Oramai
siamo arrivati nel cuore dell’inverno e mancano a Natale pochi giorni, un po’
di più perché l’anno finisca e incominci quello nuovo; ciascuno faccia il suo
esame di coscienza e uno scrutinio per quanto possibile verosimile su ciò che è
stato quest’anno già trascorso, e le sue attese per l’anno futuro. A Natale si
vuole il viaggio, gli addobbi, l’atmosfera, insomma il tornaconto emotivo e un
grande spasso. Nessuno crede realmente che in quel bambino della sperduta
Betlemme, all’incirca duemila anni orsono, la seconda Persona della santissima
Trinità, il Verbo di Dio della stessa sostanza e natura delle altre due Persone
divine, si sia fatto uomo per amore nei confronti degli uomini, nessuno crede e
ad ogni disagio, contrarietà e sofferenza tutti sono pronti a bestemmiare e a
maledire quell’innocente in fasce che giace in una mangiatoia, Signore del
cielo e della terra, il Principe della pace. San Francesco allestì il primo
presepe e cioè la rappresentazione plastica dell’incarnazione del Figlio e qualcuno
al giorno d’oggi lo interpreta come qualcosa che richiama la famiglia o la
bellezza dell’infanzia, la sua fascinazione quasi mistica, ma il presepe è
soprattutto un trattatello teologico in cui ciascun personaggio riveste un
ruolo unico e altamente significativo, Gesù bambino è al centro di tutta la
scenografia, il tema è quello del sacro, del divino, del soteriologico, dell’amore
oltre natura. San Francesco amava Gesù con forza e semplicità e così gli è venuta in mente l’idea del
presepe, altrimenti perché? Ogni giorno al mattino per il cristiano dovrebbe
essere Natale, perché ogni giorno ci è dato dalla provvidenza divina come dono gratuito e il
cristiano vive non più per sé stesso ma bensì per Cristo che ha dato la sua
vita per lui. La chiave è quella che spiega ogni cosa, la Carità sempiterna da
cui trae origine ogni vita, ogni palpito e ogni pensiero. E’ la chiave che apre
lo scrigno che nasconde nel segreto il senso dell’esistenza. Per coloro che
hanno occhi per vedere, quel piccino di Betlemme ci richiama al senso del nostro
stare al mondo e al destino che Dio ha riservato per quelli che lo amano, è un
bimbo ma è anche Dio e come tale Egli può veramente tutto. L’anno che al
presente appartiene al passato ci ha dato la possibilità di vivere secondo le
nostre vedute e di vivere assieme agli altri oppure da soli, l’anno che a breve
finirà ci ha portato avanti, più vicini a Dio o più lontani da Lui a seconda
del libero arbitrio che sempre esercitiamo, a seconda delle scelte, difatti pregare
è una scelta, voler bene agli altri è una scelta, perdonare è una scelta e in
questioni così non ci obbliga davvero nessuno. Per l’anno che verrà personalmente
mi auguro riconciliazione e pace e l’augurio è anche per il prossimo e per il mio
povero mondo, il nostro mondo, tanto disordinato e inquieto. Nei Salmi sta scritto
che Dio benedirà il suo popolo con la pace, cerchiamo di meritarcela con la
nostra conversione, se ci si converte al Signore l’avvenire per la società sarà
buono e tutti sono consapevoli del significato e dei modi della conversione,
tutti sanno e nessuno può far finta di niente. Pensiamo all’episodio biblico
della città di Ninive, quella città si salvò perché accettò di dare ascolto a
chi la esortava a tornare a Dio. Da una seria riforma morale dipende il destino
del genere umano, e non da chissà che cosa. Occorre riflettere per comprendere,
i mali che ci affliggono dipendono dai mali dell’anima e non viceversa. La luce
di Betlemme illumina le tenebre di una lunga e fredda notte, è la luce dell’Eterno.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
lunedì 18 dicembre 2017
lunedì 4 dicembre 2017
Chi perdona rinuncia a satana
E’
difficile perdonare chi ti fa del male, ma è ancora più difficile farsi
perdonare dalle persone che si ritengono offese o ferite dalle nostre parole o
dal nostro cattivo comportamento; perdonare è un atto eroico di cui sono capaci
in pochi, desiderare la salvezza di chi si è dimostrato nostro spietato nemico
è semplicemente cristiano. Dio non vede il peccatore come un tutt’uno con il
peccato, vede un’anima che ha creato per la felicità e che deliberatamente si è
allontanata da Lui radicandosi nell’impenitenza, nella durezza del cuore, nella
chiusura. Quando riusciamo a perdonare e a guardare la persona che ci ha fatto
del male, a guardarla negli occhi e a intravedere la sua umanità, la sua
fragilità, i suoi difetti e persino la colpa, quando riusciamo ad amarla perché
sentiamo nel nostro cuore che è come noi, un fratello o una sorella, quando
diventiamo capaci di provare compassione e di lavare il fango dell’odio con le
nostre lacrime, proprio allora siamo veramente umani e rassomigliamo a Gesù che
ha invitato tutti coloro che portano il nome di cristiani ad essere suoi
imitatori, liberi dai cattivi condizionamenti, liberi di amare. Nel ricevere il
Battesimo da piccoli qualcuno ha detto al nostro posto: “Rinuncio a satana e alle sue seduzioni”, perdonando rinnoviamo
questa promessa e ci facciamo abbracciare da Dio, se serbiamo rancore e
decidiamo di vendicarci Dio non abita più nel nostro cuore, vi abita il
diavolo. Il Battesimo è anche un esorcismo, ma per rimanere uniti a Dio occorre
rinnovarlo quotidianamente nella vita con le nostre scelte, fatte con la nostra
buona volontà; appena ci si presenta l’occasione dobbiamo farci forza e dire di
no, questo no al male deve essere sempre accompagnato dalla preghiera, la quale
nasconde in sé il nostro sì a Dio. Radicarsi risolutamente nel non voler
perdonare qualcuno è un atteggiamento interiore che apre la porta al diabolico,
gli spiriti del male attendono sempre questa buona occasione per prendersi un’anima
e usarla ai propri scopi. La liberazione dal male passa sempre prima dal
perdono agli altri e si fortifica con gli atti di carità compresa la preghiera,
questo è un esempio di come si comportano i veri cristiani, e anche quelle
persone d’animo nobile che non professano alcuna fede religiosa ma hanno il
coraggio di fare scelte giuste anche se difficili: perdonare è una scelta
difficile perché richiede molta umiltà, richiede mortificazione e la rinuncia
ad affermare il proprio ego, tante volte sollecitato dal maligno con la
tentazione. Soltanto se siamo capaci di dire al nostro prossimo: “Ti perdono”, possiamo lecitamente dire
al Signore: “Perdonami”, se non
perdoniamo non possiamo pretendere per noi stessi il perdono. Un cuore libero
dalle catene della collera, del rancore e della violenza è un cuore capace di
perdonare e di vivere in pace. Ma per ricevere il perdono è necessario il
pentimento, si perdona a chi è pentito e non a chi si chiude e diventa
prigioniero di sé stesso e del diavolo, che con questa strategia conquista
tante anime rubandole a Dio. Perdonare è un atto d’amore, è una beatitudine
evangelica.
venerdì 17 novembre 2017
La vita è sacrea
Sono persuaso del fatto che
nel corso della mia vita abbia avuto occasione di incontrare tante persone
sofferenti e di averle trattate con rispetto e fraterna amicizia, sono stato
capace di provare compassione e di desiderare di far qualcosa in loro favore .
. . ogni tanto ci sono riuscito, il più delle volte purtroppo no;
frequentemente si parla dei temi di bioetica nel mondo contemporaneo, anche per
la complessità di certe vicende umane che vengono trattate dalle cronache.
Voglio esporre in sintesi quello di cui sono profondamente convinto e che
ritengo giusto, è la mia opinione personale, la Verità la conoscono soltanto
gli angeli del Cielo che tanto ci amano. Dal
concepimento nel grembo materno alla morte naturale, questa è l’affermazione
del Magistero della Chiesa riguardo la dignità e l’inviolabilità della vita
umana, l’uomo non può disporre della vita del suo prossimo e nemmeno della
propria come gli pare e piace, perché deve attenersi all’ordine stabilito dal suo
Creatore per il proprio bene, tutto quello che viola o conculca quest’ordine
contraria e offende la carità, quindi è una colpa che comporta delle
conseguenze, la prima e più grave consiste nella separazione da Dio in cui è
presente il principio della vita, la sorgente che vivifica tutte le creature
viventi e quelle senzienti. Il concepimento è l’inizio di una nuova vita in
questo mondo materiale, ma collima anche con la creazione da parte di Dio di una
nuova anima immortale, unica e irripetibile, che per non far confusione viene
definita spirituale. Se la morte della stessa sopraggiunge spontaneamente per
cause naturali nessuno è colpevole, nessuno ha fatto del male; ma se la morte
del concepito è causata da una volontà estranea alla natura, sussiste la colpa
con le sue conseguenze in rapporto a Dio e alla società degli uomini, è il caso
dell’aborto procurato che una certa medicina scientista definisce interruzione spontanea di gravidanza,
sottolineando come la donna sia libera di disporre del concepito come se fosse ‘un
qualcosa’ che appartiene soltanto a lei, alla maniera di un prodotto di consumo.
Il bambino invece le è affidato, è un dono di Dio, la madre e il padre sono
partecipi dell’opera di Dio, e sono responsabili per il concepito e il
nascituro, la vita nel grembo materno è persona e ha il diritto di vivere,
questo diritto gli è dato dal Creatore che ci chiama tutti dal nulla all’esistenza
in un atto di amore autentico, disinteressato e con l’unica finalità di amarci
in comunione. Dio è amore, la vita è un atto d’amore. Dio non ci toglie la
libertà, possiamo decidere anche di fare il male e di dare la morte, ma è
sbagliato, rifiutarsi di comprenderlo significa cadere in un grave malinteso e
quel che accade nel nostro animo è tetro e doloroso. C’è chi sceglie di stare
dalla parte della vita ad ogni costo e chi sceglie di scendere a un compromesso,
nessuno di noi può giudicare una persona per le sue scelte, perché non vediamo
e non sappiamo, noi abbiamo da Dio questo semplice Comandamento: ama il tuo
prossimo, anche il tuo nemico. Una persona che si trova in una condizione di
grave sofferenza e disabilità può maturare l’intenzione di chiudere con la vita
terrena, perché non ne può più di sopportare e non vede davanti a sé una
prospettiva positiva, il tornare a stare bene, il guarire per una vita normale
e felice, lo smettere di soffrire per la quiete del corpo o della mente. Chi
può giudicare? Se una persona decide liberamente di voler morire, la si può
persuadere a rinunciare, la si può persuadere a credere in Dio, le si possono
presentare argomenti convincenti in favore della vita, tutta la morale e la
filosofia che si vuole, ma se sceglie di morire perché non ce la fa più ha il
diritto di essere rispettata e di vedere accolta la sua scelta. Dio è giudice,
ma non è severo e intransigente, ama, ci comprende e ci perdona, prova
compassione e desidera la nostra salvezza, vuole farci partecipi del suo
Paradiso. Occorre ricordarsi del monito del Signore: “Non giudicate e non condannate”. Vorrei tanto guarire le persone
ammalate e sofferenti ma non possiedo nessun potere taumaturgico, posso
soltanto pregare: il Signore se vuole può guarire. E per coloro che perdono la
coscienza sensibile ̶ il contatto con la realtà ̶ chi decide? Alcuni tornano indietro e altri rimangono sulla soglia, forse trascorso un certo tempo è giusto che la natura faccia il suo corso e la misericordia di Dio li
accolga tra le proprie braccia. Ci ha creati il Signore della vita, da Lui
veniamo e a Lui ritorniamo.
