Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 30 novembre 2012

L'esistenza di Dio è innegabile


Baruch Spinoza 1632-1677
Testo tratto dall’Opera filosofica “ Etica 

Prop. 11.
Dio, ovvero una Sostanza che consta di infiniti attributi, ognuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita, esiste necessariamente.
Dimostrazione: Chi nega questa proposizione provi, se è possibile, a pensare che Dio non esista. La sua essenza, in questo caso, non implicherà l’esistenza (Ass. 7). Ma questo è assurdo (Prop. 7). Dunque Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Di ogni cosa si deve - se si voglia osservare il mondo in una prospettiva razionale - individuare la causa, o ragione, tanto dell’esistenza, quanto della non esistenza. P.es., se un triangolo esiste ci dev’essere una ragione, o causa, per cui esso esiste; e se non esiste deve parimente esserci una ragione, o causa, che impedisce che quel triangolo esista o che elimina la sua esistenza. Questa ragione o causa deve trovarsi o nella natura della cosa considerata o fuori di essa. P.es., la ragione per cui non esiste un circolo quadrato è indicata dalla stessa natura della cosa in esame: che, ovviamente, implica una contraddizione. Così ancora, sebbene all’inverso, la ragione dell’esistenza della Sostanza procede dalla sola sua natura, la quale appunto implica l’esistenza (Prop. 7). Ma la ragione per cui un certo circolo, o un certo triangolo, esiste, o non esiste, deriva non dalla natura di questi oggetti, ma dall’ordine di tutta quanta la natura materiale: dal quale infatti dipende che quella determinata forma triangolare o circolare o esista necessariamente, o non possa esistere. Queste cose sono evidenti di per sé. E da esse si deduce che ciò, a cui non ci siano ragioni o cause che impediscano di esistere, esiste necessariamente. Se perciò non può darsi alcuna causa o ragione che impedisca a Dio di esistere, o che sopprima la sua esistenza, si è costretti a concludere che egli esiste necessariamente. Ma se una tale ragione o causa ci fosse, essa dovrebbe trovarsi o nella stessa natura di Dio, o fuori di essa, cioè in un’altra sostanza di natura diversa (se infatti l’altra sostanza avesse la stessa natura, per ciò stesso si ammetterebbe che un Dio c’è): però una sostanza che fosse di natura diversa non potrebbe aver nulla in comune con Dio (Prop. 2), e quindi nemmeno potrebbe porre in alto o sopprimere la sua esistenza. Poiché dunque una ragione o causa che sopprima l’esistenza di Dio non può trovarsi al difuori della natura divina, essa dovrà necessariamente trovarsi, se Dio davvero non esiste, nella sua stessa natura, la quale di conseguenza implicherebbe contraddizione. Ma è assurdo affermare una tal cosa dell’Ente assolutamente infinito e sommamente perfetto: e dunque non si dà alcuna causa o ragione, in Dio o al difuori di Dio, che possa sopprimere la sua esistenza; ragion per cui Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Poter non-esistere è un’impotenza (o un difetto), e al contrario poter esistere è una potenza (o una forza, o un vigore, o un dato positivo): la cosa è nota di per sé. Se quindi ciò che già esiste necessariamente non consiste in altro che in cose finite, si dovrà dire che degli enti finiti hanno maggiore potenza dell’Ente assolutamente infinito: cosa evidentemente assurda. Dunque: o non esiste alcunché; o l’Ente assolutamente infinito esiste, anch’egli, necessariamente. Ma noi, se non altro, esistiamo, o per nostro potere (cosa che conosciamo impossibile), o grazie all’esistenza di un’altra realtà che esiste necessariamente (Ass. 1; Prop. 7): e dunque un Ente assolutamente infinito, cioè Dio (Def. 6), esiste necessariamente.
Chiarimento: Nel passo precedente ho voluto dimostrare l’esistenza di Dio a posteriori, cioè utilizzando i dati dell’esperienza, al fine di rendere la dimostrazione meglio comprensibile: non già perché, sullo stesso fondamento, l’esistenza di Dio non possa dimostrarsi a priori, cioè utilizzando princìpi logici generali. Infatti, se poter-esistere è un potere, ne segue che quanto più di realtà compete alla natura di una cosa tanto più di capacità di esistere quella cosa ha in sé; e quindi ne segue che l’Ente assolutamente infinito, cioè Dio, possiede da sé un’assolutamente infinita capacità di esistere, e perciò esiste assolutamente. Molti forse, tuttavia, non riusciranno a vedere cosi facilmente la chiarezza di questa dimostrazione, perché sono abituati a considerare soltanto le cose che sono prodotte da cause esterne: e, fra queste cose, sembra a loro che quelle che si producono in breve tempo, ossia che esistono facilmente, altrettanto facilmente periscano, mentre, al contrario, essi giudicano difficili a prodursi, ossia non capaci di esistere così facilmente, le cose che a loro sembrano più complesse. Invero, per liberarli da questi pregiudizi, non ho bisogno di spiegare in questa sede sotto quale aspetto è vero il detto ciò che si fa presto, presto anche si disfa, e nemmeno di decidere se, considerando la totalità della natura, tutte le cose siano, o no, egualmente facili: mi basta soltanto notare che io qui parlo non delle cose che sono prodotte da cause esterne, ma delle sole sostanze, le quali (Prop. 6) non possono essere prodotte da nessuna causa esterna. Le cose ordinarie, cioè quelle che sono prodotte da cause esterne, constino esse di molte parti o di poche, debbono alla forza e al potere della causa esterna tutto ciò che hanno di perfezione e di realtà: e perciò la loro esistenza deriva non da una loro perfezione, ma dalla sola perfezione della causa esterna. Una sostanza, invece, non deve ad alcuna causa esterna la qualsiasi perfezione che essa possieda: per la qual cosa anche la sua esistenza - che quindi non è altro che la sua essenza - deve procedere dalla sola sua natura. La perfezione di una cosa, quindi, non si oppone alla sua esistenza, ma anzi ne è la condizione; mentre al contrario l’imperfezione di una cosa ne rende incerta l’esistenza: e pertanto non possiamo essere sicuri dell’esistenza di alcuna cosa più di quanto siamo sicuri dell’esistenza dell’Ente assolutamente infinito ovvero assolutamente perfetto, che è Dio. Dato infatti che l’essenza di Dio esclude ogni imperfezione ed implica la perfezione assoluta, questo stesso fatto elimina ogni ragione di dubitare della Sua esistenza e ne dà anzi la certezza suprema: come sono sicuro che apparirà evidente a chiunque vi rifletta un poco.

