L’emozione della paura è
positiva, avverte la persona di un pericolo imminente e permette quindi di
prendere le dovute precauzioni; ma perché la paura è considerata malattia
mentale in certi frangenti della vita? La paura quando non ha una causa
razionale è da considerarsi una psicosi, tutto quello che deborda nella
fantasia ed è una emozione, va considerata patologia, uno stupido scompenso
chimico nel nostro ghiandolone, chiamato cervello: questa la tesi del manuale
di diagnostica psichiatrico, insomma una vera affermazione idiota e
pregiudizievole. La paura può avere una causa sensitiva ed essere la spia che
qualcosa di concreto, di reale, si stia verificando a nostro danno, contro la
nostra sicurezza, ma l’ingenuità di alcuni sostiene che se il pericolo non si
vede, non esiste! Ci sono in alcune persone delle tensioni sensitive, una
particolare sensibilità, che permettono di avvedersi con precisione di molti
fatti remoti, che convergono in altri individui e che corrispondono alla realtà
e non alla fantasia delirante, contemplata dai manuali nosografici della
psichiatria. Vedere oltre l’orizzonte del proprio naso, è un’attitudine di
certe persone predisposte sul piano nervoso e spirituale, che il cosiddetto
scientismo, non la vera scienza, nega arbitrariamente annoverando i fenomeni
metapsichici nell’ambito delle psicopatologie; un atteggiamento preconcetto di
questo genere è proprio di certe persone, che si fanno chiamare razionali, ma
che in realtà non hanno nemmeno le basi di una buona ragionevolezza e del buon
senso, a parte l’interesse a far trionfare meschinamente la propria ideologia
positivista e ottusa, presupposto per la sedimentazione statica della
conoscenza. La paura è una malattia che può essere curata dalla medicina? Molti
affermano di sì, se ha una causa endogena, una manifestazione priva di realtà;
ma chi distingue da paura a paura? La misura della realtà la contempla
l’osservatore esterno, attraverso i propri limiti e le proprie preposizioni
concettuali, sulla base della conversazione, quindi conoscere la paura, impone
dei limiti oggettivi, che la disonestà di alcuni nega radicalmente a priori. La
paura può avere cause sensitive, in soggetti predisposti e non si può
pretendere di curarla come una malattia, ma di applicare il controllo e la focalizzazione,
per maturare e trasformare un disagio in una facoltà psichica superiore. Questa
verità viene negata dalla presunzione di coloro che vogliono affermare la
parzialità, sull’obiettività empirica dei dati concreti dell’esperienza, una
verità scomoda per chi vuole ridurre la persona umana alla dignità di un fascio
di nervi vegetale, ma reattivo. Nelle nostre paure ci sono significati
profondi, che meritano un’indagine accurata, per conoscerci e affrontare con
coraggio le difficoltà, superandole con l’autentico senso della realtà, che
contempla anche tutto ciò che si trova fuori dalla portata immediata della
sensibilità fisica, carnale; la paura è uno stimolo positivo e qualche volta è
meglio non demonizzarla come una banale malattia, che implica una cura di
carattere medico, ma per fare ciò occorre la ragione e il discernimento di una
persona saggia e avveduta, che riconosca la causa di una emozione, come
reazione a una sollecitazione di qualsivoglia natura. L’assenza di paura non è indice
di benessere, ma di ovattazione delle sensazioni, poiché senza la paura, ed
intendo una paura realmente fondata e riconosciuta da prove certe, una persona
è ottusa e si espone al pericolo di ricevere un danno imminente o futuro. Nella
persona umana non c’è la normalità, mentre il restante dei fenomeni è una
malattia, ma ci sono innumerevoli sfumature di normalità caratterizzante, nello
specifico di ogni soggetto: i manuali diagnostici, considerano l’umano in sé
come patologico preconcetto e ogni diversità come patologia e malessere, mentre
attraverso il pieno possesso della consapevolezza, si può applicare il
controllo o forse siamo soltanto macchine biologiche deterministiche? Sì, forse
la persona umana è una macchina difettosa e la normalità appartiene soltanto a
chi esercita la funzione del giudizio e della ricerca delle conoscenze
nosografiche.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
martedì 21 febbraio 2012
giovedì 16 febbraio 2012
La Grazia del Signore
Non si convertono le anime a
Dio attraverso delle pagine scritte, più o meno belle e affascinanti, o
attraverso dei bei discorsi eloquenti, ma si convertono le anime con il
sacrificio e la preghiera, soltanto in questo modo si ottiene la grazia per
coloro che sono lontani dalla Verità, dall’amore di Dio e si trovano in una
condizione di peccato e di errore: tutti noi possiamo intercedere per una
persona, per chiunque, con il sacrificio e la preghiera, così facendo muoviamo
il cuore di Dio a favore di quelle persone e la grazia tocca il profondo del