venerdì 10 novembre 2017
La rinuncia e la conquista
La
violenza è la risposta di chi non costruisce ma distrugge, è la risposta di chi
essendo vuoto e complessato ha di sé stesso una visione distorta, è la risposta
dei codardi che se ne approfittano dei più deboli con la convinzione che le
loro responsabilità non costituiranno mai la causa di una punizione o di una
sanzione, per i violenti nelle società c’è protezione e continuità e per le
loro vittime non c’è giustizia, non c’è riparazione. La violenza esprime il
sopruso, è la negazione dei diritti altrui, persino del diritto alla vita che
per il credente è il valore più alto dopo la salvezza eterna dell’anima; i
nostri fratelli e le nostre sorelle che sono tutti gli altri esseri umani,
indipendentemente dalle differenze senza escludere nessuno, hanno il diritto di
vivere, hanno il diritto di essere protetti, hanno il diritto alla libertà e ai
mezzi per una vita dignitosa in cui possano esprimere la solidarietà e la
condivisione, hanno il diritto a non diventare le vittime degli uomini
corrotti, degli uomini empi. La cultura della non violenza deve far parte del
bagaglio educativo ed esperienziale delle giovani generazioni, una cultura di
pace e per una civiltà pacifica sono necessari il vicendevole perdono e la
carità fraterna, l’odio infatti è il nemico della riconciliazione e per
sconfiggere l’odio occorre la buona volontà di cambiare, di sentirsi sbagliati
e di cambiare: chi afferma di avere tutte le ragioni dalla propria parte non
potrà mai essere una persona di pace, sarà una persona chiusa agli altri,
indifferente, apatica ed egocentrica. Le ragioni stanno da entrambe le parti
così come gli errori... una mente prudente possiede la capacità di discernere; è difficile rinunciare alla vendetta e chi odia
giustifica la vendetta come se si trattasse di un atto giusto e sacrosanto, chi
giustifica la vendetta non è mai nel giusto, è soltanto qualcuno che è stato
ingannato dal demonio e che si è reso un suo strumento, si tratta di un grave
accecamento spirituale che deturpa la psiche della persona, la fa deviare su un
sentiero cattivo che porta a un baratro profondo. La persona mansueta e non
violenta è prediletta da Dio, lo dice anche la Sacra Scrittura affermando che l’uomo
di pace è benedetto da Dio, ma quale pace? La pace del cuore, la coscienza
pulita, la consapevolezza di non aver mai cercato il male di nessuno ma di
essersi spesi per l’interesse del prossimo, pensando agli altri e non solamente
a sé stessi o alla conventicola di appartenenza. La non violenza è una scelta
di vita, rinunciare alla violenza è qualcosa che appartiene alle anime nobili,
è un atto di autentico coraggio, insegnare la non violenza è una tra le diverse
modalità attraverso cui si edifica anche in questo mondo il Regno di Dio e ci
si prepara all’altro, è una prassi educativa che deve coinvolgere l’infanzia, l’adolescenza
e la gioventù. La non violenza e l’amore sono forze complementari, sono forze
con cui si edifica e si progredisce in positivo, sono le forze che
caratterizzano la persona intelligente. Voglio concludere questo breve discorso
con una giaculatoria, una semplice preghiera al Signore:
“Gesù mite e umile di cuore, rendi i nostri
cuori simili al Tuo”.
mercoledì 8 novembre 2017
Salvare una vita o perderla?
Poi Gesù
disse loro: «Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare
del male, salvare una vita o perderla?». Questo è il versetto 9 tratto dal
capitolo 6 del Vangelo di Luca. Nei versetti seguenti il Signore si indigna per
la durezza del cuore dei suoi antagonisti, del fatto che a loro dell’uomo
ammalato non importasse niente, invece Gesù lo guarisce davanti ai loro occhi.
Qual è la risposta di quegli uomini? Odiano Gesù e complottano su cosa potergli
fare di male, non provano compassione per l’ammalato e non sono contenti dell’avvenuta
guarigione, pensano soltanto a come farla pagare a Gesù che li ha contraddetti
e messi nell’imbarazzo di non saper come confutare il suo discorso. Loro non
accettavano la violazione del sabato che per la cultura ebraica è il giorno del
Signore, con atti che potevano essere compiuti soltanto da Dio come la
guarigione istantanea di un ammalato grave, comportandosi così Gesù affermava
di sé stesso la sua uguaglianza con Dio, l’essere veramente Dio nascosto dalle
apparenze di un uomo. Non lo potevano accettare, dichiarandolo bestemmiatore e
seguace dei demòni da cui attingeva quel potere taumaturgico . . . quegli
uomini vedevano un altro uomo, proprio come loro, Gesù era un semplice uomo
mortale, non era il Dio dell’alleanza. C’è un insegnamento nel versetto 9 e
cioè che il Signore ama tutti gli uomini e desidera guarirli, alla gente del
mondo di far del bene gliene importa poco tranne nel caso di promuovere la
propria reputazione da giusti, benefattori e migliori se paragonati agli altri,
gente che persegue come soddisfazione il proprio orgoglio. Era più importante
guarire quell’uomo per liberarlo dalla sua sofferenza piuttosto che perdersi in
assurde congetture riguardanti la legge ebraica dell’epoca. Facciamo come Gesù
diventando suoi imitatori, dimostriamo che la vita di un uomo vale per sé
stessa e non per l’opinione di qualcun altro che giudica commettendo un
sopruso, quello che fa Gesù è un atto d’amore disinteressato, impariamo da Lui
e liberiamoci dal cuore di pietra.
venerdì 3 novembre 2017
Di chi sono figlio?
Nel
Vangelo il Signore parla della distinzione tra i figli del diavolo e i figli di
Dio, in che cosa consiste tale distinzione? Prendiamo in esame una metafora sempre
del Vangelo: “Non può un albero buono
produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni; una pianta
la si conosce dai suoi frutti”, c’è anche una breve parabola che descrive
la medesima cosa ma con una diversa prospettiva, un contadino che trova una pianta
nel suo giardino che non offre frutti, allora dopo aver informato il padrone
riceve queste istruzioni: “Se non produce
frutti tagliala, perché deve sfruttare inutilmente il terreno?”, ma il
contadino intercede dicendo: “Lasciala
ancora un altro anno in modo che la concimi e la curi, se non darà frutti la
farai tagliare”. Chi sono i figli del diavolo? Sono coloro che amano la
beatitudine voluttuaria e che commettono tutti quei peccati contrari ai
Comandamenti, che nella vita non portano nessun frutto conforme alle virtù, sono
i bugiardi che non amano e quindi non agiscono in conformità al bene del
prossimo, che non hanno compassione, che disprezzano la fede e la preghiera,
che antepongono la propria vita a quella degli altri disprezzandola, insomma che
nelle loro attitudini e nel loro comportamento somigliano al diavolo. Cosa
significa somigliare al diavolo? Direi che per comprenderlo sia sufficiente
accorgersi di certe cose attorno a noi, nella vita di ogni giorno. Chi sono i
figli di Dio? Sono le persone sincere che non si nascondono dietro una maschera
di cartapesta, quelle maschere carnevalesche dai tratti sarcastici che lasciano
intendere verità nascoste e poco attraenti o talvolta addirittura ignobili, sono
le persone dal cuore puro capaci di pensare anche alla vita dei più deboli,
sono le persone dalla condotta gentile che si preoccupano per gli altri, che
coltivano con una serie di scelte positive la sensibilità della propria
coscienza, l’empatia cioè il sapersi mettere nei panni degli altri, il saper
amare e lasciarsi coinvolgere dalle sofferenze altrui, sono coloro che
perdonano per amore di Dio e che cercano la pace rigettando ogni forma di
violenza, che pregano con i sentimenti benevoli del proprio cuore, perché hanno
sentimenti benevoli, che pregano sul serio conformando le parole a ciò che Dio
vuole, e per sapere cosa vuole Dio basta leggere il suo Vangelo. Tante persone
sono fatte così, persone nascoste e silenziose, persone che stanno fuori dal
palcoscenico del mondo a cui non importa niente dell’approvazione e del vanto,
persone veramente umili. E’ faticoso per i figli di Dio abitare in un mondo
come questo, perché questo è il mondo del diavolo, è il mondo della falsità e
della violenza, è il mondo della cattiveria e dell’egoismo. Chi vuole vivere con
coerenza da cristiano deve pagare talvolta un prezzo molto caro, gli altri capaci
di qualsiasi compromesso si trovano invece a proprio agio idolatrando il
denaro, il benessere e le cose materiali nel menefreghismo vicendevole e nella
ricerca ossessiva della soddisfazione carnale. Chi crede in Dio e davvero lo
ama si comporta di conseguenza, direi che le persone così sono anche quelle che
dimostrano di avere senno.
venerdì 20 ottobre 2017
Le lacrime per quel che accade
Certa
cronaca che tratta di fatti tragici mette molta tristezza e fa anche piangere
quando a soffrire e a perdere la vita sono persone innocenti, deboli e
indifese; penso che certe cose accadano anche per colpa di quel male terribile
che infesta le città della nostra epoca moderna e che si chiama indifferenza;
tanta sofferenza, solitudine e indigenza potrebbero non esserci e addirittura
dei drammi potrebbero essere evitati se ci fosse alla base dello stato sociale
un vero e benevolo interesse per le persone, penso che purtroppo oggigiorno non
ci sia interesse per gli altri chiunque essi siano, non ci sia interesse per
nessuno, e questa è la causa primaria di tanti mali che potrebbero essere vinti
e superati. C’è qualcosa che non funziona nella società perché invece di
risolversi, molti problemi di persone fragili e bisognose vanno peggiorando e
talvolta culminano nel dolore e nell’abbandono, o addirittura nella morte.