giovedì 29 novembre 2012

Il Segno benedetto della Croce su di noi


Prima di ogni preghiera cristiana, compresa la santa Messa, tutti noi anteponiamo il Segno della Croce, ciascuno di noi fa il Segno della Croce prima di pregare e termina con esso la propria preghiera; per fare il Segno della Croce occorre tracciare con la mano destra i due bracci della Croce prima dall’alto verso il basso e poi da sinistra verso destra, invocando la Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, il Padre e il Figlio sul braccio verticale mentre lo Spirito Santo sul braccio orizzontale, significando la dinamica vitale e di circumsessione tra le tre Persone divine, lo scambio eterno di Amore tra il Padre e il Figlio, il cuore stesso della vita di Dio; con il Segno della Croce che tracciamo sul nostro corpo vogliamo significare la nostra intima consacrazione a Dio, il nostro appartenere a Cristo con tutto ciò che ne consegue relativamente all’ambito della nostra personale redenzione; il Segno della Croce può essere considerato un esorcismo minore, in quanto porta in sé la virtù liberatrice dal maligno che Cristo ci ha partecipato con la sua vita, morte e risurrezione, la Croce quindi è il Segno della vittoria su satana, sul peccato e sulla morte, con il Segno della Croce attualizziamo sulla nostra persona o sul nostro prossimo questa vittoria, che appartiene sì a Cristo ma che Egli ci comunica in quanto battezzati e figli di Dio, suoi discepoli.

Invocazione alla Croce

Croce vittoriosa, vessillo glorioso di Cristo Gesù redentore, con la tua Luce eterna e gloriosa, nel nome di Gesù santissimo e di Maria santissima, liberami da ogni influenza del maligno e dei demòni, dalle loro vessazioni e dalle loro ossessioni, dai condizionamenti e dalle strumentalizzazioni: il Segno della santa Croce reprima e faccia fuggire satana, il demonio maledetto e tentatore; eterno Padre infondi potere ed efficacia benigna al mio Segno di Croce. Che con esso, con l’amore e il sacrificio di Gesù, tuo Figlio morto e gloriosamente risorto per noi, per donarci la vita eterna, possa io sconfiggere il maligno e i suoi seguaci, anche umani, ed ottenere dalla Grazia la vittoria del bene, dell’amore e della giustizia. Spirito Santo, potenza eterna d’amore, possa la tua effusione di Luce purissima divina, scaturire dal mio Segno di Croce e dissolvere in chiunque e ovunque le tenebre del male. Invoco Te, beata Vergine Maria, Madre di Dio immacolata, con la tua preghiera e potente intercessione, infondi forza ed efficacia al mio Segno di Croce:
  nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, amen.

