricordi si estinguono
e la luce che apre a un nuovo giorno
colma l'anima di beata rassegnazione,
pace perfetta,
l'estinguersi della sete di vivere
raggiunta la vèritas della pietà o l'apice dell'amore,
le stigmate della gloria.


VIA CRUCIS

C'è il tuo sguardo Gesù
negli occhi puliti del fanciullo,
c'è il tuo rispetto
nella carezza che sfiora
la guancia di una donna maltrattata,
c'è la tua accoglienza
nell'abbraccio a quel padre
anziano e malato,
c'è la tua comprensione
nelle lacrime
di una qualsiasi anima casta
che vede nelle amare sofferenze
e nella solitudine
del debole,
di chi è espropriato,
l'abbandonato –
la tua Croce benedicente,
a cui ci inchioda spietata l'antica colpa,
cardine del tremendo giudizio
e causa efficiente
per coloro che sinceramente amando
hanno scelto la via dolorosa
e lì dov'è il calice della Passione,
il tragitto in salita con quei sassi acuminati
che conduce verso
la Pasqua eterna del Cielo.


L'ULIVO BENEDETTO

Della pace vorrei tanto
gli squisiti frutti
come gemme natie
della primavera,
la convivenza civile e la tolleranza –
e il rametto di ulivo
che instilla benedizione
è come Gesù
che a dorso di un somarello,
dicono di Lui
che è il principe della pace
e con i bimbi festosi
che agitano palme verdi di linfa
entra in Gerusalemme,
affinché i cuori rinascano nel verace amore –
il rametto di ulivo
ce lo dona Gesù con il suo buon cuore,
mansueto e umile
nello sguardo tanto grato
della sua mamma,
è benedetto perché colmo
del suo mistico e tracimante amore –
non vuole dolori e divisione
ma la pace vera
che discende dalla ragione,
dalla volontà
che volge all'innocenza della vita
e dalla riconciliazione.


CROCE

La croce è l'ultimo luogo
in cui ci si vorrebbe ritrovare,
ma con essa non si può
procrastinare il destino,
viene avanti verso ciascuno di noi
ed è una porta più che un limite.
Dove c'è la vita di un uomo
è sempre presente la sua propria croce
e non è altro che Gesù
nel suo abbraccio
per il peccatore dimenticato.
Non c'è croce senza anima
e l'anima è la vita che fugge via,
adesso troppo lontano
per tornare ai ceppi della cattiveria,
troppo lontano per chiudersi
in se stessa,
nel proprio ego malato.
Senza croce non ci sarebbe Gesù
ma neanche l'uomo
che di Gesù è la vittoria
per il suo amore sempre incorruttibile.
Il pensiero della nostra croce
ci fa tremare,
ma soltanto da quel legno
nasce nuova la vita.


NELL'OLTRE VITA

Non credo che Gesù sia risorto
per la luce soprannaturale del suo vero corpo,
non credo per la sindone di lino bianco
su cui è impressa la sua Pasqua,
non credo per il calice leggendario del Graal
che con Parsifal l'eroe puro
raccolse il suo così pregevolissimo Sangue
fonte di salvezza ed eccelsi benefici,
non credo per la testimonianza
dell'apostolo reticente Tommaso
che toccò con la sua mano
le cinque Piaghe della santa glorificazione,
credo per quella madre che sapendo
del proprio figlio disabile
decise ugualmente di darlo alla luce,
credo perché un giovane
avendo compassione di un ammalato
dedicò tanto tempo
a stare assieme a lui come amico,
credo per chi ha sacrificato
la propria vita
perché un uomo che era il suo nemico
vivesse nel suo perdono
e nel perdono di Dio,
credo perché la Pasqua rifulge
nella vicendevole carità ed è virtù umana
ed è un barlume della Carità di Gesù
che ha dato la sua vita mortale per noi
per poi riprendersela di nuovo,
sempiterna
e aprendoci in tal modo alla letizia quella porta bella
verso i nostri eterni destini.