Talvolta mi interrogo su che cosa potrei fare io per chi è in difficoltà e ha
bisogno di aiuto, ma non trovo delle risposte traducibili nel concreto… non
basta un piccolo contributo economico e una buona parola, occorre fare di più. Gli
altri sono come noi, hanno i nostri stessi sentimenti, le nostre stesse
speranze, il nostro stesso anelito alla felicità, desiderano innanzitutto
essere accettati e sentirsi amati e compresi. Ci sono persone che si spendono
sul serio per gli altri e disinteressatamente per un sincero desiderio di
soccorrere e di lenire la sofferenza, insomma di fare quello che è possibile
dimostrando che gli esseri umani non sono tutti malvagi e menefreghisti, perché
ci sono persone ancora capaci di provare compassione mettendosi nei panni di
chi incontrano e ciò di cui non sono capaci è voltare le spalle a chi gli
domanda aiuto. Vedo tante persone camminando per la strada o andando in posti
diversi e la gente che incontro difficilmente mi comunica l’impressione di
essere cattiva, la gente è ordinariamente buona ed è giusto fidarsi degli altri
quando riconosciamo in essi dei principi solidaristici o addirittura l’amore
cristiano. Le cronache sui giornali e in televisione ci presentano un mondo
violento, egoista e confuso ma sono convinto che per ogni azione cattiva di cui
parlano i media ce ne siano altre dieci buone che rimangono nascoste e che vede
soltanto il Signore o pochi che se ne accorgono; non mi piace seguire certe
cronache perché si tratta di una forma di alienazione, è anche qualcosa di
perverso del genere “meglio sia capitato
a loro che a noi”; la realtà e intendo quella che circonda ogni persona, è
la realtà immediatamente usufruibile, contingente e che non si trova in chissà
quale sperduta parte del mondo, è il nostro mondo qui e adesso ed è quel mondo
che noi dobbiamo cercare di rendere più vivibile, conformemente alle sincere e nobili
aspirazioni del cuore umano e non soltanto per noi stessi ma per il prossimo che
incontriamo e nei cui confronti abbiamo dei doveri di amicizia e condivisione, quindi
di carità: sono doveri che ci responsabilizzano nei confronti di Dio e che si
riassumono nelle parole del Vangelo “quello
che avrete fatto a uno soltanto di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete
fatto a me”. Siamo molto lontani dalla civiltà dell’amore ma se ci fosse in
tutti un briciolo di buona volontà, ciascuno nel proprio ambito, ci avvicineremmo
passo dopo passo alla concretizzazione dell’ideale cristiano, e il mondo
diventerebbe bello e forse anche i contenuti dei media presenterebbero con
maggiore enfasi le cose positive e non sempre o quasi sempre quelle negative,
che talvolta fanno davvero piangere.
giovedì 12 ottobre 2017
Amare il Signore nella speranza
Questa è una poesia che ho scritto per la festività dei Santi e dei defunti, festa della speranza cristiana che richiama alle verità della fede e non a quel paganesimo serpeggiante con cui oggi molti miscredenti vogliono indottrinare le giovani generazioni
Non passa
giorno che il volo di un rapace ghermisca la mia anima facendomi sentire
estraneo al conviviale ritmo dei saluti e degli sguardi
Ci sono
giorni in cui l’anima si sente fuori dal mondo pur riconoscendolo per proprio
ma con distacco e superficiale negazione
C’è un
solo giorno in cui non riesco a capire la differenza tra la buona educazione e
il disprezzo per l’altro chiunque esso sia
Quel
giorno è fermo dentro di me e non mi lascia mai, è un giorno carico di pensiero
ma con un solo sentimento
E’ il
giorno della memoria, giorno severo che richiama indietro antichi fantasmi
paurosi che con il trascorrere del tempo si sono fatti più vividi e persistenti
Hanno
forma e contenuto, sono densi di pianto e non desistono dal proposito di
coinvolgermi nel loro girovagare tra i vivi che ignorandoli gioiscono
illusoriamente
Quelle
pareti dall’intonaco scrostato trasudano dolore umano, sono sensazioni ma è
anche la verità e non la si può tenere nascosta all’infinito
Questo è
il giorno che ha fatto il Signore, direbbero gli ipocriti predicatori che nella
mano innanzi a sé tengono il Vangelo e in quella nascosta dietro di sé l’artefatto
della cupidigia
E’ il
giorno della memoria, una domenica come un’altra senza spazio l’una dall’altra
a parte la routine del lavorare e del riposare nella propria famiglia, culla
della società e paradigma di civiltà
Ancora un
altro giorno ed è lo stesso, lo stesso di ieri e lo stesso di domani . . . ma
avrò ancora la possibilità di amare?
Questo è
il giorno che ha fatto il Signore, li ha fatti tutti ma uno soltanto ha
domandato per sé, perché l’uomo si dimostrasse fedele facendo il suo bene,
ricevendolo in dono da Colui che vuole il suo bene
Ancora un
altro giorno ed è lo stesso, lo stesso di ieri e lo stesso di domani . . . ma
avrò ancora la possibilità di perdonare?
E’ un
edificio costruito da mani esperte e fatto di dura pietra quello che mi
imprigiona in questo mondo, questa casa l’hanno fatta gli angeli e soltanto
loro la possono demolire
Nel
giorno prestabilito in cui il Signore dirà: “Lo voglio”, allora le mie labbra saranno baciate da un angelo buono
che mi accompagnerà ad una nuova casa
Nel
giorno prestabilito dal Signore, quello sarà per tutti il giorno della memoria,
non perché andrà ricordato ma paradossalmente perché tutti se ne
dimenticheranno . . . ma non il Signore della vita che lo conserverà nel suo eterno presente
Mia madre
e mio padre sono dentro quel giorno, attraverso di loro Dio mi ha dato la vita
e loro sono dentro quel giorno che appare distante e sconosciuto ma
verosimilmente è già qui
L’amore
di Dio è più forte di tutto, il male è sconfitto e il bene ha trionfato, l’amore
di Dio ha prevalso sull’odio ridondante di coloro che ostinatamente non
vogliono amare e sono nemici della compassione
Questo è
il nuovo giorno, l’alba della memoria che sorge luminosa e non avrà mai
tramonto . . . è qui adesso, non nel domani
giovedì 28 settembre 2017
Tutti hanno degli amici in Paradiso
“Gli
angeli nella vita della Chiesa e tra i fedeli sono poco invocati, raramente e
con formule tradizionali si domanda il loro aiuto, il loro conforto e la
loro protezione, è una pratica quella della preghiera agli angeli santi che
andrebbe riscoperta e restituita alla sua componente cristiana, alla devozione;
se si invocano gli angeli si disperdono i demoni e si vanifica la loro attività
nefasta nei confronti dell’uomo, è utile e necessario pregare gli angeli del
Signore, loro ci amano e sono desiderosi di soccorrerci e di educarci con le
loro buone ispirazioni; tutti noi abbiamo un angelo custode secondo la
Tradizione, un angelo a cui siamo stati affidati da Dio fin dal grembo materno,
ma occorre avere l’umiltà di imparare a pregare i nostri cari angeli. Nella
Sacra Scrittura ci vengono presentati alcuni angeli particolari e importanti
che sono san Michele, san Gabriele e san Raffaele, ciascuno di essi ha un ruolo
in riferimento alla nostra umanità e all’opera salvifica di Cristo”.
Questa che segue è una preghiera antica in
cui si invoca l’angelo custode domandandogli di guidarci sulla via del bene e
di proteggerci dal male.
Angelo benignissimo, mio custode, tutore e
maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere ed amico fedelissimo,
a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui
nacqui fino all’ultima ora della mia vita. Quanta riverenza ti debbo, sapendo
che mi sei dovunque e sempre vicino!
Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare
per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti mio
assistente e difensore! Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi
e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio.
Non permettere che io faccia cose che offendano
la tua santità e la tua purezza. Presenta i miei desideri al Signore, offrigli
le mie orazioni, mostragli le mie miserie ed impetrami il rimedio di esse dalla
sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima tua
Regina.
Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua radiosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare insieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.
Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio. In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua radiosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare insieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.
lunedì 25 settembre 2017
La visione cristiana della vita
Una
delle insidie più astute del maligno è farci attribuire a Dio tutto
ciò che contraria le nostre aspettative di bene, identificare Dio
come l’antagonista della nostra felicità; questo mondo è una
valle di lacrime e la sofferenza è ineliminabile, il Signore non ha
redento l’uomo esentandolo dalla sofferenza ma prendendola su di
sé, Lui innocente con le innumerevoli schiere dei martiri innocenti;
meglio le lacrime che ci accomunano a Cristo e alla sua santa Madre
che il peccato che ci accomuna al diavolo le cui intenzioni sono note
a chiunque sia minimamente avveduto, tentare al peccato per mettere
le anime nella condizione dell’impenitenza per poi prenderle e
farle sue per l’eternità. Cristo si è immerso nella condizione
umana fino a toccare il suo abisso di perdizione, per poi redimerci
con la risurrezione; la visione cristiana della vita dovrebbe
considerare l’immane tragedia umana, il suo carattere irrevocabile
e il suo culmine di lontananza dalla beatitudine e dalla sorgente
della Carità, per guardare alla Croce come allo strumento attraverso
cui il Signore ci ha liberati dalla nostra condanna, perché soltanto
Dio poteva prendere su di sé il male per liberare l’uomo dalle sue
catene e dalla morte, e dal diavolo che come dice la Scrittura è
colui che della morte detiene il potere, ma Cristo con la sua
risurrezione lo ha spodestato e a noi ha restituito la libertà, ogni
anima è costata il suo sangue. Soltanto chi partecipa alla Croce di
Cristo può ottenere il frutto della redenzione, chi si ripiega sulla
vita presente e cerca il bene purtroppo malinteso in questa vita
miserabile si perderà; la salvezza eterna della propria anima deve
avere la priorità su tutto, perché come dice la Scrittura se si
perde l’anima cosa mai potrà dare l’uomo in riscatto di essa? è
l’unico bene necessario da perseguire e in un mondo di
cristianesimo secolarizzato e di materialismo esasperato questa
verità si è oramai allontanata dalle coscienze della maggior parte
dei credenti e delle persone di buona volontà. La risposta a questa
situazione di diffusa apostasia è la conversione a una vita conforme
alla legge di Dio, che come ogni cristiano dovrebbe sapere si
riassume nell’amare il prossimo concretamente e nel considerare il
Signore come il valore più importante, la persona più importante,
senza lasciarsi dominare dagli idoli che svuotano l’anima umana del
suo autentico significato e la privano del destino a cui è chiamata.