martedì 27 novembre 2012

Il saggio sceglie il bene


I libri sapienziali della sacra Bibbia affermano che la vecchiaia, la longevità di anni, non corrisponde affatto all’essere diventati saggi, il numero di anni non è corrispondente al grado eminente di saggezza in una persona, ci sono vecchi che sono stolti e giovani o giovanissimi che sono saggi; la maturità psicologica e mentale in un individuo da che cosa è data veramente? penso sia data dalla Grazia spirituale a cui quella persona ha aderito con la propria libertà durante il tempo della sua vita, breve o lungo che sia è indifferente, non è per niente una questione di neurone, il bene e il male sono forze che esulano dai condizionamenti della materia organica, insomma è un grande mistero la differenza che passa tra un soggetto ed un altro sul piano morale, è il mistero della libertà. Un Salmo recita pressappoco questa frase: lo stolto ha detto nel suo cuore, non c’è Dio… tutti si sono corrotti, tutti sono deviati… non c’è chi faccia il bene, neppure uno; in fondo il principio della vera sapienza viene dalle virtù morali, tra cui la fede, sono le virtù che ci rendono veramente umani, l’uomo non è soltanto un animale sociale, per dirla come il grande filosofo, ma è soprattutto un animale virtuoso, a condizione che lo voglia, che lo decida tramite l’esercizio della sua libertà. Essere saggi significa ponderare con intelligenza, ragione e virtù le diverse situazioni della vita, la propria persona e le altre persone nelle situazioni e nei diversi contesti e saper agire di conseguenza a fin di bene; essere stolti è la totale incapacità di prendere decisioni vantaggiose non soltanto per sé stessi, ma anche per chi ci è vicino, per chi ci è prossimo o per i lontani la cui vita e il cui destino dipende anche da noi; essere stolti è l’equivalente dell’essere irresponsabili e dannosi, essere saggi è l’esatto contrario, quindi la saggezza consiste nella piena responsabilità delle proprie azioni con la finalità precisa del bene, proprio e altrui, la saggezza è la virtù delle persone buone. Quando una persona dimostra la sua totale stoltezza? Quando compie il male, ma il male ha talmente accecato la sua coscienza che non se ne rende consapevole, pensa con convinzione di fare la cosa giusta, vive nella tenebra più fitta e non è in grado di provare alcun rimorso per gli errori commessi, poiché non li ritiene tali! anzi cerca continuamente delle giustificazioni che sedino quel barlume di dolore che ancora si fa sentire nel suo profondo. La peggiore stoltezza è essere incamminati senza saperlo sulla via della perdizione, il diavolo conosce perfettamente le dinamiche di questo inganno estremo e le attua con cura e diligenza, le anime catturate nella rete non se ne avvedono finché non giungono a destinazione, cioè nell’inferno, la maggior parte di loro è convinta che esso non esista, che sia soltanto una fantasia o una superstizione religiosa, non essendo nemmeno capaci di applicare un minimo di intelligenza critica, poiché l’inferno lo vivono già al presente. La saggezza è quella forza sorgiva dell’uomo virtuoso e di pace, dell’uomo misericordioso e compassionevole, insomma dell’uomo buono, una persona buona è una persona veramente saggia; come si fa a diventare buoni? basta volerlo, facendo sempre la scelta giusta, scegliendo sempre il bene nella propria vita; come si distingue il bene dal male? è una differenza scritta nel cuore di ciascuno, ognuno di noi lo sa nella verità del suo mondo interiore, sono pochi i folli che vivono nell’ignoranza etica, tutti nascono con la bussola morale, anche se talvolta risulta tarata in modo erroneo a causa della natura umana corrotta, o a causa della propria cattiva volontà reiterata nel tempo; il bene e il male, la saggezza e la stoltezza sono le vie su cui ci incamminiamo nella vita, da cui non possiamo disertare, a noi la scelta di che cosa preferiamo seguire, di che cosa ci sembra più proficuo per il nostro destino.

