Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 15 giugno 2017

Perché credere in Dio

Se tu non mi stessi cercando significherebbe che non mi hai trovato, ma proprio perché mi cerchi… senza saperlo mi hai già trovato”, così talvolta il Signore parla al cuore delle persone; il desiderio di dare un senso positivo alla propria vita è segno di buona salute psicologica, spirituale e morale, coloro che si interessano soltanto della questione del vivere e tralasciano di conoscere il perché del loro stare al mondo, sono persone tanto misere quanto biasimevoli che si accontentano dell’ordinario e del monotono. Sono convinto che se si leggesse il Vangelo non come una favola della buonanotte ma conferendogli quel realismo che merita una cronaca storica intessuta di fatti straordinari, convincendosi dell’esistenza del soprannaturale, molto della nostra prospettiva esistenziale cambierebbe; forse ci sono due possibili esiti a questa visione della realtà, o illudersi nel fanatismo, o pervenire ad una equilibrata felicità che ci offre la chiave per decifrare ogni cosa delle nostre vite, del nostro stare al mondo e del nostro destino. Il messaggio fondamentale che ci viene dato dal Vangelo è questo: un uomo è tornato dalla morte e ha dimostrato con qualcosa di così eloquente e inequivocabile, quel che ha predicato nel corso della sua vita terrena riguardo a sé stesso e a ogni creatura umana. L’ambito per accedere a questa verità storica è e sarà sempre l’adesione di fede personale, ciascuno per sé senza che altri possano intromettersi nella scelta di credere in qualcosa di sconosciuto e inspiegabile. Questa scelta di credere io l’ho fatta e non mi sono mai contraddetto riguardo alle convinzioni a cui ho aderito, anzi sono maturato e penso di aver compreso quello che per tanto tempo ignoravo, o addirittura disprezzavo con quel sarcasmo che i miscredenti hanno nei confronti di coloro che vogliono proporgli una qualsivoglia verità precostituita. Nelle mie pagine parlo spesso della fede, non per fanatismo ma perché penso si tratti di un bene molto prezioso che tutti dovrebbero aver modo di possedere, non è qualcosa che si conquista e poi si mette da parte dimenticandosene col tempo, è qualcosa che va coltivato giorno per giorno; il mezzo più importante per pervenire alla fede e conservarla è la preghiera, non tanto la preghiera come tale ma il perseverare in essa, semplicemente la devozione o meglio la vita devota, non chissà quale grande esercizio ascetico riservato a pochi eletti, semplicemente la preghiera cristiana così come la tradizione di tanti secoli ci ha tramandato. Con una similitudine la dinamica della grazia si può descrivere in questo modo: la preghiera è l’acqua apportatrice di vita, la sana dottrina e cioè la conoscenza della verità rivelata è la pianta che occorre coltivare, i beni che ne derivano sono puramente soprannaturali, sono le virtù e il conseguimento della salvezza eterna della propria anima. Appartiene tutto all’ambito dell’invisibile e dell’indimostrabile, ma non per questo si tratta di assurde fantasticherie bensì di realtà, anzi è la realtà costitutiva della natura umana e non si può né vedere né toccare, come la maggior parte delle nostre facoltà. Credere è una scommessa come diceva il filosofo e matematico Pascal, ma non più di quel tanto perché la fede è plausibile e il nostro mondo è costruito da innumerevoli illusioni che servono ad alienarci, a distrarci per farci perdere di vista l’essenziale: non si deve mai rinunciare a dare un significato alle cose, a spiegarle per conoscerle… si ama solamente ciò che si conosce a fondo o si cerca di conoscere, è il motore dell’anima e non possiamo farne a meno.

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