Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 18 dicembre 2017

Il fantasma del Natale

Oramai siamo arrivati nel cuore dell’inverno e mancano a Natale pochi giorni, un po’ di più perché l’anno finisca e incominci quello nuovo; ciascuno faccia il suo esame di coscienza e uno scrutinio per quanto possibile verosimile su ciò che è stato quest’anno già trascorso, e le sue attese per l’anno futuro. A Natale si vuole il viaggio, gli addobbi, l’atmosfera, insomma il tornaconto emotivo e un grande spasso. Nessuno crede realmente che in quel bambino della sperduta Betlemme, all’incirca duemila anni orsono, la seconda Persona della santissima Trinità, il Verbo di Dio della stessa sostanza e natura delle altre due Persone divine, si sia fatto uomo per amore nei confronti degli uomini, nessuno crede e ad ogni disagio, contrarietà e sofferenza tutti sono pronti a bestemmiare e a maledire quell’innocente in fasce che giace in una mangiatoia, Signore del cielo e della terra, il Principe della pace. San Francesco allestì il primo presepe e cioè la rappresentazione plastica dell’incarnazione del Figlio e qualcuno al giorno d’oggi lo interpreta come qualcosa che richiama la famiglia o la bellezza dell’infanzia, la sua fascinazione quasi mistica, ma il presepe è soprattutto un trattatello teologico in cui ciascun personaggio riveste un ruolo unico e altamente significativo, Gesù bambino è al centro di tutta la scenografia, il tema è quello del sacro, del divino, del soteriologico, dell’amore oltre natura. San Francesco amava Gesù con forza e semplicità e così gli è venuta in mente l’idea del presepe, altrimenti perché? Ogni giorno al mattino per il cristiano dovrebbe essere Natale, perché ogni giorno ci è dato dalla provvidenza divina come dono gratuito e il cristiano vive non più per sé stesso ma bensì per Cristo che ha dato la sua vita per lui. La chiave è quella che spiega ogni cosa, la Carità sempiterna da cui trae origine ogni vita, ogni palpito e ogni pensiero. E’ la chiave che apre lo scrigno che nasconde nel segreto il senso dell’esistenza. Per coloro che hanno occhi per vedere, quel piccino di Betlemme ci richiama al senso del nostro stare al mondo e al destino che Dio ha riservato per quelli che lo amano, è un bimbo ma è anche Dio e come tale Egli può veramente tutto. L’anno che al presente appartiene al passato ci ha dato la possibilità di vivere secondo le nostre vedute e di vivere assieme agli altri oppure da soli, l’anno che a breve finirà ci ha portato avanti, più vicini a Dio o più lontani da Lui a seconda del libero arbitrio che sempre esercitiamo, a seconda delle scelte, difatti pregare è una scelta, voler bene agli altri è una scelta, perdonare è una scelta e in questioni così non ci obbliga davvero nessuno. Per l’anno che verrà personalmente mi auguro riconciliazione e pace e l’augurio è anche per il prossimo e per il mio povero mondo, il nostro mondo, tanto disordinato e inquieto. Nei Salmi sta scritto che Dio benedirà il suo popolo con la pace, cerchiamo di meritarcela con la nostra conversione, se ci si converte al Signore l’avvenire per la società sarà buono e tutti sono consapevoli del significato e dei modi della conversione, tutti sanno e nessuno può far finta di niente. Pensiamo all’episodio biblico della città di Ninive, quella città si salvò perché accettò di dare ascolto a chi la esortava a tornare a Dio. Da una seria riforma morale dipende il destino del genere umano, e non da chissà che cosa. Occorre riflettere per comprendere, i mali che ci affliggono dipendono dai mali dell’anima e non viceversa. La luce di Betlemme illumina le tenebre di una lunga e fredda notte, è la luce dellEterno.

lunedì 4 dicembre 2017

Chi perdona rinuncia a satana

E’ difficile perdonare chi ti fa del male, ma è ancora più difficile farsi perdonare dalle persone che si ritengono offese o ferite dalle nostre parole o dal nostro cattivo comportamento; perdonare è un atto eroico di cui sono capaci in pochi, desiderare la salvezza di chi si è dimostrato nostro spietato nemico è semplicemente cristiano. Dio non vede il peccatore come un tutt’uno con il peccato, vede un’anima che ha creato per la felicità e che deliberatamente si è allontanata da Lui radicandosi nell’impenitenza, nella durezza del cuore, nella chiusura. Quando riusciamo a perdonare e a guardare la persona che ci ha fatto del male, a guardarla negli occhi e a intravedere la sua umanità, la sua fragilità, i suoi difetti e persino la colpa, quando riusciamo ad amarla perché sentiamo nel nostro cuore che è come noi, un fratello o una sorella, quando diventiamo capaci di provare compassione e di lavare il fango dell’odio con le nostre lacrime, proprio allora siamo veramente umani e rassomigliamo a Gesù che ha invitato tutti coloro che portano il nome di cristiani ad essere suoi imitatori, liberi dai cattivi condizionamenti, liberi di amare. Nel ricevere il Battesimo da piccoli qualcuno ha detto al nostro posto: “Rinuncio a satana e alle sue seduzioni”, perdonando rinnoviamo questa promessa e ci facciamo abbracciare da Dio, se serbiamo rancore e decidiamo di vendicarci Dio non abita più nel nostro cuore, vi abita il diavolo. Il Battesimo è anche un esorcismo, ma per rimanere uniti a Dio occorre rinnovarlo quotidianamente nella vita con le nostre scelte, fatte con la nostra buona volontà; appena ci si presenta l’occasione dobbiamo farci forza e dire di no, questo no al male deve essere sempre accompagnato dalla preghiera, la quale nasconde in sé il nostro sì a Dio. Radicarsi risolutamente nel non voler perdonare qualcuno è un atteggiamento interiore che apre la porta al diabolico, gli spiriti del male attendono sempre questa buona occasione per prendersi un’anima e usarla ai propri scopi. La liberazione dal male passa sempre prima dal perdono agli altri e si fortifica con gli atti di carità compresa la preghiera, questo è un esempio di come si comportano i veri cristiani, e anche quelle persone d’animo nobile che non professano alcuna fede religiosa ma hanno il coraggio di fare scelte giuste anche se difficili: perdonare è una scelta difficile perché richiede molta umiltà, richiede mortificazione e la rinuncia ad affermare il proprio ego, tante volte sollecitato dal maligno con la tentazione. Soltanto se siamo capaci di dire al nostro prossimo: “Ti perdono”, possiamo lecitamente dire al Signore: “Perdonami”, se non perdoniamo non possiamo pretendere per noi stessi il perdono. Un cuore libero dalle catene della collera, del rancore e della violenza è un cuore capace di perdonare e di vivere in pace. Ma per ricevere il perdono è necessario il pentimento, si perdona a chi è pentito e non a chi si chiude e diventa prigioniero di sé stesso e del diavolo, che con questa strategia conquista tante anime rubandole a Dio. Perdonare è un atto d’amore, è una beatitudine evangelica.

venerdì 17 novembre 2017

La vita è sacrea

Sono persuaso del fatto che nel corso della mia vita abbia avuto occasione di incontrare tante persone sofferenti e di averle trattate con rispetto e fraterna amicizia, sono stato capace di provare compassione e di desiderare di far qualcosa in loro favore . . . ogni tanto ci sono riuscito, il più delle volte purtroppo no; frequentemente si parla dei temi di bioetica nel mondo contemporaneo, anche per la complessità di certe vicende umane che vengono trattate dalle cronache. Voglio esporre in sintesi quello di cui sono profondamente convinto e che ritengo giusto, è la mia opinione personale, la Verità la conoscono soltanto gli angeli del Cielo che tanto ci amano. Dal concepimento nel grembo materno alla morte naturale, questa è l’affermazione del Magistero della Chiesa riguardo la dignità e l’inviolabilità della vita umana, l’uomo non può disporre della vita del suo prossimo e nemmeno della propria come gli pare e piace, perché deve attenersi all’ordine stabilito dal suo Creatore per il proprio bene, tutto quello che viola o conculca quest’ordine contraria e offende la carità, quindi è una colpa che comporta delle conseguenze, la prima e più grave consiste nella separazione da Dio in cui è presente il principio della vita, la sorgente che vivifica tutte le creature viventi e quelle senzienti. Il concepimento è l’inizio di una nuova vita in questo mondo materiale, ma collima anche con la creazione da parte di Dio di una nuova anima immortale, unica e irripetibile, che per non far confusione viene definita spirituale. Se la morte della stessa sopraggiunge spontaneamente per cause naturali nessuno è colpevole, nessuno ha fatto del male; ma se la morte del concepito è causata da una volontà estranea alla natura, sussiste la colpa con le sue conseguenze in rapporto a Dio e alla società degli uomini, è il caso dell’aborto procurato che una certa medicina scientista definisce interruzione spontanea di gravidanza, sottolineando come la donna sia libera di disporre del concepito come se fosse ‘un qualcosa’ che appartiene soltanto a lei, alla maniera di un prodotto di consumo. Il bambino invece le è affidato, è un dono di Dio, la madre e il padre sono partecipi dell’opera di Dio, e sono responsabili per il concepito e il nascituro, la vita nel grembo materno è persona e ha il diritto di vivere, questo diritto gli è dato dal Creatore che ci chiama tutti dal nulla all’esistenza in un atto di amore autentico, disinteressato e con l’unica finalità di amarci in comunione. Dio è amore, la vita è un atto d’amore. Dio non ci toglie la libertà, possiamo decidere anche di fare il male e di dare la morte, ma è sbagliato, rifiutarsi di comprenderlo significa cadere in un grave malinteso e quel che accade nel nostro animo è tetro e doloroso. C’è chi sceglie di stare dalla parte della vita ad ogni costo e chi sceglie di scendere a un compromesso, nessuno di noi può giudicare una persona per le sue scelte, perché non vediamo e non sappiamo, noi abbiamo da Dio questo semplice Comandamento: ama il tuo prossimo, anche il tuo nemico. Una persona che si trova in una condizione di grave sofferenza e disabilità può maturare l’intenzione di chiudere con la vita terrena, perché non ne può più di sopportare e non vede davanti a sé una prospettiva positiva, il tornare a stare bene, il guarire per una vita normale e felice, lo smettere di soffrire per la quiete del corpo o della mente. Chi può giudicare? Se una persona decide liberamente di voler morire, la si può persuadere a rinunciare, la si può persuadere a credere in Dio, le si possono presentare argomenti convincenti in favore della vita, tutta la morale e la filosofia che si vuole, ma se sceglie di morire perché non ce la fa più ha il diritto di essere rispettata e di vedere accolta la sua scelta. Dio è giudice, ma non è severo e intransigente, ama, ci comprende e ci perdona, prova compassione e desidera la nostra salvezza, vuole farci partecipi del suo Paradiso. Occorre ricordarsi del monito del Signore: “Non giudicate e non condannate”. Vorrei tanto guarire le persone ammalate e sofferenti ma non possiedo nessun potere taumaturgico, posso soltanto pregare: il Signore se vuole può guarire. E per coloro che perdono la coscienza sensibile  ̶  il contatto con la realtà  ̶  chi decide? Alcuni tornano indietro e altri rimangono sulla soglia, forse trascorso un certo tempo è giusto che la natura faccia il suo corso e la misericordia di Dio li accolga tra le proprie braccia. Ci ha creati il Signore della vita, da Lui veniamo e a Lui ritorniamo.