lunedì 26 novembre 2012

La preghiera è il respiro dell'anima


Delle persone illuminate hanno affermato che la preghiera è il respiro dell’anima, senza preghiera l’anima appassisce; le persone che non vogliono pregare si consegnano inevitabilmente tra le grinfie del maligno e lui non esita a strumentalizzarle, a fare di loro le sue marionette per perpetrare il male, il peccato. Ogni preghiera è buona, dalle formule alla preghiera spontanea, ma la preghiera migliore è quella che viene dal cuore, quella sincera colma di sentimento di pietà e d’amore: con la preghiera incontriamo la persona di Dio e diventiamo suoi intimi amici, entriamo in confidenza filiale con Lui. Pregare significa parlare a delle persone viventi come Gesù e la Madonna, avere con loro un contatto e porsi nella condizione di riceverne risposta: con la preghiera il Cielo entra nella nostra vita, trasformandola e facendoci diventare degni del perdono del Signore, della sua smisurata Misericordia, attraverso la preghiera riceviamo la benedizione di Dio sulla nostra vita; con la preghiera possiamo chiedere ciò di cui abbiamo bisogno, sia sul piano materiale che su quello ancor più prezioso della salute e del vero bene della nostra anima, la Grazia santificante. Dio ci viene già incontro con la sua provvidenza e noi con la preghiera ci abbandoniamo ad essa nella massima fiducia, con la convinzione che il Padre buono non ci farà mancare niente di cui abbiamo bisogno: ogni cosa che ci necessita la possiamo chiedere nella preghiera a Dio, sapendo che Egli ci ascolta e che non ci farà mancare mai il suo aiuto; per ottenere dal Signore con la preghiera occorre una grande fede, la virtù della fede è oggetto di ammirazione e ricompensa da parte di Dio. Possiamo pregare con fiducia anche la Madonna, poiché Gesù, il suo Figlio divino, ha stabilito che tutte le grazie, sia di ordine materiale che di ordine spirituale, passino dal cuore e dalle mani della sua Madre santissima che intercede a nostro favore presso la Santissima Trinità: Maria, la Madre di Gesù, è il tramite di ogni nostra preghiera, è la via di comunicazione tra Dio e i suoi figli sulla terra, quindi pregare la Madonna significa ricevere senz’altro le grazie che domandiamo. Talvolta non ci viene concesso quello che chiediamo con la nostra preghiera personale, perché Dio che è più sapiente di noi dispone le cose nella vita di quaggiù, per il nostro vero bene, per un bene più grande che adesso non comprendiamo ancora e cioè le realtà eterne, e per prima la salvezza eterna della nostra anima; se chiediamo con fede comunque riceviamo, forse non subito, forse non quello che vogliamo a tutti i costi, ma per il nostro bene riceviamo sempre dal Signore, ricordiamoci che Lui ci ha dato la vita, ci ha creati dal nulla e ci ama di un Amore eterno e intramontabile. La preghiera è relazione con Dio, significa nutrirsi del suo Amore, mangiare di Lui: chi sa pregare veramente è una persona che rinnova la sua vita ogni giorno, che è capace di edificarsi nel bene, in quanto lo Spirito Santo la trasforma e la rende bella e gradita al suo Signore; la preghiera infonde pace interiore e coloro che pregano sanno superare anche i traumi e i disagi psicologici, piccoli e grandi, la preghiera possiede una capacità intrinseca di guarigione, è un potenziale altamente terapeutico che purifica la mente e il cuore da scorie e sporcizia: se si desidera un contatto autentico con il soprannaturale e riceverne dei benefici, è indispensabile pregare con fede e con amore; pregare significa parlare ad altre Persone e non sentirsi mai soli, vuol dire infrangere il muro della solitudine per entrare in comunione con le Persone che ci amano sul serio, Dio, la Madonna, gli Angeli e i Santi e i Beati del Paradiso, pregare significa essere sempre in compagnia del Signore nel proprio cuore, accoglierLo nel proprio cuore come nel suo tempio di elezione. Le modalità della preghiera sono tante, ma la più eminente è quella fatta con atti di amore sinceri e perfetti, è la relazione d’amore con le Persone di Gesù e della Madonna, che è anche la chiave di volta della vita spirituale, della mistica: si può pregare per adorare, per chiedere, per ringraziare etc. ma si deve pregare soprattutto per amare! L’amore è il vero senso della preghiera, altrimenti la preghiera diventa preghiera parolaia, vuota e sterile, priva di quella dinamica di carità che è comunicazione e relazione con Dio; la preghiera parolaia è priva di valore, può forse addolcire la mente, ma non può cambiare il cuore infondendo le virtù benefiche dello Spirito Santo: chi prega davvero ama e chi ama non può fare a meno di pregare, in quanto amare Dio e il prossimo è il più alto atto d’orazione, è la preghiera che si incarna nella persona, che diventa persona e agisce per il bene, non potendone più fare a meno, tutto questo rappresenta la dinamica dell’emendazione dal passato e della conversione autentica, è la risurrezione di un’anima alla vita di Grazia.

sabato 24 novembre 2012

La guerra, arte del disordine innato


Sapete quali sono le cause più gettonate dell’accendersi di nuove guerre nel mondo? La prima causa è l’interesse dei grandi potentati economici internazionali che vedono nelle dinamiche di un conflitto in atto, ottime possibilità di fare guadagni; la seconda causa è la medesima, con l’aggravante che a fare il proprio interesse sono i pochi sulla pelle dei tanti, cioè gli oligarchi del potere appoggiati dall’economia dei mercati, la finanza snob, cinica e disumana delle piazze affari e dei palazzi d’oro, enti più o meno occulti che strumentalizzano le forze militari, raccontando la storiella non sempre coerente al vero, della necessità di realizzare interventi armati, per garantire la sicurezza di un Paese sovrano ed esportare ai miserabili stranieri la loro favolosa democrazia libertaria; la terza e ultima è la medesima di quelle sopracitate con la specificità della logica di vendetta, dove sangue chiama altro sangue, questo è il caso dei genocidi dell’epoca moderna, dove chi ammazza lo fa esclusivamente per spasso e… nel proprio piccolo anche per ladrocinio; c’è anche un’altra causa, poco conosciuta e cioè l’insindacabile necessità di combattere l’incremento demografico della popolazione mondiale, come? mietendo più vittime che si può, ovviamente, per la serie “ umanità parassita ”… a questo scopo esiste anche il meraviglioso strumento dell’aborto, nonché quello dell’eutanasia: le risorse per sopravvivere non bastano per tutti, un’altra menzogna inflazionata nata per coprire la cupidigia di pochi, sull’indigenza dei molti; è opinione comune che l’assetto socioeconomico del villaggio globale ha bisogno di un forte equilibrio e le analisi propongono sempre nuovi schemi che integrano soluzioni condivise: la verità è che la teoria dei giochi ha un solo comune denominatore, il caos imprevedibile. Tutto questo orrore evidenzia un suo fondamento, che va ricercato nella natura umana: l’uomo è ordinariamente una creatura malvagia che non smentisce la sua cattiveria, su questa semplice verità si può credere che le cose riguardo alle guerre nel mondo, non cambieranno praticamente mai; l’uomo porta in sé un elemento perverso di autodistruttività, il fatto che sia dotato di intelligenza lo rende pericoloso non soltanto per sé, ma anche per la natura del pianeta sul quale vive e per le altre specie animali: ovviamente la dignità dell'uomo non è quella del parassita, egli è il custode al quale Dio ha affidato la creazione e il Signore lo considera degno della sua fiducia, nonostante si dimostri molto spesso un irresponsabile. Nessuno conosce la cura risolutiva alla malattia “ uomo ”… sarà forse l’estinzione? Può darsi, siamo infatti sulla buona strada perché ciò si verifichi quanto prima. In natura l’uomo è indubbiamente il peggiore parassita del pianeta, un vero flagello della creazione, chissà se con il tempo riusciremo a invertire la tendenza, la nostra innata distruttività, se non ci riusciremo sarà davvero la fine, tutta la vita nell’universo scomparirà e noi la seguiremo nel suo eclissarsi; le guerre sono la dimostrazione tangibile che l’umanità è malata, ma non dobbiamo disperare dell’immenso potere taumaturgico che si cela in essa, l’umanità può guarire se lo vuole: auguriamoci che questo accada, noi siamo la malattia, ma siamo anche la cura.

