Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 29 giugno 2017

La nostra promessa

Le promesse che formuliamo nel ricevere il Battesimo sono essenzialmente due, la rinuncia a satana e alle sue opere e la consacrazione a Dio conformemente alla sua Legge, ma quali sono le opere di satana e in che cosa consiste la Legge di Dio? Ci sono delle risposte antitetiche a entrambe le domande, come l’odio e l’amore nelle loro molteplici espressioni, che tutti conoscono e che spiegare è superfluo. L’egoismo e l’altruismo, la vendetta e il perdono, la purezza e la sensualità, la mansuetudine e la violenza, l’umiltà e la superbia, della superbia si dice che sia la radice spirituale di tutti i vizi o mali che degenerano l’uomo verso il demoniaco. Gesù prometto di amarti, Gesù ti amo è la sintesi di quella promessa che porta in sé ascolto e obbedienza il cui frutto è la pace interiore, ma anche la bontà nei confronti degli altri. Amo soltanto me stesso e faccio tutto in funzione di me stesso, gli altri in confronto alla mia persona scompaiono, non valgono niente, Dio non esiste e pregare è una pratica inutile, che senso ha la vita? soddisfare il mio egoismo, alimentare l’orgoglio e perseguire finalità che sono proprie del materialismo e oggi del consumismo, dove le cose materiali sono idoli a cui consegnare il nostro cuore e il piacere o il benessere dei valori al di sopra di quelli morali. Gesù invece ha detto: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, in questa sua frase c’è un tratto bellissimo della Legge di Dio e della sua osservanza, fedeltà che produce nell’immediato e nel futuro un’autentica felicità rivelatrice di un ordine che non è di quaggiù. La nostra promessa è amare Dio e il prossimo e per concretizzare questo proposito di bene esistono tante modalità, tante quante sono le vite delle persone che abitano questo mondo, la nostra promessa deve essere per sempre proprio come una consacrazione, il Battesimo nella sua formula Trinitaria con l’acqua come segno esteriore è una consacrazione alla vita cristiana e alla pienezza della vita umana, il Battesimo libera dal potere delle tenebre e ci rende figli di Dio, è quindi l’esorcismo fondamentale, il Battesimo è la porta d’ingresso al Paradiso, attua la salvezza operata dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo, è un fatto e non un’idea. Chi può ricevere il Battesimo? soltanto coloro che non lo hanno ancora ricevuto. Chi può amministrarlo? chiunque, purché vi sia il proposito di fare ciò che la Chiesa si propone di fare, utilizzi la formula Trinitaria e l’acqua. Il Battesimo attua la salvezza da parte di Dio per l’uomo ed è il mezzo con cui si compie la missione della Chiesa, che consiste nel perpetuare l’azione salvifica di Cristo. La sua virtù è puramente soprannaturale, decreta la sconfitta di satana ad opera di Cristo per sempre. Rinnoviamo ogni giorno attraverso la nostra preghiera personale le promesse battesimali associandole al nostro impegno di conversione, per il nostro bene e per il bene del nostro prossimo. Il Battesimo è autentico in tutte le Chiese cristiane, cattolica, ortodossa e protestante, ci libera dal male e ci rende abitazioni di Dio, templi vivi dello Spirito Santo... ma è necessaria la perseveranza nella grazia o carità. Sant’Agostino ha scritto molti secoli addietro che per la nostra salvezza c’è l’acqua del Battesimo e ci sono le lacrime della penitenza, in entrambe deve esserci la preghiera perché la vita spirituale si sostiene con la preghiera, respiro dell’anima e comunione con Dio. Chi rinuncia alla preghiera, rinuncia alla vita, a quella vera.