L’uomo non è mai disabitato, in esso o abita la grazia di Dio o il
veleno del serpente, l’uomo è una creatura a due dimensioni, una
terrena e una spirituale, chi trascura la dimensione spirituale
arreca un grave danno a sé stesso e di conseguenza anche al
prossimo. Uno dei mezzi fondamentali della grazia è la preghiera,
l’altro è l’amore coerentemente vissuto, l’amore per gli
altri: senza l’esercizio di questi mezzi ci allontaniamo da Dio e
le conseguenze sono purtroppo negative, molti nemmeno se ne
accorgono. Nella sua predicazione come pellegrino tra la gente
smarrita che incontrava Gesù diceva: “Il Regno di Dio è
vicino, convertitevi e credete al Vangelo”, l’anelito alla
liberazione dai mali presenti, il cambiamento di mentalità e di
convinzioni, e la fede nella parola che il Signore stesso annunciava,
questi tre elementi componevano il quadro della missione affidatagli
dal Padre. Sperare nella felicità terrena è una sciocca illusione,
la speranza del vero cristiano è quella nel Risorto, chi spera di
trovare quaggiù la gioia è ingiusto nei confronti di tanti fratelli
e sorelle che soffrono abbandonati e dimenticati, l’amore è
l’unica risposta razionale.
mercoledì 20 settembre 2017
Se ci si sente amati si ama con spontaneità
Le
persone che sono più vicine a Gesù sono quelle che amano di più il
prossimo e sentono il desiderio di fare del bene, se offese perdonano
presto e con sincerità, non riconoscono in nessuno un nemico ma un
fratello e una sorella, qualcuno che sbaglia può darsi ma senza
identificare la persona con quello che in essa non è giusto, o non
viene percepito come giusto nei nostri confronti. Gesù è una
persona reale a cui possiamo rivolgere l’attenzione e le nostre
parole con la certezza di essere sempre ascoltati, è il vero amico
che ha fiducia in noi e non ci abbandona. Se Lui ha sofferto tanto
per ciascuno di noi, Lui innocente e noi peccatori, questo pensiero
dovrebbe destare nei nostri cuori una profonda gratitudine, un sentimento di riconoscenza che
ci motiva a fare come Lui, a imitarlo esemplarmente alla maniera dei bambini nei
confronti dei propri genitori, per ogni cristiano è Gesù il modello
da seguire. Gesù ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile
di cuore”. La mansuetudine e l’umiltà di Gesù devono
commuoverci perché questi tratti della sua personalità ci rivelano
chi è Dio; Gesù ha un cuore benignissimo che predilige i semplici,
i piccoli, gli ultimi, i vulnerabili, i deboli ed è proprio Lui che
ci rivela che il rapporto con queste persone sarà la chiave che
aprirà, per coloro che le avranno amate con prodigalità e
partecipazione, la porta del Paradiso; Gesù ama tanto anche i
peccatori affermando riguardo a sé di essere il medico degli ammalati e di
non essere entrato nel mondo per chiamare a salvezza i giusti, bensì
i peccatori che lo avessero incontrato facendo esperienza della sua straordinaria misericordia attraverso un sincero pentimento e la revisione della
propria vita. Gesù ci vede sempre e ci ama sempre, è il peccato che
ci separa da Lui; meglio soffrire un po’ assieme a Lui che
allontanarci da Lui con il peccato. Quando divento consapevole che
Gesù mi ama, che per me ha dato la sua vita, che prima di me ha
sofferto Lui, tutto quello che per me prima era importante diventa
secondario, questo dettaglio da non trascurare è la cartina di
tornasole che ci dimostra se amiamo veramente Dio e se vogliamo
essere fedeli alla sua Legge, è la misura autentica della nostra
conversione. Questo discorso potrebbe sembrare una forma di
alienazione, ma non è così perché il Signore è una persona reale,
non è un personaggio della fantasia, ed è molto vicino, non è
lontano, estraneo o indifferente. La preghiera è il mezzo ordinario
per entrare in dialogo con Lui, occorre essere assidui nella pratica
della preghiera per sentire Dio accanto a noi, per sentirlo amico
anche nei momenti difficili, e quando ci sembra di essere abbandonati
la preghiera diventa il nostro rifugio sicuro, come il grembo
materno, dove riposare ed essere cullati da chi ci ama sul serio. Gli
alienati cercano consolazione dai propri simili, o ripiegandosi sui
beni effimeri di questo mondo che passa, chi cerca il conforto di Dio
vive con i piedi ben piantati per terra e senza nemmeno accorgersene
acquisisce la vera saggezza.
giovedì 14 settembre 2017
La forza della vita
Nella
creazione esistono due forze che combattono l’una contro l’altra,
sono la vita e ogni negazione di essa, perché le negazioni della
vita sono molteplici ma con un unico comune denominatore, la pulsione
di morte; la vita è un enigma tra i più grandi ed irresolubili,
nessuno ad oggi può dire con certezza quale sia l’origine della
vita, perché nessuno lo sa veramente, ci sono diverse ipotesi e la
ricerca è in continuo movimento. La vita sul piano fisico è una
sintesi chimica altamente sofisticata e di cui si conosce una certa
percentuale di realtà, la vita è un complesso agglomerato di
sostanze e un insieme di leggi che sono quelle che stanno alla base
del nostro mondo ordinato e bello. Nessuno conosce l’origine della
vita, per i credenti è Dio e per gli agnostici è semplicemente
qualcosa a cui la scienza non ha ancora dato risposte esaurienti o
una risposta definitiva; se la vita ha una connotazione di
inviolabilità e sacralità è perché la coscienza dell’individuo
si è formata alla scuola della spiritualità cristiana e del
convincimento nel soprannaturale, senza questi cardini la vita ed in
particolare quella umana può semplicemente dirsi un bene di consumo
di cui si può disporre a proprio piacimento. Personalmente rispetto
la vita e la ritengo il valore più importante, in ogni vita anche
nella più disagiata e mortificata c’è una scintilla del divino, o
meglio un fuoco catartico che si pone oltre le barriere della materia
e che la coinvolge, qualcosa di sconosciuto e misterioso. E’
necessario combattere per difendere la vita, perché è sempre
minacciata; paradossalmente la vita è minacciata soprattutto dalla
creatura che è posta al vertice nel contesto dei vari gradi che la
costituiscono, se fosse davvero buono l’uomo dovrebbe sentire la grande responsabilità di
esserne il custode; la vita sussiste nella biosfera a cui tutti apparteniamo, senza questa feconda madre il mondo sarebbe un
luogo di desolazione, solitudine e morte… la dimora dei demòni,
perché tradizionalmente nella nostra cultura e anche in altre il
deserto, a causa della privazione della vita, è la casa del diavolo
e così tutti i posti similari. Se il diavolo perpetra la morte, Dio
è il difensore della vita, ma Dio non è quaggiù perché abita una
luce inaccessibile, noi invece siamo qui e possiamo scegliere da che
parte stare.
domenica 20 agosto 2017
Quando il Vangelo cambia la vita
C’è
qualcosa nella dottrina di Gesù che emerge da tutto il Vangelo, il
suo interesse rivolto all’interiorità dell’uomo e il suo
detestare la vanità e le apparenze. Gesù libera dal male ma ci dice
anche che la liberazione inizia con la nostra conversione personale,
in cosa consiste la conversione? Semplicemente nel conformare la
propria vita ai Comandamenti o meglio tendendo ad essi, conformando la coscienza ad un ordine morale che viene dall’alto, che supera la natura con la sua componente di corruzione. Una persona che ama Dio necessariamente
ama i suoi Comandamenti e gli riesce facile osservarli, anzi metterli
in pratica ogni giorno in un itinerario di conversione. Chi disprezza
i Comandamenti non riconosce più negli altri coloro ai quali è
dovuta la compassione e la stima, ha perso di vista il valore
dell’altro, non si riconosce nell’ideale cristiano. Gesù ha
perdonato tutte quelle persone che avevano un’apertura di cuore,
non ha potuto perdonare coloro che come gli scribi e i farisei si
ritenevano esenti da qualsiasi colpa pur commettendone di gravi; il
senso del perdono risiede nella contrizione, nel riconoscere di aver
commesso il male o di vivere abitualmente nel male, non può essere
perdonato da Dio colui che non vuole il perdono, e chi è colui che
non vuole il perdono? La persona che si sente apposto, che si sente
al di sopra delle proprie responsabilità nei confronti del prossimo,
quindi chi offende gravemente i Comandamenti. Ai condannati a morte
di certe epoche i monaci e i preti offrivano il Crocifisso da baciare
prima dell’esecuzione, quel semplice gesto a cui si accomunava la
contrizione portava alla salvezza dell’anima, come per il buon
ladrone crocifisso assieme a Gesù. Vivere il Vangelo significa
vivere il mondo interiore, è un rivolgere l’attenzione alle realtà
invisibili, quelle dell’anima, ha inizio da un atto di fiducia e
abbandono; vivere il Vangelo è accorgersi del valore dell’altro
per distogliersi de sé e guardarsi dentro, questo è il cuore del
Vangelo: ama il tuo prossimo e dimostralo coi fatti, il resto è
banale retorica e si sa che molto spesso le parole non sono altro che
una nuvola di fumo che si disperde. Dio conosce ciascuno di noi,
conosce la verità riguardo a ciascuno di noi, per Lui l’ipocrisia
è un vetro trasparente, infatti Dio guarda al cuore e soltanto Lui
giudica e retribuisce, nessuno lo può ingannare per quanto abile sia
ad ingannare gli uomini. Dio ama la verità tanto da identificarsi
con essa e non in una proposizione filosofica, ma bensì in chiave
ontologica: Via, Verità e Vita dice di sé.
martedì 15 agosto 2017
Che cos'è l'amore tra due persone
Talvolta
le alchimie della mente ingannano la consapevolezza che abbiamo della
realtà, quando sentiamo amore nei confronti di una persona anche gli
aspetti negativi che a poco a poco si rivelano nel tempo risultano al
cuore irrilevanti; c’è un vecchio detto che recita così: “L’amore
è cieco”, ma quando l’amore non è un illudersi apre gli
occhi ad una nuova dimensione, rende capaci di vedere l’invisibile,
questa capacità innata che ognuno può affinare si chiama empatia,
cioè la capacità di vedere dentro le persone, di ascoltare il loro
cuore nel proprio. L’empatia purtroppo porta in sé una grande
capacità di sofferenza, non si può amare il prossimo a cominciare
dalle persone che ci stanno più vicine, senza esperimentare il
dolore dell’anima. Le cronache ci parlano spesso di uomini che
fanno del male alle donne, di donne che hanno amato uomini che si
sono rivelati malvagi, non malati psichici come vorrebbe qualcuno,
bensì malvagi, dei manipolatori perversi, dei violenti. La violenza
nei confronti di una persona, che sia violenza fisica o psicologica,
non è mai amore o affezione amorosa, è senza ombra di dubbio una
forma di odio, è prevaricazione del forte sul debole; l’amore non
fa del male al prossimo, non fa del male a nessuno e quelle donne che
si innamorano di uomini violenti sono state ingannate e meritano
comprensione e aiuto. L’amore non strumentalizza l’altro, e
nemmeno il suo corpo che non è una cosa come si intende nella
pornografia o nella prostituzione, il corpo di una persona è parte
della sua dignità, va trattano con assoluto pudore e deve servire
agli scopi nobili della vita nella castità, è spirituale e
trasmette al prossimo l’anima con i suoi attributi. Il vero amore
manifesta mansuetudine e tenerezza, protezione e la forza di un
sentimento sincero che per sé non domanda nulla. L’amore tra un
uomo e una donna è autentico se tra i due vi è reciprocità benigna
e volontà di amarsi fedelmente, rispetto e abnegazione, inoltre è
autentico se tra i due vi è apertura agli altri, quell’apertura
propria dei cristiani che si chiama carità. Senza amore la civiltà
crolla, come accadeva nelle epoche antiche, senza amore che è
desiderio del bene altrui la civiltà diventa un groviglio di serpi.
