Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 11 settembre 2012

Culto per i defunti e halloween

C’è una matrice genetica che accomuna tutta la stirpe umana, ma esiste anche una matrice psichica, che un ricercatore eminente come Jung ha definito con l’espressione “inconscio collettivo”: questo substrato della mente, fonderebbe l’umanità in un unico grande ente metapsicologico e richiamerebbe a ciascuno le proprietà nascoste di tutti gli altri individui vissuti antecedentemente a noi e innestati come fertile humus nella nostra natura profonda, inconscia. Molte culture arcaiche hanno una profonda venerazione nei confronti dei morti, di quelli che chiamano propriamente con il termine “antenati”, credono negli spiriti dei defunti e in una loro sopravvivenza dopo la morte corporale, fisica; nel paganesimo il mondo era popolato da innumerevoli spiriti che presiedevano a varie funzioni, buoni e cattivi, che entravano in contatto con i vivi e in una relazione dinamica con essi diventavano apportatori di benedizioni o di maledizioni, queste credenze influivano sull’andamento della vita delle persone in quelle determinate società antiche. Con l’avvento dell’era cristiana il culto per i defunti divenne per così dire più maturo e consapevole, coerente con la fede tramandataci dagli Apostoli di Cristo e alcune tradizioni pagane si tradussero in festività religiose cristiane, divennero l’espressione della nuova fede a cui i popoli antichi si convertirono, convinti dalla predicazione e dalle opere degli evangelizzatori. Noi celebriamo la solennità di tutti i Santi il primo di novembre e la commemorazione di tutti i fedeli defunti il due di novembre, si ricordano le persone che abbiamo amato e che non sono più insieme a noi, ma anche qui in Italia purtroppo è arrivata l’assurda festa carnevalesca di halloween, una autentica pantomima in maschera con evidenti tratti diabolici in cui si esprime il senso della paura per quello che non si può comprendere, di quella che nei tempi antichi presso il popolo dei celti, era una ricorrenza per garantirsi la simpatia degli spiriti cattivi e un po’ dispotici ed essere da loro lasciati senza danno, attraverso un patto di reciproca collaborazione: si lasciava la stagione dei vivi, quella calda e solare, ricca di approvvigionamenti alimentari con l’agricoltura e la caccia, per entrare nella stagione dei morti, quella fredda e invernale, dove occorreva l’assistenza degli spiriti con i loro favori, per attraversare il rigore e le ristrettezze del duro inverno nordico. Halloween vorrebbe sostituire oggi con il suo ambito neopagano, il culto dei Santi e dei defunti, quindi l’autentica considerazione di fede cristiana nella realtà dell’aldilà oltre la morte e della risurrezione nella nuova vita in Paradiso, quella che viene definita la nascita al Cielo – dies natalis – di tutti i battezzati che defunti – compiuta la loro funzione nel progetto di Dio – hanno lasciato con l’anima separata dal corpo questo breve passaggio sulla terra: halloween non è una festa del tutto malvagia, ma occorre interpretarla semplicemente come una banale manifestazione di puerile gioco, condiviso nell’immaturità di chi è convinto che l’enigma della morte si possa esorcizzare, tramutando la paura dell’ignoto in una forma di carnevale, dove la maschera diventa il volto inconscio della morte appunto e del diavolo, che ci ha condotti alla morte; il costume, il travestimento sono l’espressione della necessità di sentire il mistero del male tenebroso come qualcosa di tangibile, che si può toccare, per non averne più nessuna paura, per sentirsi al sicuro da esso; la classica zucca arancione che si intaglia con i connotati di un volto rappresenta l’anima da offrire agli spiriti per essere lasciati incolumi al loro passaggio, ha la stessa caratteristica di un amuleto in ambito superstizioso. I credenti non dovrebbero lasciarsi prendere da queste suggestioni della tradizione pagana e da una sorta di rivisitazione neopagana in chiave folcloristica: chi crede in Cristo, crede nella vita eterna, crede che la morte è stata sconfitta dalla Risurrezione e che Dio ha portato i trofei della luce, le anime, nel suo Regno di beatitudine; il credente celebra i misteri della sua fede e non si abbandona alle mode del presente, non si lascia secolarizzare dai costumi di una società progressista che accantona le tradizioni, nemmeno da quelli approvati e propagandati dal consumismo, da una mentalità laicista.

Nessun commento:

Posta un commento