giovedì 15 giugno 2017

Perché credere in Dio

Se tu non mi stessi cercando significherebbe che non mi hai trovato, ma proprio perché mi cerchi… senza saperlo mi hai già trovato”, così talvolta il Signore parla al cuore delle persone; il desiderio di dare un senso positivo alla propria vita è segno di buona salute psicologica, spirituale e morale, coloro che si interessano soltanto della questione del vivere e tralasciano di conoscere il perché del loro stare al mondo, sono persone tanto misere quanto biasimevoli che si accontentano dell’ordinario e del monotono. Sono convinto che se si leggesse il Vangelo non come una favola della buonanotte ma conferendogli quel realismo che merita una cronaca storica intessuta di fatti straordinari, convincendosi dell’esistenza del soprannaturale, molto della nostra prospettiva esistenziale cambierebbe; forse ci sono due possibili esiti a questa visione della realtà, o illudersi nel fanatismo, o pervenire ad una equilibrata felicità che ci offre la chiave per decifrare ogni cosa delle nostre vite, del nostro stare al mondo e del nostro destino. Il messaggio fondamentale che ci viene dato dal Vangelo è questo: un uomo è tornato dalla morte e ha dimostrato con qualcosa di così eloquente e inequivocabile, quel che ha predicato nel corso della sua vita terrena riguardo a sé stesso e a ogni creatura umana. L’ambito per accedere a questa verità storica è e sarà sempre l’adesione di fede personale, ciascuno per sé senza che altri possano intromettersi nella scelta di credere in qualcosa di sconosciuto e inspiegabile. Questa scelta di credere io l’ho fatta e non mi sono mai contraddetto riguardo alle convinzioni a cui ho aderito, anzi sono maturato e penso di aver compreso quello che per tanto tempo ignoravo, o addirittura disprezzavo con quel sarcasmo che i miscredenti hanno nei confronti di coloro che vogliono proporgli una qualsivoglia verità precostituita. Nelle mie pagine parlo spesso della fede, non per fanatismo ma perché penso si tratti di un bene molto prezioso che tutti dovrebbero aver modo di possedere, non è qualcosa che si conquista e poi si mette da parte dimenticandosene col tempo, è qualcosa che va coltivato giorno per giorno; il mezzo più importante per pervenire alla fede e conservarla è la preghiera, non tanto la preghiera come tale ma il perseverare in essa, semplicemente la devozione o meglio la vita devota, non chissà quale grande esercizio ascetico riservato a pochi eletti, semplicemente la preghiera cristiana così come la tradizione di tanti secoli ci ha tramandato. Con una similitudine la dinamica della grazia si può descrivere in questo modo: la preghiera è l’acqua apportatrice di vita, la sana dottrina e cioè la conoscenza della verità rivelata è la pianta che occorre coltivare, i beni che ne derivano sono puramente soprannaturali, sono le virtù e il conseguimento della salvezza eterna della propria anima. Appartiene tutto all’ambito dell’invisibile e dell’indimostrabile, ma non per questo si tratta di assurde fantasticherie bensì di realtà, anzi è la realtà costitutiva della natura umana e non si può né vedere né toccare, come la maggior parte delle nostre facoltà. Credere è una scommessa come diceva il filosofo e matematico Pascal, ma non più di quel tanto perché la fede è plausibile e il nostro mondo è costruito da innumerevoli illusioni che servono ad alienarci, a distrarci per farci perdere di vista l’essenziale: non si deve mai rinunciare a dare un significato alle cose, a spiegarle per conoscerle… si ama solamente ciò che si conosce a fondo o si cerca di conoscere, è il motore dell’anima e non possiamo farne a meno.

