Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 5 marzo 2024

Silloge poetica n°063


REGOLA

Negli spazi angusti di questo cuore rabbuiato
si delineano le virtù di una filosofia incerta e puerile,
quel che è scritto nel libro eloquente della vita
con la sua umanità tanto fragile,
il fanciullo chiuso nella mente logora
si rivela quando la madre lo accoglie fra braccia benedicenti,
la consapevolezza che tutto ha un suo compimento
è la madre premurosa,
il fanciullo è il sentimento che cerca il senso remoto,
l'affetto che si delinea nei meandri dell'ignoto e dell'arcaico,
quell'inizio in un pensiero fuori dal tempo,
forse il destino
o la mistica della comunione,
forse l'estasi della visione
o il fondamento della conoscenza,
la mente adulta e consunta
stanca di tante vicissitudini dolorose
è la mia nel passaggio in cui i ricordi si estinguono
e la luce che apre a un nuovo giorno
colma l'anima di beata rassegnazione,
pace perfetta,
l'estinguersi della sete di vivere
raggiunta la vèritas della pietà o l'apice dell'amore,
le stigmate della gloria.


VIA CRUCIS

C'è il tuo sguardo Gesù
negli occhi puliti del fanciullo,
c'è il tuo rispetto
nella carezza che sfiora
la guancia di una donna maltrattata,
c'è la tua accoglienza
nell'abbraccio a quel padre
anziano e malato,
c'è la tua comprensione
nelle lacrime
di una qualsiasi anima casta
che vede nelle amare sofferenze
e nella solitudine
del debole,
di chi è espropriato,
l'abbandonato –
la tua Croce benedicente,
a cui ci inchioda spietata l'antica colpa,
cardine del tremendo giudizio
e causa efficiente
per coloro che sinceramente amando
hanno scelto la via dolorosa
e lì dov'è il calice della Passione,
il tragitto in salita con quei sassi acuminati
che conduce verso
la Pasqua eterna del Cielo.


L'ULIVO BENEDETTO

Della pace vorrei tanto
gli squisiti frutti
come gemme natie
della primavera,
la convivenza civile e la tolleranza –
e il rametto di ulivo
che instilla benedizione
è come Gesù
che a dorso di un somarello,
dicono di Lui
che è il principe della pace
e con i bimbi festosi
che agitano palme verdi di linfa
entra in Gerusalemme,
affinché i cuori rinascano nel verace amore –
il rametto di ulivo
ce lo dona Gesù con il suo buon cuore,
mansueto e umile
nello sguardo tanto grato
della sua mamma,
è benedetto perché colmo
del suo mistico e tracimante amore –
non vuole dolori e divisione
ma la pace vera
che discende dalla ragione,
dalla volontà
che volge all'innocenza della vita
e dalla riconciliazione.


CROCE

La croce è l'ultimo luogo
in cui ci si vorrebbe ritrovare,
ma con essa non si può
procrastinare il destino,
viene avanti verso ciascuno di noi
ed è una porta più che un limite.
Dove c'è la vita di un uomo
è sempre presente la sua propria croce
e non è altro che Gesù
nel suo abbraccio
per il peccatore dimenticato.
Non c'è croce senza anima
e l'anima è la vita che fugge via,
adesso troppo lontano
per tornare ai ceppi della cattiveria,
troppo lontano per chiudersi
in se stessa,
nel proprio ego malato.
Senza croce non ci sarebbe Gesù
ma neanche l'uomo
che di Gesù è la vittoria
per il suo amore sempre incorruttibile.
Il pensiero della nostra croce
ci fa tremare,
ma soltanto da quel legno
nasce nuova la vita.


NELL'OLTRE VITA

Non credo che Gesù sia risorto
per la luce soprannaturale del suo vero corpo,
non credo per la sindone di lino bianco
su cui è impressa la sua Pasqua,
non credo per il calice leggendario del Graal
che con Parsifal l'eroe puro
raccolse il suo così pregevolissimo Sangue
fonte di salvezza ed eccelsi benefici,
non credo per la testimonianza
dell'apostolo reticente Tommaso
che toccò con la sua mano
le cinque Piaghe della santa glorificazione,
credo per quella madre che sapendo
del proprio figlio disabile
decise ugualmente di darlo alla luce,
credo perché un giovane
avendo compassione di un ammalato
dedicò tanto tempo
a stare assieme a lui come amico,
credo per chi ha sacrificato
la propria vita
perché un uomo che era il suo nemico
vivesse nel suo perdono
e nel perdono di Dio,
credo perché la Pasqua rifulge
nella vicendevole carità ed è virtù umana
ed è un barlume della Carità di Gesù
che ha dato la sua vita mortale per noi
per poi riprendersela di nuovo,
sempiterna
e aprendoci in tal modo alla letizia quella porta bella
verso i nostri eterni destini.


NUOVA

Il fiore campestre
comparve senza preavviso,
come la contentezza
per un abbraccio
e il gemito della sua vita effimera
rifulse nello spazio celeste.
L'iride dei suoi occhi
diventavano il sole alto nell'infinito
e io che l'amavo
sentivo le sue emozioni
volgersi alla benigna lode delle creature,
non c'era altro tra noi e la bellezza
che un velo sottilissimo
come le apparenze,
ma nel guardare con semplice letizia
la luce entrava nell'anima,
questo amore così vasto
lo vedeva la sua innata sensibilità
e la nostalgia di una lieve brezza mattutina.
Oltre questo mondo
come potrebbe sussistere il nulla,
se nella campagna il volo della libellula
sembra il pensiero del fanciullo
che immagina l'aquilone?
Oltre questo mondo
come durerebbe la perpetua eclissi,
se il profumo del giglio delicato
non richiamasse
l'idea di un amore casto?
Oltre questo mondo
se si spegnesse la fiamma della vita,
avrebbe un qualche senso
l'averti amata
dal profondo del cuore?


LUCIFERO

Il sole è ottenebrato dal vizio altero
quando fu compiuta l'eclissi si liberò l'odio veemente
nell'eternale schiavitù
e l'angelo arso dal fuoco fatuo ha perso perpetuamente le sue ali,
sono marcite nella caduta,
devastate dalla Carità offesa e rigettata,
le dodici paia di vestigia del cherubino antico
muoiono con la morte
e sprofondano laggiù nell'abisso,
caos nel mondo oramai suo
e il sangue dei giusti rosseggiante dalle acque,
pioggia di sangue e falcidiato dolore.

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