Non si può amare a parole, si deve amare con i fatti. La società
degli uomini è così cattiva che questo breve discorso appare come
un assurdo vaneggiamento, come la proposta morale di uno sciocco: l’esperienza
smentisce ogni proposito positivo, ma è bello sperare che le cose
cambino.
domenica 13 agosto 2017
Le tre gemme della luce
Raikoh
era un principe, l’ultimo discendente di una dinastia decaduta;
combatteva con coraggio le ombre nere, delle creature malefiche
intente a mettere gli uni contro gli altri i figli degli uomini. Le
ombre nere vagabondavano dappertutto sul vasto territorio che riuniva in
sé la gloria dei sette regni, cercavano chi ingannare persuadendo i
malcapitati a odiare chi la propria moglie, chi il proprio marito,
chi la madre o il padre, chi i figli, chi gli amici o coloro che si
hanno accanto da una vita per i più disparati motivi e nei cui
confronti da sempre si prova affetto. Raikoh era anche un cacciatore, viaggiava instancabile attraverso i sette regni con un unico scopo, quello di
mandare in frantumi i piani delle ombre nere. Possedeva l’arma con
cui poter combattere e distruggere le ombre nere, quest’arma
risiedeva in tre gemme mistiche: il suo cuore puro, la preghiera del
salterio angelico e l’amore per il prossimo. Le ombre nere avevano
un capo, colmo di odio, invidioso e molto superbo, che prima del
sorgere di ogni alba, ancora immerso nelle tenebre della notte,
chiedeva conto ai succubi di ogni perfido misfatto; un succube del
tenebroso gli domandò: “L’Innominabile ha molte anime che
pregano e c’è troppa luce che ci spaventa e ci scaccia, cosa
dobbiamo fare?”, ed egli rispose: “Fateli disperare della
vita affinché si ripieghino su sé stessi e smettano di pregare”,
“Abbiamo provato ma qualcun altro prega per loro e la speranza
rimane sempre accesa”, allora il tenebroso con voce rauca e
rabbiosa così disse: “E’ la grazia che rimane accesa nel
cuore degli eletti, è la perseveranza, è la buona volontà, tutto
questo bene è qualcosa che mi disgusta!”. “E quel
Raikoh?”, “Fate in modo che lo uccidano, perché costui
conosce la Verità”. E le ombre nere si misero alla ricerca del
principe aureo con la convinzione che gli idolatri amanti del mondo, avendo in
odio ogni cosa spirituale, accorgendosi del benedetto lo avrebbero
perseguitato con odio veemente e lo avrebbero ucciso così da
favorire la loro opera seduttrice. Raikoh era intento a purificare
una vasta area dove sorgevano abitazioni rurali, case in cui
abitava gente semplice ma buona; le ombre nere lo videro da lontano e
scorsero la luce, quindi non si avvicinarono troppo. Non troppo
lontano c’era anche la casa di un uomo solitario che nel passato
commise tanti gravi peccati per il desiderio del denaro e del potere,
andarono da lui. “La luce prevale un po’ ovunque e tu da
sempre sei nostro, noi ti promettiamo grandi tesori se farai morire
quel tale”. Allora l’uomo si alzò e si mise subito in
cammino. Trovato Raikoh il quale come sempre era pacifico,
inoffensivo e indifeso, estrasse uno stiletto acuminato intriso del
veleno letale di una serpe rossastra; avvicinandosi senza timore e
senza alcuna difficoltà lo trafisse al cuore e il giusto che amava
la Verità cadde. Un angelo del Signore lo vide e lo prese tra le sue
braccia per portarlo in Paradiso, l’angelo pianse e si turbò per
la durezza del cuore di quell’uomo solitario, era un uomo cattivo.
Ma l’angelo ricevette un comando e lo riaccompagnò sulla terra,
l’angelo disse a Raikoh: “Ti è stato concesso del tempo per
portare la luce anche a quell’uomo che ti ha ingiustamente
trafitto”, ed egli sorrise dicendo: “Lo voglio con me in
Paradiso”. Qualche anno dopo l’uomo fu liberato dalle catene
delle ombre nere e pianse per tutto il male che aveva fatto, il suo
cuore trovò la pace e la preghiera rifulse perché luce. Con il
trascorrere del tempo la luce rifulse vittoriosa nei sette regni, perché la
grazia e la preghiera oramai permeavano le menti e i cuori di
numerose persone e la Verità fu conosciuta e amata, non ci fu più
posto per le ombre nere che tornarono nell’abisso da dove erano
venute, tornarono laggiù in quel pozzo immenso, orrido e sinistro
dove ad attenderle sedeva sul suo trono il tenebroso, che non smise
mai di odiare e di maledire.
giovedì 10 agosto 2017
Le comunità del diavolo
C’era
una volta una comunità religiosa dove ciascuno aveva a cuore la
felicità terrena, in gruppo chiedevano a Dio i beni materiali in
cambio di una miserevole lode. La testimonianza di chi si riteneva
benedetto dal Cielo consisteva nel redarre la lista dei benefici che
il Signore aveva concesso nella sua bontà; nel loro pensiero
malinteso, falso e contorto finché Dio gli elargiva ciò che li
rendeva felici andava pregato e amato, appunto perché buono. Accadde
un giorno che la menzogna fu smascherata, appena fecero esperienza
della Croce di Cristo, sì perché Dio è un Dio crocifisso che non
ha mai promesso a nessuno la felicità terrena, i beni materiali, il
successo o la salute del corpo, né tantomeno il piacere che molti
uomini perseguono avidamente. Un antico motto riguardante la Croce recita così : “Se l’accogli ti sostiene, se la rifiuti ti
schiaccia”, e poi tutti dovrebbero sapere che chi ama veramente
Gesù ama la Croce e la porta volentieri e con gioia, e chi ama
veramente il prossimo vede nelle sue sofferenze e nelle sue
umiliazioni il tanto benignissimo Gesù e ne prova compassione e il
desiderio di fare come ha fatto il Cireneo sulla via dolorosa, di
fare come ha fatto la Veronica e di stare accanto alla Madonna in
lacrime come il giovanissimo apostolo Giovanni. Quando sopraggiunse
la sciagura, prima in un modo e poi in un altro, tutti bestemmiarono
Dio in faccia, anzi pervennero alla pervicace convinzione che Dio sia
soltanto un personaggio di fantasia, anzi peggio che Dio sia cattivo;
ciascuno di quei poverini arrivò ad affermare con assoluta
blasfemia: “Un Dio così io non lo voglio!”, e in cuor
loro lo rinnegarono giustificandosi con queste sciocche parole: “Noi
scegliamo la vita”, in realtà commettendo un grave peccato
scelsero satana che tutto contento si prese quel malloppo di anime.
Da gregge di pecorelle divennero caproni, e il buon pastore divenne
il lupo rapace. La vita è passeggera e per tutti coloro che vengono
al mondo è un tempo di prova, è il tempo concesso dalla divina
provvidenza per dire di sì al Signore oppure per rifiutarlo, è il
tempo per credere e per convertirsi oppure per cadere sempre più nel
peccato e nell’impenitenza. Di fronte alla libertà dell’uomo
l’onnipotenza di Dio è annichilita, diventa un nulla, tanto è
profondo il rispetto e alta la considerazione che Egli ha nei nostri
confronti: non siamo burattini, siamo creature nobili e l’amore è
davvero autentico se procede da una mozione della nostra volontà,
come recita una preghiera ebraica: “Ti siano gradite Signore le
mie parole e le espressioni del mio cuore”; la libertà e la
volontà stanno alla base della nostra dignità di persone, senza
libertà non si può scegliere di amare, senza libertà non ci
sarebbe amore… purtroppo con la libertà c’è anche il male, che
è un grande mistero e che deturpa l’opera del Creatore. Il Signore
permette il male, ma ciò non significa che lo voglia, lo permette
per delle ragioni che all’intelligenza umana resteranno sempre
quasi del tutto ignote.
sabato 5 agosto 2017
Del saggio e del folle
Quando
guardiamo il volto di una persona cara a cui vogliamo bene, che cosa
scorgiamo? Quando un ragazzo si innamora di una ragazza, che cosa
scorge nei suoi occhi? Quando incontriamo una persona che soffre e ci
domanda aiuto, che cosa sentiamo dentro di noi? Le risposte a queste
domande sembrano scontate ma non è così, per ciascuno di noi ad
ogni domanda corrisponde una risposta differente, per ciascuno di noi
è differente il modo di sentire il prossimo e di relazionarci con
gli altri. Spesso entriamo in contatto con chi ci circonda e non
proviamo alcun sentimento: nei confronti di uno sconosciuto che viene
oppresso o vilipeso, noi che cosa proviamo? Qualcuno potrebbe anche
rispondere ‘niente’. Al mondo non c’è quasi nessuno che ama il
suo prossimo, i benefattori che predicano l’amore per il prossimo
sono i primi a vivere in un cinismo spietato, spesso è così.
Dovremmo pensare che l’altro è come noi e provare a stare nei suoi
panni per convincerci a fare qualcosa per aiutarlo, questo
atteggiamento di fondo ci rende veramente umani. La sensibilità che
ci spinge a compatire qualcuno che attraversa una situazione
difficile, una situazione di solitudine e di disagio, quella
sensibilità che talvolta ci fa piangere, è un connotato saliente
dell’amore. Chi ama per davvero non può che essere una persona
sensibile, altruista e generosa, che sa uscire da sé stessa ed è
capace di pensare anche al bene delle persone che incontra attraverso
l’itinerario della propria vita. Quante persone sono fatte così?
Se guardo a me stesso dovrei sperare di essere così, per dimostrare
che le creature umane non sono tutte affette da una malvagità
congenita. Cambiare innanzitutto noi stessi per contribuire a
cambiare il mondo è un’affermazione assurda, perché per cambiare
occorre rinunciare al mondo. Non si può cambiare senza distinguersi
dal mondo e senza farselo nemico. Per cambiare è necessario
rinunciare a quei valori che sono propri della mentalità del mondo e
che sono contrari alle virtù, alla moralità e alla compassione. La
ragionevolezza è dissimile dalla follia, cerca di stare in disparte
mentre il mondo vive di teatralità e apparenza; la ragione cerca dei
significati e delle motivazioni per agire e per agire a fin di bene,
la follia è nociva per sé e per gli altri. La ragione comprende e
sceglie la verità, la riconciliazione e la pace; la follia non
comprende e ostenta conoscenza e buon senso, la follia dice di sé
stessa di possedere la verità mentre quel che possiede è soltanto
il suo orgoglio e la sua presunzione; le persone ragionevoli guardano
a chiunque con benevolenza, sono facili al perdono, sanno piangere
anche per il nemico; le persone folli hanno perso la ragione e la
bussola per distinguere il bene dal male, per agire secondo
coscienza.
