Mi
addormentai di un sonno profondo nella culla della vita, sembrava di cadere in
un pozzo dalle acque immote e pulite, tutto pervaso da una luce accogliente, da
una luce che non disturbava ma infondeva pace e senso di armonia. Davanti a me
una porta chiusa e custodita da creature celesti simili a cherubini, lentamente
la porta si aprì e io passai oltre, non c’era da temere alla vista dell’Eterno,
il suo desiderio per la mia salvezza sorpassava le mie aspettative, non ebbi
paura del giudizio perché con un atto di umiltà nel considerare le colpe e il
pentimento sincero, la fiducia nel Cuore misericordioso di Dio, le lacrime del
mio cuore penitente e la bilancia della giustizia, questo rivelarmi tutto il
suo amore più forte della morte, più forte di ogni opera di morte, più forte
del pungiglione intriso di veleno mortifero dei demoni, la vita risorge in un
mondo estraneo alla soddisfazione carnale, alle fami egoistiche e alla
superbia. In quel mondo laggiù vissi come il povero Lazzaro che raccoglieva gli
avanzi dalla mensa del ricco epulone, ammalato e disprezzato, abbandonato dalla
gente cosiddetta per bene, nella solitudine più disperante, ebbi tanti fratelli
e sorelle, bambini e adulti, oggetto dell’indifferenza di chi si crogiola in un
disgustoso e meschino benessere. Quel crocifisso appeso nella chiesa mi diceva
che qualcuno prima di me attraversò la mia amara esperienza, quei crocifissi
considerati distrattamente o guardati come l’esempio del fallimento di una
esistenza e della deprivazione più estrema, dicevano tutta l’angoscia dell’umanità
sofferente che con timore e tremore attende da sempre una redenzione che non
arriverà mai in ogni quotidiana esperienza, fino alla perdita del bene più
prezioso, del nostro cuore battente, del nostro sangue fluente. La compassione
era quel lucignolo fumigante ancora acceso e che non si era del tutto estinto,
quella chiave mistica che ci rendeva ancora umani e che non permetteva che ci
tramutassimo in bestie diaboliche. Quei cuori compassionevoli nel mondo sono le
colonne che reggono il destino e che placano l’ira furente contro la grande e
multiforme iniquità, sono la salvezza dei miseri e la consolazione dei giusti. Ci
sono anime riparatrici che con le loro croci e le loro preghiere ottengono a
molti la conversione, perché a motivo degli eletti questo mondo non marcisce
del tutto, questo mondo che disprezza la debolezza ed esalta il sopruso. Quelli
che hanno cercato di costruire la propria felicità estromettendo da sé stessi e
dagli altri quei Comandamenti scritti nella coscienza di ogni persona, hanno
fatto della nostra civiltà una propaggine dell’inferno, dove la vita non ha un
carattere sacro ma è a uso e consumo dei più forti. Cristo ha annunciato il
Regno, ha parlato di difficoltà per entrarvi, di rinnovamento spirituale e
interiore, di conversione e di sacrificio, l’Autore della vita ha spalancato la
porta della Croce. Cristo ha parlato di servizio e non di dominio, di
mansuetudine e non di violenza, di perdono e non di vendetta. Se si mette in
pratica la carità ecco che si fanno dei buoni amici nelle dimore eterne, ci
qualifica come persone soprattutto quello che sappiamo dare al prossimo.
