Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 18 dicembre 2017

Il fantasma del Natale

Oramai siamo arrivati nel cuore dell’inverno e mancano a Natale pochi giorni, un po’ di più perché l’anno finisca e incominci quello nuovo; ciascuno faccia il suo esame di coscienza e uno scrutinio per quanto possibile verosimile su ciò che è stato quest’anno già trascorso, e le sue attese per l’anno futuro. A Natale si vuole il viaggio, gli addobbi, l’atmosfera, insomma il tornaconto emotivo e un grande spasso. Nessuno crede realmente che in quel bambino della sperduta Betlemme, all’incirca duemila anni orsono, la seconda Persona della santissima Trinità, il Verbo di Dio della stessa sostanza e natura delle altre due Persone divine, si sia fatto uomo per amore nei confronti degli uomini, nessuno crede e ad ogni disagio, contrarietà e sofferenza tutti sono pronti a bestemmiare e a maledire quell’innocente in fasce che giace in una mangiatoia, Signore del cielo e della terra, il Principe della pace. San Francesco allestì il primo presepe e cioè la rappresentazione plastica dell’incarnazione del Figlio e qualcuno al giorno d’oggi lo interpreta come qualcosa che richiama la famiglia o la bellezza dell’infanzia, la sua fascinazione quasi mistica, ma il presepe è soprattutto un trattatello teologico in cui ciascun personaggio riveste un ruolo unico e altamente significativo, Gesù bambino è al centro di tutta la scenografia, il tema è quello del sacro, del divino, del soteriologico, dell’amore oltre natura. San Francesco amava Gesù con forza e semplicità e così gli è venuta in mente l’idea del presepe, altrimenti perché? Ogni giorno al mattino per il cristiano dovrebbe essere Natale, perché ogni giorno ci è dato dalla provvidenza divina come dono gratuito e il cristiano vive non più per sé stesso ma bensì per Cristo che ha dato la sua vita per lui. La chiave è quella che spiega ogni cosa, la Carità sempiterna da cui trae origine ogni vita, ogni palpito e ogni pensiero. E’ la chiave che apre lo scrigno che nasconde nel segreto il senso dell’esistenza. Per coloro che hanno occhi per vedere, quel piccino di Betlemme ci richiama al senso del nostro stare al mondo e al destino che Dio ha riservato per quelli che lo amano, è un bimbo ma è anche Dio e come tale Egli può veramente tutto. L’anno che al presente appartiene al passato ci ha dato la possibilità di vivere secondo le nostre vedute e di vivere assieme agli altri oppure da soli, l’anno che a breve finirà ci ha portato avanti, più vicini a Dio o più lontani da Lui a seconda del libero arbitrio che sempre esercitiamo, a seconda delle scelte, difatti pregare è una scelta, voler bene agli altri è una scelta, perdonare è una scelta e in questioni così non ci obbliga davvero nessuno. Per l’anno che verrà personalmente mi auguro riconciliazione e pace e l’augurio è anche per il prossimo e per il mio povero mondo, il nostro mondo, tanto disordinato e inquieto. Nei Salmi sta scritto che Dio benedirà il suo popolo con la pace, cerchiamo di meritarcela con la nostra conversione, se ci si converte al Signore l’avvenire per la società sarà buono e tutti sono consapevoli del significato e dei modi della conversione, tutti sanno e nessuno può far finta di niente. Pensiamo all’episodio biblico della città di Ninive, quella città si salvò perché accettò di dare ascolto a chi la esortava a tornare a Dio. Da una seria riforma morale dipende il destino del genere umano, e non da chissà che cosa. Occorre riflettere per comprendere, i mali che ci affliggono dipendono dai mali dell’anima e non viceversa. La luce di Betlemme illumina le tenebre di una lunga e fredda notte, è la luce dellEterno.

lunedì 4 dicembre 2017

Chi perdona rinuncia a satana

E’ difficile perdonare chi ti fa del male, ma è ancora più difficile farsi perdonare dalle persone che si ritengono offese o ferite dalle nostre parole o dal nostro cattivo comportamento; perdonare è un atto eroico di cui sono capaci in pochi, desiderare la salvezza di chi si è dimostrato nostro spietato nemico è semplicemente cristiano. Dio non vede il peccatore come un tutt’uno con il peccato, vede un’anima che ha creato per la felicità e che deliberatamente si è allontanata da Lui radicandosi nell’impenitenza, nella durezza del cuore, nella chiusura. Quando riusciamo a perdonare e a guardare la persona che ci ha fatto del male, a guardarla negli occhi e a intravedere la sua umanità, la sua fragilità, i suoi difetti e persino la colpa, quando riusciamo ad amarla perché sentiamo nel nostro cuore che è come noi, un fratello o una sorella, quando diventiamo capaci di provare compassione e di lavare il fango dell’odio con le nostre lacrime, proprio allora siamo veramente umani e rassomigliamo a Gesù che ha invitato tutti coloro che portano il nome di cristiani ad essere suoi imitatori, liberi dai cattivi condizionamenti, liberi di amare. Nel ricevere il Battesimo da piccoli qualcuno ha detto al nostro posto: “Rinuncio a satana e alle sue seduzioni”, perdonando rinnoviamo questa promessa e ci facciamo abbracciare da Dio, se serbiamo rancore e decidiamo di vendicarci Dio non abita più nel nostro cuore, vi abita il diavolo. Il Battesimo è anche un esorcismo, ma per rimanere uniti a Dio occorre rinnovarlo quotidianamente nella vita con le nostre scelte, fatte con la nostra buona volontà; appena ci si presenta l’occasione dobbiamo farci forza e dire di no, questo no al male deve essere sempre accompagnato dalla preghiera, la quale nasconde in sé il nostro sì a Dio. Radicarsi risolutamente nel non voler perdonare qualcuno è un atteggiamento interiore che apre la porta al diabolico, gli spiriti del male attendono sempre questa buona occasione per prendersi un’anima e usarla ai propri scopi. La liberazione dal male passa sempre prima dal perdono agli altri e si fortifica con gli atti di carità compresa la preghiera, questo è un esempio di come si comportano i veri cristiani, e anche quelle persone d’animo nobile che non professano alcuna fede religiosa ma hanno il coraggio di fare scelte giuste anche se difficili: perdonare è una scelta difficile perché richiede molta umiltà, richiede mortificazione e la rinuncia ad affermare il proprio ego, tante volte sollecitato dal maligno con la tentazione. Soltanto se siamo capaci di dire al nostro prossimo: “Ti perdono”, possiamo lecitamente dire al Signore: “Perdonami”, se non perdoniamo non possiamo pretendere per noi stessi il perdono. Un cuore libero dalle catene della collera, del rancore e della violenza è un cuore capace di perdonare e di vivere in pace. Ma per ricevere il perdono è necessario il pentimento, si perdona a chi è pentito e non a chi si chiude e diventa prigioniero di sé stesso e del diavolo, che con questa strategia conquista tante anime rubandole a Dio. Perdonare è un atto d’amore, è una beatitudine evangelica.