giovedì 3 agosto 2017
Gli incubi della notte
Negli
incubi notturni si palesano gli orrori, che non sono le paurose
figure fantastiche della mitologia onirica, bensì i mostri che
abitano quello spazio sottile e labile tra questo mondo e quello
sconosciuto; ogni orrore ha una sua specificità e un suo aspetto,
somigliano a creature grottesche che dai tratti somatici esprimono
odio, hanno una somiglianza vagamente antropomorfa e vogliono sempre
il male, è il loro chiodo fisso. Per allontanare gli orrori si porta
indosso il Crocifisso o una medaglietta raffigurante la Madonna o san
Michele, il Crocifisso è il simbolo della nostra salvezza, è il
Signore che ha sacrificato la sua vita per amore, che ha dato la sua
vita per noi; con questi oggetti benedetti e la preghiera cristiana
che li sacralizza si allontanano gli orrori o perlomeno non li si
asseconda e non si viene sopraffatti dalla loro seduzione. Per
consegnarsi a loro occorre commettere il peccato, e dev’essere un
peccato grave che spegne in noi la carità e ci separa da Dio. Gli
orrori sono molto furbi, conoscono tutte le vulnerabilità della
creatura umana, la sua fragilità e le sue tendenze cattive e se ne
approfittano ad ogni occasione propizia. Gli orrori sono anche molto
forti, nel senso che le loro arti malefiche vanno ben al di là del
mondo di quaggiù che soggiace alle leggi fisiche, come quelle dello
spazio e del tempo, e non c’è un luogo al mondo dove non possano
intrufolarsi abilmente. Li si combatte con le armi della luce, che
sono la preghiera, il sacrificio e l’amore; occorre vigilare sempre
e stare in guardia poiché loro non dormono come noi, non dormono mai
e talvolta entrano nei nostri sogni e cercano di prenderci, ci
desiderano come se fossimo delle prelibatezze culinarie. Quando siamo
svegli non li si può vedere in giro tanto facilmente perché sono
invisibili e si tengono ben nascosti, ma loro sono sempre attorno a noi e ci
guardano con quegli occhiacci perfidi, invidiosi e malevoli. Ricordiamoci perciò
del nostro caro angelo custode, tanto buono e pieno di amore, che ci
sta accanto, che cerca di aiutarci e desidera essere invocato con
la preghiera, non trascuriamolo perché l’angelo del Signore vuole
il nostro bene e la nostra salvezza; se i demoni ci attorniano
chiamiamo lui o gli altri angeli come san Michele affinché non
manchino di aiutarci, difendendoci e liberandoci dalle loro trame
oscure talvolta intessute con la complicità di uomini empi. Gli
angeli sono poco invocati con la preghiera cristiana, oggigiorno sono
poche le persone che trovano buona e confortante la preghiera,
occorre sapere che qualsiasi preghiera è ascoltata e chi ascolta le
nostre preghiere ci ama molto, pregare non costa tanta fatica ed è
la risposta giusta al male che ci circonda o che subiamo, è
indifferente che siano demoni oppure uomini i responsabili; noi
preghiamo ritagliandoci tanti momenti preziosi durante il tempo che
Dio ci dona da vivere, preghiamo esercitando le tre grandi virtù cristiane che
sono la fede, la speranza e la carità, inoltre domandiamo nel
combattimento tanta pazienza e anche la virtù della fortezza. Dio ci
ama e ci pensa sempre, amarlo e pensarlo è da persone savie.
sabato 29 luglio 2017
La buona volontà
La
spiritualità cristiana lo chiama esame di coscienza, la modernità ha conferito a questo esercizio il nome di analisi psicologica o autoanalisi,
introspezione, guardarsi dentro, conoscersi; sono convinto che più
una persona si conosce più diventa consapevole del suo lato oscuro,
delle sue tante negatività, smettendo di ritenersi buona a paragone
dei suoi simili. La via per liberarsi dalle negatività è dire
sempre no a quel che nella mente riconosciamo come sbagliato, se
messo a confronto con la morale naturale e non con la morale
relativa. La differenza tra la morale naturale e la morale relativa è
che la prima si trova scritta dentro di noi, ci rende capaci di
distinguere autenticamente il bene dal male, la seconda è una
caricatura che noi ci facciamo del bene e del male applicando criteri
egoistici o ideologici; la colpa è una nostra volontaria adesione a
ciò che è male e il radicamento in esso, con la conseguente perdita
di sensibilità e di pentimento: per la salute dell’anima è un
veleno mortifero, a somministrarcelo sono i demoni che in noi trovano
collaborazione e abbandono. Cadere nella colpa significa separarsi da
Dio che è la vita delle anime, cadere nella colpa significa
essenzialmente morire, anche se biologicamente rimaniamo desti. Le
lacrime del pentimento, la contrizione, la conversione, il cambiare
mentalità e comportamento ci restituiscono la vita e la preghiera
che manifesta la nostra fede ci ottiene il perdono e la salvezza.
Quante confessioni sacrileghe fatte con insincerità e senza un vero
dolore per non aver amato, per non aver voluto perdonare chi ci ha
fatto del male: ma quanto è importante il Sacramento della
riconciliazione e del perdono, è il sangue di Cristo che ci lava dai
peccati e ci restituisce la vita di grazia, la vita in comunione con
Dio, è il sangue di Cristo sparso per noi sulla Croce che ci libera
dalla schiavitù del diavolo. San Giovanni ha scritto che chi ama
passa dalla morte alla vita, ottiene da Dio, dalla sua misericordia,
la salvezza della propria anima. Per radicarsi nel bene occorre una
profonda vita di preghiera, occorre pregare e chiedere al Signore di
perdonarci, ma ancor prima di concederci la grazia del pentimento,
che vale in misura della nostra conversione a Lui, alla sua Legge: è
così che si passa dalla morte alla vita, che si viene salvati. Sono
realtà invisibili ma concrete, perché riguardano la natura
dell’essere umano e il suo destino. Dio ci ha creati per Lui,
separarsi da Dio con il peccato equivale a consegnarsi al demonio e a
morire spiritualmente, soltanto la contrizione riaccende in noi la
carità e ci restituisce la vita, quella soprannaturale, soltanto le
lacrime del pentimento così come l’acqua del Battesimo all’inizio,
entrambe attingono a quella sorgente pura che è la Croce attraverso
cui siamo stati redenti e introdotti nella perpetua felicità. Chi si
rifiuta ostinatamente di credere e di convertirsi, si estranea da Dio
e dalle sue promesse, chi non crede neppure prega e non sente
l’esigenza di cambiare e di rinunciare al male, che non sente
neppure come tale, vive quaggiù senza la consapevolezza che dovrà
rendere conto di tutto, che dovrà essere giudicato e che potrebbe
essere condannato, è una condizione di schiavitù perché il cuore è
avvinto dalle catene con cui il diavolo ci ha fatti suoi, siamo le
sue prede. Amare è la medicina che guarisce facendoci figli di Dio,
dobbiamo riconoscerlo perché in questa verità si trova tutto il
nostro bene, la nostra salvezza e quella del prossimo.
giovedì 29 giugno 2017
La nostra promessa
Le
promesse che formuliamo nel ricevere il Battesimo sono essenzialmente due, la
rinuncia a satana e alle sue opere e la consacrazione a Dio conformemente alla
sua Legge, ma quali sono le opere di satana e in che cosa consiste la Legge di
Dio? Ci sono delle risposte antitetiche a entrambe le domande, come l’odio e l’amore
nelle loro molteplici espressioni, che tutti conoscono e che spiegare è
superfluo. L’egoismo e l’altruismo, la vendetta e il perdono, la purezza e la
sensualità, la mansuetudine e la violenza, l’umiltà e la superbia, della
superbia si dice che sia la radice spirituale di tutti i vizi o mali che
degenerano l’uomo verso il demoniaco. Gesù prometto di amarti, Gesù ti amo è la
sintesi di quella promessa che porta in sé ascolto e obbedienza il cui frutto è
la pace interiore, ma anche la bontà nei confronti degli altri. Amo soltanto me
stesso e faccio tutto in funzione di me stesso, gli altri in confronto alla mia
persona scompaiono, non valgono niente, Dio non esiste e pregare è una pratica
inutile, che senso ha la vita? soddisfare il mio egoismo, alimentare l’orgoglio
e perseguire finalità che sono proprie del materialismo e oggi del consumismo,
dove le cose materiali sono idoli a cui consegnare il nostro cuore e il piacere
o il benessere dei valori al di sopra di quelli morali. Gesù invece ha detto: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”,
in questa sua frase c’è un tratto bellissimo della Legge di Dio e della sua
osservanza, fedeltà che produce nell’immediato e nel futuro un’autentica
felicità rivelatrice di un ordine che non è di quaggiù. La nostra promessa è
amare Dio e il prossimo e per concretizzare questo proposito di bene esistono
tante modalità, tante quante sono le vite delle persone che abitano questo
mondo, la nostra promessa deve essere per sempre proprio come una
consacrazione, il Battesimo nella sua formula Trinitaria con l’acqua come segno
esteriore è una consacrazione alla vita cristiana e alla pienezza della vita
umana, il Battesimo libera dal potere delle tenebre e ci rende figli di Dio, è quindi l’esorcismo fondamentale, il Battesimo è la porta d’ingresso al Paradiso,
attua la salvezza operata dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo, è un
fatto e non un’idea. Chi può ricevere il Battesimo? soltanto coloro che non lo
hanno ancora ricevuto. Chi può amministrarlo? chiunque, purché vi sia il
proposito di fare ciò che la Chiesa si propone di fare, utilizzi la formula
Trinitaria e l’acqua. Il Battesimo attua la salvezza da parte di Dio per l’uomo
ed è il mezzo con cui si compie la missione della Chiesa, che consiste nel perpetuare
l’azione salvifica di Cristo. La sua virtù è puramente soprannaturale, decreta
la sconfitta di satana ad opera di Cristo per sempre. Rinnoviamo ogni giorno
attraverso la nostra preghiera personale le promesse battesimali associandole
al nostro impegno di conversione, per il nostro bene e per il bene del nostro
prossimo. Il Battesimo è autentico in tutte le Chiese cristiane, cattolica,
ortodossa e protestante, ci libera dal male e ci rende abitazioni di Dio,
templi vivi dello Spirito Santo... ma è necessaria la perseveranza nella grazia o carità. Sant’Agostino ha scritto molti secoli addietro che per la nostra salvezza c’è l’acqua del Battesimo e ci sono le lacrime della
penitenza, in entrambe deve esserci la preghiera perché la vita spirituale si
sostiene con la preghiera, respiro dell’anima e comunione con Dio. Chi rinuncia
alla preghiera, rinuncia alla vita, a quella vera.
