Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 3 marzo 2015

Apologeticum

Apologia del cristianesimo di Tertulliano
21 dicembre 2012 · recensione di Gianmarco Bisogno

L’odio nascente, anzi direi rinascente, nei confronti dei cristiani (soprattutto tra noi giovani d’oggi) mi ha fatto e tutt’ora mi sta facendo riflettere. È come se oggi essere cristiani sia antimoderno, contro l’evoluzione della nostra specie, contro la società contemporanea mentre essere atei o quanto meno antireligiosi sia essere a tutti gli effetti uomini del XXI secolo capaci di dare risposte a tutti i quesiti della nostra esistenza, capaci di trasformare un punto interrogativo in un punto esclamativo. Il cristiano, nel 2012, non è concepibile; forse lo era e lo poteva essere in età medievale, ma nella società moderna assolutamente no. Premettendo che non sono affatto cristiano mi sono comunque informato sull’“altra campana” e voglio proporvi la recensione di un testo che mi ha a dir poco illuminato sia per la modernità dei contenuti e sia, soprattutto, per la modernità dei contenuti in relazione ai tempi in cui è stato scritto questo libro (precisamente 197 d.C.). Il libro in questione è “Apologia del cristianesimo” (Apologeticum) di Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (circa 150 d.C. – 220 d.C.).

Facendo le dovute (e direi ovvie) differenze tra il 197 d.C. e il 2012 questo testo è quanto mai attuale. Il perché Tertulliano sente l’esigenza di scrivere un’apologia del cristianesimo è facile da capire. I cristiani sono perseguitati, sono torturati, sono uccisi senza regolare processo. Ora se ci togliamo i panni di ragazzi che vivono nel XXI secolo dove essere cristiano non è di moda e proviamo ad entrare in un mondo dove la verità è metastorica ci rendiamo conto della grandezza del messaggio tertullianeo. I cristiani rappresentano se non la minoranza sicuramente la debolezza. Essi sono i deboli: coloro contro cui scagliarsi in qualunque circostanza e in qualunque modo.

Le prime pagine di questo scritto sono un inno contro il pregiudizio, contro il razzismo, contro le sentenze date senza regolare processo e contro chi viola le libertà fondamentali dell’uomo; in primis quella di culto. “Lodano ciò che conoscono, biasimano ciò che ignorano, e ciò che sanno disapprovano a cagione di ciò che ignorano; come se non fosse più giusto formulare un giudizio preventivo sulle cose occulte fondandosi su quelle manifeste, che condannare anticipatamente le manifeste sulla base delle occulte”. E ancora: “Poiché dunque in ogni cosa ci trattate diversamente da ogni altro colpevole, cercando di ottenere una sola cosa, di farci separare da questo nome, voi potete comprendere come non sia in causa un delitto, ma un nome”.  (Tertulliano, Apologia del cristianesimo). Non questo forse l’inizio di ogni tipo di razzismo? Trovare, non delle persone, ma un nome a cui dare la colpa senza nemmeno conoscere di cosa si sta parlando.

Ma, sembrerà assurdo, il punto più alto della trattazione non è questo. Tertulliano va oltre. Raggiunge il picco quando tratta di religione perché se esiste davvero una verità che va oltre il tempo storico determinato, Tertulliano qui dà un’ancata decisiva a tutto l’Illuminismo francese e anche ad altri che si son divertiti nel dare dei pazzi ai cristiani. Per tutta una scuola di pensiero, infatti, l’irrazionalità della religione era ciò che faceva cadere d’un sol pezzo l’impianto fideistico. Era la prova provata della friabilità del concetto religioso. Era la più grande colpa che un uomo dotato di ratio potesse avere. Tertulliano risponde semplicemente dando ragione a tutta questa scuola di pensiero. Ci si aspetterebbe una guerra (con armi anche proibite) da parte di un apologeta cristiano nei confronti di questi pensatori. Lui gli dà ragione e perde la guerra in partenza. Quella colpa tanto cara agl’Illuministi è in realtà la più grande peculiarità cristiana altrimenti un uomo non si potrebbe definire tale.

Una fede non si potrebbe definire tale se non è presente quell’irrazionalità che i cristiani chiamano Dio. “Ciò che ci fa comprendere Dio è proprio il non poterlo comprendere; così la potenza della sua grandezza lo rende palese ed ascoso agli uomini. Ed è questa la maggior colpa di coloro che non lo vogliono riconoscere: che non lo possono ignorare”. Il dato di fatto che noi non sappiamo cosa ci sia al di là delle cose non può essere ignorato ed anche il fatto che è incomprensibile è un dato di fatto. E’ proprio questa incomprensibilità che ce lo fa comprendere perché se lo comprendessimo Dio sarebbe simile ad un oggetto di conoscenza qualsiasi e noi potremmo conoscere tutto. L’uomo è piccolo. Chi non vuole vivere con questa ovvietà è libero di farlo, Tertulliano chiede solo di essere riconosciuto come tale.

Citazione di Tertulliano tratta da Ad Scapulam, II, 2.

La religione di un uomo non è di danno o di aiuto ad un altro. Ma non fa certo parte della religione imporre la religione”.