Il Cimitero
Monumentale di Milano, la grande porta verso l’Eternità, nel silenzio evocativo
della solenne arte funeraria, dove trattenere la memoria è espressione di fede
e dove risiede nella quiete la grande città dei morti.
Storia
1866: un nuovo cimitero per la città di Milano
Le origini
Le origini del Monumentale risalgono al 1838 quando il municipio di Milano
bandì un concorso per il progetto di un nuovo cimitero che raggruppasse in un
unico luogo le sepolture distribuite in sei camposanti periferici. L’idea era
di predisporre uno spazio decoroso e modernamente attrezzato per accogliere i
segni funebri della memoria individuale e collettiva, considerandolo un preciso
dovere nei confronti della cittadinanza. L’iniziativa tuttavia non ebbe esito
concreto e fu solo con l’Unità nazionale che il municipio varò, nel 1860, tra i
primi atti della nuova amministrazione, un ulteriore concorso per il cimitero;
tre anni dopo il progetto dell'architetto Carlo Maciachini (1818-1899) fu
definitivamente proclamato vincitore.
Il progetto
La sua proposta fu apprezzata per la particolare distribuzione planimetrica
che raggruppava sul fronte le principali strutture architettoniche,
disponendole come in una gran corte d'onore affacciata sulla città. Fulcro
dell'insieme è il Famedio da cui si dipartono le ali porticate che lasciano
trasparire il paesaggio retrostante del cimitero. Esteso per circa 180.000 mq
(oggi più di 250.000), il Monumentale (realizzato con alcune varianti rispetto
al concorso del 1863) si organizza in base all'incrocio ortogonale di due assi
principali e numerosi assi secondari che lo percorrono in lunghezza e in
larghezza. Essi creano una maglia entro cui si distinguono: le gallerie e le
arcate all'ingresso, i “Riparti” distribuiti su tutta l'area, le zone rialzate
ai lati, la “Necropoli” centrale a impianto ottagonale, le fasce perimetrali
dette “Circondanti”, i “Giardini cinerari” sul fondo. Il cimitero è stato
pensato per ospitare una grande varietà di monumenti funerari che corrisponde
alla diversità del gusto, delle scelte artistiche e anche del credo religioso.
Fin dalla fase di progetto il Monumentale ha infatti previsto due riparti per
gli acattolici e gli israeliti, collocati, rispettivamente, a
ovest e a est del fronte d’ingresso. Degno di nota è il linguaggio
architettonico che abbandona i più consueti schemi neoclassici a favore di una
composizione eclettica dove echi del romanico lombardo si accostano a richiami
bizantini e a reminiscenze del gotico pisano, conciliando gli spunti di diversi
stili e diverse epoche. La grandiosità dell’insieme, la cura per il dettaglio e l’efficacia delle
soluzioni funzionali hanno reso il Monumentale un modello per l’architettura
funeraria e una delle più note e apprezzate realizzazioni dell’eclettismo
italiano.
L'architetto Carlo Maciachini (1818-1899)
Carlo Francesco Maciachini nasce a Induno Olona il 2 aprile 1818 da un’umile
famiglia contadina. La sua prima formazione avviene in una bottega da falegname
dove si distingue per l’abilità nell’intaglio del legno. Trasferitosi a Milano
nel 1838, apre un laboratorio di ebanista e contemporaneamente frequenta i
corsi all’Accademia di Belle Arti di Brera dove consegue il diploma che gli
consente di esercitare la professione di architetto. Il primo successo risale
al 1859 quando vince il concorso per la chiesa serbo orientale di San
Spiridione a Trieste, realizzata nel 1869. In questa opera sono già presenti
gli accenti che caratterizzeranno le prove successive: la tendenza ad
armonizzare in un’espressione originale i diversi stili storici e la capacità
nell’accostamento dei colori, delle tecniche e dei materiali.
Altre opere
Dopo il Monumentale, Maciachini intraprende una fortunata carriera che si
protrae fino allo scorcio del secolo: in questi anni è intensamente attivo
nell'architettura funeraria firmando numerosi monumenti e cappelle; progetta e
realizza a Milano la chiesa di Santa Maria del Cenacolo (distrutta); si occupa
del restauro di edifici religiosi orientandosi verso la reintegrazione dei loro
caratteri stilistici. Tra questi le chiese milanesi di San Simpliciano, di
Santa Maria del Carmine e di San Marco. Numerose altre opere sono realizzate in
Lombardia, nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia. Muore a Varese il 10 giugno 1899; è sepolto al Monumentale, all’ingresso
della Galleria AB inferiore di ponente.
