Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

sabato 29 luglio 2017

La buona volontà

La spiritualità cristiana lo chiama esame di coscienza, la modernità ha conferito a questo esercizio il nome di analisi psicologica o autoanalisi, introspezione, guardarsi dentro, conoscersi; sono convinto che più una persona si conosce più diventa consapevole del suo lato oscuro, delle sue tante negatività, smettendo di ritenersi buona a paragone dei suoi simili. La via per liberarsi dalle negatività è dire sempre no a quel che nella mente riconosciamo come sbagliato, se messo a confronto con la morale naturale e non con la morale relativa. La differenza tra la morale naturale e la morale relativa è che la prima si trova scritta dentro di noi, ci rende capaci di distinguere autenticamente il bene dal male, la seconda è una caricatura che noi ci facciamo del bene e del male applicando criteri egoistici o ideologici; la colpa è una nostra volontaria adesione a ciò che è male e il radicamento in esso, con la conseguente perdita di sensibilità e di pentimento: per la salute dell’anima è un veleno mortifero, a somministrarcelo sono i demoni che in noi trovano collaborazione e abbandono. Cadere nella colpa significa separarsi da Dio che è la vita delle anime, cadere nella colpa significa essenzialmente morire, anche se biologicamente rimaniamo desti. Le lacrime del pentimento, la contrizione, la conversione, il cambiare mentalità e comportamento ci restituiscono la vita e la preghiera che manifesta la nostra fede ci ottiene il perdono e la salvezza. Quante confessioni sacrileghe fatte con insincerità e senza un vero dolore per non aver amato, per non aver voluto perdonare chi ci ha fatto del male: ma quanto è importante il Sacramento della riconciliazione e del perdono, è il sangue di Cristo che ci lava dai peccati e ci restituisce la vita di grazia, la vita in comunione con Dio, è il sangue di Cristo sparso per noi sulla Croce che ci libera dalla schiavitù del diavolo. San Giovanni ha scritto che chi ama passa dalla morte alla vita, ottiene da Dio, dalla sua misericordia, la salvezza della propria anima. Per radicarsi nel bene occorre una profonda vita di preghiera, occorre pregare e chiedere al Signore di perdonarci, ma ancor prima di concederci la grazia del pentimento, che vale in misura della nostra conversione a Lui, alla sua Legge: è così che si passa dalla morte alla vita, che si viene salvati. Sono realtà invisibili ma concrete, perché riguardano la natura dell’essere umano e il suo destino. Dio ci ha creati per Lui, separarsi da Dio con il peccato equivale a consegnarsi al demonio e a morire spiritualmente, soltanto la contrizione riaccende in noi la carità e ci restituisce la vita, quella soprannaturale, soltanto le lacrime del pentimento così come l’acqua del Battesimo all’inizio, entrambe attingono a quella sorgente pura che è la Croce attraverso cui siamo stati redenti e introdotti nella perpetua felicità. Chi si rifiuta ostinatamente di credere e di convertirsi, si estranea da Dio e dalle sue promesse, chi non crede neppure prega e non sente l’esigenza di cambiare e di rinunciare al male, che non sente neppure come tale, vive quaggiù senza la consapevolezza che dovrà rendere conto di tutto, che dovrà essere giudicato e che potrebbe essere condannato, è una condizione di schiavitù perché il cuore è avvinto dalle catene con cui il diavolo ci ha fatti suoi, siamo le sue prede. Amare è la medicina che guarisce facendoci figli di Dio, dobbiamo riconoscerlo perché in questa verità si trova tutto il nostro bene, la nostra salvezza e quella del prossimo.