Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 31 gennaio 2019

La perla preziosa per cui si perde tutto

Mi addormentai di un sonno profondo nella culla della vita, sembrava di cadere in un pozzo dalle acque immote e pulite, tutto pervaso da una luce accogliente, da una luce che non disturbava ma infondeva pace e senso di armonia. Davanti a me una porta chiusa e custodita da creature celesti simili a cherubini, lentamente la porta si aprì e io passai oltre, non c’era da temere alla vista dell’Eterno, il suo desiderio per la mia salvezza sorpassava le mie aspettative, non ebbi paura del giudizio perché con un atto di umiltà nel considerare le colpe e il pentimento sincero, la fiducia nel Cuore misericordioso di Dio, le lacrime del mio cuore penitente e la bilancia della giustizia, questo rivelarmi tutto il suo amore più forte della morte, più forte di ogni opera di morte, più forte del pungiglione intriso di veleno mortifero dei demoni, la vita risorge in un mondo estraneo alla soddisfazione carnale, alle fami egoistiche e alla superbia. In quel mondo laggiù vissi come il povero Lazzaro che raccoglieva gli avanzi dalla mensa del ricco epulone, ammalato e disprezzato, abbandonato dalla gente cosiddetta per bene, nella solitudine più disperante, ebbi tanti fratelli e sorelle, bambini e adulti, oggetto dell’indifferenza di chi si crogiola in un disgustoso e meschino benessere. Quel crocifisso appeso nella chiesa mi diceva che qualcuno prima di me attraversò la mia amara esperienza, quei crocifissi considerati distrattamente o guardati come l’esempio del fallimento di una esistenza e della deprivazione più estrema, dicevano tutta l’angoscia dell’umanità sofferente che con timore e tremore attende da sempre una redenzione che non arriverà mai in ogni quotidiana esperienza, fino alla perdita del bene più prezioso, del nostro cuore battente, del nostro sangue fluente. La compassione era quel lucignolo fumigante ancora acceso e che non si era del tutto estinto, quella chiave mistica che ci rendeva ancora umani e che non permetteva che ci tramutassimo in bestie diaboliche. Quei cuori compassionevoli nel mondo sono le colonne che reggono il destino e che placano l’ira furente contro la grande e multiforme iniquità, sono la salvezza dei miseri e la consolazione dei giusti. Ci sono anime riparatrici che con le loro croci e le loro preghiere ottengono a molti la conversione, perché a motivo degli eletti questo mondo non marcisce del tutto, questo mondo che disprezza la debolezza ed esalta il sopruso. Quelli che hanno cercato di costruire la propria felicità estromettendo da sé stessi e dagli altri quei Comandamenti scritti nella coscienza di ogni persona, hanno fatto della nostra civiltà una propaggine dell’inferno, dove la vita non ha un carattere sacro ma è a uso e consumo dei più forti. Cristo ha annunciato il Regno, ha parlato di difficoltà per entrarvi, di rinnovamento spirituale e interiore, di conversione e di sacrificio, l’Autore della vita ha spalancato la porta della Croce. Cristo ha parlato di servizio e non di dominio, di mansuetudine e non di violenza, di perdono e non di vendetta. Se si mette in pratica la carità ecco che si fanno dei buoni amici nelle dimore eterne, ci qualifica come persone soprattutto quello che sappiamo dare al prossimo. Nessuno conosce la Verità e sono veramente in grande numero gli agnostici, ma nell’intimo dell’anima tutti comprendono cosa vale di più nella vita e in prospettiva quali saranno le conseguenze, è un tratto della ragione che ci rende dissimili dagli animali, la sublimazione delle forze caotiche, primitive e istintuali che se assecondate distruggono la civiltà e ci tolgono la dignità di creature assennate. La vita è un cammino in direzione di un bene più grande e sconosciuto, il segreto per conquistarlo è l’amore che decidiamo di offrire al prossimo, siamo liberi di chiuderci a questa chiamata, ogni giorno possiamo fare scelte contrarie. Questo significa educare alla fede, questo è il Vangelo nella sua essenza; il Cristianesimo si distingue dalle altre religioni perché ci propone l’amicizia con una persona, l’amicizia con Gesù. Si può essere veramente amici soltanto se si ha qualcosa in comune, se si condivide qualcosa, altrimenti è impossibile o è solamente una finzione. Se si desidera il bene altrui si è amici di Dio. Non occorre molta filosofia per capirlo, basta la sanità dell’intelletto.