venerdì 10 novembre 2017

La rinuncia e la conquista

La violenza è la risposta di chi non costruisce ma distrugge, è la risposta di chi essendo vuoto e complessato ha di sé stesso una visione distorta, è la risposta dei codardi che se ne approfittano dei più deboli con la convinzione che le loro responsabilità non costituiranno mai la causa di una punizione o di una sanzione, per i violenti nelle società c’è protezione e continuità e per le loro vittime non c’è giustizia, non c’è riparazione. La violenza esprime il sopruso, è la negazione dei diritti altrui, persino del diritto alla vita che per il credente è il valore più alto dopo la salvezza eterna dell’anima; i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono tutti gli altri esseri umani, indipendentemente dalle differenze senza escludere nessuno, hanno il diritto di vivere, hanno il diritto di essere protetti, hanno il diritto alla libertà e ai mezzi per una vita dignitosa in cui possano esprimere la solidarietà e la condivisione, hanno il diritto a non diventare le vittime degli uomini corrotti, degli uomini empi. La cultura della non violenza deve far parte del bagaglio educativo ed esperienziale delle giovani generazioni, una cultura di pace e per una civiltà pacifica sono necessari il vicendevole perdono e la carità fraterna, l’odio infatti è il nemico della riconciliazione e per sconfiggere l’odio occorre la buona volontà di cambiare, di sentirsi sbagliati e di cambiare: chi afferma di avere tutte le ragioni dalla propria parte non potrà mai essere una persona di pace, sarà una persona chiusa agli altri, indifferente, apatica ed egocentrica. Le ragioni stanno da entrambe le parti così come gli errori... una mente prudente possiede la capacità di discernere; è difficile rinunciare alla vendetta e chi odia giustifica la vendetta come se si trattasse di un atto giusto e sacrosanto, chi giustifica la vendetta non è mai nel giusto, è soltanto qualcuno che è stato ingannato dal demonio e che si è reso un suo strumento, si tratta di un grave accecamento spirituale che deturpa la psiche della persona, la fa deviare su un sentiero cattivo che porta a un baratro profondo. La persona mansueta e non violenta è prediletta da Dio, lo dice anche la Sacra Scrittura affermando che l’uomo di pace è benedetto da Dio, ma quale pace? La pace del cuore, la coscienza pulita, la consapevolezza di non aver mai cercato il male di nessuno ma di essersi spesi per l’interesse del prossimo, pensando agli altri e non solamente a sé stessi o alla conventicola di appartenenza. La non violenza è una scelta di vita, rinunciare alla violenza è qualcosa che appartiene alle anime nobili, è un atto di autentico coraggio, insegnare la non violenza è una tra le diverse modalità attraverso cui si edifica anche in questo mondo il Regno di Dio e ci si prepara all’altro, è una prassi educativa che deve coinvolgere l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù. La non violenza e l’amore sono forze complementari, sono forze con cui si edifica e si progredisce in positivo, sono le forze che caratterizzano la persona intelligente. Voglio concludere questo breve discorso con una giaculatoria, una semplice preghiera al Signore:

Gesù mite e umile di cuore, rendi i nostri cuori simili al Tuo”.

mercoledì 8 novembre 2017

Salvare una vita o perderla?

Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?». Questo è il versetto 9 tratto dal capitolo 6 del Vangelo di Luca. Nei versetti seguenti il Signore si indigna per la durezza del cuore dei suoi antagonisti, del fatto che a loro dell’uomo ammalato non importasse niente, invece Gesù lo guarisce davanti ai loro occhi. Qual è la risposta di quegli uomini? Odiano Gesù e complottano su cosa potergli fare di male, non provano compassione per l’ammalato e non sono contenti dell’avvenuta guarigione, pensano soltanto a come farla pagare a Gesù che li ha contraddetti e messi nell’imbarazzo di non saper come confutare il suo discorso. Loro non accettavano la violazione del sabato che per la cultura ebraica è il giorno del Signore, con atti che potevano essere compiuti soltanto da Dio come la guarigione istantanea di un ammalato grave, comportandosi così Gesù affermava di sé stesso la sua uguaglianza con Dio, l’essere veramente Dio nascosto dalle apparenze di un uomo. Non lo potevano accettare, dichiarandolo bestemmiatore e seguace dei demòni da cui attingeva quel potere taumaturgico . . . quegli uomini vedevano un altro uomo, proprio come loro, Gesù era un semplice uomo mortale, non era il Dio dell’alleanza. C’è un insegnamento nel versetto 9 e cioè che il Signore ama tutti gli uomini e desidera guarirli, alla gente del mondo di far del bene gliene importa poco tranne nel caso di promuovere la propria reputazione da giusti, benefattori e migliori se paragonati agli altri, gente che persegue come soddisfazione il proprio orgoglio. Era più importante guarire quell’uomo per liberarlo dalla sua sofferenza piuttosto che perdersi in assurde congetture riguardanti la legge ebraica dell’epoca. Facciamo come Gesù diventando suoi imitatori, dimostriamo che la vita di un uomo vale per sé stessa e non per l’opinione di qualcun altro che giudica commettendo un sopruso, quello che fa Gesù è un atto d’amore disinteressato, impariamo da Lui e liberiamoci dal cuore di pietra.

venerdì 3 novembre 2017

Di chi sono figlio?

Nel Vangelo il Signore parla della distinzione tra i figli del diavolo e i figli di Dio, in che cosa consiste tale distinzione? Prendiamo in esame una metafora sempre del Vangelo: “Non può un albero buono produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni; una pianta la si conosce dai suoi frutti”, c’è anche una breve parabola che descrive la medesima cosa ma con una diversa prospettiva, un contadino che trova una pianta nel suo giardino che non offre frutti, allora dopo aver informato il padrone riceve queste istruzioni: “Se non produce frutti tagliala, perché deve sfruttare inutilmente il terreno?”, ma il contadino intercede dicendo: “Lasciala ancora un altro anno in modo che la concimi e la curi, se non darà frutti la farai tagliare”. Chi sono i figli del diavolo? Sono coloro che amano la beatitudine voluttuaria e che commettono tutti quei peccati contrari ai Comandamenti, che nella vita non portano nessun frutto conforme alle virtù, sono i bugiardi che non amano e quindi non agiscono in conformità al bene del prossimo, che non hanno compassione, che disprezzano la fede e la preghiera, che antepongono la propria vita a quella degli altri disprezzandola, insomma che nelle loro attitudini e nel loro comportamento somigliano al diavolo. Cosa significa somigliare al diavolo? Direi che per comprenderlo sia sufficiente accorgersi di certe cose attorno a noi, nella vita di ogni giorno. Chi sono i figli di Dio? Sono le persone sincere che non si nascondono dietro una maschera di cartapesta, quelle maschere carnevalesche dai tratti sarcastici che lasciano intendere verità nascoste e poco attraenti o talvolta addirittura ignobili, sono le persone dal cuore puro capaci di pensare anche alla vita dei più deboli, sono le persone dalla condotta gentile che si preoccupano per gli altri, che coltivano con una serie di scelte positive la sensibilità della propria coscienza, l’empatia cioè il sapersi mettere nei panni degli altri, il saper amare e lasciarsi coinvolgere dalle sofferenze altrui, sono coloro che perdonano per amore di Dio e che cercano la pace rigettando ogni forma di violenza, che pregano con i sentimenti benevoli del proprio cuore, perché hanno sentimenti benevoli, che pregano sul serio conformando le parole a ciò che Dio vuole, e per sapere cosa vuole Dio basta leggere il suo Vangelo. Tante persone sono fatte così, persone nascoste e silenziose, persone che stanno fuori dal palcoscenico del mondo a cui non importa niente dell’approvazione e del vanto, persone veramente umili. E’ faticoso per i figli di Dio abitare in un mondo come questo, perché questo è il mondo del diavolo, è il mondo della falsità e della violenza, è il mondo della cattiveria e dell’egoismo. Chi vuole vivere con coerenza da cristiano deve pagare talvolta un prezzo molto caro, gli altri capaci di qualsiasi compromesso si trovano invece a proprio agio idolatrando il denaro, il benessere e le cose materiali nel menefreghismo vicendevole e nella ricerca ossessiva della soddisfazione carnale. Chi crede in Dio e davvero lo ama si comporta di conseguenza, direi che le persone così sono anche quelle che dimostrano di avere senno.