L'anima e il suo senso come persona


La natura dell’anima umana va cercata in Dio, Egli è capace di perpetuarla oltre le porte della morte fisica, sul piano dei riscontri empirici e delle evidenze scientifiche essa è mortale; l’anima umana secondo l’Antico Testamento è da considerarsi la vita dell’uomo stesso, la vita naturale, biologica, il suo bene più prezioso, è soltanto con il Nuovo Testamento che la Rivelazione cristiana pone l’accento sull’immortalità dell’anima umana, sulla sua natura spirituale e separata dalle funzioni e dai processi del corpo; l’anima è stata considerata da molte culture antiche naturalmente immortale e la morte nient’altro che la separazione dell’anima dal corpo, le filosofie e le religioni di diversi tempi della storia umana hanno accettato all’unanimità questa verità sull’anima; soltanto con l’era moderna e con l’affermarsi dei valori dell’illuminismo e del scientismo ateo, del pensiero positivo, l’anima ha subito un forte deprezzamento ed è stata considerata un mito religioso, una fantasia filosofica per sognatori sprovveduti, una semplice idea con l’aggravante che si tratta di un’idea falsa e sviante dalla verità. Per credere nell’esistenza dell’anima è necessario credere anche in Dio, e soprattutto credere nella sua onnipotenza, soltanto una visione di fede può indurre una persona a credere che l’uomo sia qualcosa di oltre rispetto alla sua corporeità, alla sua carne, senza la fede che non è fideismo, quindi semplicemente un credere nebuloso in un Dio fuori dal tempo e dallo spazio, che sia inconoscibile e lontano, non è possibile accettare l’immortalità dell’anima e la sua partecipazione alla vita di Dio, ma con la fede che è Rivelazione sì, quindi l’ingresso della Verità nella storia umana e nella coscienza di ciascuno di noi, una Verità dogmatica che afferma delle certezze che fondano la loro credibilità in fatti storici, accertati da testimoni oculari affidabili e condivisi da innumerevoli credenti, che sono tutt’altro che sprovveduti e che hanno accettato con l’uso della propria ragione e della propria intelligenza, la Rivelazione nel Dio del Vangelo, in Gesù di Nazaret. L’anima è semplicemente la persona, il soggetto con la sua identità e la sua unicità, non è una eterea sostanza disincarnata che vive da antagonista in relazione ad un corpo, quindi l’anima umana è anche il suo corpo con le sue specificità salienti, con quei tratti che caratterizzano l’individuo; la linea di demarcazione tra anima e corpo in questa visione concreta della persona, è una linea molto sottile e poco ben definita, è la linea che non separa ma unisce, è la linea di congiunzione e la congiunzione rappresenta la persona, anzi la sua anima nella sua vera natura e identità; l’anima è un mistero che si svela alla luce della fede nel Dio della Rivelazione, l’al di là è il mistero sublime delle anime ed è la realizzazione dell’incontro definitivo con Dio nell’eternità: la mistica dell’anima concerne la relazione tra la persona umana e l’amore di Dio, l’immanenza con il soprannaturale, soltanto in questa chiave è possibile comprendere il mistero dell’immortalità e della natura spirituale delle anime; senza Dio che è il fondamento ad ogni mistero, l’uomo viene deprezzato e cosificato, ridotto ad una rete meccanica di pulsioni inerenti causa ed effetto, questa perversione della visione dell’uomo è propria del materialismo ateo dell’era contemporanea e apre la porta alla più totale anarchia sul piano etico, è la più pericolosa ideologia nemica del genere umano e contraria alla Verità, il nichilismo proprio di questa ideologia apre la strada ad ogni genere di crimine contro l’umanità ed è il preambolo al crepuscolo della vita, alla morte come definitiva razio dell’esistenza e della realtà, il trionfo del nulla. La fede in Dio e nell’anima immortale nobilita l’umanità e la colma di autentico valore e significato, oltretutto è coerente con la Verità, con quella Verità oggettiva conquistata tramite l’esercizio delle facoltà di fede e di ragione all’unisono, che sono le due grandi ali che permettono all’anima di volare verso l’orizzonte altissimo del suo stesso essere, verso il compimento del senso di tutte le cose che la riguardano; ognuno deve dire a sé stesso: “ La mia anima sono io e nessun’altro! ”.

