Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 21 febbraio 2012

La paura è superabile


L’emozione della paura è positiva, avverte la persona di un pericolo imminente e permette quindi di prendere le dovute precauzioni; ma perché la paura è considerata malattia mentale in certi frangenti della vita? La paura quando non ha una causa razionale è da considerarsi una psicosi, tutto quello che deborda nella fantasia ed è una emozione, va considerata patologia, uno stupido scompenso chimico nel nostro ghiandolone, chiamato cervello: questa la tesi del manuale di diagnostica psichiatrico, insomma una vera affermazione idiota e pregiudizievole. La paura può avere una causa sensitiva ed essere la spia che qualcosa di concreto, di reale, si stia verificando a nostro danno, contro la nostra sicurezza, ma l’ingenuità di alcuni sostiene che se il pericolo non si vede, non esiste! Ci sono in alcune persone delle tensioni sensitive, una particolare sensibilità, che permettono di avvedersi con precisione di molti fatti remoti, che convergono in altri individui e che corrispondono alla realtà e non alla fantasia delirante, contemplata dai manuali nosografici della psichiatria. Vedere oltre l’orizzonte del proprio naso, è un’attitudine di certe persone predisposte sul piano nervoso e spirituale, che il cosiddetto scientismo, non la vera scienza, nega arbitrariamente annoverando i fenomeni metapsichici nell’ambito delle psicopatologie; un atteggiamento preconcetto di questo genere è proprio di certe persone, che si fanno chiamare razionali, ma che in realtà non hanno nemmeno le basi di una buona ragionevolezza e del buon senso, a parte l’interesse a far trionfare meschinamente la propria ideologia positivista e ottusa, presupposto per la sedimentazione statica della conoscenza. La paura è una malattia che può essere curata dalla medicina? Molti affermano di sì, se ha una causa endogena, una manifestazione priva di realtà; ma chi distingue da paura a paura? La misura della realtà la contempla l’osservatore esterno, attraverso i propri limiti e le proprie preposizioni concettuali, sulla base della conversazione, quindi conoscere la paura, impone dei limiti oggettivi, che la disonestà di alcuni nega radicalmente a priori. La paura può avere cause sensitive, in soggetti predisposti e non si può pretendere di curarla come una malattia, ma di applicare il controllo e la focalizzazione, per maturare e trasformare un disagio in una facoltà psichica superiore. Questa verità viene negata dalla presunzione di coloro che vogliono affermare la parzialità, sull’obiettività empirica dei dati concreti dell’esperienza, una verità scomoda per chi vuole ridurre la persona umana alla dignità di un fascio di nervi vegetale, ma reattivo. Nelle nostre paure ci sono significati profondi, che meritano un’indagine accurata, per conoscerci e affrontare con coraggio le difficoltà, superandole con l’autentico senso della realtà, che contempla anche tutto ciò che si trova fuori dalla portata immediata della sensibilità fisica, carnale; la paura è uno stimolo positivo e qualche volta è meglio non demonizzarla come una banale malattia, che implica una cura di carattere medico, ma per fare ciò occorre la ragione e il discernimento di una persona saggia e avveduta, che riconosca la causa di una emozione, come reazione a una sollecitazione di qualsivoglia natura. L’assenza di paura non è indice di benessere, ma di ovattazione delle sensazioni, poiché senza la paura, ed intendo una paura realmente fondata e riconosciuta da prove certe, una persona è ottusa e si espone al pericolo di ricevere un danno imminente o futuro. Nella persona umana non c’è la normalità, mentre il restante dei fenomeni è una malattia, ma ci sono innumerevoli sfumature di normalità caratterizzante, nello specifico di ogni soggetto: i manuali diagnostici, considerano l’umano in sé come patologico preconcetto e ogni diversità come patologia e malessere, mentre attraverso il pieno possesso della consapevolezza, si può applicare il controllo o forse siamo soltanto macchine biologiche deterministiche? Sì, forse la persona umana è una macchina difettosa e la normalità appartiene soltanto a chi esercita la funzione del giudizio e della ricerca delle conoscenze nosografiche.