mercoledì 7 giugno 2017

Il nero sigillo

A nord del continente vi sono i ghiacci perenni, il freddo pungente e le alte montagne innevate, c’è un sigillo impresso sulla nuda roccia desolata di quei luoghi impervi, è il sigillo di un demone, è il sigillo del caduto. Per molte ere gli uomini guerreggiarono tra di loro per la supremazia e l’illusione del potere, per le ricchezze della terra e per l’inganno della sicurezza e dell’immortalità che falsi sapienti promisero a uomini e donne arroganti, colmi di orgoglio, superbi e desiderosi della gloria del mondo; i miasmi del caduto, dal luogo della sua dimora, attraversarono tutte le epoche e i territori, inquinarono i cuori dei mortali facendoli deviare dal retto sentiero, quello che conduce alla vita. Chi ama la vita non la ama solamente in sé stesso e per sé, ma la ama negli altri, in tutti coloro che incontra sul suo cammino. Un valoroso combattente di antiche battaglie si incamminò verso nord per impossessarsi del potere del caduto, il pungiglione della morte e avere potestà su tutti i suoi nemici rapinandoli della vita nel corpo e consegnando le loro anime alle bocche fameliche dei demòni, i principi, i duchi e i baroni di quel mondo tenebroso, gelido e impersonale in cui il caduto è despota e colonna portante, il faro che con la sua luce nera attraversa le creature perdute e amareggiate. Il guerriero arrivò ad un albero vegeto e rigoglioso pieno di gemme e fiori, come se quel piccolo spazio di terreno fosse straordinariamente portatore di vita alla maniera della stagione di rinascita che noi conosciamo, la primavera; dal gelo circostante entrò in una sfera fatta di luce e tepore, di aria pulita e piacevole da respirare. Disse tra sé e sé: “Qui non può dimorare il demone caduto, che portò nella morte i suoi fratelli…”. Ma egli stranamente era lì ma fuori dalla sua vista e rispose: “Sono io colui che cerchi e te lo dimostro domandandoti un’opera di morte, estrai la tua spada, la tua mietitrice e taglia il ramo più alto, forte e pieno di linfa vitale di questa pianta così bella e detestabile”. Luriahn, così era il nome del valoroso, obbedì ed estrasse la spada e tagliò all’istante il ramo frondoso dell’albero, la linfa verde cadde a terra come il sangue dei suoi innumerevoli nemici uccisi nei tanti conflitti violenti e spietati… e il demone rise per il male compiuto, rise di compiacimento per la follia e la schiavitù dell’uomo peccatore e privo di coscienza. Così Luriahn: “Ho fatto quello che mi hai chiesto, adesso dammi il pungiglione della morte perché possa continuare la tua opera nel mondo”. “Ti manca ancora qualcosa per essere perfetto nell’arte dell’uccisione, prendi il ramo che hai reciso e rimettilo al suo posto affinché riprenda a vivere”. Luriahn rimase costernato e domandò: “Che cosa significa questa richiesta?”. “Non è una richiesta, ma bensì la dimostrazione del tuo falso potere e della tua stoltezza, tu non puoi nulla se non riconosci che la vita è più forte della morte; hai sempre combattuto con la convinzione che la vita fosse effimera e senza valore; hai sempre combattuto anteponendo la tua vita e ciò che per te gli conferisce valore, al di sopra della vita delle altre creature; hai combattuto per il nulla privo di fede in un Creatore della vita e adesso che sei alla mia presenza il mio pungiglione ti darà la morte e comprenderai che il nulla non esiste, esiste la morte, quella vera e perpetua, che a confronto del nulla è sì preferibile ma non altrettanto a confronto della vita eterna, che tu oggi compiendo l’ultimo dei tuoi gesti blasfemi, hai perduto per sempre… e adesso verrai con me, misero uomo”. Luriahn ebbe paura per la prima volta da molto tempo e disse al demone: “Devo tornare alla guerra!”, “La tua guerra è finita e tu sei l’unico sconfitto, questo è il pozzo dell’abisso e ora cadi assieme a me”. L’albero della vita si dissolse e con esso la sfera d’aria pura, si aprì una spaventosa voragine e ne uscì un olezzo nauseabondo, era buio e profondo l’antro e si sentivano molte anime piangere; Luriahn domandò spaventato: “Perché piangono?”, rispose il demone traghettatore: “Hanno perso per sempre la possibilità di amare e di essere felici”. Luriahn chiese senza rendersi conto di quanto fosse assurdo il suo dilemma: “Che cosa significa amare?”, tradendo tra l’inaspettato e lo spavento una traccia di collera mista a rancore. “Non so cosa significa, non me lo ricordo”. E afferratolo con forza e determinazione lo portò giù nell’abisso e la voragine si chiuse, lasciandosi dietro aspre battaglie e valorosi soldati… ma questa è un’altra storia, speriamo non la nostra che siamo figli di quel Dio che è amante della vita, della riconciliazione e della pace.