NUOVA

Il fiore campestre
comparve senza preavviso,
come la contentezza
per un abbraccio
e il gemito della sua vita effimera
rifulse nello spazio celeste.
L'iride dei suoi occhi
diventavano il sole alto nell'infinito
e io che l'amavo
sentivo le sue emozioni
volgersi alla benigna lode delle creature,
non c'era altro tra noi e la bellezza
che un velo sottilissimo
come le apparenze,
ma nel guardare con semplice letizia
la luce entrava nell'anima,
questo amore così vasto
lo vedeva la sua innata sensibilità
e la nostalgia di una lieve brezza mattutina.
Oltre questo mondo
come potrebbe sussistere il nulla,
se nella campagna il volo della libellula
sembra il pensiero del fanciullo
che immagina l'aquilone?
Oltre questo mondo
come durerebbe la perpetua eclissi,
se il profumo del giglio delicato
non richiamasse
l'idea di un amore casto?
Oltre questo mondo
se si spegnesse la fiamma della vita,
avrebbe un qualche senso
l'averti amata
dal profondo del cuore?


LUCIFERO

Il sole è ottenebrato dal vizio altero
quando fu compiuta l'eclissi si liberò l'odio veemente
nell'eternale schiavitù
e l'angelo arso dal fuoco fatuo ha perso perpetuamente le sue ali,
sono marcite nella caduta,
devastate dalla Carità offesa e rigettata,
le dodici paia di vestigia del cherubino antico
muoiono con la morte
e sprofondano laggiù nell'abisso,
caos nel mondo oramai suo
e il sangue dei giusti rosseggiante dalle acque,
pioggia di sangue e falcidiato dolore.

venerdì 1 marzo 2024

La visione dell'inferno della Beata Anna Katharina Emmerick

Dagli scritti della Beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824) monaca cristiana, mistica e veggente tedesca

Quando venivo afferrata da molte pene e disturbi diventavo veramente pusillanime e sospiravo. Dio forse mi avrebbe potuto regalare solo un giorno tranquillo. Vivo come nell'inferno. Ebbi allora un severo rimprovero dalla mia guida, che mi disse: "Per fare in modo da non paragonare più così la tua condizione voglio mostrarti veramente l'inferno".

Così essa mi guidò verso l'estremo settentrione, dalla parte dove la terra diviene più ripida, poi più distante dalla terra. Ricevetti l'impressione di essere giunta in una località terribile. Discesi attraverso i sentieri di un deserto di ghiaccio, in una regione sopra all'emisfero terrestre, dalla parte più settentrionale del medesimo. La via era deserta e nel percorrerla notai che si faceva sempre più scura e ghiacciata. Al solo ricordo di ciò che vidi sento tutto il mio corpo tremare. Era una terra di infinite sofferenze, cosparsa da macchie nere, qua e là carbone e un fumo denso si levava dal suolo; il tutto era avvolto in una profonda oscurità, come una notte eterna.

Alla pia suora, successivamente fu mostrato, in una visione abbastanza chiara, come Gesù, immediatamente dopo la sua separazione dal corpo, scese nel Limbo: Finalmente Lo vidi (il Signore), procedere con grande gravità verso il centro dell'abisso e avvicinarsi all'inferno. Aveva la forma di una roccia gigantesca, illuminata da una luce metallica, terribile e nera. Un portone immane e scuro serviva da ingresso. Era veramente spaventoso, chiuso con chiavistelli e catenacci incandescenti che stimolavano una sensazione d'orrore. Improvvisamente udii un ruggito, un urlo orrendo, i portoni furono aperti e apparve un mondo terribile e sinistro. Tale mondo corrispondeva per l'appunto all'esatto contrario di quello della Gerusalemme celeste e delle innumerevoli condizioni di beatitudini, la città con i giardini più diversi, pieni di frutta e fiori meravigliosi, e gli alloggi dei Santi. Tutto quello che mi apparve era l'opposto della beatitudine. Tutto portava il marchio della maledizione, delle pene e delle sofferenze.