giovedì 16 febbraio 2012

La Grazia del Signore


Non si convertono le anime a Dio attraverso delle pagine scritte, più o meno belle e affascinanti, o attraverso dei bei discorsi eloquenti, ma si convertono le anime con il sacrificio e la preghiera, soltanto in questo modo si ottiene la grazia per coloro che sono lontani dalla Verità, dall’amore di Dio e si trovano in una condizione di peccato e di errore: tutti noi possiamo intercedere per una persona, per chiunque, con il sacrificio e la preghiera, così facendo muoviamo il cuore di Dio a favore di quelle persone e la grazia tocca il profondo del loro cuore, prepara il terreno al pentimento e alla revisione della propria vita, all’adesione irrevocabile al bene; la grazia è quella forza che realmente converte le anime, è l’amore di Dio che si effonde in una persona e la risveglia dal sonno della coscienza, la risveglia dal sonno delle sue scelte sbagliate e la mette dinanzi ad un bivio, dire di sì o di no al Signore. Che cos’è la grazia? La grazia non è una forza morale e spirituale impersonale che si trova dentro l’anima di una persona buona, ma è Dio stesso, Dio che è Amore, la Grazia santificante è la piena comunione con Dio, significa essere secondo il cuore di Dio, essere a Lui strettamente uniti e vivere, pensare e agire all’unisono: essere in grazia significa avere Dio, il Signore, che abita nel proprio cuore, nella propria anima, condividere con Lui i sentimenti e i pensieri, nella piena adesione alla sua volontà, nell’adesione libera ai suoi disegni di bene e di salvezza nei nostri riguardi. La Grazia abita nell’interiorità umana come nel proprio tempio sacro, la persona umana è il tempio della Grazia, la persona è il tramite della Grazia nei confronti del prossimo, la relazione verticale con l’Eterno che si esprime nella relazione orizzontale con le altre creature umane. Gesù nel Vangelo, con alcune persone che lo detestavano, anzi lo odiavano, usa l’espressione “ in voi non c’è l’amore di Dio ”, queste persone erano coloro che covavano nel cuore l’intenzione seria di ucciderlo, persone queste di cui Gesù sottolinea la comunione con il maligno, infatti dice che fanno le sue opere e che hanno proprio il diavolo per padre; il cuore umano non è mai disabitato, in esso o è presente il Signore con la sua grazia, oppure è presente il maligno con le sue intenzioni, che sono conosciute, come nel caso di coloro che volevano la morte di Gesù: il peccato è la più grande delle debolezze, il peccato non è una forza, è una debolezza. La Fede è una grazia, è dono della Grazia di Dio che si comunica con assoluta liberalità, quindi per ottenerla o per conservarla, se già la si possiede, è necessario pregare, quando si prega si viene in contatto con l’Eterno e Lui effonde la sua grazia, infallibilmente, comunica sé stesso; la preghiera è anche un merito, che ottiene il dono grande della Fede vera e i suoi lumi, le sue ispirazioni che ci mantengono nella Verità, ma la preghiera dev’essere quotidiana e incessante, fatta con sincera carità. Dio dona sé stesso all’anima, è questo il significato recondito della Grazia, la sua dinamica profonda, la preghiera è la sua chiave. Dio, grazia e dono sono nel medesimo ambito di ruolo e d’azione: Dio e la sua grazia, sono il medesimo dono fatto alle anime che a Lui si concedono, nella reciprocità della Carità. Quando una persona è in grazia di Dio in essa abita la bellezza, la più alta espressione della bellezza, che è la santità, l’Amore.