giovedì 15 giugno 2017
Perché credere in Dio
“Se tu non mi stessi cercando significherebbe
che non mi hai trovato, ma proprio perché mi cerchi… senza saperlo mi hai già
trovato”, così talvolta il Signore parla al cuore delle persone; il
desiderio di dare un senso positivo alla propria vita è segno di buona salute psicologica,
spirituale e morale, coloro che si interessano soltanto della questione del
vivere e tralasciano di conoscere il perché del loro stare al mondo, sono persone
tanto misere quanto biasimevoli che si accontentano dell’ordinario e del
monotono. Sono convinto che se si leggesse il Vangelo non come una favola della
buonanotte ma conferendogli quel realismo che merita una cronaca storica
intessuta di fatti straordinari, convincendosi dell’esistenza del
soprannaturale, molto della nostra prospettiva esistenziale cambierebbe; forse
ci sono due possibili esiti a questa visione della realtà, o illudersi nel
fanatismo, o pervenire ad una equilibrata felicità che ci offre la chiave per
decifrare ogni cosa delle nostre vite, del nostro stare al mondo e del nostro
destino. Il messaggio fondamentale che ci viene dato dal Vangelo è questo: un
uomo è tornato dalla morte e ha dimostrato con qualcosa di così eloquente e
inequivocabile, quel che ha predicato nel corso della sua vita terrena riguardo
a sé stesso e a ogni creatura umana. L’ambito per accedere a questa verità
storica è e sarà sempre l’adesione di fede personale, ciascuno per sé senza che
altri possano intromettersi nella scelta di credere in qualcosa di sconosciuto
e inspiegabile. Questa scelta di credere io l’ho fatta e non mi sono mai
contraddetto riguardo alle convinzioni a cui ho aderito, anzi sono maturato e
penso di aver compreso quello che per tanto tempo ignoravo, o addirittura
disprezzavo con quel sarcasmo che i miscredenti hanno nei confronti di coloro
che vogliono proporgli una qualsivoglia verità precostituita. Nelle mie pagine
parlo spesso della fede, non per fanatismo ma perché penso si tratti di un bene
molto prezioso che tutti dovrebbero aver modo di possedere, non è qualcosa che
si conquista e poi si mette da parte dimenticandosene col tempo, è qualcosa che
va coltivato giorno per giorno; il mezzo più importante per pervenire alla fede
e conservarla è la preghiera, non tanto la preghiera come tale ma il perseverare
in essa, semplicemente la devozione o meglio la vita devota, non chissà quale
grande esercizio ascetico riservato a pochi eletti, semplicemente la preghiera
cristiana così come la tradizione di tanti secoli ci ha tramandato. Con una
similitudine la dinamica della grazia si può descrivere in questo modo: la
preghiera è l’acqua apportatrice di vita, la sana dottrina e cioè la conoscenza
della verità rivelata è la pianta che occorre coltivare, i beni che ne derivano
sono puramente soprannaturali, sono le virtù e il conseguimento della salvezza
eterna della propria anima. Appartiene tutto all’ambito dell’invisibile e dell’indimostrabile,
ma non per questo si tratta di assurde fantasticherie bensì di realtà, anzi è
la realtà costitutiva della natura umana e non si può né vedere né toccare,
come la maggior parte delle nostre facoltà. Credere
è una scommessa come diceva il filosofo e matematico Pascal, ma non più di
quel tanto perché la fede è plausibile e il nostro mondo è costruito da
innumerevoli illusioni che servono ad alienarci, a distrarci per farci perdere
di vista l’essenziale: non si deve mai rinunciare a dare un significato alle
cose, a spiegarle per conoscerle… si ama solamente ciò che si conosce a fondo o
si cerca di conoscere, è il motore dell’anima e non possiamo farne a meno.
mercoledì 7 giugno 2017
Il nero sigillo
A nord
del continente vi sono i ghiacci perenni, il freddo pungente e le alte montagne
innevate, c’è un sigillo impresso sulla nuda roccia desolata di quei luoghi
impervi, è il sigillo di un demone, è il sigillo del caduto. Per molte ere gli
uomini guerreggiarono tra di loro per la supremazia e l’illusione del potere,
per le ricchezze della terra e per l’inganno della sicurezza e dell’immortalità
che falsi sapienti promisero a uomini e donne arroganti, colmi di orgoglio,
superbi e desiderosi della gloria del mondo; i miasmi del caduto, dal luogo
della sua dimora, attraversarono tutte le epoche e i territori, inquinarono i
cuori dei mortali facendoli deviare dal retto sentiero, quello che conduce alla
vita. Chi ama la vita non la ama solamente in sé stesso e per sé, ma la ama
negli altri, in tutti coloro che incontra sul suo cammino. Un valoroso
combattente di antiche battaglie si incamminò verso nord per impossessarsi del
potere del caduto, il pungiglione della morte e avere potestà su tutti i suoi
nemici rapinandoli della vita nel corpo e consegnando le loro anime alle bocche
fameliche dei demòni, i principi, i duchi e i baroni di quel mondo tenebroso, gelido
e impersonale in cui il caduto è despota e colonna portante, il faro che con
la sua luce nera attraversa le creature perdute e amareggiate. Il guerriero
arrivò ad un albero vegeto e rigoglioso pieno di gemme e fiori, come se quel
piccolo spazio di terreno fosse straordinariamente portatore di vita alla
maniera della stagione di rinascita che noi conosciamo, la primavera; dal gelo
circostante entrò in una sfera fatta di luce e tepore, di aria pulita e
piacevole da respirare. Disse tra sé e sé: “Qui
non può dimorare il demone caduto, che portò nella morte i suoi fratelli…”.
Ma egli stranamente era lì ma fuori dalla sua vista e rispose: “Sono io colui che cerchi e te lo dimostro
domandandoti un’opera di morte, estrai la tua spada, la tua mietitrice e taglia
il ramo più alto, forte e pieno di linfa vitale di questa pianta così bella e
detestabile”. Luriahn, così era il nome del valoroso, obbedì ed estrasse la
spada e tagliò all’istante il ramo frondoso dell’albero, la linfa verde cadde a
terra come il sangue dei suoi innumerevoli nemici uccisi nei tanti conflitti
violenti e spietati… e il demone rise per il male compiuto, rise di
compiacimento per la follia e la schiavitù dell’uomo peccatore e privo di
coscienza. Così Luriahn: “Ho fatto quello
che mi hai chiesto, adesso dammi il pungiglione della morte perché possa
continuare la tua opera nel mondo”. “Ti
manca ancora qualcosa per essere perfetto nell’arte dell’uccisione, prendi il
ramo che hai reciso e rimettilo al suo posto affinché riprenda a vivere”.
Luriahn rimase costernato e domandò: “Che
cosa significa questa richiesta?”. “Non
è una richiesta, ma bensì la dimostrazione del tuo falso potere e della tua
stoltezza, tu non puoi nulla se non riconosci che la vita è più forte della
morte; hai sempre combattuto con la convinzione che la vita fosse effimera e
senza valore; hai sempre combattuto anteponendo la tua vita e ciò che per te
gli conferisce valore, al di sopra della vita delle altre creature; hai
combattuto per il nulla privo di fede in un Creatore della vita e adesso che
sei alla mia presenza il mio pungiglione ti darà la morte e comprenderai che il
nulla non esiste, esiste la morte, quella vera e perpetua, che a confronto del
nulla è sì preferibile ma non altrettanto a confronto della vita eterna, che tu
oggi compiendo l’ultimo dei tuoi gesti blasfemi, hai perduto per sempre… e
adesso verrai con me, misero uomo”. Luriahn ebbe paura per la prima volta
da molto tempo e disse al demone: “Devo
tornare alla guerra!”, “La tua guerra
è finita e tu sei l’unico sconfitto, questo è il pozzo dell’abisso e ora cadi
assieme a me”. L’albero della vita si dissolse e con esso la sfera d’aria
pura, si aprì una spaventosa voragine e ne uscì un olezzo nauseabondo, era buio
e profondo l’antro e si sentivano molte anime piangere; Luriahn domandò spaventato:
“Perché piangono?”, rispose il demone
traghettatore: “Hanno perso per sempre la
possibilità di amare e di essere felici”. Luriahn chiese senza rendersi
conto di quanto fosse assurdo il suo dilemma: “Che cosa significa amare?”, tradendo tra l’inaspettato e lo
spavento una traccia di collera mista a rancore. “Non so cosa significa, non me lo ricordo”. E afferratolo con forza
e determinazione lo portò giù nell’abisso e la voragine si chiuse, lasciandosi
dietro aspre battaglie e valorosi soldati… ma questa è un’altra storia,
speriamo non la nostra che siamo figli di quel Dio che è amante della vita, della
riconciliazione e della pace.
sabato 20 maggio 2017
Gli affetti più cari
Ciascuno
di noi vive degli affetti che comportano il nostro coinvolgimento nella vita di
un’altra persona, amare una persona che sia la mamma o il papà, la sorella o la
propria sposa è conforme alla natura umana, noi viviamo dei legami speciali con
altre persone e desideriamo per loro ogni bene e la felicità; penso che l’ideale
dell’amore aperto al prossimo senza distinzione sia puramente una questione
ideale che appartiene all’ambito filosofico o della religione, perché le
persone ordinariamente vivono dei rapporti di carattere esclusivo, è nella
nostra natura. Da bambino ero particolarmente legato a mio nonno materno e
quando venne a mancare a causa di una malattia contratta durante alcuni anni di
lavoro, proprio nella casa che lui stesso edificò per i figli, io andai nella
mia cameretta e me la presi con il crocifisso accusandolo di avermelo portato
via e lo tolsi con rabbia dalla parete su cui era appeso: avevo solamente sei
anni, ero un bambino che vide suo nonno andarsene prematuramente dopo pochi
anni dalla sua entrata in pensione maturata con tanti anni di lavoro onesto,
sentii quella esperienza come una gravissima ingiustizia e me la presi con Dio.
Nelle settimane successive dopo il funerale sognai mio nonno che saliva le
scale della nostra casa e veniva verso di me con un volto sereno, con uno
sguardo benevolo. La vita è fatta così e gli uomini hanno su di essa ben poco
potere, sono convinto che l’essenziale consista nel saper distinguere il bene
dal male, e dalla buona volontà che ci rende capaci di scegliere sempre il
bene: noi non siamo come gli altri animali, abbiamo una capacità morale e penso
sia la dimostrazione scientifica della nostra anima. Oggi quando guardo il
crocifisso vedo in esso mio nonno e tutte le persone care che ho perso e sono
convinto che Dio ci abbia amato non togliendoci dalla nostra brutta situazione
o illudendoci, ma partecipando alla nostra stessa vita e al nostro destino, condividendo
tutto con noi, persino i nostri sentimenti più profondi, diventando uno di noi
capace di compatirci in tutto, anche nel gesto blasfemo di prendercela con Lui
con un atteggiamento di rancore e di ribellione. Il Vangelo in una parabola
propria di san Luca dice che se anche qualcuno dovesse tornare dai morti molti
non sarebbero persuasi a credere e a convertirsi, questo ci suggerisce che non
bisogna biasimare coloro che non posseggono un dono tanto prezioso come la
fede, dobbiamo biasimare noi stessi quando con tanta arroganza pretendiamo di
giudicare il prossimo nelle sue scelte e nei suoi convincimenti, senza averne
alcuna umile comprensione. E’ un atteggiamento contrario alla carità e quindi a
Dio, il nostro dovere è quello di pregare per gli altri se con coerenza ci
diciamo credenti, altrimenti dimostriamo di essere soltanto degli impostori e
degli ipocriti, che avanzano stoltamente delle pretese di saccenza. Non abbiamo
potere su niente o quasi perché siamo misere creature, possiamo semplicemente
dire: “Sia fatta la tua volontà”,
forse questa è la preghiera più difficile ma anche quella più autentica, anche
se umanamente parlando è difficile accettare tutto quello che ci accade, è
difficile credere di essere amati da Dio o meglio che Egli esista senza mai
dimenticarci.
mercoledì 17 maggio 2017
La lanterna e lo scrittore
Nella
torre in cima alla collina dimenticata viveva un vecchio che nei lontani paesi
conoscevano con l’appellativo di padre
corvo; era un uomo chiuso e schivo che detestava chiunque vedeva dalla sua
finestrella passare in lontananza. Una fanciulla un giorno si trovò sul
sentiero che portava dal suo borgo al fiume che scorre lento e inesorabile
sulla linea del destino, e da lontano voltandosi verso l’orizzonte imperituro
vide la torre del venerando anacoreta. Si accorse che su quella collina non vi
era vegetazione e non si sentiva nemmeno un passero cantare, ebbe timore del
luogo e passò oltre quella tetra visione. Nei boschi attorno alla collina
passarono molte altre creature e una di esse molto affranta dal tedioso proseguire
della vita, senza per questo desistere dal dovere di vivere a cui tutti sono
chiamati dal Creatore e dal suo ordine stabilito, decise di salire l’altura per
incontrare colui che di molte leggende era diventato il centro e l’idea
predominante. Questa creatura diversa dalle altre era un viandante cieco che si
orientava lento e scrutava la realtà circostante con l’occhio oscuro e
recondito della malvagità; il suo pensiero andò a colui che abitava la torre.
