Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 14 settembre 2012

Il Calice del Sangue di Cristo


Il Santo Graal, o sangreal, cioè “sangue reale” fa parte di una epica medievale che esprime la sua espressione nella tradizionale credenza che il calice di Cristo nell’ultima Cena, fu realmente conservato come reliquia per secoli, calice che accolse in sé il Sangue del Signore e simbolo della sua Passione redentrice; il calice che Gesù usò nell’ultima Cena, quando consacrò il vino dicendo: “questo è il mio sangue”, è sicuramente un calice di uso comune, molto probabilmente un piccolo calice di pietra levigata, alcuni sostengono di onice verde, ma potrebbe anche essere di un altro materiale. La leggenda del Santo Graal si spiega nel tentativo di dare una forma tangibile al Mistero del Sangue di Cristo che ricevuto conferirebbe la vita eterna, l’immortalità: è una trasposizione figurativa e storica del mistero dell’Eucaristia, della sua mistica intesa come reale oggetto di devozione con proprietà taumaturgiche e immortalizzanti, l’Eucaristia è definita anche “farmaco d’immortalità”, ma non nel senso leggendario del Graal, un senso equivoco e terreno, ma nella prospettiva della vita eterna nel Regno dei cieli, l’anima redenta e ricolma di Grazia santificante, quindi in una prospettiva puramente soprannaturale. Gesù ha detto che chi beve il suo Sangue e mangia la sua Carne, ha la vita eterna ed Egli lo risusciterà nell’ultimo giorno: il Sangue significa vita e in Cristo il sacrificio d’amore per conferire la vita alle anime, il dono gratuito di Dio nei riguardi dei suoi figli, di tutto il genere umano; il Sangue di Dio è quella linfa che vivifica l’umanità e la libera dalla schiavitù della morte. Il Santo Graal è il calice del Signore che riassume in sé tutti i calici che accolgono il vino tramutato in Sangue, nel Sangue di Gesù per comunicare ai battezzati la vita di Grazia, l’eterna redenzione, è quel simbolo accentratore e primitivo di tutti i calici della santa Cena, un simbolo perpetuato nella concretezza di ogni celebrazione liturgica, la forma esteriore e visibile del Mistero che si manifesta e si esprime con le parole di Cristo nell’ultima Cena, ripetute in ogni Messa celebrata in tutta la storia della sua Chiesa. Il Santo Graal esprime la comunione della Chiesa con il suo Signore, è il simbolo dell’unità per eccellenza; il calice dell’ultima Cena probabilmente andò perduto e oggi non lo possiamo contemplare tra le reliquie autentiche del cristianesimo, l’epica medievale si focalizza molto sulla ricerca incessante del Graal, come missione fondamentale dei fedeli, alcuni sono concordi che a custodire l’autentico Graal furono i cavalieri Templari che lo recuperarono in Terra Santa nel corso di una Crociata: cercare il Santo Graal significava dimostrare la propria fede in Cristo e confermarla nell’adesione alla verità dei suoi Misteri fondamentali, essere quindi realmente seguace della religione rivelata di Cristo… era propriamente un atto di assoluta devozione e fedeltà al Signore Gesù, Figlio di Dio. Secondo le pratiche cultuali e la tradizione dell’Ordine dei monaci combattenti, i Templari veneravano il calice di Cristo, come fulcro di tutti i divini Misteri e segno ermetico della comunione con Dio: la venerazione del Graal era l’attestato di culto latreutico più onesto e genuino, veicolato da un oggetto concreto e storico della propria fede, il segno esterno della propria rinascita interiore, della propria conversione a Cristo.

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