loro cuore, prepara il terreno al pentimento e alla revisione della propria
vita, all’adesione irrevocabile al bene; la grazia è quella forza che realmente
converte le anime, è l’amore di Dio che si effonde in una persona e la
risveglia dal sonno della coscienza, la risveglia dal sonno delle sue scelte
sbagliate e la mette dinanzi ad un bivio, dire di sì o di no al Signore. Che
cos’è la grazia? La grazia non è una forza morale e spirituale impersonale che
si trova dentro l’anima di una persona buona, ma è Dio stesso, Dio che è Amore,
la Grazia santificante è la piena comunione con Dio, significa essere secondo
il cuore di Dio, essere a Lui strettamente uniti e vivere, pensare e agire
all’unisono: essere in grazia significa avere Dio, il Signore, che abita nel
proprio cuore, nella propria anima, condividere con Lui i sentimenti e i
pensieri, nella piena adesione alla sua volontà, nell’adesione libera ai suoi
disegni di bene e di salvezza nei nostri riguardi. La Grazia abita
nell’interiorità umana come nel proprio tempio sacro, la persona umana è il
tempio della Grazia, la persona è il tramite della Grazia nei confronti del
prossimo, la relazione verticale con l’Eterno che si esprime nella relazione
orizzontale con le altre creature umane. Gesù nel Vangelo, con alcune persone
che lo detestavano, anzi lo odiavano, usa l’espressione “ in voi non c’è
l’amore di Dio ”, queste persone erano coloro che covavano nel cuore
l’intenzione seria di ucciderlo, persone queste di cui Gesù sottolinea la
comunione con il maligno, infatti dice che fanno le sue opere e che hanno
proprio il diavolo per padre; il cuore umano non è mai disabitato, in esso o è
presente il Signore con la sua grazia, oppure è presente il maligno con le sue
intenzioni, che sono conosciute, come nel caso di coloro che volevano la morte
di Gesù: il peccato è la più grande delle debolezze, il peccato non è una
forza, è una debolezza. La Fede è una grazia, è dono della Grazia di Dio che si
comunica con assoluta liberalità, quindi per ottenerla o per conservarla, se
già la si possiede, è necessario pregare, quando si prega si viene in contatto
con l’Eterno e Lui effonde la sua grazia, infallibilmente, comunica sé stesso;
la preghiera è anche un merito, che ottiene il dono grande della Fede vera e i
suoi lumi, le sue ispirazioni che ci mantengono nella Verità, ma la preghiera
dev’essere quotidiana e incessante, fatta con sincera carità. Dio dona sé
stesso all’anima, è questo il significato recondito della Grazia, la sua dinamica
profonda, la preghiera è la sua chiave. Dio, grazia e dono sono nel medesimo
ambito di ruolo e d’azione: Dio e la sua grazia, sono il medesimo dono fatto
alle anime che a Lui si concedono, nella reciprocità della Carità. Quando una
persona è in grazia di Dio in essa abita la bellezza, la più alta espressione
della bellezza, che è la santità, l’Amore.
mercoledì 15 febbraio 2012
La giustizia terrena è imperfetta
La giustizia terrena è
imperfetta, segnata dall’arbitrio degli uomini, dalle correnti dell’interesse e
della vendetta, della politica corrotta e dell’economia egoistica, è una
giustizia ingiusta quella dei tribunali umani, che non tiene mai conto di tutta
la verità e che non riesce mai a risarcire appieno le vittime e a redimere con
successo i colpevoli; è una giustizia segnata dall’accomodamento della
parzialità, dove gli innocenti possono essere colpiti e diventare le vittime di
una macchina difettosa che commette errori, una serie di sbagli in cui trovano
posto soltanto i giochi sporchi del potere e della corruzione. Ricordiamoci che
Gesù è stato condannato dalla giustizia alla morte ignominiosa della croce,
mentre oggi i nuovi Ponzio Pilato fanno la medesima cosa con la loro
indifferenza, la loro omertà e la loro connivenza nel disinteresse verso coloro
che sono i più deboli e vulnerabili della società, persone scomode che come
Gesù denunciano i crimini di cui coloro che rappresentano l’autorità si fatto garanti,
un garantismo osceno a tutela di soggetti che hanno dimostrato una seria
pericolosità, che hanno commesso delle iniquità vergognose a danno di coloro
che non hanno protezione alcuna e che sono esposti alla violenza e al sopruso;
Ponzio Pilato ha detto di non essere colpevole del sangue innocente di Gesù, si
lava le mani nel catino, la sua ignavia è l’atteggiamento predominante di chi
non vuole volontariamente mettersi dalla parte del giusto e opporsi con forza
al male, per codardia o magari perché non gli interessa in quanto meschinamente
non ci guadagna nulla, o magari perché con il suo distacco dalla questione ci
guadagna di più… Ponzio Pilato è l’immagine dell’uomo di oggi, che se ne frega
di chiunque e pensa soltanto a sé, colpevole del sangue innocente di Gesù,
perché lo lascia in balìa della folla omicida, piena di livore nei confronti