venerdì 20 ottobre 2017

Le lacrime per quel che accade

Certa cronaca che tratta di fatti tragici mette molta tristezza e fa anche piangere quando a soffrire e a perdere la vita sono persone innocenti, deboli e indifese; penso che certe cose accadano anche per colpa di quel male terribile che infesta le città della nostra epoca moderna e che si chiama indifferenza; tanta sofferenza, solitudine e indigenza potrebbero non esserci e addirittura dei drammi potrebbero essere evitati se ci fosse alla base dello stato sociale un vero e benevolo interesse per le persone, penso che purtroppo oggigiorno non ci sia interesse per gli altri chiunque essi siano, non ci sia interesse per nessuno, e questa è la causa primaria di tanti mali che potrebbero essere vinti e superati. C’è qualcosa che non funziona nella società perché invece di risolversi, molti problemi di persone fragili e bisognose vanno peggiorando e talvolta culminano nel dolore e nell’abbandono, o addirittura nella morte. Talvolta mi interrogo su che cosa potrei fare io per chi è in difficoltà e ha bisogno di aiuto, ma non trovo delle risposte traducibili nel concreto… non basta un piccolo contributo economico e una buona parola, occorre fare di più. Gli altri sono come noi, hanno i nostri stessi sentimenti, le nostre stesse speranze, il nostro stesso anelito alla felicità, desiderano innanzitutto essere accettati e sentirsi amati e compresi. Ci sono persone che si spendono sul serio per gli altri e disinteressatamente per un sincero desiderio di soccorrere e di lenire la sofferenza, insomma di fare quello che è possibile dimostrando che gli esseri umani non sono tutti malvagi e menefreghisti, perché ci sono persone ancora capaci di provare compassione mettendosi nei panni di chi incontrano e ciò di cui non sono capaci è voltare le spalle a chi gli domanda aiuto. Vedo tante persone camminando per la strada o andando in posti diversi e la gente che incontro difficilmente mi comunica l’impressione di essere cattiva, la gente è ordinariamente buona ed è giusto fidarsi degli altri quando riconosciamo in essi dei principi solidaristici o addirittura l’amore cristiano. Le cronache sui giornali e in televisione ci presentano un mondo violento, egoista e confuso ma sono convinto che per ogni azione cattiva di cui parlano i media ce ne siano altre dieci buone che rimangono nascoste e che vede soltanto il Signore o pochi che se ne accorgono; non mi piace seguire certe cronache perché si tratta di una forma di alienazione, è anche qualcosa di perverso del genere “meglio sia capitato a loro che a noi”; la realtà e intendo quella che circonda ogni persona, è la realtà immediatamente usufruibile, contingente e che non si trova in chissà quale sperduta parte del mondo, è il nostro mondo qui e adesso ed è quel mondo che noi dobbiamo cercare di rendere più vivibile, conformemente alle sincere e nobili aspirazioni del cuore umano e non soltanto per noi stessi ma per il prossimo che incontriamo e nei cui confronti abbiamo dei doveri di amicizia e condivisione, quindi di carità: sono doveri che ci responsabilizzano nei confronti di Dio e che si riassumono nelle parole del Vangelo “quello che avrete fatto a uno soltanto di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me”. Siamo molto lontani dalla civiltà dell’amore ma se ci fosse in tutti un briciolo di buona volontà, ciascuno nel proprio ambito, ci avvicineremmo passo dopo passo alla concretizzazione dell’ideale cristiano, e il mondo diventerebbe bello e forse anche i contenuti dei media presenterebbero con maggiore enfasi le cose positive e non sempre o quasi sempre quelle negative, che talvolta fanno davvero piangere.

giovedì 12 ottobre 2017

Amare il Signore nella speranza

Questa è una poesia che ho scritto per la festività dei Santi e dei defunti, festa della speranza cristiana che richiama alle verità della fede e non a quel paganesimo serpeggiante con cui oggi molti miscredenti vogliono indottrinare le giovani generazioni

Non passa giorno che il volo di un rapace ghermisca la mia anima facendomi sentire estraneo al conviviale ritmo dei saluti e degli sguardi

Ci sono giorni in cui l’anima si sente fuori dal mondo pur riconoscendolo per proprio ma con distacco e superficiale negazione

C’è un solo giorno in cui non riesco a capire la differenza tra la buona educazione e il disprezzo per l’altro chiunque esso sia

Quel giorno è fermo dentro di me e non mi lascia mai, è un giorno carico di pensiero ma con un solo sentimento

E’ il giorno della memoria, giorno severo che richiama indietro antichi fantasmi paurosi che con il trascorrere del tempo si sono fatti più vividi e persistenti

Hanno forma e contenuto, sono densi di pianto e non desistono dal proposito di coinvolgermi nel loro girovagare tra i vivi che ignorandoli gioiscono illusoriamente

Quelle pareti dall’intonaco scrostato trasudano dolore umano, sono sensazioni ma è anche la verità e non la si può tenere nascosta all’infinito

Questo è il giorno che ha fatto il Signore, direbbero gli ipocriti predicatori che nella mano innanzi a sé tengono il Vangelo e in quella nascosta dietro di sé l’artefatto della cupidigia

E’ il giorno della memoria, una domenica come un’altra senza spazio l’una dall’altra a parte la routine del lavorare e del riposare nella propria famiglia, culla della società e paradigma di civiltà

Ancora un altro giorno ed è lo stesso, lo stesso di ieri e lo stesso di domani . . . ma avrò ancora la possibilità di amare?

Questo è il giorno che ha fatto il Signore, li ha fatti tutti ma uno soltanto ha domandato per sé, perché l’uomo si dimostrasse fedele facendo il suo bene, ricevendolo in dono da Colui che vuole il suo bene

Ancora un altro giorno ed è lo stesso, lo stesso di ieri e lo stesso di domani . . . ma avrò ancora la possibilità di perdonare?

E’ un edificio costruito da mani esperte e fatto di dura pietra quello che mi imprigiona in questo mondo, questa casa l’hanno fatta gli angeli e soltanto loro la possono demolire

Nel giorno prestabilito in cui il Signore dirà: “Lo voglio”, allora le mie labbra saranno baciate da un angelo buono che mi accompagnerà ad una nuova casa

Nel giorno prestabilito dal Signore, quello sarà per tutti il giorno della memoria, non perché andrà ricordato ma paradossalmente perché tutti se ne dimenticheranno . . . ma non il Signore della vita che lo conserverà nel suo eterno presente

Mia madre e mio padre sono dentro quel giorno, attraverso di loro Dio mi ha dato la vita e loro sono dentro quel giorno che appare distante e sconosciuto ma verosimilmente è già qui

L’amore di Dio è più forte di tutto, il male è sconfitto e il bene ha trionfato, l’amore di Dio ha prevalso sull’odio ridondante di coloro che ostinatamente non vogliono amare e sono nemici della compassione

Questo è il nuovo giorno, l’alba della memoria che sorge luminosa e non avrà mai tramonto . . . è qui adesso, non nel domani

giovedì 28 settembre 2017

Tutti hanno degli amici in Paradiso

“Gli angeli nella vita della Chiesa e tra i fedeli sono poco invocati, raramente e con formule tradizionali si domanda il loro aiuto, il loro conforto e la loro protezione, è una pratica quella della preghiera agli angeli santi che andrebbe riscoperta e restituita alla sua componente cristiana, alla devozione; se si invocano gli angeli si disperdono i demoni e si vanifica la loro attività nefasta nei confronti dell’uomo, è utile e necessario pregare gli angeli del Signore, loro ci amano e sono desiderosi di soccorrerci e di educarci con le loro buone ispirazioni; tutti noi abbiamo un angelo custode secondo la Tradizione, un angelo a cui siamo stati affidati da Dio fin dal grembo materno, ma occorre avere l’umiltà di imparare a pregare i nostri cari angeli. Nella Sacra Scrittura ci vengono presentati alcuni angeli particolari e importanti che sono san Michele, san Gabriele e san Raffaele, ciascuno di essi ha un ruolo in riferimento alla nostra umanità e all’opera salvifica di Cristo”.

Questa che segue è una preghiera antica in cui si invoca l’angelo custode domandandogli di guidarci sulla via del bene e di proteggerci dal male.

Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere ed amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui nacqui fino all’ultima ora della mia vita. Quanta riverenza ti debbo, sapendo che mi sei dovunque e sempre vicino!

Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti mio assistente e difensore! Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio.

Non permettere che io faccia cose che offendano la tua santità e la tua purezza. Presenta i miei desideri al Signore, offrigli le mie orazioni, mostragli le mie miserie ed impetrami il rimedio di esse dalla sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima tua Regina.

Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua radiosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare insieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.

lunedì 25 settembre 2017

La visione cristiana della vita

Una delle insidie più astute del maligno è farci attribuire a Dio tutto ciò che contraria le nostre aspettative di bene, identificare Dio come l’antagonista della nostra felicità; questo mondo è una valle di lacrime e la sofferenza è ineliminabile, il Signore non ha redento l’uomo esentandolo dalla sofferenza ma prendendola su di sé, Lui innocente con le innumerevoli schiere dei martiri innocenti; meglio le lacrime che ci accomunano a Cristo e alla sua santa Madre che il peccato che ci accomuna al diavolo le cui intenzioni sono note a chiunque sia minimamente avveduto, tentare al peccato per mettere le anime nella condizione dell’impenitenza per poi prenderle e farle sue per l’eternità. Cristo si è immerso nella condizione umana fino a toccare il suo abisso di perdizione, per poi redimerci con la risurrezione; la visione cristiana della vita dovrebbe considerare l’immane tragedia umana, il suo carattere irrevocabile e il suo culmine di lontananza dalla beatitudine e dalla sorgente della Carità, per guardare alla Croce come allo strumento attraverso cui il Signore ci ha liberati dalla nostra condanna, perché soltanto Dio poteva prendere su di sé il male per liberare l’uomo dalle sue catene e dalla morte, e dal diavolo che come dice la Scrittura è colui che della morte detiene il potere, ma Cristo con la sua risurrezione lo ha spodestato e a noi ha restituito la libertà, ogni anima è costata il suo sangue. Soltanto chi partecipa alla Croce di Cristo può ottenere il frutto della redenzione, chi si ripiega sulla vita presente e cerca il bene purtroppo malinteso in questa vita miserabile si perderà; la salvezza eterna della propria anima deve avere la priorità su tutto, perché come dice la Scrittura se si perde l’anima cosa mai potrà dare l’uomo in riscatto di essa? è l’unico bene necessario da perseguire e in un mondo di cristianesimo secolarizzato e di materialismo esasperato questa verità si è oramai allontanata dalle coscienze della maggior parte dei credenti e delle persone di buona volontà. La risposta a questa situazione di diffusa apostasia è la conversione a una vita conforme alla legge di Dio, che come ogni cristiano dovrebbe sapere si riassume nell’amare il prossimo concretamente e nel considerare il Signore come il valore più importante, la persona più importante, senza lasciarsi dominare dagli idoli che svuotano l’anima umana del suo autentico significato e la privano del destino a cui è chiamata. L’uomo non è mai disabitato, in esso o abita la grazia di Dio o il veleno del serpente, l’uomo è una creatura a due dimensioni, una terrena e una spirituale, chi trascura la dimensione spirituale arreca un grave danno a sé stesso e di conseguenza anche al prossimo. Uno dei mezzi fondamentali della grazia è la preghiera, l’altro è l’amore coerentemente vissuto, l’amore per gli altri: senza l’esercizio di questi mezzi ci allontaniamo da Dio e le conseguenze sono purtroppo negative, molti nemmeno se ne accorgono. Nella sua predicazione come pellegrino tra la gente smarrita che incontrava Gesù diceva: “Il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo”, l’anelito alla liberazione dai mali presenti, il cambiamento di mentalità e di convinzioni, e la fede nella parola che il Signore stesso annunciava, questi tre elementi componevano il quadro della missione affidatagli dal Padre. Sperare nella felicità terrena è una sciocca illusione, la speranza del vero cristiano è quella nel Risorto, chi spera di trovare quaggiù la gioia è ingiusto nei confronti di tanti fratelli e sorelle che soffrono abbandonati e dimenticati, l’amore è l’unica risposta razionale.