domenica 6 gennaio 2019

La cultura del nemico

Sono sempre più convinto che una società dove le armi sono liberalizzate e alla portata di tutti, dia la possibilità alla follia di manifestarsi celermente nei più svariati modi. Per certe professioni e forse per la patente di guida occorrerebbe la perizia psichiatrica o almeno dei test psicologici davvero validi. Ho letto in questi ultimi mesi della legislazione in favore della diffusione delle armi per garantire la legittima difesa, qualcosa che comporterà non una maggiore sicurezza per tutti ma una minaccia sempre più paurosa per quei cittadini onesti ed equilibrati che non hanno perso il lume della ragione. Odio dal profondo le armi e sono convinto che il profilo psicologico di quelli che le apprezzano declini nella mania e nella psicopatia. Una società sicura è una società in cui crescono rispetto per l’altro, la solidarietà e l’accoglienza, la comprensione e la compassione, attenzione ai deboli e azioni concrete in loro favore, contrasto al pregiudizio e all’emarginazione. La società degli armati è fondata sulla cultura del nemico e su una mentalità nepotista, l’istruzione e l’educazione ai valori umani, nelle famiglie e nelle scuole, la regola d’oro del Vangelo costituiscono il fondamento per una società pacifica e rispettosa di tutti. Le armi sono un tratto caratteristico di una natura fratricida, dove ci si odia tra simili, dove la morale è deviata e contorta, il pensiero che si trova dietro ogni arma che viene fabbricata ha qualcosa di diabolico, non è tecnologia a servizio dell’uomo, è il veicolo per distruggere l’uomo in una compulsione di morte. Una persona che uccide il prossimo muore nell’anima, muore dentro e non è più libera di negare ciò che contraria una indole buona, ed è difficile che rinsavisca da una condizione interiore che sembra senza ritorno, ha perso l’innocenza e la purezza del cuore. L’arma che si deve portare addosso è la corona del rosario che ci accompagna nella preghiera, è uno strumento di pace, e la portano coloro che non hanno tradito la propria umanità per volgersi ai demòni. Con la preghiera si costruisce la pace perché il bene soprannaturale, quindi la grazia che viene da Dio, ha la capacità di convertire i cuori, di estendere quelle forze positive come il vicendevole perdono, la carità fraterna e la concordia, con la preghiera richiamiamo su ciascuno di noi questo cambiamento profondo, il mondo spirituale celeste se richiamato dalla preghiera permea il mondo terreno e rende migliore la società allontanando da essa quelle forze ostili e negative che tendono al peggio e che si agitano anche dentro ciascuno di noi, quello che chiamiamo con il nome di peccato, fuori di noi sono gli spiriti del male, gli angeli decaduti che ci tentano e ci infestano. Nella Bibbia è presente una pagina in cui le armi vengono descritte come oggetti trasformati in strumenti di lavoro, con altre immagini poetiche la Bibbia esprime l’anelito dell’uomo alla pace, Gesù è chiamato da un profeta del Vecchio Testamento il principe della pace, è una profezia che descrive proprio il Signore. Chi ama veramente Dio rinuncia sempre alla violenza e disprezza la vendetta come qualcosa che è proprio soltanto degli uomini empi e insensati. Un mondo con le armi non è un mondo vivibile e sicuro, è un mondo che rispecchia i tratti peggiori della natura umana. Speriamo che dalla notte della ragione sorga l’alba del Vangelo di Cristo, un nuovo umanesimo che conservi intatte le radici cristiane, nei limiti del possibile la civiltà dellamore fraterno.