mercoledì 15 febbraio 2012

La giustizia terrena è imperfetta


La giustizia terrena è imperfetta, segnata dall’arbitrio degli uomini, dalle correnti dell’interesse e della vendetta, della politica corrotta e dell’economia egoistica, è una giustizia ingiusta quella dei tribunali umani, che non tiene mai conto di tutta la verità e che non riesce mai a risarcire appieno le vittime e a redimere con successo i colpevoli; è una giustizia segnata dall’accomodamento della parzialità, dove gli innocenti possono essere colpiti e diventare le vittime di una macchina difettosa che commette errori, una serie di sbagli in cui trovano posto soltanto i giochi sporchi del potere e della corruzione. Ricordiamoci che Gesù è stato condannato dalla giustizia alla morte ignominiosa della croce, mentre oggi i nuovi Ponzio Pilato fanno la medesima cosa con la loro indifferenza, la loro omertà e la loro connivenza nel disinteresse verso coloro che sono i più deboli e vulnerabili della società, persone scomode che come Gesù denunciano i crimini di cui coloro che rappresentano l’autorità si fatto garanti, un garantismo osceno a tutela di soggetti che hanno dimostrato una seria pericolosità, che hanno commesso delle iniquità vergognose a danno di coloro che non hanno protezione alcuna e che sono esposti alla violenza e al sopruso; Ponzio Pilato ha detto di non essere colpevole del sangue innocente di Gesù, si lava le mani nel catino, la sua ignavia è l’atteggiamento predominante di chi non vuole volontariamente mettersi dalla parte del giusto e opporsi con forza al male, per codardia o magari perché non gli interessa in quanto meschinamente non ci guadagna nulla, o magari perché con il suo distacco dalla questione ci guadagna di più… Ponzio Pilato è l’immagine dell’uomo di oggi, che se ne frega di chiunque e pensa soltanto a sé, colpevole del sangue innocente di Gesù, perché lo lascia in balìa della folla omicida, piena di livore nei confronti del Santo, quando intervenendo attivamente lo poteva salvare, facendo così il solo e autentico atto di giustizia in quella circostanza triste… Ponzio Pilato sono io, ogni qualvolta mi lascio andare al menefreghismo, per ricercare esclusivamente il mio personale vantaggio, da bravo vigliacco e disonesto, il giudice impietoso dei deboli e il garante dell’impunità dei veri criminali, l’autore del più efferato delitto: la complicità con il diavolo. Quando l’autorità dello Stato prende le distanze dai fatti di un evidente atto criminale e non persegue la giustizia, tutelando le vittime, la civiltà è sconfitta, ha perso la sua battaglia contro il disfacimento morale e l’ordine costituito ne risulta leso gravemente: è l’inizio del decadimento etico di una società che viola le sue Leggi patrie, un male che si propaga come una pestilenza e che inesorabile corrode la sacralità del suo ordinamento. La giustizia ha il dovere di arginare questa corruzione, che pone le sue radici nell’arroganza e nella presunzione di coloro che vogliono affermare con la violenza, il proprio egoismo sopra i diritti degli altri cittadini; la giustizia deve garantire l’onestà e la verità, il pubblico interesse sugli interessi di parte, deve garantire il rispetto della Legge.

sabato 4 febbraio 2012

La Croce e il suo valore


“ Se uno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua ”, dice il Signore e anche che se uno non accetta la propria croce per amore di Dio, non è degno di Lui: la croce è la condizione umana ordinaria, non c’è esistenza senza la croce, soltanto gli illusi fuggono la croce per trovare conforto nelle felicità mondane, costruite ad arte per sentirsi esenti dalla possibilità della sofferenza, questo è un atteggiamento da sprovveduti, da stolti; la croce è ordinaria perché tutti o già la posseggono in diversa misura, oppure vi sono incamminati sulla strada del tempo, la croce è straordinaria quando noi partecipiamo con le nostre sofferenze alle sofferenze del Signore e quindi con Lui, uniti a Lui misticamente nella carità, la condividiamo e gli apparteniamo, in questo modo la croce diventa segno di appartenenza e di consacrazione a Dio. Gesù nella Via Crucis a Gerusalemme, la Città santa, ha portato il patibolo della Croce sulle sue spalle, sul suo corpo, Egli ha sostenuto il suo peso durante il doloroso tragitto, sul Golgota è la Croce che sostiene il Signore ad essa confitto coi chiodi: ci sono due momenti di grande sofferenza e comunione con Cristo crocifisso nella vita personale di ciascuno, quando portiamo la croce, le sofferenze che ci accompagnano nel corso della vita terrena e quando ci abbandoniamo ad esse ed esse ci portano, sostenendoci nell’abbandono alla volontà di Dio Padre, volontà che il Figlio ha eseguito nella più totale obbedienza. Quando accettiamo la Croce, accettiamo la volontà dell’Eterno e ci conformiamo nell’obbedienza a suo Figlio Gesù, accettiamo di essere redenti, di essere liberati dalla schiavitù del male e attraversiamo quella porta che è l’ingresso al Regno dei cieli: con la Croce accolta con rassegnazione ci purifichiamo dalle colpe, dall’egoismo e dal disamore, affiniamo la nostra capacità d’amare, poiché non esiste vero amore senza sofferenza, senza il sacrifico della propria vita; quando qualcuno pensa all’amore e lo separa dalla sofferenza, cade inevitabilmente in un terribile equivoco, poiché non c’è amore autentico senza dolore, senza la volontà di sacrificarsi per l’altro: l’amore inteso in un altro qualsivoglia modo, è solamente un meschino inganno nei confronti di sé stessi, semplicemente la dinamica egoistica delle proprie passioni, della propria natura corrotta e incline alla devianza, alla degradazione morale. La Croce di Gesù è la porta che conduce alla salvezza, soltanto passando per essa si può essere salvati, chi la rifiuta per profitto mondano, per interesse egoistico, per codardia, si autoesclude dalla redenzione, si condanna all’esclusione dal Regno dei cieli: è necessario accettare la Croce per poter essere degni del Signore, che è lo Sposo e il Salvatore delle nostre anime, in quanto ogni persona nasce per soffrire e per morire, non si può fuggire a questo comune destino, è assurdo farsi delle illusioni, la vita terrena è segnata indelebilmente dalla sofferenza e questa è una realtà che bisogna accettare e a cui occorre dare un significato, lo esige la ragione e la nostra sfera spirituale; la Croce di Gesù è quella forza trascendente che dà significato autentico alla nostra sofferenza, la sofferenza non è inutile e dannosa, Cristo vi ha dato un senso, ma è necessario aderire con il proprio cuore alla sua Parola di verità: il vero senso della Croce è l’amore a Dio e al prossimo, un amore senza riserve, un amore gratuito e sovrabbondante, un amore oblativo, che si riconosce dalla libera adesione alla volontà del Cielo.