Nella Gerusalemme celeste tutto appariva modellato dalla permanenza dei Beati e organizzato secondo le ragioni ed i rapporti della pace infinita dell'armonia eterna; qui invece tutto appare nella discrepanza, nella disarmonia, immerso nella rabbia e disperazione. In cielo si possono contemplare gli edifici indescrivibili belli e limpidi della gioia e dell'adorazione, qui invece l'esatto opposto: carceri innumerevoli e sinistre, caverne della sofferenza, della maledizione, della disperazione; là in paradiso, si trovano i più meravigliosi giardini pieni di frutta per un pasto divino, qui odiosi deserti e paludi pieni di sofferenze e pene e tutto quello che di più orrendo si possa immaginare. All'amore, alla contemplazione, alla gioia e alla beatitudine, ai templi, agli altari, ai castelli, ai torrenti, ai fiumi, ai laghi, ai campi meravigliosi, e alla comunità beata e armonica dei Santi, si sostituisce nell'inferno lo specchio contrapposto del pacifico Regno di Dio, il dilaniante, eterno disaccordo dei dannati. Tutti gli errori umani e le bugie, erano concentrate in questo stesso luogo e apparivano in innumerevoli rappresentazioni di sofferenze e pene. Niente era giusto, non esisteva nessun pensiero tranquillizzante, come quello della giustizia divina. Vidi delle colonne di un tempio tenebroso e orribile. Poi improvvisamente qualcosa cambiò, vennero aperti i portoni dagli Angeli, ci fu un contrasto, fughe, offese, urla e lamenti.

Angeli singoli sconfissero schiere intere di spiriti cattivi.

Tutti dovevano riconoscere Gesù e adorarlo. Questo era il tormento dei dannati. Una grande quantità di costoro fu incatenata in cerchio intorno agli altri.

Al centro del tempio si trovava un abisso avvolto nelle tenebre, Lucifero fu incatenato e gettato dentro mentre si innalzava un nero vapore. Tali avvenimenti accadevano in seguito a determinate leggi divine. Se non sbaglio sentii che Lucifero sarà liberato e gli verranno tolte le catene, cinquanta o sessant'anni prima degli anni 2000 dopo Cristo, per un certo tempo. Sentii che altri avvenimenti sarebbero accaduti in tempi determinati, ma che ho dimenticato. Alcune anime dannate dovevano essere liberate per continuare a subire la punizione di essere indotte in tentazione e sterminare i mondani. Io credo, che ciò avvenga nella nostra epoca, almeno per alcuni di essi; altri saranno liberati in futuro.

La visione diabolica di Papa Leone XIII

Un tratto di storia significativo per gli esorcismi minori è dato da quella preghiera a S. Michele Arcangelo che insieme ad una preghiera alla Madonna, prima della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, il celebrante e i fedeli recitavano mettendosi in ginocchio alla fine di ogni Messa:

Gloriosissimo principe delle milizie celesti, arcangelo san Michele, difendici nella battaglia contro le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia. Vieni in aiuto di noi, che fummo creati e riscattati con il sangue di Gesù Cristo dalla tirannia del demonio. Tu sei venerato dalla Chiesa quale suo custode e a te il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Prega dunque il Dio della pace a tenere schiacciato Satana sotto i nostri piedi, affinché esso non prevalga né a fare schiavi di sé gli uomini, né a recare danno alla Chiesa. Presenta all'Altissimo, con le tue, le nostre preghiere, perché discendano su di noi le sue divine misericordie. Incatena Satana e ricaccialo negli abissi da dove non possa più sedurre le anime. Amen.