mercoledì 20 settembre 2017

Se ci si sente amati si ama con spontaneità

Le persone che sono più vicine a Gesù sono quelle che amano di più il prossimo e sentono il desiderio di fare del bene, se offese perdonano presto e con sincerità, non riconoscono in nessuno un nemico ma un fratello e una sorella, qualcuno che sbaglia può darsi ma senza identificare la persona con quello che in essa non è giusto, o non viene percepito come giusto nei nostri confronti. Gesù è una persona reale a cui possiamo rivolgere l’attenzione e le nostre parole con la certezza di essere sempre ascoltati, è il vero amico che ha fiducia in noi e non ci abbandona. Se Lui ha sofferto tanto per ciascuno di noi, Lui innocente e noi peccatori, questo pensiero dovrebbe destare nei nostri cuori una profonda gratitudine, un sentimento di riconoscenza che ci motiva a fare come Lui, a imitarlo esemplarmente alla maniera dei bambini nei confronti dei propri genitori, per ogni cristiano è Gesù il modello da seguire. Gesù ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. La mansuetudine e l’umiltà di Gesù devono commuoverci perché questi tratti della sua personalità ci rivelano chi è Dio; Gesù ha un cuore benignissimo che predilige i semplici, i piccoli, gli ultimi, i vulnerabili, i deboli ed è proprio Lui che ci rivela che il rapporto con queste persone sarà la chiave che aprirà, per coloro che le avranno amate con prodigalità e partecipazione, la porta del Paradiso; Gesù ama tanto anche i peccatori affermando riguardo a sé di essere il medico degli ammalati e di non essere entrato nel mondo per chiamare a salvezza i giusti, bensì i peccatori che lo avessero incontrato facendo esperienza della sua straordinaria misericordia attraverso un sincero pentimento e la revisione della propria vita. Gesù ci vede sempre e ci ama sempre, è il peccato che ci separa da Lui; meglio soffrire un po’ assieme a Lui che allontanarci da Lui con il peccato. Quando divento consapevole che Gesù mi ama, che per me ha dato la sua vita, che prima di me ha sofferto Lui, tutto quello che per me prima era importante diventa secondario, questo dettaglio da non trascurare è la cartina di tornasole che ci dimostra se amiamo veramente Dio e se vogliamo essere fedeli alla sua Legge, è la misura autentica della nostra conversione. Questo discorso potrebbe sembrare una forma di alienazione, ma non è così perché il Signore è una persona reale, non è un personaggio della fantasia, ed è molto vicino, non è lontano, estraneo o indifferente. La preghiera è il mezzo ordinario per entrare in dialogo con Lui, occorre essere assidui nella pratica della preghiera per sentire Dio accanto a noi, per sentirlo amico anche nei momenti difficili, e quando ci sembra di essere abbandonati la preghiera diventa il nostro rifugio sicuro, come il grembo materno, dove riposare ed essere cullati da chi ci ama sul serio. Gli alienati cercano consolazione dai propri simili, o ripiegandosi sui beni effimeri di questo mondo che passa, chi cerca il conforto di Dio vive con i piedi ben piantati per terra e senza nemmeno accorgersene acquisisce la vera saggezza.

giovedì 14 settembre 2017

La forza della vita

Nella creazione esistono due forze che combattono l’una contro l’altra, sono la vita e ogni negazione di essa, perché le negazioni della vita sono molteplici ma con un unico comune denominatore, la pulsione di morte; la vita è un enigma tra i più grandi ed irresolubili, nessuno ad oggi può dire con certezza quale sia l’origine della vita, perché nessuno lo sa veramente, ci sono diverse ipotesi e la ricerca è in continuo movimento. La vita sul piano fisico è una sintesi chimica altamente sofisticata e di cui si conosce una certa percentuale di realtà, la vita è un complesso agglomerato di sostanze e un insieme di leggi che sono quelle che stanno alla base del nostro mondo ordinato e bello. Nessuno conosce l’origine della vita, per i credenti è Dio e per gli agnostici è semplicemente qualcosa a cui la scienza non ha ancora dato risposte esaurienti o una risposta definitiva; se la vita ha una connotazione di inviolabilità e sacralità è perché la coscienza dell’individuo si è formata alla scuola della spiritualità cristiana e del convincimento nel soprannaturale, senza questi cardini la vita ed in particolare quella umana può semplicemente dirsi un bene di consumo di cui si può disporre a proprio piacimento. Personalmente rispetto la vita e la ritengo il valore più importante, in ogni vita anche nella più disagiata e mortificata c’è una scintilla del divino, o meglio un fuoco catartico che si pone oltre le barriere della materia e che la coinvolge, qualcosa di sconosciuto e misterioso. E’ necessario combattere per difendere la vita, perché è sempre minacciata; paradossalmente la vita è minacciata soprattutto dalla creatura che è posta al vertice nel contesto dei vari gradi che la costituiscono, se fosse davvero buono l’uomo dovrebbe sentire la grande responsabilità di esserne il custode; la vita sussiste nella biosfera a cui tutti apparteniamo, senza questa feconda madre il mondo sarebbe un luogo di desolazione, solitudine e morte… la dimora dei demòni, perché tradizionalmente nella nostra cultura e anche in altre il deserto, a causa della privazione della vita, è la casa del diavolo e così tutti i posti similari. Se il diavolo perpetra la morte, Dio è il difensore della vita, ma Dio non è quaggiù perché abita una luce inaccessibile, noi invece siamo qui e possiamo scegliere da che parte stare.

domenica 20 agosto 2017

Quando il Vangelo cambia la vita

C’è qualcosa nella dottrina di Gesù che emerge da tutto il Vangelo, il suo interesse rivolto all’interiorità dell’uomo e il suo detestare la vanità e le apparenze. Gesù libera dal male ma ci dice anche che la liberazione inizia con la nostra conversione personale, in cosa consiste la conversione? Semplicemente nel conformare la propria vita ai Comandamenti o meglio tendendo ad essi, conformando la coscienza ad un ordine morale che viene dall’alto, che supera la natura con la sua componente di corruzione. Una persona che ama Dio necessariamente ama i suoi Comandamenti e gli riesce facile osservarli, anzi metterli in pratica ogni giorno in un itinerario di conversione. Chi disprezza i Comandamenti non riconosce più negli altri coloro ai quali è dovuta la compassione e la stima, ha perso di vista il valore dell’altro, non si riconosce nell’ideale cristiano. Gesù ha perdonato tutte quelle persone che avevano un’apertura di cuore, non ha potuto perdonare coloro che come gli scribi e i farisei si ritenevano esenti da qualsiasi colpa pur commettendone di gravi; il senso del perdono risiede nella contrizione, nel riconoscere di aver commesso il male o di vivere abitualmente nel male, non può essere perdonato da Dio colui che non vuole il perdono, e chi è colui che non vuole il perdono? La persona che si sente apposto, che si sente al di sopra delle proprie responsabilità nei confronti del prossimo, quindi chi offende gravemente i Comandamenti. Ai condannati a morte di certe epoche i monaci e i preti offrivano il Crocifisso da baciare prima dell’esecuzione, quel semplice gesto a cui si accomunava la contrizione portava alla salvezza dell’anima, come per il buon ladrone crocifisso assieme a Gesù. Vivere il Vangelo significa vivere il mondo interiore, è un rivolgere l’attenzione alle realtà invisibili, quelle dell’anima, ha inizio da un atto di fiducia e abbandono; vivere il Vangelo è accorgersi del valore dell’altro per distogliersi de sé e guardarsi dentro, questo è il cuore del Vangelo: ama il tuo prossimo e dimostralo coi fatti, il resto è banale retorica e si sa che molto spesso le parole non sono altro che una nuvola di fumo che si disperde. Dio conosce ciascuno di noi, conosce la verità riguardo a ciascuno di noi, per Lui l’ipocrisia è un vetro trasparente, infatti Dio guarda al cuore e soltanto Lui giudica e retribuisce, nessuno lo può ingannare per quanto abile sia ad ingannare gli uomini. Dio ama la verità tanto da identificarsi con essa e non in una proposizione filosofica, ma bensì in chiave ontologica: Via, Verità e Vita dice di sé.

martedì 15 agosto 2017

Che cos'è l'amore tra due persone

Talvolta le alchimie della mente ingannano la consapevolezza che abbiamo della realtà, quando sentiamo amore nei confronti di una persona anche gli aspetti negativi che a poco a poco si rivelano nel tempo risultano al cuore irrilevanti; c’è un vecchio detto che recita così: “L’amore è cieco”, ma quando l’amore non è un illudersi apre gli occhi ad una nuova dimensione, rende capaci di vedere l’invisibile, questa capacità innata che ognuno può affinare si chiama empatia, cioè la capacità di vedere dentro le persone, di ascoltare il loro cuore nel proprio. L’empatia purtroppo porta in sé una grande capacità di sofferenza, non si può amare il prossimo a cominciare dalle persone che ci stanno più vicine, senza esperimentare il dolore dell’anima. Le cronache ci parlano spesso di uomini che fanno del male alle donne, di donne che hanno amato uomini che si sono rivelati malvagi, non malati psichici come vorrebbe qualcuno, bensì malvagi, dei manipolatori perversi, dei violenti. La violenza nei confronti di una persona, che sia violenza fisica o psicologica, non è mai amore o affezione amorosa, è senza ombra di dubbio una forma di odio, è prevaricazione del forte sul debole; l’amore non fa del male al prossimo, non fa del male a nessuno e quelle donne che si innamorano di uomini violenti sono state ingannate e meritano comprensione e aiuto. L’amore non strumentalizza l’altro, e nemmeno il suo corpo che non è una cosa come si intende nella pornografia o nella prostituzione, il corpo di una persona è parte della sua dignità, va trattano con assoluto pudore e deve servire agli scopi nobili della vita nella castità, è spirituale e trasmette al prossimo l’anima con i suoi attributi. Il vero amore manifesta mansuetudine e tenerezza, protezione e la forza di un sentimento sincero che per sé non domanda nulla. L’amore tra un uomo e una donna è autentico se tra i due vi è reciprocità benigna e volontà di amarsi fedelmente, rispetto e abnegazione, inoltre è autentico se tra i due vi è apertura agli altri, quell’apertura propria dei cristiani che si chiama carità. Senza amore la civiltà crolla, come accadeva nelle epoche antiche, senza amore che è desiderio del bene altrui la civiltà diventa un groviglio di serpi. Non si può amare a parole, si deve amare con i fatti. La società degli uomini è così cattiva che questo breve discorso appare come un assurdo vaneggiamento, come la proposta morale di uno sciocco: l’esperienza smentisce ogni proposito positivo, ma è bello sperare che le cose cambino.