del Santo, quando intervenendo attivamente lo poteva salvare, facendo così il
solo e autentico atto di giustizia in quella circostanza triste… Ponzio Pilato
sono io, ogni qualvolta mi lascio andare al menefreghismo, per ricercare
esclusivamente il mio personale vantaggio, da bravo vigliacco e disonesto, il
giudice impietoso dei deboli e il garante dell’impunità dei veri criminali,
l’autore del più efferato delitto: la complicità con il diavolo. Quando
l’autorità dello Stato prende le distanze dai fatti di un evidente atto
criminale e non persegue la giustizia, tutelando le vittime, la civiltà è
sconfitta, ha perso la sua battaglia contro il disfacimento morale e l’ordine
costituito ne risulta leso gravemente: è l’inizio del decadimento etico di una
società che viola le sue Leggi patrie, un male che si propaga come una
pestilenza e che inesorabile corrode la sacralità del suo ordinamento. La
giustizia ha il dovere di arginare questa corruzione, che pone le sue radici
nell’arroganza e nella presunzione di coloro che vogliono affermare con la
violenza, il proprio egoismo sopra i diritti degli altri cittadini; la
giustizia deve garantire l’onestà e la verità, il pubblico interesse sugli
interessi di parte, deve garantire il rispetto della Legge.
sabato 4 febbraio 2012
La Croce e il suo valore
“ Se uno vuol venire dietro a
me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua ”, dice il
Signore e anche che se uno non accetta la propria croce per amore di Dio, non è
degno di Lui: la croce è la condizione umana ordinaria, non c’è esistenza senza
la croce, soltanto gli illusi fuggono la croce per trovare conforto nelle
felicità mondane, costruite ad arte per sentirsi esenti dalla possibilità della
sofferenza, questo è un atteggiamento da sprovveduti, da stolti; la croce è
ordinaria perché tutti o già la posseggono in diversa misura, oppure vi sono
incamminati sulla strada del tempo, la croce è straordinaria quando noi
partecipiamo con le nostre sofferenze alle sofferenze del Signore e quindi con
Lui, uniti a Lui misticamente nella carità, la condividiamo e gli apparteniamo,
in questo modo la croce diventa segno di appartenenza e di consacrazione a Dio.
Gesù nella Via Crucis a Gerusalemme, la Città santa, ha portato il patibolo
della Croce sulle sue spalle, sul suo corpo, Egli ha sostenuto il suo peso
durante il doloroso tragitto, sul Golgota è la Croce che sostiene il Signore ad
essa confitto coi chiodi: ci sono due momenti di grande sofferenza e comunione
con Cristo crocifisso nella vita personale di ciascuno, quando portiamo la
croce, le sofferenze che ci accompagnano nel corso della vita terrena e quando
ci abbandoniamo ad esse ed esse ci portano, sostenendoci nell’abbandono alla
volontà di Dio Padre, volontà che il Figlio ha eseguito nella più totale
obbedienza. Quando accettiamo la Croce, accettiamo la volontà dell’Eterno e ci
conformiamo nell’obbedienza a suo Figlio Gesù, accettiamo di essere redenti, di
essere liberati dalla schiavitù del male e attraversiamo quella porta che è
l’ingresso al Regno dei cieli: con la Croce accolta con rassegnazione ci
purifichiamo dalle colpe, dall’egoismo e dal disamore, affiniamo la nostra
capacità d’amare, poiché non esiste vero amore senza sofferenza, senza il
sacrifico della propria vita; quando qualcuno pensa all’amore e lo separa dalla
sofferenza, cade inevitabilmente in un terribile equivoco, poiché non c’è amore
autentico senza dolore, senza la volontà di sacrificarsi per l’altro: l’amore
inteso in un altro qualsivoglia modo, è solamente un meschino inganno nei
confronti di sé stessi, semplicemente la dinamica egoistica delle proprie
passioni, della propria natura corrotta e incline alla devianza, alla
degradazione morale. La Croce di Gesù è la porta che conduce alla salvezza,
soltanto passando per essa si può essere salvati, chi la rifiuta per profitto
mondano, per interesse egoistico, per codardia, si autoesclude dalla
redenzione, si condanna all’esclusione dal Regno dei cieli: è necessario
accettare la Croce per poter essere degni del Signore, che è lo Sposo e il Salvatore
delle nostre anime, in quanto ogni persona nasce per soffrire e per morire, non
si può fuggire a questo comune destino, è assurdo farsi delle illusioni, la
vita terrena è segnata indelebilmente dalla sofferenza e questa è una realtà
che bisogna accettare e a cui occorre dare un significato, lo esige la ragione
e la nostra sfera spirituale; la Croce di Gesù è quella forza trascendente che
dà significato autentico alla nostra sofferenza, la sofferenza non è inutile e
dannosa, Cristo vi ha dato un senso, ma è necessario aderire con il proprio cuore
alla sua Parola di verità: il vero senso della Croce è l’amore a Dio e al
prossimo, un amore senza riserve, un amore gratuito e sovrabbondante, un amore
oblativo, che si riconosce dalla libera adesione alla volontà del Cielo.
