A nord
del continente vi sono i ghiacci perenni, il freddo pungente e le alte montagne
innevate, c’è un sigillo impresso sulla nuda roccia desolata di quei luoghi
impervi, è il sigillo di un demone, è il sigillo del caduto. Per molte ere gli
uomini guerreggiarono tra di loro per la supremazia e l’illusione del potere,
per le ricchezze della terra e per l’inganno della sicurezza e dell’immortalità
che falsi sapienti promisero a uomini e donne arroganti, colmi di orgoglio,
superbi e desiderosi della gloria del mondo; i miasmi del caduto, dal luogo
della sua dimora, attraversarono tutte le epoche e i territori, inquinarono i
cuori dei mortali facendoli deviare dal retto sentiero, quello che conduce alla
vita. Chi ama la vita non la ama solamente in sé stesso e per sé, ma la ama
negli altri, in tutti coloro che incontra sul suo cammino. Un valoroso
combattente di antiche battaglie si incamminò verso nord per impossessarsi del
potere del caduto, il pungiglione della morte e avere potestà su tutti i suoi
nemici rapinandoli della vita nel corpo e consegnando le loro anime alle bocche
fameliche dei demòni, i principi, i duchi e i baroni di quel mondo tenebroso, gelido
e impersonale in cui il caduto è despota e colonna portante, il faro che con
la sua luce nera attraversa le creature perdute e amareggiate. Il guerriero
arrivò ad un albero vegeto e rigoglioso pieno di gemme e fiori, come se quel
piccolo spazio di terreno fosse straordinariamente portatore di vita alla
maniera della stagione di rinascita che noi conosciamo, la primavera; dal gelo
circostante entrò in una sfera fatta di luce e tepore, di aria pulita e
piacevole da respirare. Disse tra sé e sé: “Qui
non può dimorare il demone caduto, che portò nella morte i suoi fratelli…”.
Ma egli stranamente era lì ma fuori dalla sua vista e rispose: “Sono io colui che cerchi e te lo dimostro
domandandoti un’opera di morte, estrai la tua spada, la tua mietitrice e taglia
il ramo più alto, forte e pieno di linfa vitale di questa pianta così bella e
detestabile”. Luriahn, così era il nome del valoroso, obbedì ed estrasse la
spada e tagliò all’istante il ramo frondoso dell’albero, la linfa verde cadde a
terra come il sangue dei suoi innumerevoli nemici uccisi nei tanti conflitti
violenti e spietati… e il demone rise per il male compiuto, rise di
compiacimento per la follia e la schiavitù dell’uomo peccatore e privo di
coscienza. Così Luriahn: “Ho fatto quello
che mi hai chiesto, adesso dammi il pungiglione della morte perché possa
continuare la tua opera nel mondo”. “Ti
manca ancora qualcosa per essere perfetto nell’arte dell’uccisione, prendi il
ramo che hai reciso e rimettilo al suo posto affinché riprenda a vivere”.
Luriahn rimase costernato e domandò: “Che
cosa significa questa richiesta?”. “Non
è una richiesta, ma bensì la dimostrazione del tuo falso potere e della tua
stoltezza, tu non puoi nulla se non riconosci che la vita è più forte della
morte; hai sempre combattuto con la convinzione che la vita fosse effimera e
senza valore; hai sempre combattuto anteponendo la tua vita e ciò che per te
gli conferisce valore, al di sopra della vita delle altre creature; hai
combattuto per il nulla privo di fede in un Creatore della vita e adesso che
sei alla mia presenza il mio pungiglione ti darà la morte e comprenderai che il
nulla non esiste, esiste la morte, quella vera e perpetua, che a confronto del
nulla è sì preferibile ma non altrettanto a confronto della vita eterna, che tu
oggi compiendo l’ultimo dei tuoi gesti blasfemi, hai perduto per sempre… e
adesso verrai con me, misero uomo”. Luriahn ebbe paura per la prima volta
da molto tempo e disse al demone: “Devo
tornare alla guerra!”, “La tua guerra
è finita e tu sei l’unico sconfitto, questo è il pozzo dell’abisso e ora cadi
assieme a me”. L’albero della vita si dissolse e con esso la sfera d’aria
pura, si aprì una spaventosa voragine e ne uscì un olezzo nauseabondo, era buio
e profondo l’antro e si sentivano molte anime piangere; Luriahn domandò spaventato:
“Perché piangono?”, rispose il demone
traghettatore: “Hanno perso per sempre la
possibilità di amare e di essere felici”. Luriahn chiese senza rendersi
conto di quanto fosse assurdo il suo dilemma: “Che cosa significa amare?”, tradendo tra l’inaspettato e lo
spavento una traccia di collera mista a rancore. “Non so cosa significa, non me lo ricordo”. E afferratolo con forza
e determinazione lo portò giù nell’abisso e la voragine si chiuse, lasciandosi
dietro aspre battaglie e valorosi soldati… ma questa è un’altra storia,
speriamo non la nostra che siamo figli di quel Dio che è amante della vita, della
riconciliazione e della pace.
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