domenica 13 agosto 2017

Le tre gemme della luce

Raikoh era un principe, l’ultimo discendente di una dinastia decaduta; combatteva con coraggio le ombre nere, delle creature malefiche intente a mettere gli uni contro gli altri i figli degli uomini. Le ombre nere vagabondavano dappertutto sul vasto territorio che riuniva in sé la gloria dei sette regni, cercavano chi ingannare persuadendo i malcapitati a odiare chi la propria moglie, chi il proprio marito, chi la madre o il padre, chi i figli, chi gli amici o coloro che si hanno accanto da una vita per i più disparati motivi e nei cui confronti da sempre si prova affetto. Raikoh era anche un cacciatore, viaggiava instancabile attraverso i sette regni con un unico scopo, quello di mandare in frantumi i piani delle ombre nere. Possedeva l’arma con cui poter combattere e distruggere le ombre nere, quest’arma risiedeva in tre gemme mistiche: il suo cuore puro, la preghiera del salterio angelico e l’amore per il prossimo. Le ombre nere avevano un capo, colmo di odio, invidioso e molto superbo, che prima del sorgere di ogni alba, ancora immerso nelle tenebre della notte, chiedeva conto ai succubi di ogni perfido misfatto; un succube del tenebroso gli domandò: “L’Innominabile ha molte anime che pregano e c’è troppa luce che ci spaventa e ci scaccia, cosa dobbiamo fare?”, ed egli rispose: “Fateli disperare della vita affinché si ripieghino su sé stessi e smettano di pregare”, “Abbiamo provato ma qualcun altro prega per loro e la speranza rimane sempre accesa”, allora il tenebroso con voce rauca e rabbiosa così disse: “E’ la grazia che rimane accesa nel cuore degli eletti, è la perseveranza, è la buona volontà, tutto questo bene è qualcosa che mi disgusta!”. “E quel Raikoh?”, “Fate in modo che lo uccidano, perché costui conosce la Verità”. E le ombre nere si misero alla ricerca del principe aureo con la convinzione che gli idolatri amanti del mondo, avendo in odio ogni cosa spirituale, accorgendosi del benedetto lo avrebbero perseguitato con odio veemente e lo avrebbero ucciso così da favorire la loro opera seduttrice. Raikoh era intento a purificare una vasta area dove sorgevano abitazioni rurali, case in cui abitava gente semplice ma buona; le ombre nere lo videro da lontano e scorsero la luce, quindi non si avvicinarono troppo. Non troppo lontano c’era anche la casa di un uomo solitario che nel passato commise tanti gravi peccati per il desiderio del denaro e del potere, andarono da lui. “La luce prevale un po’ ovunque e tu da sempre sei nostro, noi ti promettiamo grandi tesori se farai morire quel tale”. Allora l’uomo si alzò e si mise subito in cammino. Trovato Raikoh il quale come sempre era pacifico, inoffensivo e indifeso, estrasse uno stiletto acuminato intriso del veleno letale di una serpe rossastra; avvicinandosi senza timore e senza alcuna difficoltà lo trafisse al cuore e il giusto che amava la Verità cadde. Un angelo del Signore lo vide e lo prese tra le sue braccia per portarlo in Paradiso, l’angelo pianse e si turbò per la durezza del cuore di quell’uomo solitario, era un uomo cattivo. Ma l’angelo ricevette un comando e lo riaccompagnò sulla terra, l’angelo disse a Raikoh: “Ti è stato concesso del tempo per portare la luce anche a quell’uomo che ti ha ingiustamente trafitto”, ed egli sorrise dicendo: “Lo voglio con me in Paradiso”. Qualche anno dopo l’uomo fu liberato dalle catene delle ombre nere e pianse per tutto il male che aveva fatto, il suo cuore trovò la pace e la preghiera rifulse perché luce. Con il trascorrere del tempo la luce rifulse vittoriosa nei sette regni, perché la grazia e la preghiera oramai permeavano le menti e i cuori di numerose persone e la Verità fu conosciuta e amata, non ci fu più posto per le ombre nere che tornarono nell’abisso da dove erano venute, tornarono laggiù in quel pozzo immenso, orrido e sinistro dove ad attenderle sedeva sul suo trono il tenebroso, che non smise mai di odiare e di maledire.

giovedì 10 agosto 2017

Le comunità del diavolo

C’era una volta una comunità religiosa dove ciascuno aveva a cuore la felicità terrena, in gruppo chiedevano a Dio i beni materiali in cambio di una miserevole lode. La testimonianza di chi si riteneva benedetto dal Cielo consisteva nel redarre la lista dei benefici che il Signore aveva concesso nella sua bontà; nel loro pensiero malinteso, falso e contorto finché Dio gli elargiva ciò che li rendeva felici andava pregato e amato, appunto perché buono. Accadde un giorno che la menzogna fu smascherata, appena fecero esperienza della Croce di Cristo, sì perché Dio è un Dio crocifisso che non ha mai promesso a nessuno la felicità terrena, i beni materiali, il successo o la salute del corpo, né tantomeno il piacere che molti uomini perseguono avidamente. Un antico motto riguardante la Croce recita così : “Se l’accogli ti sostiene, se la rifiuti ti schiaccia”, e poi tutti dovrebbero sapere che chi ama veramente Gesù ama la Croce e la porta volentieri e con gioia, e chi ama veramente il prossimo vede nelle sue sofferenze e nelle sue umiliazioni il tanto benignissimo Gesù e ne prova compassione e il desiderio di fare come ha fatto il Cireneo sulla via dolorosa, di fare come ha fatto la Veronica e di stare accanto alla Madonna in lacrime come il giovanissimo apostolo Giovanni. Quando sopraggiunse la sciagura, prima in un modo e poi in un altro, tutti bestemmiarono Dio in faccia, anzi pervennero alla pervicace convinzione che Dio sia soltanto un personaggio di fantasia, anzi peggio che Dio sia cattivo; ciascuno di quei poverini arrivò ad affermare con assoluta blasfemia: “Un Dio così io non lo voglio!”, e in cuor loro lo rinnegarono giustificandosi con queste sciocche parole: “Noi scegliamo la vita”, in realtà commettendo un grave peccato scelsero satana che tutto contento si prese quel malloppo di anime. Da gregge di pecorelle divennero caproni, e il buon pastore divenne il lupo rapace. La vita è passeggera e per tutti coloro che vengono al mondo è un tempo di prova, è il tempo concesso dalla divina provvidenza per dire di sì al Signore oppure per rifiutarlo, è il tempo per credere e per convertirsi oppure per cadere sempre più nel peccato e nell’impenitenza. Di fronte alla libertà dell’uomo l’onnipotenza di Dio è annichilita, diventa un nulla, tanto è profondo il rispetto e alta la considerazione che Egli ha nei nostri confronti: non siamo burattini, siamo creature nobili e l’amore è davvero autentico se procede da una mozione della nostra volontà, come recita una preghiera ebraica: “Ti siano gradite Signore le mie parole e le espressioni del mio cuore”; la libertà e la volontà stanno alla base della nostra dignità di persone, senza libertà non si può scegliere di amare, senza libertà non ci sarebbe amore… purtroppo con la libertà c’è anche il male, che è un grande mistero e che deturpa l’opera del Creatore. Il Signore permette il male, ma ciò non significa che lo voglia, lo permette per delle ragioni che all’intelligenza umana resteranno sempre quasi del tutto ignote.

sabato 5 agosto 2017

Del saggio e del folle

Quando guardiamo il volto di una persona cara a cui vogliamo bene, che cosa scorgiamo? Quando un ragazzo si innamora di una ragazza, che cosa scorge nei suoi occhi? Quando incontriamo una persona che soffre e ci domanda aiuto, che cosa sentiamo dentro di noi? Le risposte a queste domande sembrano scontate ma non è così, per ciascuno di noi ad ogni domanda corrisponde una risposta differente, per ciascuno di noi è differente il modo di sentire il prossimo e di relazionarci con gli altri. Spesso entriamo in contatto con chi ci circonda e non proviamo alcun sentimento: nei confronti di uno sconosciuto che viene oppresso o vilipeso, noi che cosa proviamo? Qualcuno potrebbe anche rispondere ‘niente’. Al mondo non c’è quasi nessuno che ama il suo prossimo, i benefattori che predicano l’amore per il prossimo sono i primi a vivere in un cinismo spietato, spesso è così. Dovremmo pensare che l’altro è come noi e provare a stare nei suoi panni per convincerci a fare qualcosa per aiutarlo, questo atteggiamento di fondo ci rende veramente umani. La sensibilità che ci spinge a compatire qualcuno che attraversa una situazione difficile, una situazione di solitudine e di disagio, quella sensibilità che talvolta ci fa piangere, è un connotato saliente dell’amore. Chi ama per davvero non può che essere una persona sensibile, altruista e generosa, che sa uscire da sé stessa ed è capace di pensare anche al bene delle persone che incontra attraverso l’itinerario della propria vita. Quante persone sono fatte così? Se guardo a me stesso dovrei sperare di essere così, per dimostrare che le creature umane non sono tutte affette da una malvagità congenita. Cambiare innanzitutto noi stessi per contribuire a cambiare il mondo è un’affermazione assurda, perché per cambiare occorre rinunciare al mondo. Non si può cambiare senza distinguersi dal mondo e senza farselo nemico. Per cambiare è necessario rinunciare a quei valori che sono propri della mentalità del mondo e che sono contrari alle virtù, alla moralità e alla compassione. La ragionevolezza è dissimile dalla follia, cerca di stare in disparte mentre il mondo vive di teatralità e apparenza; la ragione cerca dei significati e delle motivazioni per agire e per agire a fin di bene, la follia è nociva per sé e per gli altri. La ragione comprende e sceglie la verità, la riconciliazione e la pace; la follia non comprende e ostenta conoscenza e buon senso, la follia dice di sé stessa di possedere la verità mentre quel che possiede è soltanto il suo orgoglio e la sua presunzione; le persone ragionevoli guardano a chiunque con benevolenza, sono facili al perdono, sanno piangere anche per il nemico; le persone folli hanno perso la ragione e la bussola per distinguere il bene dal male, per agire secondo coscienza.