mercoledì 1 febbraio 2012

Gesù ha inventato la Messa


Il Signore ha inventato la Messa il giovedì Santo, con i suoi Apostoli nel cenacolo, quando ha dato loro il pane e il vino, pronunciando su di essi le Parole della consacrazione: il Corpo e il Sangue nella cultura semitica di quel tempo indicavano la totalità della persona, la medesima persona cui sono attribuiti, quindi il pane e il vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, racchiudono il Mistero della presenza della sua persona che si fa cibo per coloro che lo ricevono; questa realtà mistica è stata chiamata dalla Chiesa di Dio, transustanziazione, cioè cambiamento di sostanza, dal pane e dal vino, diventano la Persona di Gesù, la sua presenza silenziosa e nascosta alla cui realtà si accede per Fede. Gesù e gli Apostoli pregavano spesso con i Salmi, secondo la tradizione cultuale ebraica del Tempio e anche nell’ultima cena prima della Passione, si dice nel Vangelo che cantarono l’inno, cioè pregarono un Salmo; la Madonna, la madre di Gesù, insegnò a suo Figlio fin da bambino la preghiera dei Salmi. Molti Salmi racchiudono profezie su Gesù, si basti pensare al Salmo 22, che il Signore secondo il Vangelo pronuncia sulla Croce. Eucaristia significa rendimento di grazie e benedizione ed è ciò che Gesù fece nell’ultima cena, prima di comunicare i suoi Apostoli al suo Corpo e al suo Sangue: il Signore ha donato sé stesso in sacrificio per noi sulla Croce, consegnandosi alla morte liberamente, di propria volontà, per riscattarci dalla tirannia del maligno, per redimerci dal peccato, per unirci a Lui nella Grazia, nella Carità; l’Eucaristia è il preannuncio di questo suo sacrificio oblativo d’amore, quindi la chiave per comprendere l’Eucaristia è l’Amore del Padre per il Figlio, del Padre e del Figlio verso ognuno di noi. I Salmi sono racchiusi in cinque Libri e sono nel numero di 150, furono redatti nell’arco di circa mille anni, prima dell’avvento del Messia atteso da Israele, che è Gesù, venivano usati per la preghiera nella Liturgia del Tempio: dire che Israele non riconobbe il Messia in Gesù è uno sbaglio, poiché tutti coloro che credettero nel Signore e andarono a formare la prima Chiesa di Gerusalemme, la cosiddetta Chiesa primitiva, furono Israeliti, persone appartenenti all’ebraismo per generazione di sangue, persone di stirpe ebraica; soltanto alcuni tra i capi del popolo, appartenenti alla classe sacerdotale e alla classe colta, i più influenti per posizione e potere, non accolsero Gesù come il Messia atteso da Israele e decretarono la sua dipartita. La condanna di Gesù è stata ratificata dal sinedrio, perché la sua colpa fu la bestemmia, Lui che era uomo si dichiarava Dio, inoltre i capi religiosi del popolo lo odiavano e lo invidiavano segretamente per la sua indiscussa grandezza, per le opere che compiva e per il suo insegnamento straordinario fatto con autorità, differente da quello degli scribi e dei farisei: per quelle persone era inaudito che l’Eterno potesse farsi uomo, assumere una natura umana, ma in questa tesi non mancava anche una profonda e nascosta malizia nei confronti del Signore, nei confronti della sua indiscussa santità.