Apologia del cristianesimo
di Tertulliano
21 dicembre 2012 · recensione
di Gianmarco Bisogno
L’odio nascente, anzi direi
rinascente, nei confronti dei cristiani (soprattutto tra noi giovani d’oggi)
mi ha fatto e tutt’ora mi sta facendo riflettere. È come se oggi essere cristiani
sia antimoderno, contro l’evoluzione della nostra specie, contro la società
contemporanea mentre essere atei o quanto meno antireligiosi sia essere a tutti
gli effetti uomini del XXI secolo capaci di dare risposte a tutti i quesiti
della nostra esistenza, capaci di trasformare un punto interrogativo in un
punto esclamativo. Il cristiano, nel 2012, non è concepibile; forse lo era e lo
poteva essere in età medievale, ma nella società moderna assolutamente no.
Premettendo che non sono affatto cristiano mi sono comunque informato sull’“altra
campana” e voglio proporvi la recensione di un testo che mi ha a dir poco
illuminato sia per la modernità dei contenuti e sia, soprattutto, per la
modernità dei contenuti in relazione ai tempi in cui è stato scritto questo
libro (precisamente 197 d.C.). Il libro in questione è “Apologia del
cristianesimo” (Apologeticum) di Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (circa
150 d.C. – 220 d.C.).
Facendo le dovute (e direi
ovvie) differenze tra il 197 d.C. e il 2012 questo testo è quanto mai attuale.
Il perché Tertulliano sente l’esigenza di scrivere un’apologia del
cristianesimo è facile da capire. I cristiani sono perseguitati, sono
torturati, sono uccisi senza regolare processo. Ora se ci togliamo i panni di
ragazzi che vivono nel XXI secolo dove essere cristiano non è di moda e
proviamo ad entrare in un mondo dove la verità è metastorica ci rendiamo conto
della grandezza del messaggio tertullianeo. I cristiani rappresentano se non la
minoranza sicuramente la debolezza. Essi sono i deboli: coloro contro cui
scagliarsi in qualunque circostanza e in qualunque modo.
Le prime pagine di questo
scritto sono un inno contro il pregiudizio, contro il razzismo, contro le
sentenze date senza regolare processo e contro chi viola le libertà
fondamentali dell’uomo; in primis quella di culto. “Lodano ciò che
conoscono, biasimano ciò che ignorano, e ciò che sanno disapprovano a cagione
di ciò che ignorano; come se non fosse più giusto formulare un giudizio
preventivo sulle cose occulte fondandosi su quelle manifeste, che condannare
anticipatamente le manifeste sulla base delle occulte”. E ancora: “Poiché
dunque in ogni cosa ci trattate diversamente da ogni altro colpevole, cercando
di ottenere una sola cosa, di farci separare da questo nome, voi potete
comprendere come non sia in causa un delitto, ma un nome”. (Tertulliano,
Apologia del cristianesimo). Non questo forse l’inizio di ogni tipo di
razzismo? Trovare, non delle persone, ma un nome a cui dare la colpa senza
nemmeno conoscere di cosa si sta parlando.
Ma, sembrerà assurdo, il punto
più alto della trattazione non è questo. Tertulliano va oltre. Raggiunge il
picco quando tratta di religione perché se esiste davvero una verità che va
oltre il tempo storico determinato, Tertulliano qui dà un’ancata decisiva a
tutto l’Illuminismo francese e anche ad altri che si son divertiti nel dare dei
pazzi ai cristiani. Per tutta una scuola di pensiero, infatti, l’irrazionalità
della religione era ciò che faceva cadere d’un sol pezzo l’impianto
fideistico. Era la prova provata della friabilità del concetto religioso. Era
la più grande colpa che un uomo dotato di ratio potesse avere. Tertulliano
risponde semplicemente dando ragione a tutta questa scuola di pensiero. Ci si
aspetterebbe una guerra (con armi anche proibite) da parte di un apologeta
cristiano nei confronti di questi pensatori. Lui gli dà ragione e perde la
guerra in partenza. Quella colpa tanto cara agl’Illuministi è in realtà la più
grande peculiarità cristiana altrimenti un uomo non si potrebbe definire tale.
Una fede non si potrebbe definire tale se non è presente quell’irrazionalità
che i cristiani chiamano Dio. “Ciò che ci fa comprendere Dio è proprio il non
poterlo comprendere; così la potenza della sua grandezza lo rende palese ed
ascoso agli uomini. Ed è questa la maggior colpa di coloro che non lo vogliono
riconoscere: che non lo possono ignorare”. Il dato di fatto che noi non
sappiamo cosa ci sia al di là delle cose non può essere ignorato ed anche il
fatto che è incomprensibile è un dato di fatto. E’ proprio questa
incomprensibilità che ce lo fa comprendere perché se lo comprendessimo Dio
sarebbe simile ad un oggetto di conoscenza qualsiasi e noi potremmo conoscere
tutto. L’uomo è piccolo. Chi non vuole vivere con questa ovvietà è libero di
farlo, Tertulliano chiede solo di essere riconosciuto come tale.
Citazione di Tertulliano tratta da Ad Scapulam, II, 2.
“La religione di
un uomo non è di danno o di aiuto ad un altro. Ma non fa certo parte della
religione imporre la religione”.