giovedì 3 agosto 2017

Gli incubi della notte

Negli incubi notturni si palesano gli orrori, che non sono le paurose figure fantastiche della mitologia onirica, bensì i mostri che abitano quello spazio sottile e labile tra questo mondo e quello sconosciuto; ogni orrore ha una sua specificità e un suo aspetto, somigliano a creature grottesche che dai tratti somatici esprimono odio, hanno una somiglianza vagamente antropomorfa e vogliono sempre il male, è il loro chiodo fisso. Per allontanare gli orrori si porta indosso il Crocifisso o una medaglietta raffigurante la Madonna o san Michele, il Crocifisso è il simbolo della nostra salvezza, è il Signore che ha sacrificato la sua vita per amore, che ha dato la sua vita per noi; con questi oggetti benedetti e la preghiera cristiana che li sacralizza si allontanano gli orrori o perlomeno non li si asseconda e non si viene sopraffatti dalla loro seduzione. Per consegnarsi a loro occorre commettere il peccato, e dev’essere un peccato grave che spegne in noi la carità e ci separa da Dio. Gli orrori sono molto furbi, conoscono tutte le vulnerabilità della creatura umana, la sua fragilità e le sue tendenze cattive e se ne approfittano ad ogni occasione propizia. Gli orrori sono anche molto forti, nel senso che le loro arti malefiche vanno ben al di là del mondo di quaggiù che soggiace alle leggi fisiche, come quelle dello spazio e del tempo, e non c’è un luogo al mondo dove non possano intrufolarsi abilmente. Li si combatte con le armi della luce, che sono la preghiera, il sacrificio e l’amore; occorre vigilare sempre e stare in guardia poiché loro non dormono come noi, non dormono mai e talvolta entrano nei nostri sogni e cercano di prenderci, ci desiderano come se fossimo delle prelibatezze culinarie. Quando siamo svegli non li si può vedere in giro tanto facilmente perché sono invisibili e si tengono ben nascosti, ma loro sono sempre attorno a noi e ci guardano con quegli occhiacci perfidi, invidiosi e malevoli. Ricordiamoci perciò del nostro caro angelo custode, tanto buono e pieno di amore, che ci sta accanto, che cerca di aiutarci e desidera essere invocato con la preghiera, non trascuriamolo perché l’angelo del Signore vuole il nostro bene e la nostra salvezza; se i demoni ci attorniano chiamiamo lui o gli altri angeli come san Michele affinché non manchino di aiutarci, difendendoci e liberandoci dalle loro trame oscure talvolta intessute con la complicità di uomini empi. Gli angeli sono poco invocati con la preghiera cristiana, oggigiorno sono poche le persone che trovano buona e confortante la preghiera, occorre sapere che qualsiasi preghiera è ascoltata e chi ascolta le nostre preghiere ci ama molto, pregare non costa tanta fatica ed è la risposta giusta al male che ci circonda o che subiamo, è indifferente che siano demoni oppure uomini i responsabili; noi preghiamo ritagliandoci tanti momenti preziosi durante il tempo che Dio ci dona da vivere, preghiamo esercitando le tre grandi virtù cristiane che sono la fede, la speranza e la carità, inoltre domandiamo nel combattimento tanta pazienza e anche la virtù della fortezza. Dio ci ama e ci pensa sempre, amarlo e pensarlo è da persone savie.

sabato 29 luglio 2017

La buona volontà

La spiritualità cristiana lo chiama esame di coscienza, la modernità ha conferito a questo esercizio il nome di analisi psicologica o autoanalisi, introspezione, guardarsi dentro, conoscersi; sono convinto che più una persona si conosce più diventa consapevole del suo lato oscuro, delle sue tante negatività, smettendo di ritenersi buona a paragone dei suoi simili. La via per liberarsi dalle negatività è dire sempre no a quel che nella mente riconosciamo come sbagliato, se messo a confronto con la morale naturale e non con la morale relativa. La differenza tra la morale naturale e la morale relativa è che la prima si trova scritta dentro di noi, ci rende capaci di distinguere autenticamente il bene dal male, la seconda è una caricatura che noi ci facciamo del bene e del male applicando criteri egoistici o ideologici; la colpa è una nostra volontaria adesione a ciò che è male e il radicamento in esso, con la conseguente perdita di sensibilità e di pentimento: per la salute dell’anima è un veleno mortifero, a somministrarcelo sono i demoni che in noi trovano collaborazione e abbandono. Cadere nella colpa significa separarsi da Dio che è la vita delle anime, cadere nella colpa significa essenzialmente morire, anche se biologicamente rimaniamo desti. Le lacrime del pentimento, la contrizione, la conversione, il cambiare mentalità e comportamento ci restituiscono la vita e la preghiera che manifesta la nostra fede ci ottiene il perdono e la salvezza. Quante confessioni sacrileghe fatte con insincerità e senza un vero dolore per non aver amato, per non aver voluto perdonare chi ci ha fatto del male: ma quanto è importante il Sacramento della riconciliazione e del perdono, è il sangue di Cristo che ci lava dai peccati e ci restituisce la vita di grazia, la vita in comunione con Dio, è il sangue di Cristo sparso per noi sulla Croce che ci libera dalla schiavitù del diavolo. San Giovanni ha scritto che chi ama passa dalla morte alla vita, ottiene da Dio, dalla sua misericordia, la salvezza della propria anima. Per radicarsi nel bene occorre una profonda vita di preghiera, occorre pregare e chiedere al Signore di perdonarci, ma ancor prima di concederci la grazia del pentimento, che vale in misura della nostra conversione a Lui, alla sua Legge: è così che si passa dalla morte alla vita, che si viene salvati. Sono realtà invisibili ma concrete, perché riguardano la natura dell’essere umano e il suo destino. Dio ci ha creati per Lui, separarsi da Dio con il peccato equivale a consegnarsi al demonio e a morire spiritualmente, soltanto la contrizione riaccende in noi la carità e ci restituisce la vita, quella soprannaturale, soltanto le lacrime del pentimento così come l’acqua del Battesimo all’inizio, entrambe attingono a quella sorgente pura che è la Croce attraverso cui siamo stati redenti e introdotti nella perpetua felicità. Chi si rifiuta ostinatamente di credere e di convertirsi, si estranea da Dio e dalle sue promesse, chi non crede neppure prega e non sente l’esigenza di cambiare e di rinunciare al male, che non sente neppure come tale, vive quaggiù senza la consapevolezza che dovrà rendere conto di tutto, che dovrà essere giudicato e che potrebbe essere condannato, è una condizione di schiavitù perché il cuore è avvinto dalle catene con cui il diavolo ci ha fatti suoi, siamo le sue prede. Amare è la medicina che guarisce facendoci figli di Dio, dobbiamo riconoscerlo perché in questa verità si trova tutto il nostro bene, la nostra salvezza e quella del prossimo.

giovedì 29 giugno 2017

La nostra promessa

Le promesse che formuliamo nel ricevere il Battesimo sono essenzialmente due, la rinuncia a satana e alle sue opere e la consacrazione a Dio conformemente alla sua Legge, ma quali sono le opere di satana e in che cosa consiste la Legge di Dio? Ci sono delle risposte antitetiche a entrambe le domande, come l’odio e l’amore nelle loro molteplici espressioni, che tutti conoscono e che spiegare è superfluo. L’egoismo e l’altruismo, la vendetta e il perdono, la purezza e la sensualità, la mansuetudine e la violenza, l’umiltà e la superbia, della superbia si dice che sia la radice spirituale di tutti i vizi o mali che degenerano l’uomo verso il demoniaco. Gesù prometto di amarti, Gesù ti amo è la sintesi di quella promessa che porta in sé ascolto e obbedienza il cui frutto è la pace interiore, ma anche la bontà nei confronti degli altri. Amo soltanto me stesso e faccio tutto in funzione di me stesso, gli altri in confronto alla mia persona scompaiono, non valgono niente, Dio non esiste e pregare è una pratica inutile, che senso ha la vita? soddisfare il mio egoismo, alimentare l’orgoglio e perseguire finalità che sono proprie del materialismo e oggi del consumismo, dove le cose materiali sono idoli a cui consegnare il nostro cuore e il piacere o il benessere dei valori al di sopra di quelli morali. Gesù invece ha detto: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, in questa sua frase c’è un tratto bellissimo della Legge di Dio e della sua osservanza, fedeltà che produce nell’immediato e nel futuro un’autentica felicità rivelatrice di un ordine che non è di quaggiù. La nostra promessa è amare Dio e il prossimo e per concretizzare questo proposito di bene esistono tante modalità, tante quante sono le vite delle persone che abitano questo mondo, la nostra promessa deve essere per sempre proprio come una consacrazione, il Battesimo nella sua formula Trinitaria con l’acqua come segno esteriore è una consacrazione alla vita cristiana e alla pienezza della vita umana, il Battesimo libera dal potere delle tenebre e ci rende figli di Dio, è quindi l’esorcismo fondamentale, il Battesimo è la porta d’ingresso al Paradiso, attua la salvezza operata dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo, è un fatto e non un’idea. Chi può ricevere il Battesimo? soltanto coloro che non lo hanno ancora ricevuto. Chi può amministrarlo? chiunque, purché vi sia il proposito di fare ciò che la Chiesa si propone di fare, utilizzi la formula Trinitaria e l’acqua. Il Battesimo attua la salvezza da parte di Dio per l’uomo ed è il mezzo con cui si compie la missione della Chiesa, che consiste nel perpetuare l’azione salvifica di Cristo. La sua virtù è puramente soprannaturale, decreta la sconfitta di satana ad opera di Cristo per sempre. Rinnoviamo ogni giorno attraverso la nostra preghiera personale le promesse battesimali associandole al nostro impegno di conversione, per il nostro bene e per il bene del nostro prossimo. Il Battesimo è autentico in tutte le Chiese cristiane, cattolica, ortodossa e protestante, ci libera dal male e ci rende abitazioni di Dio, templi vivi dello Spirito Santo... ma è necessaria la perseveranza nella grazia o carità. Sant’Agostino ha scritto molti secoli addietro che per la nostra salvezza c’è l’acqua del Battesimo e ci sono le lacrime della penitenza, in entrambe deve esserci la preghiera perché la vita spirituale si sostiene con la preghiera, respiro dell’anima e comunione con Dio. Chi rinuncia alla preghiera, rinuncia alla vita, a quella vera.