Questa preghiera composta da Leone XIII nel 1886 era stata ripresa dall'Enciclica "Humanus genus" (1884) nella quale il papa parlava di un esorcismo da lui composto. La sua storia, assai singolare, la racconta sulla "Settimana del Clero" (n.13 del 30 marzo 1947) il padre Domenico Pechenino degli Oblati di Maria Vergine, che era stato già Rettore Maggiore della sua Congregazione. Il testo venne poi ripreso dalle "Ephemerides Liturgicae" (1955, I, 5859, nota 9) e dalla rivista "Madre di Dio" nell'articolo La visione diabolica di Leone XIII di Giuseppe Ferrari (1984,11,4). E Pechenino nel terminare l'articolo scriveva: Qui finendo, io mi permetto di accennare solo più ad un fatto poco conosciuto, che getta un vivissimo fascio di luce sull'ordine di idee a cui ho accennato. L'ho attinto, il fatto, a fonte sicura. Non ricordo dunque l'anno preciso. Si era un po' dopo il 1890. Un mattino il grande Pontefice Leone XIII aveva celebrato la S. Messa, e stava assistendo ad un'altra di ringraziamento, come al solito. Ad un certo punto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualcosa al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza battere palpebra, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande avveniva in lui. Finalmente, come rivenendo in sé, e dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avvicinarsi verso il suo studio privato. I famigliari lo seguono con premura e ansiosi "Santo Padre? Non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? Niente, niente!" risponde. E si chiude dentro. Dopo una mezz'oretta fa chiamare il Segretario della S. Congregazione dei Riti, e, porgendogli un foglio, gl'ingiunge di farlo stampare e farlo pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. Cosa conteneva? La preghiera che recitiamo al termine della Messa, col popolo, con la supplica a Maria e l'infocata invocazione al Principe delle milizie celesti, S. Michele implorando da Dio che lo ricacci nell'inferno.

Circa un anno prima del suddetto racconto, il cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca, Arcivescovo di Bologna, nella Lettera pastorale per la quaresima del 1946 diceva:

Il sapientissimo Pontefice Leone XIII, intelligenza superiore e certamente non spirito gretto e piccino, scrisse Egli stesso quella bella e forte preghiera... E quella frase "che si aggirano nel mondo" ha una spiegazione storica, a noi riferita dal Segretario particolare Mons. Rinaldo Angeli. Leone XIII ebbe veramente visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla Città Eterna, e da quella esperienza... venne la preghiera che volle in tutta la Chiesa, preghiera che egli recitava con una voce vibrante e potente, che risuonava in modo indimenticabile nell'universale silenzio sotto le volte del massimo tempio della cristianità. Non solo ma scrisse di sua mano uno speciale esorcismo che egli raccomandava ai Vescovi e Sacerdoti di recitare spesso per le loro Diocesi e le loro parrocchie...

Il Rìtuale redatto ad opera di Leone XIII e reso operante nel 1890, conteneva degli esorcismi sotto il titolo Exorcismus in Satanam et angelos apostaticos; proprio questi testi, nel corso degli anni, subiranno i maggiori rimaneggiamenti. Se consideriamo la preghiera a S. Michele Arcangelo nella sua traduzione definitiva riportata negli Acta Apostolicae Sedis del 1890, che rientrava nelle formule di esorcismo, avremo occasione di comprendere il perché di tali cambiamenti:

O gloriosissimo principe della milizia celeste, san Michele Arcangelo, difendici nella lotta e nella battaglia, che per noi e contro i principi e le potestà, contro i capi del mondo, contro gli spiriti del male che abitano le regioni celesti. Vieni in aiuto degli uomini che Dio creò invincibili fece a immagine della sua somiglianza e riscattò dalla tirannide del diavolo a caro prezzo. Combatti oggi con l'esercito degli angeli beati le battaglie del Signore, come un giorno combattesti contro Lucifero, capo di superbia, e i suoi angeli traditori: e non prevalsero, né si trovò più posto per essi in cielo. Ma quel grande dragone, il serpente antico, che viene chiamato diavolo e Satana, che seduce il mondo intero, è stato scagliato in terra e con lui sono stati mandati i suoi angeli. Ecco, il nemico antico e omicida si è eretto con forza. Trasfigurato in angelo di luce, da ogni dove circonda e invade la terra con tutta la caterva degli spiriti maligni, per cancellare in essa il nome di Dio e del suo Cristo e per rapire le anime destinate alla corona della gloria eterna, per ucciderle e condannarle alla morte eterna. Il malefico dragone trasfonde il veleno della sua malvagità, come fiume immondissimo, negli uomini depravati di mente e corrotti di cuore, lo spirito di menzogna, di empietà e bestemmia, e il mortifero alito della lussuria, tutti i vizi e le iniquità. (Nemici molto astuti hanno riempito di amarezze la Chiesa, sposa immacolata dell'Agnello, l'hanno ubriacata di assenzio; hanno posto le loro empie mani su tutte le cose desiderabili. Laddove è stata posta la sede del beatissimo Pietro e la cattedra della verità per illuminare le genti, là hanno posto l'abominevole trono delle loro empietà, affinché, colpito il pastore, riuscissero a disperdere anche il gregge). Assisti dunque, guida invincibile, il popolo di Dio contro le irrompenti malvagità spirituali, e ottieni la vittoria. La santa Chiesa ti venera custode e patrono, contro le nefaste potestà terrestri e infernali; a te il Signore ha affidato le anime dei redenti da collocare nella felicità suprema. Supplica il Dio della pace, affinché schiacci Satana sotto i nostri piedi, perché non possa più tenere prigionieri gli uomini e danneggiare la Chiesa. Offri le nostre preghiere al cospetto dell'Altissimo, affinché presto ci ottengano le misericordie del Signore, e cattura il drago, il serpente antico che è diavolo e Satana, e rimandalo legato nell'abisso affinché non seduca più le genti. Perciò, confidando nel tuo presidio e tutela, con l'autorità del nostro sacro ministero, ci accostiamo a te fiduciosi e sicuri per respingere le infestazioni del frode diabolica nel nome di Gesù Cristo, Dio e Signore nostro.

