Nel secolo ventesimo e anche in
questo inizio di ventunesimo, il secolarismo è andato imponendosi con
prepotenza in ogni ambito della società umana e purtroppo anche nella Chiesa;
per secolarismo si intende quella corrente di pensiero, anzi quella convinzione
radicata, che l’umanità deve lavorare esclusivamente per l’edificazione della
città terrena, quindi del suo bene etico e materiale nell’ordine temporale,
cioè nel secolo presente, quello dell’uomo e non in quello futuro, nel secolo
che appartiene all’eternità, inteso come quello di Dio. La città terrena è
contrapposta alla città di Dio e nessuno crede più in una eternità che ci
attende, soltanto il mondo ha le sue prerogative e ogni cosa che in esso è
considerato bene per l’uomo, non si crede più alla salvezza eterna della
propria anima e si svuota il Cristianesimo del suo autentico significato, quello
salvifico: la Chiesa diventa, nella visione postmoderna, semplicemente la crocerossina
del mondo con un ruolo umanitario e soccorritivo in senso materiale, e per
quanto concerne i suoi valori spirituali a favore della vita umana. Se si
domanda oggi a un cristiano se desidera il martirio per essere in Paradiso con
Cristo, probabilmente la risposta consisterà in una risata beffarda o in un
atteggiamento di perplessità e sconcerto: la gente vuole la vita e nessuno
vuole morire per conquistare qualcosa che considera una mera fantasticheria,
strano se si pensa che i primi cristiani andavano volentieri al martirio e
morivano in modo consenziente e cruento per testimoniare la loro fede in
Cristo, ma oggi i tempi sono cambiati e il cristiano è soltanto un soggetto
debosciato e pantofolaio, che nelle sofferenze cerca sollievo e rimedio, desiderando
esclusivamente di allungarsi la vita, perché crede che sia l’unica cosa che
conta, altro che Paradiso! Nel secolarismo c’è una forte componente neopagana,
la fede nell’al di là è messa da parte e si prega il Signore in modo sbagliato,
cioè per ottenere favori di carattere materiale, quindi anche il materialismo è
una componente del secolarismo e quando lo si definisce come neopaganesimo, non
si fa altro che affermare il totale disinteresse delle persone sopraffatte da
questa tendenza intramondana, nei confronti delle cose di Dio, innanzitutto dei
valori spirituali e morali, delle virtù di cui si fa menzione nel Vangelo; come
nel paganesimo dei tempi antichi, sono gli idoli dell’oggi ad essere adorati,
le icone sacre del potere, del denaro, dell’apparire, del piacere e del
benessere, etc. Occorre sapere che della città terrena non resterà che un
cumulo di macerie e di ossame di morti, non sussisterà nemmeno il ricordo di
ciò che è stato nel passato e a quelli del futuro ovviamente non gliene importerà
un bel niente, tranne che di edificare la loro città terrena, destinata al
medesimo sfacelo: comprendere quanto sia più sicura la città di Dio e quanto
sia più importante per un’anima entrare a farne parte, purtroppo è qualcosa che
pochi sentono veramente, oggi forse nessuno di quelli che vivono nel nostro
assurdo limbo dell’ignoranza, vogliono vedere quello che davvero li attende,
perché nessuno che abbia un minimo di senno desidera morire per una “fantasticheria”
mistica. La città di Dio è il mondo delle favole e la città terrena quello
della realtà… lo scopriremo solamente morendo, ed è ovvio che non lo può
evitare nessuno, sarebbe più saggio rifletterci prima, che andare incontro all’ignoto
impreparati; oggi quasi tutti muoiono come animali senza comprendonio, lo si
desume dal grande business delle agenzie funebri, ed è una tremenda tragedia
contemporanea che riguarda anche coloro che si dichiarano credenti, affermando
con superficialità: qualcosa ci sarà! E poi si tira semplicemente a campare… Ma
vale la pena vivere nella mediocrità?
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