giovedì 15 giugno 2017

Perché credere in Dio

Se tu non mi stessi cercando significherebbe che non mi hai trovato, ma proprio perché mi cerchi… senza saperlo mi hai già trovato”, così talvolta il Signore parla al cuore delle persone; il desiderio di dare un senso positivo alla propria vita è segno di buona salute psicologica, spirituale e morale, coloro che si interessano soltanto della questione del vivere e tralasciano di conoscere il perché del loro stare al mondo, sono persone tanto misere quanto biasimevoli che si accontentano dell’ordinario e del monotono. Sono convinto che se si leggesse il Vangelo non come una favola della buonanotte ma conferendogli quel realismo che merita una cronaca storica intessuta di fatti straordinari, convincendosi dell’esistenza del soprannaturale, molto della nostra prospettiva esistenziale cambierebbe; forse ci sono due possibili esiti a questa visione della realtà, o illudersi nel fanatismo, o pervenire ad una equilibrata felicità che ci offre la chiave per decifrare ogni cosa delle nostre vite, del nostro stare al mondo e del nostro destino. Il messaggio fondamentale che ci viene dato dal Vangelo è questo: un uomo è tornato dalla morte e ha dimostrato con qualcosa di così eloquente e inequivocabile, quel che ha predicato nel corso della sua vita terrena riguardo a sé stesso e a ogni creatura umana. L’ambito per accedere a questa verità storica è e sarà sempre l’adesione di fede personale, ciascuno per sé senza che altri possano intromettersi nella scelta di credere in qualcosa di sconosciuto e inspiegabile. Questa scelta di credere io l’ho fatta e non mi sono mai contraddetto riguardo alle convinzioni a cui ho aderito, anzi sono maturato e penso di aver compreso quello che per tanto tempo ignoravo, o addirittura disprezzavo con quel sarcasmo che i miscredenti hanno nei confronti di coloro che vogliono proporgli una qualsivoglia verità precostituita. Nelle mie pagine parlo spesso della fede, non per fanatismo ma perché penso si tratti di un bene molto prezioso che tutti dovrebbero aver modo di possedere, non è qualcosa che si conquista e poi si mette da parte dimenticandosene col tempo, è qualcosa che va coltivato giorno per giorno; il mezzo più importante per pervenire alla fede e conservarla è la preghiera, non tanto la preghiera come tale ma il perseverare in essa, semplicemente la devozione o meglio la vita devota, non chissà quale grande esercizio ascetico riservato a pochi eletti, semplicemente la preghiera cristiana così come la tradizione di tanti secoli ci ha tramandato. Con una similitudine la dinamica della grazia si può descrivere in questo modo: la preghiera è l’acqua apportatrice di vita, la sana dottrina e cioè la conoscenza della verità rivelata è la pianta che occorre coltivare, i beni che ne derivano sono puramente soprannaturali, sono le virtù e il conseguimento della salvezza eterna della propria anima. Appartiene tutto all’ambito dell’invisibile e dell’indimostrabile, ma non per questo si tratta di assurde fantasticherie bensì di realtà, anzi è la realtà costitutiva della natura umana e non si può né vedere né toccare, come la maggior parte delle nostre facoltà. Credere è una scommessa come diceva il filosofo e matematico Pascal, ma non più di quel tanto perché la fede è plausibile e il nostro mondo è costruito da innumerevoli illusioni che servono ad alienarci, a distrarci per farci perdere di vista l’essenziale: non si deve mai rinunciare a dare un significato alle cose, a spiegarle per conoscerle… si ama solamente ciò che si conosce a fondo o si cerca di conoscere, è il motore dell’anima e non possiamo farne a meno.

mercoledì 7 giugno 2017

Il nero sigillo

A nord del continente vi sono i ghiacci perenni, il freddo pungente e le alte montagne innevate, c’è un sigillo impresso sulla nuda roccia desolata di quei luoghi impervi, è il sigillo di un demone, è il sigillo del caduto. Per molte ere gli uomini guerreggiarono tra di loro per la supremazia e l’illusione del potere, per le ricchezze della terra e per l’inganno della sicurezza e dell’immortalità che falsi sapienti promisero a uomini e donne arroganti, colmi di orgoglio, superbi e desiderosi della gloria del mondo; i miasmi del caduto, dal luogo della sua dimora, attraversarono tutte le epoche e i territori, inquinarono i cuori dei mortali facendoli deviare dal retto sentiero, quello che conduce alla vita. Chi ama la vita non la ama solamente in sé stesso e per sé, ma la ama negli altri, in tutti coloro che incontra sul suo cammino. Un valoroso combattente di antiche battaglie si incamminò verso nord per impossessarsi del potere del caduto, il pungiglione della morte e avere potestà su tutti i suoi nemici rapinandoli della vita nel corpo e consegnando le loro anime alle bocche fameliche dei demòni, i principi, i duchi e i baroni di quel mondo tenebroso, gelido e impersonale in cui il caduto è despota e colonna portante, il faro che con la sua luce nera attraversa le creature perdute e amareggiate. Il guerriero arrivò ad un albero vegeto e rigoglioso pieno di gemme e fiori, come se quel piccolo spazio di terreno fosse straordinariamente portatore di vita alla maniera della stagione di rinascita che noi conosciamo, la primavera; dal gelo circostante entrò in una sfera fatta di luce e tepore, di aria pulita e piacevole da respirare. Disse tra sé e sé: “Qui non può dimorare il demone caduto, che portò nella morte i suoi fratelli…”. Ma egli stranamente era lì ma fuori dalla sua vista e rispose: “Sono io colui che cerchi e te lo dimostro domandandoti un’opera di morte, estrai la tua spada, la tua mietitrice e taglia il ramo più alto, forte e pieno di linfa vitale di questa pianta così bella e detestabile”. Luriahn, così era il nome del valoroso, obbedì ed estrasse la spada e tagliò all’istante il ramo frondoso dell’albero, la linfa verde cadde a terra come il sangue dei suoi innumerevoli nemici uccisi nei tanti conflitti violenti e spietati… e il demone rise per il male compiuto, rise di compiacimento per la follia e la schiavitù dell’uomo peccatore e privo di coscienza. Così Luriahn: “Ho fatto quello che mi hai chiesto, adesso dammi il pungiglione della morte perché possa continuare la tua opera nel mondo”. “Ti manca ancora qualcosa per essere perfetto nell’arte dell’uccisione, prendi il ramo che hai reciso e rimettilo al suo posto affinché riprenda a vivere”. Luriahn rimase costernato e domandò: “Che cosa significa questa richiesta?”. “Non è una richiesta, ma bensì la dimostrazione del tuo falso potere e della tua stoltezza, tu non puoi nulla se non riconosci che la vita è più forte della morte; hai sempre combattuto con la convinzione che la vita fosse effimera e senza valore; hai sempre combattuto anteponendo la tua vita e ciò che per te gli conferisce valore, al di sopra della vita delle altre creature; hai combattuto per il nulla privo di fede in un Creatore della vita e adesso che sei alla mia presenza il mio pungiglione ti darà la morte e comprenderai che il nulla non esiste, esiste la morte, quella vera e perpetua, che a confronto del nulla è sì preferibile ma non altrettanto a confronto della vita eterna, che tu oggi compiendo l’ultimo dei tuoi gesti blasfemi, hai perduto per sempre… e adesso verrai con me, misero uomo”. Luriahn ebbe paura per la prima volta da molto tempo e disse al demone: “Devo tornare alla guerra!”, “La tua guerra è finita e tu sei l’unico sconfitto, questo è il pozzo dell’abisso e ora cadi assieme a me”. L’albero della vita si dissolse e con esso la sfera d’aria pura, si aprì una spaventosa voragine e ne uscì un olezzo nauseabondo, era buio e profondo l’antro e si sentivano molte anime piangere; Luriahn domandò spaventato: “Perché piangono?”, rispose il demone traghettatore: “Hanno perso per sempre la possibilità di amare e di essere felici”. Luriahn chiese senza rendersi conto di quanto fosse assurdo il suo dilemma: “Che cosa significa amare?”, tradendo tra l’inaspettato e lo spavento una traccia di collera mista a rancore. “Non so cosa significa, non me lo ricordo”. E afferratolo con forza e determinazione lo portò giù nell’abisso e la voragine si chiuse, lasciandosi dietro aspre battaglie e valorosi soldati… ma questa è un’altra storia, speriamo non la nostra che siamo figli di quel Dio che è amante della vita, della riconciliazione e della pace.

sabato 20 maggio 2017

Gli affetti più cari

Ciascuno di noi vive degli affetti che comportano il nostro coinvolgimento nella vita di un’altra persona, amare una persona che sia la mamma o il papà, la sorella o la propria sposa è conforme alla natura umana, noi viviamo dei legami speciali con altre persone e desideriamo per loro ogni bene e la felicità; penso che l’ideale dell’amore aperto al prossimo senza distinzione sia puramente una questione ideale che appartiene all’ambito filosofico o della religione, perché le persone ordinariamente vivono dei rapporti di carattere esclusivo, è nella nostra natura. Da bambino ero particolarmente legato a mio nonno materno e quando venne a mancare a causa di una malattia contratta durante alcuni anni di lavoro, proprio nella casa che lui stesso edificò per i figli, io andai nella mia cameretta e me la presi con il crocifisso accusandolo di avermelo portato via e lo tolsi con rabbia dalla parete su cui era appeso: avevo solamente sei anni, ero un bambino che vide suo nonno andarsene prematuramente dopo pochi anni dalla sua entrata in pensione maturata con tanti anni di lavoro onesto, sentii quella esperienza come una gravissima ingiustizia e me la presi con Dio. Nelle settimane successive dopo il funerale sognai mio nonno che saliva le scale della nostra casa e veniva verso di me con un volto sereno, con uno sguardo benevolo. La vita è fatta così e gli uomini hanno su di essa ben poco potere, sono convinto che l’essenziale consista nel saper distinguere il bene dal male, e dalla buona volontà che ci rende capaci di scegliere sempre il bene: noi non siamo come gli altri animali, abbiamo una capacità morale e penso sia la dimostrazione scientifica della nostra anima. Oggi quando guardo il crocifisso vedo in esso mio nonno e tutte le persone care che ho perso e sono convinto che Dio ci abbia amato non togliendoci dalla nostra brutta situazione o illudendoci, ma partecipando alla nostra stessa vita e al nostro destino, condividendo tutto con noi, persino i nostri sentimenti più profondi, diventando uno di noi capace di compatirci in tutto, anche nel gesto blasfemo di prendercela con Lui con un atteggiamento di rancore e di ribellione. Il Vangelo in una parabola propria di san Luca dice che se anche qualcuno dovesse tornare dai morti molti non sarebbero persuasi a credere e a convertirsi, questo ci suggerisce che non bisogna biasimare coloro che non posseggono un dono tanto prezioso come la fede, dobbiamo biasimare noi stessi quando con tanta arroganza pretendiamo di giudicare il prossimo nelle sue scelte e nei suoi convincimenti, senza averne alcuna umile comprensione. E’ un atteggiamento contrario alla carità e quindi a Dio, il nostro dovere è quello di pregare per gli altri se con coerenza ci diciamo credenti, altrimenti dimostriamo di essere soltanto degli impostori e degli ipocriti, che avanzano stoltamente delle pretese di saccenza. Non abbiamo potere su niente o quasi perché siamo misere creature, possiamo semplicemente dire: “Sia fatta la tua volontà”, forse questa è la preghiera più difficile ma anche quella più autentica, anche se umanamente parlando è difficile accettare tutto quello che ci accade, è difficile credere di essere amati da Dio o meglio che Egli esista senza mai dimenticarci.