La preghiera risultava essere molto lunga e per questo, nel 1915, furono tolte le parti in corsivo allorché venne pubblicato il Rituale Romanum da papa Pio X con l'aggiunta dell'esorcismo di Leone XIII. Nell'edizione del Rituale del 1933, sotto il pontificato di Pio XI, era esclusa la parte messa fra parentesi e riportata in questa forma anche nell'edizione del 1956 da papa Pio XII. A tale proposito la Radoani afferma che in alcuni rituali pubblicati nel 1932, come quello Sloveno non più in latino ma adattato alla lingua locale, le omissioni erano già avvenute. Ciò che faceva problema da una parte erano le affermazioni come "uomini che Dio creò invincibili" poiché non era riconosciuta l'indistruttibilità umana e dall'altra la parte riguardante la teologia della caduta del demonio, tuttora discussa, giacché non era ammissibile in un rituale che aveva il suo valore in tutta la Chiesa cattolica.

Pio XI nel 1933, rivisitando il Rituale con l'intento di emanarne una nuova edizione, si accorse del grande problema che provocavano alcune frasi della preghiera di Leone XIII come ad esempio: "nemici molto astuti". "Laddove è stata posta la sede del beatissimo Pietro... hanno posto l'abominevole trono delle loro empietà...". Affermazioni del genere andavano contro la gerarchia della Chiesa e tanto più contro il romano pontefice in quanto si diceva che la Chiesa era stata ubriacata di assenzio, derubata dal demonio e dove c'era. il soglio papale era presente in pieno l'abominazione. A motivo di tutto ciò il papa con prontezza provvide a rimuovere le suddette espressioni. Il Rituale così riveduto presentava diverse differenze rispetto a quello che vigeva nel 1890. Esso infatti iniziava tralasciando la recita dei salmi 67 e 34 per passare subito alla preghiera di S. Michele Arcangelo. Seguiva:

Il vero e proprio esorcismo, ripreso interamente dalla prima versione, che si concludeva con un'invocazione finale e con l'aspersione del luogo, in cui si effettuava l'esorcismo, con acqua esorcizzata.