giovedì 22 novembre 2012

La pena capitale o sentenza di morte

Negli ordinamenti giudiziari di molti Stati del mondo è contemplata come condanna più severa per i crimini di maggiore entità, la pena capitale o pena di morte; la pena di morte implica per lo Stato un diritto e cioè quello di disporre in caso di grave reato della vita di un suo cittadino, con la possibilità effettiva di togliergli la vita, di ucciderlo. Ma questo diritto per lo Stato è giusto o è sbagliato? Non esiste nulla di alternativo a questo genere di soluzione drammatica? La sentenza di morte per una persona, significa sostanzialmente il fallimento dello Stato di diritto, significa che la società a cui quell’individuo appartiene ha fallito nei suoi impegni di civilizzazione e di umanità, significa decretare la disponibilità assoluta della vita dei cittadini nei confronti dell’ordinamento statale, cosa che può accadere soltanto nei regimi totalitari e antidemocratici: la vita dei cittadini a disposizione dei dettami costitutivi di una nazione sovrana. Non serve a niente uccidere persone che si sono macchiate di crimini efferati, di delitti odiosi, anche nel caso estremo che non si possano recuperare alla vita civile, è sufficiente quindi togliere loro la libertà di agire a danno degli altri cittadini e della società: assassinare i criminali non è giusto, è semplicemente un atto di vendetta che non ripara nulla del danno perpetrato alle vittime, significa abbassarsi allo stesso livello dei malvagi e diventare praticamente come loro, quindi uno Stato criminale con tanto di boia muniti di strumenti per infliggere la morte al solo scopo della vendetta; la giustizia implica una riparazione per il danno inferto alle vittime, ma anche la possibilità per il reo di emendarsi quando ciò sia veramente possibile: l’emenda come si definiva nel passato, o emendazione, significa il recupero di una persona dalla sua condizione di colpa, significa un cambiamento radicale di mentalità e attitudini, dalla condizione di malvagità a quella di colpa espiata, di bontà acquisita e realizzata, ciò implica l’espiazione attraverso una sofferenza, ma nella sofferenza anche una dinamica di rinnovamento, la nascita di una persona nuova dalle ceneri di quella vecchia, malvagia. Ci sono persone che non intendono cambiare e se viste garantite nel reiterare le proprie colpe, non se lo fanno chiedere due volte prima di cadere nuovamente nei crimini del loro passato: noi dobbiamo dimostrare di essere migliori di loro, di essere autenticamente giusti e umani; per questi individui recidivi è sufficiente la reclusione o pene alternative che ne garantiscano l’innocuità sociale, rispettando la loro dignità di esseri umani, quindi anche il loro diritto alla vita, cosa che questi calpestarono più volte disprezzando il loro prossimo… indubbiamente questo comportamento giuridico e legislativo per uno Stato civile e democratico, è l’espressione di una profonda maturità etica, di un progresso autentico in campo umanitario e sociale, dell’affermarsi della logica evangelica del perdono sulla logica della vendetta, dell’occhio per occhio e dente per dente: è la via difficile e maestra della verità, su quella facile e comoda del compromesso e della menzogna. Gesù è morto in croce, condannato da un tribunale civile di una sperduta provincia dell’impero romano di quell’epoca, è stato condannato a morte per opera della giustizia umana di uno Stato, Lui che era innocente assieme a due malfattori, sarebbe meglio affermare che il Signore è morto in croce per opera dell’ingiustizia di uno Stato, uno tra i più evoluti per quell’epoca; ma la sua risposta a questa ingiustizia fu il silenzio e la mansuetudine, la totale remissività da ogni tentativo di difendersi dalle calunnie e dall’arroganza dei suoi accusatori. Gesù è morto in croce perché ad Egli è stata applicata la legge dei romani sulla pena capitale, è morto crocifisso per l’ingiustizia e la barbarie di uno Stato che si reputava faro di tutte le civiltà moderne, ma che in realtà era uno Stato criminale: se oggi il Signore dovesse subire un processo penale analogo, noi lo condanneremmo alla medesima pena? Quale sarebbe la sentenza del tribunale? La risposta a questa domanda è impressa e scritta a chiare lettere, nello sguardo di ogni condannato a morte dell’era contemporanea, uomini e donne, di ogni popolo, lingua e nazione, colpevole e anche soprattutto innocente: diciamo di no alla violenza e sosteniamo l’ideale di una giustizia giusta, a misura di un’autentica morale umana contro la vendetta, a favore della possibilità dell’emendazione… forse proprio come nelle parole del Profeta, un giorno anche il leone potrà abitare con l’agnello e l’infante giocare sulla tana dell’aspide.