Nessuno conosce la Verità e sono veramente in grande numero gli agnostici, ma
nell’intimo dell’anima tutti comprendono cosa vale di più nella vita e in prospettiva
quali saranno le conseguenze, è un tratto della ragione che ci rende dissimili
dagli animali, la sublimazione delle forze caotiche, primitive e istintuali che
se assecondate distruggono la civiltà e ci tolgono la dignità di creature
assennate. La vita è un cammino in direzione di un bene più grande e
sconosciuto, il segreto per conquistarlo è l’amore che decidiamo di offrire al
prossimo, siamo liberi di chiuderci a questa chiamata, ogni giorno possiamo
fare scelte contrarie. Questo significa educare alla fede, questo è il Vangelo
nella sua essenza; il Cristianesimo si distingue dalle altre religioni perché
ci propone l’amicizia con una persona, l’amicizia con Gesù. Si può essere
veramente amici soltanto se si ha qualcosa in comune, se si condivide qualcosa,
altrimenti è impossibile o è solamente una finzione. Se si desidera il bene
altrui si è amici di Dio. Non occorre molta filosofia per capirlo, basta la
sanità dell’intelletto.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
giovedì 31 gennaio 2019
domenica 6 gennaio 2019
La cultura del nemico
Sono
sempre più convinto che una società dove le armi sono liberalizzate e alla portata
di tutti, dia la possibilità alla follia di manifestarsi celermente nei più
svariati modi. Per certe professioni e forse per la patente di guida occorrerebbe
la perizia psichiatrica o almeno dei test psicologici davvero validi. Ho letto
in questi ultimi mesi della legislazione in favore della diffusione delle armi
per garantire la legittima difesa, qualcosa che comporterà non una maggiore
sicurezza per tutti ma una minaccia sempre più paurosa per quei cittadini
onesti ed equilibrati che non hanno perso il lume della ragione. Odio dal
profondo le armi e sono convinto che il profilo psicologico di quelli che le
apprezzano declini nella mania e nella psicopatia. Una società sicura è una
società in cui crescono rispetto per l’altro,
la solidarietà e l’accoglienza, la comprensione e la compassione, attenzione ai
deboli e azioni concrete in loro favore, contrasto al pregiudizio e all’emarginazione.
La società degli armati è fondata sulla cultura del nemico e su una mentalità
nepotista, l’istruzione e l’educazione ai valori umani, nelle famiglie e nelle
scuole, la regola d’oro del Vangelo costituiscono il fondamento per una società
pacifica e rispettosa di tutti. Le armi sono un tratto caratteristico di una
natura fratricida, dove ci si odia tra simili, dove la morale è deviata e
contorta, il pensiero che si trova dietro ogni arma che viene fabbricata ha qualcosa
di diabolico, non è tecnologia a servizio dell’uomo, è il veicolo per
distruggere l’uomo in una compulsione di morte. Una persona che uccide il
prossimo muore nell’anima, muore dentro e non è più libera di negare ciò che
contraria una indole buona, ed è difficile che rinsavisca da una condizione
interiore che sembra senza ritorno, ha perso l’innocenza e la purezza del
cuore. L’arma che si deve portare addosso è la corona del rosario che ci
accompagna nella preghiera, è uno strumento di pace, e la portano coloro che
non hanno tradito la propria umanità per volgersi ai demòni. Con la preghiera
si costruisce la pace perché il bene soprannaturale, quindi la grazia che viene
da Dio, ha la capacità di convertire i cuori, di estendere quelle forze positive
come il vicendevole perdono, la carità fraterna e la concordia, con la
preghiera richiamiamo su ciascuno di noi questo cambiamento profondo, il mondo
spirituale celeste se richiamato dalla preghiera permea il mondo terreno e
rende migliore la società allontanando da essa quelle forze ostili e negative
che tendono al peggio e che si agitano anche dentro ciascuno di noi, quello che
chiamiamo con il nome di peccato, fuori di noi sono gli spiriti del male, gli
angeli decaduti che ci tentano e ci infestano. Nella Bibbia è presente una
pagina in cui le armi vengono descritte come oggetti trasformati in strumenti
di lavoro, con altre immagini poetiche la Bibbia esprime l’anelito dell’uomo
alla pace, Gesù è chiamato da un profeta del Vecchio Testamento il principe della
pace, è una profezia che descrive proprio il Signore. Chi ama veramente Dio
rinuncia sempre alla violenza e disprezza la vendetta come qualcosa che è
proprio soltanto degli uomini empi e insensati. Un mondo con le armi non è un
mondo vivibile e sicuro, è un mondo che rispecchia i tratti peggiori della
natura umana. Speriamo che dalla notte della ragione sorga l’alba del Vangelo
di Cristo, un nuovo umanesimo che conservi intatte le radici cristiane, nei limiti del possibile la civiltà dell’amore fraterno.
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