Nel Rituale edito da Pio XII con decreto del 1952, gli esorcismi sono riportati nel titolo XII con l'espressione De exorcizandis obsessis a daemonio il quale comprende un capitolo sulle norme da osservare quando si esorcizza il demonio, un capitolo che riproduce il rito vero e proprio dell'esorcismo sugli ossessi dal demonio e un capitolo che riprende l'Exorcismus in Satanam et angelos apostaticos. Una delle più vistose diversità nei confronti del Rituale precedente di Pio XI nell'edizione del 1926 è lo spostamento del capitolo sugli esorcismi dal titolo XI al titolo XII che comporta anche il venir meno e l'aggiunta di alcune preghiere soprattutto nei salmi. E' inoltre stabilito che il rito sia presieduto esclusivamente da un sacerdote delegato a questo dall'Ordinario del luogo anche se è consentita la presenza di assistenti laici allo scopo di aiutare il sacerdote nella preghiera e nell'immobilizzare l'ossesso durante lo svolgimento degli esorcismi. Due altre modifiche di grande rilievo nel titolo XII sono da rintracciarsi nelle norme preliminari al numero 3: Prima di tutto non creda facilmente che qualcuno sia posseduto dal demonio; a tale scopo sia bene a conoscenza di quei sintomi da cui si distingue un posseduto da coloro che sono affetti da una qualche malattia, soprattutto psichica. Possono essere segni della presenza del demonio: parlare correttamente lingue sconosciute o capire chi le parla; conoscere fatti distanti o nascosti; dimostrare di avere delle forze superiori all'età e alla naturale condizione; e altri fenomeni di questo genere che più sono numerosi e più sono indicativi.

Ciò che faceva problema era il tipo di linguaggio che non rispecchiava più il sentire del nuovo periodo: era necessario sostituire una espressione vecchia con una terminologia nuova che si basava pure sui recenti studi medici. Anche la parola "segno» non esprimeva più una fenomenologia determinata a priori ma intendeva parlare ora di "indizio". Per poter meglio comprendere il criterio diagnostico occorre fare una precisazione. Osservando un indemoniato nel suo modo di atteggiarsi non è difficile riconoscere come i suoi comportamenti possano raggrupparsi in due diversi tipi: alcuni presentano una somiglianza con quelli che hanno dei disturbi e delle malattie psichiche (potremmo indicarle con il nome di fenomenologia psichiatrica della possessione), altri, per il loro sembrare a certi fenomeni della parapsicologia, potremmo definirli con il nome di fenomenologia parapsicologica della possessione. Per quanto concerne la fenomenologia Psichiatrica(*), afferma mons. Balducci, il Rituale ne suppone sia la presenza sia la naturalità ma proprio su questa situazione la presenza della fenomenologia parapsicologica acquista(**) un valore indicativo. è però insufficiente affermare che la parapsicologia concomitante con la fenomenologia psichica possa essere solo un indizio ma anzi è sempre un indizio di possessione.

A conclusione di questo paragrafo riportiamo il testo integrale degli esorcismi contenuti nel Rituale Romanum nella sua ultima edizione del 1956:

NORME DA OSSERVARE CON CHI VIENE ESORCIZZATO CONTRO IL DEMONIO

1. Il sacerdote che si appresta a esorcizzare persone tormentate dal demonio deve essere munito di speciale ed espressa autorizzazione dell'ordinario e deve essere fornito di pietà, prudenza, integrità di vita; confidando non nel suo potere, ma in quello divino; sia distaccato da ogni cupidigia dei beni umani, per poter compiere il suo compito religioso mosso da costante carità e umiltà. Deve inoltre essere di età matura e degno di rispetto non solo per l'incarico, ma per la serietà dei costumi.

2. Perciò, per poter adempiere nettamente al suo ufficio, si sforzi di conoscere molti altri documenti utili al suo compito, scritti da provati autori e che qui, per brevità, non indichiamo, e si valga dell'esperienza; inoltre deve osservare diligentemente queste poche norme, particolarmente necessarie.

3. Prima di tutto non creda facilmente che qualcuno sia posseduto dal demonio; a tale scopo sia bene a conoscenza di quei sintomi da cui si distingue un posseduto da coloro che sono affetti da una qualche malattia, soprattutto psichica. Possono essere segni della presenza del demonio: parlare correttamente lingue sconosciute o capire chi le parla; conoscere fatti distanti o nascosti; dimostrare di avere delle forze superiori all'età e alla naturale condizione; e altri fenomeni di questo genere che più sono numerosi e più sono indicativi.

4. Per acquistare una maggiore conoscenza dello stato della persona, dopo uno o due esorcismi, egli interroghi il posseduto su quanto ha percepito nella mente o nel corpo; per conoscere anche a quali parole i demoni si siano maggiormente turbati, per insistervi e ripeterle con più frequenza in seguito.

