Il Santo Graal, o sangreal, cioè “sangue reale” fa parte
di una epica medievale che esprime la sua espressione nella tradizionale credenza che il calice di Cristo nell’ultima Cena, fu realmente conservato come reliquia
per secoli, calice che accolse in sé il Sangue del Signore e simbolo della sua
Passione redentrice; il calice che Gesù usò nell’ultima Cena, quando consacrò
il vino dicendo: “questo è il mio sangue”, è sicuramente un calice di uso
comune, molto probabilmente un piccolo calice di pietra levigata, alcuni
sostengono di onice verde, ma potrebbe anche essere di un altro materiale. La
leggenda del Santo Graal si spiega nel tentativo di dare una forma tangibile al
Mistero del Sangue di Cristo che ricevuto conferirebbe la vita eterna, l’immortalità:
è una trasposizione figurativa e storica del mistero dell’Eucaristia, della sua
mistica intesa come reale oggetto di devozione con proprietà taumaturgiche e
immortalizzanti, l’Eucaristia è definita anche “farmaco d’immortalità”, ma non
nel senso leggendario del Graal, un senso equivoco e terreno, ma nella
prospettiva della vita eterna nel Regno dei cieli, l’anima redenta e ricolma di
Grazia santificante, quindi in una prospettiva puramente soprannaturale. Gesù
ha detto che chi beve il suo Sangue e mangia la sua Carne, ha la vita eterna ed
Egli lo risusciterà nell’ultimo giorno: il Sangue significa vita e in Cristo il
sacrificio d’amore per conferire la vita alle anime, il dono gratuito di Dio nei
riguardi dei suoi figli, di tutto il genere umano; il Sangue di Dio è quella
linfa che vivifica l’umanità e la libera dalla schiavitù della morte. Il Santo
Graal è il calice del Signore che riassume in sé tutti i calici che accolgono
il vino tramutato in Sangue, nel Sangue di Gesù per comunicare ai battezzati la
vita di Grazia, l’eterna redenzione, è quel simbolo accentratore e primitivo di
tutti i calici della santa Cena, un simbolo perpetuato nella concretezza di
ogni celebrazione liturgica, la forma esteriore e visibile del Mistero che si
manifesta e si esprime con le parole di Cristo nell’ultima Cena, ripetute in
ogni Messa celebrata in tutta la storia della sua Chiesa. Il Santo Graal
esprime la comunione della Chiesa con il suo Signore, è il simbolo dell’unità
per eccellenza; il calice dell’ultima Cena probabilmente andò perduto e oggi
non lo possiamo contemplare tra le reliquie autentiche del cristianesimo, l’epica
medievale si focalizza molto sulla ricerca incessante del Graal, come missione
fondamentale dei fedeli, alcuni sono concordi che a custodire l’autentico Graal
furono i cavalieri Templari che lo recuperarono in Terra Santa nel corso di una
Crociata: cercare il Santo Graal significava dimostrare la propria fede in
Cristo e confermarla nell’adesione alla verità dei suoi Misteri fondamentali,
essere quindi realmente seguace della religione rivelata di Cristo… era
propriamente un atto di assoluta devozione e fedeltà al Signore Gesù, Figlio di
Dio. Secondo le pratiche cultuali e la tradizione dell’Ordine dei monaci
combattenti, i Templari veneravano il calice di Cristo, come fulcro di tutti i
divini Misteri e segno ermetico della comunione con Dio: la venerazione del
Graal era l’attestato di culto latreutico più onesto e genuino, veicolato da un
oggetto concreto e storico della propria fede, il segno esterno della propria
rinascita interiore, della propria conversione a Cristo.
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