mercoledì 1 febbraio 2012
Gesù ha inventato la Messa
Il Signore ha inventato la
Messa il giovedì Santo, con i suoi Apostoli nel cenacolo, quando ha dato loro
il pane e il vino, pronunciando su di essi le Parole della consacrazione: il
Corpo e il Sangue nella cultura semitica di quel tempo indicavano la totalità
della persona, la medesima persona cui sono attribuiti, quindi il pane e il
vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, racchiudono il Mistero della
presenza della sua persona che si fa cibo per coloro che lo ricevono; questa
realtà mistica è stata chiamata dalla Chiesa di Dio, transustanziazione, cioè
cambiamento di sostanza, dal pane e dal vino, diventano la Persona di Gesù, la
sua presenza silenziosa e nascosta alla cui realtà si accede per Fede. Gesù e
gli Apostoli pregavano spesso con i Salmi, secondo la tradizione cultuale ebraica
del Tempio e anche nell’ultima cena prima della Passione, si dice nel Vangelo
che cantarono l’inno, cioè pregarono un Salmo; la Madonna, la madre di Gesù,
insegnò a suo Figlio fin da bambino la preghiera dei Salmi. Molti Salmi
racchiudono profezie su Gesù, si basti pensare al Salmo 22, che il Signore
secondo il Vangelo pronuncia sulla Croce. Eucaristia significa rendimento di
grazie e benedizione ed è ciò che Gesù fece nell’ultima cena, prima di
comunicare i suoi Apostoli al suo Corpo e al suo Sangue: il Signore ha donato
sé stesso in sacrificio per noi sulla Croce, consegnandosi alla morte
liberamente, di propria volontà, per riscattarci dalla tirannia del maligno,
per redimerci dal peccato, per unirci a Lui nella Grazia, nella Carità;
l’Eucaristia è il preannuncio di questo suo sacrificio oblativo d’amore, quindi
la chiave per comprendere l’Eucaristia è l’Amore del Padre per il Figlio, del
Padre e del Figlio verso ognuno di noi. I Salmi sono racchiusi in cinque Libri
e sono nel numero di 150, furono redatti nell’arco di circa mille anni, prima
dell’avvento del Messia atteso da Israele, che è Gesù, venivano usati per la
preghiera nella Liturgia del Tempio: dire che Israele non riconobbe il Messia
in Gesù è uno sbaglio, poiché tutti coloro che credettero nel Signore e
andarono a formare la prima Chiesa di Gerusalemme, la cosiddetta Chiesa
primitiva, furono Israeliti, persone appartenenti all’ebraismo per generazione
di sangue, persone di stirpe ebraica; soltanto alcuni tra i capi del popolo,
appartenenti alla classe sacerdotale e alla classe colta, i più influenti per
posizione e potere, non accolsero Gesù come il Messia atteso da Israele e
decretarono la sua dipartita. La condanna di Gesù è stata ratificata dal
sinedrio, perché la sua colpa fu la bestemmia, Lui che era uomo si dichiarava
Dio, inoltre i capi religiosi del popolo lo odiavano e lo invidiavano
segretamente per la sua indiscussa grandezza, per le opere che compiva e per il
suo insegnamento straordinario fatto con autorità, differente da quello degli
scribi e dei farisei: per quelle persone era inaudito che l’Eterno potesse
farsi uomo, assumere una natura umana, ma in questa tesi non mancava anche una
profonda e nascosta malizia nei confronti del Signore, nei confronti della sua
indiscussa santità.
Iscriviti a:
Post (Atom)