5. Si renda conto di quali artifici e inganni usino i demoni per fuorviare l'esorcista: infatti sono soliti rispondere con menzogne; si manifestano docilmente, affinché l'esorcista, ormai stanco, ci rinunci; oppure il colpito si finge malato e non posseduto dal demonio.

6. Talvolta i demoni, dopo essersi manifestati, si nascondono e lasciano il corpo libero da ogni molestia, così che il colpito crede di essere totalmente liberato. Ma l'esorcista non cessi finché non vede i segni della liberazione.

7. Talvolta i demoni pongono in atto tutti gli impedimenti che possono, perché il malato non si sottoponga agli esorcismi, o si sforzano di convincere che si tratta di una malattia naturale; qualche volta, durante l'esorcismo, fanno sì che il malato dorma e gli mostrano una qualche visione, nascondendo se stessi, perché sembri che il malato sia liberato.

8. Alcuni dichiarano di aver ricevuto un maleficio, dichiarano da chi è stato fatto e in che modo vada distrutto. Ma si stia attenti che per questo, non ci si rivolga a maghi o a indovini o ad altri, anziché ricorrere ai ministri della Chiesa; che non si ricorra a nessuna forma di superstizione o ad altri mezzi illeciti.

9. Altre volte il demonio permette che l'infermo riposi e riceva la santissima eucaristia, perché sembri che se ne sia andato. Inoltre sono innumerevoli gli artifici e le frodi del demonio per ingannare l'uomo; per non lasciarsi imbrogliare da questi modi l'esorcista deve essere molto prudente.

10. Perciò l'esorcista, memore di quanto ha detto il Signore, che, certo genere di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno, si sforzi di fare uso di questi due potentissimi rimedi per impetrare l'aiuto divino ed espellere i demoni, secondo l'esempio dei santi padri, in quanto gli è possibile, o personalmente o incaricandone altri.

11. I posseduti vengano esorcizzati in chiesa, se si può fare comodamente, o in altro locale religioso e conveniente, lontano dalle folle. Ma se il posseduto è ammalato, o per altro giusto motivo, si può compiere l'esorcismo anche in casa.

12. Venga avvisato il posseduto, se è fisicamente e mentalmente in grado di farlo, di pregare a suo vantaggio, di digiunare, di ricevere spesso la confessione e la comunione a suo sostegno, secondo il consiglio del sacerdote. E mentre viene esorcizzato, che stia raccolto, che si rivolga a Dio con ferma fede per chiedergli la salute con tutta umiltà. E mentre viene maggiormente tormentato, sopporti con pazienza, senza mai dubitare dell'aiuto di Dio.

13. Abbia il Crocifisso in mano o in vista. Anche le reliquie dei santi, quando si possono avere; tenute con sicurezza e avvolte convenientemente, possono essere poste con riverenza sul petto o sul capo del posseduto. Ma si stia attenti che gli oggetti sacri non vengano trattati in modo indegno o possano subire danno dal demonio. Non si ponga la santissima eucaristia sul capo del posseduto o su altra parte del suo corpo, per il pericolo di irriverenza.

14. L'esorcista non si perda in molte parole, né in domande superflue o di curiosità, soprattutto riguardo a fatti futuri o nascosti che non si addicono al suo ufficio. Ma imponga allo spirito immondo di tacere e di rispondere solo alle sue domande; e neppure gli creda se il demonio finge di essere l'anima di un qualche santo, o di un defunto o di un angelo buono.

15. Le domande necessarie da farsi sono, ad esempio, quelle sul numero e sui nomi degli spiriti presenti, sul tempo in cui sono entrati, sulla causa della possessione, e altre simili. Quanto alle altre futilità sul demonio, il riso, le inezie, l'esorcista lo tronchi o le disprezzi; e ammonisca i presenti che debbono essere pochi di non farvi caso e di non rivolgere domande al posseduto; ma piuttosto di pregare Dio per lui, con umiltà e insistenza.