lunedì 19 novembre 2012

La liturgia universale delle creature


L’universo è la grande voce delle creature che con il loro esistere lodano incessantemente il Creatore, la liturgia dell’universo è il grande canto della vita al Signore della vita: liturgia significa letteralmente “ cosa pubblica ” o “ funzione pubblica ”, la sua semiotica è data dal contenuto stesso dell’atto liturgico, cioè lode, onore, gloria e ringraziamento a Dio sommo bene, le forme espressive della liturgia universale sono il respiro e il palpito del cuore di tutte le creature, compreso l’uomo; il canto al Dio unico e creatore è l’insieme di tutte le esistenze degli esseri, il cui stesso esistere è un espressivo e intenso atto di culto. Gli Angeli del Paradiso cantano il Sanctus come atto di culto solenne al loro Signore e Padre: santo, santo, santo è il Signore, Dio degli eserciti! La Chiesa di Dio peregrinante in terra commemora la Passione, la Croce e la Risurrezione del Figlio di Dio, Gesù Cristo nel mistero che si perpetua sugli altari di tutte le chiese del mondo e cioè il sacrificio incruento della Santissima Eucaristia, il mistero sublime dell’Amore di Dio e della nostra redenzione, centro cultuale di tutta la vita della Chiesa e centro dell’universo materiale e spirituale: il culto dell’Eucaristia è il centro della liturgia terrestre che procede dalla liturgia celeste e che tra di esse si integrano a vicenda e si scambiano virtuosamente; nella celebrazione dell’Eucaristia è presente tutto l’esercito celeste e vi converge tutta la creazione materiale, tutte le creature sono attorno all’altare per adorare il Dio nascosto e per alzare a Lui un perfetto canto di lode e di amore. La liturgia continua nella vita di ciascuno nella pratica della preghiera personale e soprattutto della virtù di carità, fuori dal culto comunitario della santa Messa; Dio è il centro dell’esistenza e noi sussistiamo in funzione di Lui, senza di Lui cadremo inevitabilmente nel nulla, nella morte eterna… l’azione e il rendimento di grazie che si attua nella liturgia sono il cuore della vita, la forza palpitante del nostro stesso essere, senza questa energia c’è il nulla, ma il nulla realmente non esiste perché esiste l’Essere supremo in cui tutto nasce e si compie e noi siamo per l’immortalità nell’eternità del Signore. Tutti partecipano alla liturgia universale e nessuno può autoescludersi da questa condizione naturale, senza incorrere nel dramma dell’inferno, senza perdere tragicamente sé stesso; l’umanità è stata creata per partecipare alla vita di Dio, per essere tratta dalla condizione caduca e animale, e essere deificata nello Spirito del Signore: la Risurrezione del Cristo testimonia ai credenti questa meravigliosa Verità, noi siamo per il Regno del Padre proclamato dal Vangelo.

sabato 17 novembre 2012

Il peccato mortale e le sue conseguenze


Per fare del male a una persona commettendo una colpa grave davanti al Signore, occorrono tre condizioni fondamentali e cioè la materia grave, che consiste nella gravità dell’ambito morale in cui l’azione è compiuta, ad esempio il rispetto per la vita e la dignità di sé stessi o del prossimo, qui si intendono anche i crimini di suicidio e di omicidio, la piena avvertenza che consiste nell’avere chiara nella propria coscienza che quello che si sta per compiere o che si compie è male, è un atto di immoralità, di ingiustizia, è un sopruso e un crimine, su questo versante l’educazione fa molto per mettere sulla buona strada le anime, il deliberato consenso che consiste nella piena adesione della propria volontà e della propria libertà, del proprio cuore, a quel determinato male precedentemente riconosciuto come tale nella verità interiore della propria persona; senza questi tre elementi, anche senza uno di questi tre elementi, non può sussistere nell’anima una condizione di colpa grave, ma di colpa attenuata nella sua reale gravità oggettiva, perché soggettivamente non vi è la consapevolezza del peccato, comunque non si possono escludere le inevitabili conseguenze deleterie, per sé stessi e per gli altri, nel caso che il male morale sia rivolto verso di sé o nel caso sia rivolto verso il prossimo: il male è sempre portatore di un germe di corruzione, anche se all’apparenza non si vede o non si vede subito, nell’immediato. Materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso, possono far pensare che le persone che commettono peccati mortali siano effettivamente in un numero esiguo, ma non è così in quanto tutti possono essere tentati e cadere, e molti che si trovano in una condizione di colpa grave offendendo gravemente il Signore, non ne sono affatto consapevoli: il male è anche una forza che spegne la coscienza, più si cade nel peccato più la coscienza è sclerotizzata, quindi meno sensibile e non si riesce a riconoscere con esattezza la distinzione tra il bene e il male. Oggi l’umanità manca di sensibilità morale e non educa a riscoprire in sé la luce della coscienza, come forza che guida nel cammino della vita e ti fa fare sempre la scelta giusta: i media sono l’esempio più appariscente di questa mancanza di sensibilità, in quanto riportano ed evidenziano soprattutto la decadenza e il peccato e non gli atti di virtù, insomma il male anche oggi ha più successo, fa più ascolti ovunque, anche se la maggior parte della gente nega di essere morbosamente attratta da tutto quello che è negativo, come la violenza, la morte, la pornografia, il dolore e ogni altro elemento buio ma purtroppo misteriosamente affascinante per chiunque, tutti tediati dalla monotonia e dalla quotidianità di una società senza la bussola, come se ciascuno fosse perso nel caos. Dove avvengono i più pesanti sbandamenti spirituali, si forma il terreno fertile affinché l’inferno dai molteplici versanti si radichi nelle coscienze, portando l’incertezza e il dubbio in quegli aspetti etici della società maggiormente rilevanti, in questo modo non è più l’individuo ma la società a corrompersi, in quanto dai singoli procedono tutte quelle forze che costituiscono il tessuto sociale; una colpa grave richiede una grave condanna, e non è soltanto la condanna degli uomini onesti, buoni e pii ma è la condanna di un Giudice che retribuisce il bene e il male, è la condanna di Dio! Quando una persona fa del male compie una scelta, questa scelta implica sempre lo stare a favore o contro il Signore, separati dal Bene si cade nel male ed è una dinamica inevitabile per la creatura senziente; quando un’anima è separata da Dio che è la vita delle anime, quell’anima cade nella morte, in quella condizione c’è la sentenza del Signore, il suo Giudizio di condanna: nostro Padre non manda all’inferno nessuno, sono le persone che ci vanno per propria libera scelta, l’inferno è la conseguenza del peccato, della scelta del male nelle sue forme più gravi e insanabili, anche se bisogna sottolineare che la Misericordia di Dio può risanare qualsiasi anima da qualsiasi colpa, ma occorre scegliere di pentirsi e di convertirsi prima del Giudizio, cioè prima della propria morte corporale. Se non si passa subito in questa vita dalla porta della divina Misericordia, si passerà inevitabilmente dalla porta della divina Giustizia, quindi tutti hanno una possibilità di salvarsi dall’inferno, ma occorre non procrastinare, ma fare adesso una scelta radicale, per il bene e non per il male, poi non ci sarà più tempo.