Disse dentro di sé con voce roca e sofferta: “Quell’uomo vecchio è l’anima che fugge alla legge della perdizione,
andrò da lui e gli domanderò se vuole cadere nelle tenebre”. Affrettò il
passo e seguì il sentiero impervio, arrivato alla porta chiusa bussò tre volte.
Rispose il venerando: “Chi è che mi
cerca? sono da molto tempo morto al mondo”. Il viandante con atteggiamento
risoluto così parlò: “Sono il diavolo dai
modi gentili e dall’inganno persuasivo, apri la tua porta perché colui che ti
parla è un mietitore e un portatore di sventura”. Il vecchio aprì la porta
e vide un fanciullo biancovestito con una clessidra nella mano sinistra e una
pergamena nella mano destra, la sabbia scorreva nella clessidra dal basso verso
l’alto e sulla pergamena ingiallita vi erano parole impronunciabili che
potevano essere comprese solamente da chi ha odiato il senso della vita e il
suo perdersi nell’eternità. “Perché sei
qui?”, disse il venerando digrignando i denti dalla collera, “Sono qui per farti scappare dalla solitudine
e dal rancore”, e la voce appariva triste e rassegnata mentre il cuore era
intriso di desiderio. La torre dopo pochi istanti crollò e i due si ritrovarono
ciascuno in un mondo diverso, lontani dalla collina e in pianure sconosciute; avvicinandosi
per la prima volta da tante epoche trascorse, furono separati dalla morte. Non
c’è un luogo, per quanto abbandonato e perso nel mondo dei viventi, dove la
morte prima o poi non separi, è la morte che inesorabile pone il suo sigillo sulla
sapienza e sulla follia, questo è il regno della morte e coloro che gli sono sudditi
– anche se
malvolentieri – debbono
obbedire ai suoi decreti, padre corvo
lo sapeva e aspettava rassegnato. Ma nel mezzo del divenire la Vita increata da
millenni arcani aveva già conquistato la vittoria, non tutti lo seppero e
soltanto alcuni furono consolati, soltanto coloro che videro quella luce che
predicatori impavidi chiamano fede, una luce che non può estinguersi e che
rifulge in cima ad alte torri oltre la vanità e il mentire: ciascun uomo che si
converte e piange i suoi peccati è quella torre tanto luminosa.
domenica 2 aprile 2017
E' soltanto utopia
Lo Stato
con le sue leggi è la base solida e ferma dell’ordine costituito, sono le leggi
patrie a rendere l’uomo un essere consapevole della propria dimensione civile e
civilizzante, le leggi si ergono a garanzia della funzione propria dello Stato e
cioè quella di essere la casa comune per il cittadino e le sue molteplici
espressioni sociali. Lo Stato è a servizio del popolo e compendia l’autorità
del popolo, il popolo osservante delle leggi costituisce la nervatura centrale
dello Stato. Ogni cittadino osservante delle leggi è portatore di diritti personali
e di doveri nei confronti della comunità, soltanto un criminale che danneggia
il suo simile può essere privato dei suoi diritti e tolto dal contesto sociale,
i doveri consistono nella partecipazione alla vita comunitaria attraverso il
proprio apporto, uno dei doveri più inerenti al vivere comune è quello del
lavoro, perché con il lavoro si contribuisce al progresso del bene di tutti e alla
propria e altrui sussistenza, innanzitutto consideriamo la famiglia la quale
è il luogo in cui le forze benefiche delle relazioni umane e della educazione
convergono e si aprono al mondo. Lo Stato, come disse Socrate, è quella madre
che ci genera alla civiltà e che ci edifica come uomini e come donne, dalla
distruzione dei regimi totalitari sono nati gli Stati democratici e i principi
fondanti i diritti umani, quei principi sono propri anche della civiltà
cristiana millenaria. Il lavoro è quella attitudine dell’uomo preposta a trasformare
il mondo naturale per costruire un mondo ideale, in cui affermare la
personalità degli individui integrati in una dimensione relazionale, senza
lavoro non può esserci democrazia, perché l’uguaglianza è possibile soltanto dove
ciascuno svolge il ruolo che gli compete e a cui è stato chiamato, l’uguaglianza
è fattibile se le condizioni poste in precedenza permettono la non esclusione
di gruppi e singoli, favorendo l’inclusione, è una dinamica che si innesca con
la presa di coscienza da parte dell’autorità di determinati valori che non sono
semplicemente quelli del profitto e della produttività, ma bensì quelli della
promozione umana. Si sente parlare talvolta della centralità della persona
umana nelle scelte politiche ed economiche, ma purtroppo la realtà dei fatti
dimostra il contrario e cioè che ad essere posto al centro delle decisioni è quasi
sempre l’interesse di parte, talvolta mascherato da benevole intenzioni o
peggio ancora dall’inganno, e per citare una massima a cui forse non si presta
tanta attenzione “tutto il mondo è un
inganno”, ma grazie al Cielo c’è anche la verità con la sua bandiera. La
nostra società è il veicolo per la nostra immaginazione, tutto sembra uscito
dalla mente di un sognatore senza perdere la sua intransigente razionalità, è
la nostra società quindi siamo noi a farla e ad essere responsabili di quel che
vi accade nel bene o nel male. Lo Stato lo facciamo noi, nel nostro piccolo e
insieme agli altri, le conseguenze di ogni scelta ricadono sul nostro prossimo,
e come persone coscienti della nostra vita insieme possiamo agire gli uni verso
gli altri in spirito di fratellanza e conciliazione, possiamo anche compiere
delle scelte che influiscono negativamente su chi ci circonda nel nostro
contesto o al di fuori di esso. Nessuno è un mondo a parte perché dipendiamo
anche dagli altri e questo ci suggerisce la grande importanza dell’etica, saper
riconoscere sempre la differenza tra il bene e il male, coltivare una coscienza
sensibile e aperta che favorisca la pace. Nessuno deve essere lasciato solo, è
un esercizio che la compassione cristiana ci insegna. La Repubblica appartiene
a tutti e si è cittadini in quanto persone umane, la Repubblica è la nostra vera
casa.
martedì 28 marzo 2017
I germogli della nuova società
C’è un
certo modo cinico di sentire la vita che serpeggia in ogni ambito della società
e di cui dobbiamo ringraziare i mass media, chi consuma contenuti mass
mediatici perde di vista l’essenziale, smarrisce il senso di autenticità della
persona e la bellezza delle relazioni interpersonali, persino la bellezza dell’amore
vissuto tra due persone che dovrebbe portare alla famiglia o perlomeno ad una
unione stabile e duratura entro cui realizzare la propria personalità e
sentirsi felici di stare al mondo. L’amicizia è davvero un grande potere per
chi ritiene il prossimo l’elemento essenziale per favorire la propria
maturazione etica e valoriale, l’amicizia è una forza grande e positiva, e sono
soprattutto i giovani ad averne un bisogno così sentito, tanto che per essa
soffrono e mettono a nudo il proprio cuore; nell’età giovanile nessuno dovrebbe
essere lasciato solo, tutti dovrebbero avere la sensibilità di accorgersi delle
difficoltà e dei desideri profondi, tante volte nascosti, di quei ragazzi e di
quelle ragazze che in ricerca di un significato alla propria vita lo perseguono
ovunque esponendosi purtroppo anche a certi rischi educativi o di
disadattamento. Il dovere più importante di una società è quello di formare i suoi
giovani, e come intendeva Socrate ai suoi tempi… di formarli alla pratica delle
virtù, cioè ad esercitare le facoltà dell’anima affinché essa diventi bella e
benigna, luminosa: lo sguardo di una persona è davvero rivelatrice dello stato
della sua anima, ma anche il linguaggio e il comportamento nei confronti degli
altri. Purtroppo il nostro è un mondo che nega l’anima e ci proietta soltanto
all’esteriorità, all’apparenza, alla superficie e ciò collima con la falsità e
l’inganno; quando una persona comincia a convincersi di non essere frutto del
caso, di non essere un animale tra le tante specie animali, di stare al mondo
per un motivo e non per una serie di coincidenze, insomma quando ci si accorge
dell’anima ci si accorge del valore di una persona e come tutto in quella
persona acquisisca valore, compresa la sofferenza ma anche la libertà di
decidere quel che si preferisce come importante, la libertà di fare in un modo
piuttosto che in un altro, la libertà di mettere in atto delle scelte che
comportano conseguenze che differiscono e che ci incamminano verso un destino
unico e dissimile da quello di chiunque altro: è il mistero della nostra
libertà davanti a Dio e alle sue proposte, è il mistero che veramente ci rende
umani. Non si deve dare per scontato che tutti desiderino il bene, c’è chi il
bene non lo vuole e con un grado di consapevolezza più o meno alto vuole il
male, sembra assurdo ma è così: nel mondo ci sono i seguaci del diavolo, quelli
che gli vanno appresso favorendo i suoi disegni perversi. Gesù nel suo Vangelo
dice che i figli del diavolo sono più scaltri dei figli della luce, e che i
figli della luce debbono essere prudenti come i serpenti e semplici come le
colombe, accostando nell’immagine due animali così dissimili come il serpente e
la colomba, ma che rappresentano due virtù cristiane che si combinano molto
bene per favorire la testimonianza in un mondo tante volte ostile e colmo di
arroganza e disprezzo. La formazione delle giovani generazioni è molto
importante e il Vangelo è la risposta più efficace per far sì che la formazione
dei fanciulli e degli adolescenti sia veramente umana ancor prima che cristiana,
e il male nelle sue diverse accezioni sia nel tempo arginato e superato dalla
civiltà ideale che un grande Papa dei nostri tempi ha definito la civiltà dell’amore, e con un’altra
espressione cultura della vita. E’ necessario
rispettare la sensibilità dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, non pensiamo
a dargli cose o a metterli incoscientemente nel gioco della competizione,
cerchiamo di favorire la loro crescita umana e spirituale, amiamoli sul serio,
facciamoli sentire amati.
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