mercoledì 17 maggio 2017

La lanterna e lo scrittore

Nella torre in cima alla collina dimenticata viveva un vecchio che nei lontani paesi conoscevano con l’appellativo di padre corvo; era un uomo chiuso e schivo che detestava chiunque vedeva dalla sua finestrella passare in lontananza. Una fanciulla un giorno si trovò sul sentiero che portava dal suo borgo al fiume che scorre lento e inesorabile sulla linea del destino, e da lontano voltandosi verso l’orizzonte imperituro vide la torre del venerando anacoreta. Si accorse che su quella collina non vi era vegetazione e non si sentiva nemmeno un passero cantare, ebbe timore del luogo e passò oltre quella tetra visione. Nei boschi attorno alla collina passarono molte altre creature e una di esse molto affranta dal tedioso proseguire della vita, senza per questo desistere dal dovere di vivere a cui tutti sono chiamati dal Creatore e dal suo ordine stabilito, decise di salire l’altura per incontrare colui che di molte leggende era diventato il centro e l’idea predominante. Questa creatura diversa dalle altre era un viandante cieco che si orientava lento e scrutava la realtà circostante con l’occhio oscuro e recondito della malvagità; il suo pensiero andò a colui che abitava la torre. Disse dentro di sé con voce roca e sofferta: “Quell’uomo vecchio è l’anima che fugge alla legge della perdizione, andrò da lui e gli domanderò se vuole cadere nelle tenebre”. Affrettò il passo e seguì il sentiero impervio, arrivato alla porta chiusa bussò tre volte. Rispose il venerando: “Chi è che mi cerca? sono da molto tempo morto al mondo”. Il viandante con atteggiamento risoluto così parlò: “Sono il diavolo dai modi gentili e dall’inganno persuasivo, apri la tua porta perché colui che ti parla è un mietitore e un portatore di sventura”. Il vecchio aprì la porta e vide un fanciullo biancovestito con una clessidra nella mano sinistra e una pergamena nella mano destra, la sabbia scorreva nella clessidra dal basso verso l’alto e sulla pergamena ingiallita vi erano parole impronunciabili che potevano essere comprese solamente da chi ha odiato il senso della vita e il suo perdersi nell’eternità. “Perché sei qui?”, disse il venerando digrignando i denti dalla collera, “Sono qui per farti scappare dalla solitudine e dal rancore”, e la voce appariva triste e rassegnata mentre il cuore era intriso di desiderio. La torre dopo pochi istanti crollò e i due si ritrovarono ciascuno in un mondo diverso, lontani dalla collina e in pianure sconosciute; avvicinandosi per la prima volta da tante epoche trascorse, furono separati dalla morte. Non c’è un luogo, per quanto abbandonato e perso nel mondo dei viventi, dove la morte prima o poi non separi, è la morte che inesorabile pone il suo sigillo sulla sapienza e sulla follia, questo è il regno della morte e coloro che gli sono sudditi anche se malvolentieri debbono obbedire ai suoi decreti, padre corvo lo sapeva e aspettava rassegnato. Ma nel mezzo del divenire la Vita increata da millenni arcani aveva già conquistato la vittoria, non tutti lo seppero e soltanto alcuni furono consolati, soltanto coloro che videro quella luce che predicatori impavidi chiamano fede, una luce che non può estinguersi e che rifulge in cima ad alte torri oltre la vanità e il mentire: ciascun uomo che si converte e piange i suoi peccati è quella torre tanto luminosa.

domenica 2 aprile 2017

E' soltanto utopia

Lo Stato con le sue leggi è la base solida e ferma dell’ordine costituito, sono le leggi patrie a rendere l’uomo un essere consapevole della propria dimensione civile e civilizzante, le leggi si ergono a garanzia della funzione propria dello Stato e cioè quella di essere la casa comune per il cittadino e le sue molteplici espressioni sociali. Lo Stato è a servizio del popolo e compendia l’autorità del popolo, il popolo osservante delle leggi costituisce la nervatura centrale dello Stato. Ogni cittadino osservante delle leggi è portatore di diritti personali e di doveri nei confronti della comunità, soltanto un criminale che danneggia il suo simile può essere privato dei suoi diritti e tolto dal contesto sociale, i doveri consistono nella partecipazione alla vita comunitaria attraverso il proprio apporto, uno dei doveri più inerenti al vivere comune è quello del lavoro, perché con il lavoro si contribuisce al progresso del bene di tutti e alla propria e altrui sussistenza, innanzitutto consideriamo la famiglia la quale è il luogo in cui le forze benefiche delle relazioni umane e della educazione convergono e si aprono al mondo. Lo Stato, come disse Socrate, è quella madre che ci genera alla civiltà e che ci edifica come uomini e come donne, dalla distruzione dei regimi totalitari sono nati gli Stati democratici e i principi fondanti i diritti umani, quei principi sono propri anche della civiltà cristiana millenaria. Il lavoro è quella attitudine dell’uomo preposta a trasformare il mondo naturale per costruire un mondo ideale, in cui affermare la personalità degli individui integrati in una dimensione relazionale, senza lavoro non può esserci democrazia, perché l’uguaglianza è possibile soltanto dove ciascuno svolge il ruolo che gli compete e a cui è stato chiamato, l’uguaglianza è fattibile se le condizioni poste in precedenza permettono la non esclusione di gruppi e singoli, favorendo l’inclusione, è una dinamica che si innesca con la presa di coscienza da parte dell’autorità di determinati valori che non sono semplicemente quelli del profitto e della produttività, ma bensì quelli della promozione umana. Si sente parlare talvolta della centralità della persona umana nelle scelte politiche ed economiche, ma purtroppo la realtà dei fatti dimostra il contrario e cioè che ad essere posto al centro delle decisioni è quasi sempre l’interesse di parte, talvolta mascherato da benevole intenzioni o peggio ancora dall’inganno, e per citare una massima a cui forse non si presta tanta attenzione “tutto il mondo è un inganno”, ma grazie al Cielo c’è anche la verità con la sua bandiera. La nostra società è il veicolo per la nostra immaginazione, tutto sembra uscito dalla mente di un sognatore senza perdere la sua intransigente razionalità, è la nostra società quindi siamo noi a farla e ad essere responsabili di quel che vi accade nel bene o nel male. Lo Stato lo facciamo noi, nel nostro piccolo e insieme agli altri, le conseguenze di ogni scelta ricadono sul nostro prossimo, e come persone coscienti della nostra vita insieme possiamo agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza e conciliazione, possiamo anche compiere delle scelte che influiscono negativamente su chi ci circonda nel nostro contesto o al di fuori di esso. Nessuno è un mondo a parte perché dipendiamo anche dagli altri e questo ci suggerisce la grande importanza dell’etica, saper riconoscere sempre la differenza tra il bene e il male, coltivare una coscienza sensibile e aperta che favorisca la pace. Nessuno deve essere lasciato solo, è un esercizio che la compassione cristiana ci insegna. La Repubblica appartiene a tutti e si è cittadini in quanto persone umane, la Repubblica è la nostra vera casa.

martedì 28 marzo 2017

I germogli della nuova società

C’è un certo modo cinico di sentire la vita che serpeggia in ogni ambito della società e di cui dobbiamo ringraziare i mass media, chi consuma contenuti mass mediatici perde di vista l’essenziale, smarrisce il senso di autenticità della persona e la bellezza delle relazioni interpersonali, persino la bellezza dell’amore vissuto tra due persone che dovrebbe portare alla famiglia o perlomeno ad una unione stabile e duratura entro cui realizzare la propria personalità e sentirsi felici di stare al mondo. L’amicizia è davvero un grande potere per chi ritiene il prossimo l’elemento essenziale per favorire la propria maturazione etica e valoriale, l’amicizia è una forza grande e positiva, e sono soprattutto i giovani ad averne un bisogno così sentito, tanto che per essa soffrono e mettono a nudo il proprio cuore; nell’età giovanile nessuno dovrebbe essere lasciato solo, tutti dovrebbero avere la sensibilità di accorgersi delle difficoltà e dei desideri profondi, tante volte nascosti, di quei ragazzi e di quelle ragazze che in ricerca di un significato alla propria vita lo perseguono ovunque esponendosi purtroppo anche a certi rischi educativi o di disadattamento. Il dovere più importante di una società è quello di formare i suoi giovani, e come intendeva Socrate ai suoi tempi… di formarli alla pratica delle virtù, cioè ad esercitare le facoltà dell’anima affinché essa diventi bella e benigna, luminosa: lo sguardo di una persona è davvero rivelatrice dello stato della sua anima, ma anche il linguaggio e il comportamento nei confronti degli altri. Purtroppo il nostro è un mondo che nega l’anima e ci proietta soltanto all’esteriorità, all’apparenza, alla superficie e ciò collima con la falsità e l’inganno; quando una persona comincia a convincersi di non essere frutto del caso, di non essere un animale tra le tante specie animali, di stare al mondo per un motivo e non per una serie di coincidenze, insomma quando ci si accorge dell’anima ci si accorge del valore di una persona e come tutto in quella persona acquisisca valore, compresa la sofferenza ma anche la libertà di decidere quel che si preferisce come importante, la libertà di fare in un modo piuttosto che in un altro, la libertà di mettere in atto delle scelte che comportano conseguenze che differiscono e che ci incamminano verso un destino unico e dissimile da quello di chiunque altro: è il mistero della nostra libertà davanti a Dio e alle sue proposte, è il mistero che veramente ci rende umani. Non si deve dare per scontato che tutti desiderino il bene, c’è chi il bene non lo vuole e con un grado di consapevolezza più o meno alto vuole il male, sembra assurdo ma è così: nel mondo ci sono i seguaci del diavolo, quelli che gli vanno appresso favorendo i suoi disegni perversi. Gesù nel suo Vangelo dice che i figli del diavolo sono più scaltri dei figli della luce, e che i figli della luce debbono essere prudenti come i serpenti e semplici come le colombe, accostando nell’immagine due animali così dissimili come il serpente e la colomba, ma che rappresentano due virtù cristiane che si combinano molto bene per favorire la testimonianza in un mondo tante volte ostile e colmo di arroganza e disprezzo. La formazione delle giovani generazioni è molto importante e il Vangelo è la risposta più efficace per far sì che la formazione dei fanciulli e degli adolescenti sia veramente umana ancor prima che cristiana, e il male nelle sue diverse accezioni sia nel tempo arginato e superato dalla civiltà ideale che un grande Papa dei nostri tempi ha definito la civiltà dell’amore, e con un’altra espressione cultura della vita. E’ necessario rispettare la sensibilità dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, non pensiamo a dargli cose o a metterli incoscientemente nel gioco della competizione, cerchiamo di favorire la loro crescita umana e spirituale, amiamoli sul serio, facciamoli sentire amati.