Perché museo
Fin dalla sua apertura il cimitero ha rappresentato per gli artisti un’occasione
straordinaria per misurarsi con un tema antico e solenne come quello funerario.
Il loro impegno si è inoltre accentuato a partire dal 1895 quando, dopo
l’inaugurazione del cimitero di Musocco, il recinto di Maciachini è stato
destinato alle sepolture perpetue, assumendo in quella occasione la denominazione
ufficiale di cimitero Monumentale. Per gli architetti il progetto di un’edicola
funeraria ha costituito uno sbocco professionale di prestigio che in molti casi
ha significato l’approfondimento del linguaggio stilistico, l’attenzione a
proporzioni ed equilibri di veri e propri edifici in miniatura, l’utilizzo di diversi
materiali e tecniche, l’esplorazione della ricca gamma di sentimenti ed
emozioni connesse alla morte e alla memoria.
Gli artisti
Troviamo quindi al Monumentale architetture significative dello storicismo
e del periodo tardo eclettico con opere di Carlo Maciachini, Luca
Beltrami e Gaetano Moretti; notevoli prove del liberty, ben
rappresentato da Giuseppe Sommaruga, Ernesto Pirovano e Ulisse
Stacchini; importanti esempi dell’architettura milanese tra le due guerre,
oscillante tra il Novecento e il razionalismo, con opere di Paolo Mezzanotte,
Piero Portaluppi, Giò Ponti, i BBPR, Luigi Figini, Gino
Pollini. La progressiva saturazione degli spazi del cimitero non ha
favorito negli ultimi decenni un altrettanto significativo sviluppo
dell’architettura funeraria, pur costituendo un tema costante di riflessione
nella cultura del progetto contemporaneo. Per la scultura il cimitero ha rappresentato un luogo privilegiato di
applicazione che oggi consente di considerarlo un vero e proprio museo all’aperto
e un eccezionale campionario di orientamenti e tendenze di gusto e di stile. Dalla
iniziale monumentalità di impianto classico, si passa dagli anni Settanta dell’Ottocento
a nuove libertà stilistiche e temi più aperti al realismo anche in base alle
esigenze di autorappresentazione dei concessionari delle sepolture. Diversi i temi
iconografici: dalla porta socchiusa, varco misterioso al mondo
ultraterreno, alla rappresentazione di valori laici e civili, dalle figure di
dolenti in pose di cordoglio, ai ritratti di varia foggia. Una maggiore libertà
formale e nella definizione dei temi si riscontra nella plastica della
scapigliatura, dove le opere di Medardo Rosso sono tra gli esempi più
alti, punto di avvio per scultori come Enrico Butti, Ernesto Bazzaro,
Paolo Troubetzkoy. Negli anni Novanta il linguaggio simbolista che
predilige figurazioni raffinate, aderenti a uno stile nuovo, più armonioso e
fluido, è preludio al trionfo del liberty la cui fortuna si estenderà sino agli
ultimi anni Venti con le invenzioni di Leonardo Bistolfi e di decine di
epigoni. Nel periodo tra le due guerre mondiali l’arte funeraria continua ad
assorbire gran parte dell’attività degli scultori milanesi, con un linguaggio
plastico più essenziale, ma modulato da diverse declinazioni che comprendono
sia l’espressività di Adolfo Wildt, sia la corporeità di Carlo Bonomi.
Gli anni Quaranta si aprono con la nuova classicità e levigatezza formale di Arturo
Martini e Lucio Fontana. Anche negli ultimi decenni del Novecento il
Monumentale ha accolto le opere dei massimi scultori contemporanei, come Luciano
Minguzzi, Francesco Messina, Giacomo Manzù, Floriano
Bodini, Giò Pomodoro, e molti altri protagonisti del secolo appena
trascorso, in un continuo rinnovarsi della tradizione dell’arte nel grande
cimitero Monumentale dei milanesi.