Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 12 aprile 2012

La tentazione al peccato


La tentazione al peccato è l’azione ordinaria del demonio e coinvolge tutti indistintamente, con la tentazione al male satana ci vuole far cadere nella colpa, nel peccato; satana tenta l’umanità dalla sua origine, così come è scritto nel Libro della Genesi, egli è il tentatore e l’accusatore, un delatore spietato dei figli di Dio. Tutti debbono subire la tentazione per dimostrare la propria fedeltà al Signore, nessuno escluso: aderire al bene significa aderire a Dio, quindi cadere nella tentazione significa dire di no a Dio, scegliere per il male, scegliere per il diavolo. La strategia del maligno consiste nel tentare là dove la creatura si dimostra più debole, più vulnerabile, ma è superando la tentazione che si dimostra di aver aderito al bene, rifiutando il male, così si matura spiritualmente e moralmente, ci si radica nell’amore al Signore, si cresce nelle virtù umane e cristiane. Quando siamo tentati è necessario combattere e non arrendersi, tutta la vita è segnata dal combattimento spirituale, da una tensione marziale tra il nostro cuore e l’impero delle tenebre; con la grazia di Cristo possiamo e dobbiamo vincere il male, perché soltanto così è possibile santificarci e ottenere l’eterna salvezza in Paradiso. In comunione con Gesù, noi abbiamo la forza per superare il nostro peccato, abbiamo la forza per amare Lui e il prossimo con cuore sincero, perché soltanto con l’Amore si può sconfiggere il male, soltanto la Luce può dissipare le tenebre: il nostro cuore è il campo di battaglia, la nostra interiorità spirituale, noi siamo costantemente contesi tra Dio e il maligno, ed è con la nostra libertà che decidiamo per l’Uno o per l’altro. Nel Vangelo è chiaro ed evidente come il Signore ponga la sua attenzione primaria alla conversione del cuore, all’interiorità della persona, mentre nei confronti dell’esteriorità farisaica ha un atteggiamento di accusa, una forte ripugnanza: per sottolineare la loro ipocrisia li definisce sepolcri imbiancati, belli a vedersi, belli nell’aspetto, ma dentro brutti e putridi, lontani dall’amore di Dio, lontani dal suo Cuore. La bellezza dell’anima la vede soltanto Dio ed essa è il solo valore che conta davanti al suo sguardo, il resto per l’Eterno non significa niente; Egli scruta il cuore umano, scruta i pensieri e i sentimenti, scruta nel profondo, anche là dove la nostra consapevolezza non può arrivare, la verità di una persona dinanzi alla Carità suprema è senza veli, senza che vi sia nulla che la possa nascondere al suo giudizio: il Signore vede tutto. Molte persone con il peccato si riducono a rassomigliare a diavoli, a essere come loro; in certe persone è presente uno sguardo grifano, arcigno e cattivo, che impressiona e che rivela la mostruosità della loro anima, quindi è proprio vero che il volto e lo sguardo, sono lo specchio dell’anima: in alcune esperienze e frangenti della vita, si manifesta di più lo sguardo grifano di talune persone e la loro empietà si rende evidente a chi li osserva o li avvicina, si palesa la loro mostruosità interiore nonostante siano degli abili simulatori, con una espressione del volto di plastica, fasulla. Il mondo è fatto quasi prevalentemente da queste persone ipocrite con la faccia finta, è un mondo di bambole vuote, di pupazzi senz’anima, il mondo del diavolo di cui egli è il principe e il proprietario.

sabato 7 aprile 2012

Storicità dei Vangeli


Nell’Antico Testamento sono presenti più di trecento profezie che riguardano la persona del Cristo, più di trecento vaticini che parlano di Gesù, Lui è la chiave cifrata per comprendere tutte queste antiche rivelazioni; molti studiosi hanno ritenuto i Vangeli degli scritti apocrifi e non storici, realizzati sulla base dell’aspettativa messianica di Israele, quindi il Cristo storico non sarebbe mai esistito, ma sarebbe soltanto una invenzione letteraria, un mito nato da un popolo che trova nella figura del Messia la realizzazione delle antiche promesse, inizialmente rivolte al patriarca Abramo e per finire a tutti i Profeti di Israele. Ma in realtà quali erano le aspettative messianiche della società ebraica del tempo di Gesù? I Giudei attendevano sì un Messia, ma un Messia politico e militare ad un tempo, un capo che li avrebbe liberati dalla soggezione del potere dell’impero romano e avrebbe restaurato l’antico regno di Israele come all’epoca del re Davide, un regno fatto dal potere terreno e dalla gloria umana, una supremazia di Israele sui popoli di duemila anni orsono. Ma i Vangeli non parlano di un Messia di questo genere… sappiamo che Gesù è l’Agnello mite, innocente e buono che con la sua vita nascosta, la sua Passione e il suo sacrificio in Croce, inaugura un Regno che non è di questo mondo: l’annuncio del Vangelo è la Risurrezione di Gesù, la sua vittoria sulla morte, sulle forze del male, sul peccato, Egli è l’incarnazione di Dio, Dio fatto uomo, un Dio d’amore; quindi è fuori discussione che i Vangeli siano stati scritti non perché richiamassero l’idea di un Messia potente e vittorioso, come gli ebrei di quel tempo in Palestina si attendevano, è proprio così: il Gesù dei Vangeli è originale, se messo a confronto con il salvatore che i capi e buona parte del popolo volevano, è un Messia antipatico, scomodo e sconfitto, una Persona che guarda all’interiorità del cuore e non ai beni di natura materiale; questa è una delle tesi fondamentali a favore della storicità dei Vangeli, è inaudito che nel contesto culturale di quel popolo la figura di Gesù sia stata inventata di sana pianta, è impossibile sul piano della logica. Il Cristo di cui parlano i Vangeli è un personaggio storico, nato e vissuto circa duemila anni fa nell’oscura provincia romana della Giudea, quindi quanto narrano i Vangeli è verità storica e la chiarezza di esposizione, la loro semplicità letteraria, lascia intendere questa assoluta verità. I fatti riportati nei Vangeli sono fatti autentici e riguardano la persona di Gesù, la sua vita così come l’hanno conosciuta i suoi discepoli, gli Apostoli che stettero insieme con Lui per tutta la durata della sua vita pubblica, all’incirca tre anni: loro furono i testimoni oculari di quanto accadde e di quanto concerne la vita del Nazareno. Quello che è descritto nei Vangeli e ha un carattere soprannaturale è inequivocabile, non si tratta di racconti fantastici ma bensì di cronaca. Gesù è stato condannato alla Croce dai Giudei, anche perché lo si è ritenuto un falso Messia, fuori dagli schemi di colui che i capi e parte del popolo desideravano, un Messia scomodo e inutile; hanno preferito Barabba perché lui, messo in carcere per sedizione politica e omicidio, si configurava meglio al Messia liberatore del popolo, dall’asservimento al potere dell’impero romano dell’epoca, un unto dal Signore forte, violento e mondano. I Vangeli sono storici e raccontano fatti realmente accaduti, filtrati dall’esperienza e dalla cultura letteraria degli evangelisti, comunicati attraverso la parola dei testimoni oculari di tutto quanto è raccontato in essi, attraverso la testimonianza di tutti coloro che hanno vissuto accanto a Gesù.