16. Gli esorcismi vanno detti o letti comandando con autorità, con grande fede, umiltà e fervore; e quando ci si accorge che lo spirito è più tormentato, allora si insista e lo si incalzi con più forza. Qualora ci si accorga che il posseduto soffre in qualche parte del corpo, o è colpito, o compare in qualche parte un bubbone, vi si faccia il segno della croce é si asperga con acqua benedetta, che si deve sempre avere pronta.

17. L'esorcista osservi anche a quali parole i demoni tremano di più, e le ripeta più volte; e quando giunge al comando, lo ripeta spesso, aumentando sempre la punizione. Se poi nota un progresso, continui per due, tre, quattro ore, e più che può, fino a conseguire il successo.

18. Si guardi inoltre l'esorcista dal somministrare o consigliare una qualsiasi medicina, ma lasci ai medici questo compito.

19. Esorcizzando una donna, sia sempre presente qualche persona fidata, che tenga stretta la posseduta mentre viene agitata dal demonio; se è possibile, queste persone siano della famiglia della posseduta. Inoltre l'esorcista, geloso della delicatezza, si guardi bene dal fare o dire qualsiasi cosa che possa essere per lui o per gli altri occasione di cattivi pensieri.

20. Durante l'esorcismo, usi di preferenza le parole della sacra Scrittura, anziché quelle proprie o di altri. E imponga al demonio di dire se è entrato in quel corpo in seguito a magia, o a segni malefici, o a cose maleficiate che il posseduto ha mangiato; in questo caso le vomiti, se invece ci si è serviti di cose esterne alla persona, dica dove sono e, dopo averle trovate, si brucino. Si avverta il posseduto di rivelare all'esorcista le tentazioni a cui viene soggetto.

21. Se poi il posseduto venisse liberato, lo si ammonisca con cura di guardarsi dal peccato per non offrine al demonio l'occasione di ritornare; in questo caso la sua condizione potrebbe diventare peggiore di quella di prima della liberazione.

Note:

(*) La possessione è caratterizzata da un dominio dispotico, che il demonio esercita sul corpo di una persona, servendosi di esso a suo piacimento, dopo aver ridotto all'impotenza la forza direttiva dell'anima. C'è quindi una vera sostituzione di comando dove il corpo si muove, parla agisce mosso dall'individuo che con violenza lo domina. Il paziente, nel suo comportamento esteriore, manifesterà una fenomenologia molto simile a quella propria di certi disturbi mentali, caratterizzati dallo sdoppiamento della personalità o dalla presenza di un principio interno che spinge ad agire in modo diverso dal normale. Cfr. C. Balducci, Il diavolo, Mondadori, Milano 1994, pp. 252253.

(**) Nella persona posseduta, il demonio che agisce ha un potere molto più esteso di quello proprio alla natura umana. Ora nel comportamento dell'individuo dovrà apparire questo potere eccezionale che farà assumere all'ossesso posizioni instabili, camminerà, si muoverà, eseguirà perfettamente qualsiasi azione ad occhi chiusi, saprà disimpegnare attività mai apprese, come suonare, dipingere, potrà parlare lingue sconosciute, manifesterà conoscenze occulte circa oggetti, persone e avvenimenti passati, nascosti, lontani. Egli potrà sollevarsi dal suolo e sospeso nel vuoto muoversi e compiere vere acrobazie, sposterà oggetti e mobili senza toccarli e verificarsi altre cose straordinarie e impressionanti. Queste possibilità sono del tutto al di fuori dell'ordine psichiatrico. Cfr. I, p. 254.

Oggetti da portare indosso

Gli oggetti satanici o pseudo satanici (mondani e anche pagani) sono un’attrattiva per il demonio, peggio se sono stati maleficiati con un rito da qualche soggetto legato a satana, i Sacramentali (Crocifisso, Corona del Rosario, medaglietta della Madonna) o oggetti che sono stati benedetti da un Sacerdote cattolico o bagnati in acqua benedetta, danno fastidio al demonio e sono un segno esteriore di consacrazione al Signore e alla Vergine; portare indosso un oggetto sacro e benedetto può proteggerci sia dalle tentazioni che dall’azione straordinaria dello spirito del male e non è assolutamente un atto di superstizione ma di fede in quel Dio che ha dato la sua vita per noi e nel suo amore di Padre.