mercoledì 7 novembre 2012

La moralità ci testimonia che abbiamo un'anima


La moralità è quella facoltà spirituale che distingue gli esseri umani dagli animali, soltanto nel cuore umano sono scritti i principi che differenziano il bene dal male, per lanimale vale la legge dellistintualità, cioè il dominio di una serie di pulsioni primordiali su tutto quellambito che nella natura umana viene definito “ libero arbitrio ”; lethos è quellinsieme di regole che sanciscono la linea di confine tra il lecito e lillecito, tra quello che una persona può fare per conquistare il vero bene e la piena realizzazione di sé, la felicità e quello che una persona non può fare se non a caro prezzo, a prezzo di un grave danno per la propria anima e per il prossimo, a costo della propria infelicità e di quella altrui: agire per il bene costruisce il bene, dentro e attorno a sé, agire per il male costruisce il male, dentro e attorno a sé. Alcuni purtroppo cadono in un grave malinteso, non comprendono che il male fa male soprattutto a chi lo commette e allora si abbandonano allimmoralità, distruggendo contemporaneamente la bellezza della propria anima e la considerazione della dignità del prossimo, delle altre persone; letica può assumere vari aspetti, essere quindi traducibile in una molteplicità di forme, differenti le une dalle altre, cè un’etica per delle persone e ce ne è un’altra per altre persone: la questione in oggetto viene definita relativismo. La verità è che non esistono le opinioni in campo etico, non vale la regola che ogni convinzione morale sia ugualmente valida, che ogni convinzione sulla differenza tra il bene e il male sia la verità soggettiva, l’unica verità importante ma non condivisa, in quanto non esiste una verità oggettiva: la verità oggettiva sul bene e sul male esiste ed è scritta a lettere indelebili nel cuore umano! La persona umana con il proprio libero arbitrio, con la sua libertà, può tradire la coscienza morale che è universalmente condivisa, può calpestare i dettami della sua coscienza e diventare gradualmente inumana, estraniarsi dal comune “ senso dell’umano ”. Sentire la compassione è una spia rivelatrice della salute morale di un’anima, le persone prive di compassione sono interiormente “ morte ”, sono cioè prive di sensibilità e di affezione, hanno perso gradualmente nel tempo con le proprie scelte scellerate in campo morale, la parte migliore di sé, la loro autentica dignità umana e sono cadute nel diabolico, anche la loro libertà è venuta meno, non possono più fare scelte che non siano coerenti al proprio stato di perversità. La natura umana è fatta esattamente così, questo è qualcosa di innegabile e a dircelo è l’esperienza relazionale con i nostri simili e non una mera teoria psicologica. Il Decalogo, o “ Dieci Comandamenti ”, sono l’espressione letterale di quella legge morale naturale scritta nel cuore umano: non uccidere, non mentire, non rubare, pratica la castità, onora tuo padre e tua madre, etc. Questi Comandamenti, secondo la Sacra Scrittura, sono stati dati da Dio all’uomo per sancire un’alleanza con Lui, per la realizzazione antropologica del proprio bene e del proprio destino di felicità, i Comandamenti non sono stati scritti solamente su tavole di pietra e riposti in un’arca, come ci dice la Bibbia, ma sono scritti nella profondità della natura umana, dentro ciascuno di noi, fanno parte della nostra anima: tutto questo per affermare che esiste un’etica secondo verità, una verità morale oggettiva al di là di ogni relativismo, e che questa verità è condivisa da tutto il genere umano, è propria di ciascuna persona in relazione alle altre e soprattutto a Dio, che è il nostro Creatore; negare questa Verità significa tradire l’uomo! Gesù nel santo Vangelo ci dice quale sia il più grande tra i Comandamenti: “ Ama il Signore tuo Dio con tutto te stesso, e ama il prossimo tuo come te stesso ”, chi avrà osservato questa legge radicale ma dal giogo leggero, il Comandamento della carità, otterrà in eredità la vita eterna nel Regno del Padre.