Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

sabato 16 dicembre 2023

Silloge poetica n°012


L'OBLÌO DEL NATALE

Ecco il Natale dei presepi insanguinati
e delle membra sanguinanti –
in quella Betlemme lontana di venti secoli,
delle famiglie che perdono i propri figli in guerre sporche,
dei rifugiati nati meno di quattordici anni fa
e mamme con un cuore pesante in terra straniera,
una catastrofe umanitaria,
spesso definiti non per un caso ma per crudele volontà
danni collaterali o piuttosto inutili conseguenze,
dei naufraghi che attraversano ai confini il perfido Leviatano,
chi sopravvive o si inabissa in una tomba d'acqua,
dei poveri che con o senza un lavoro certo –
con disabili soli, anziani abbandonati e bambini senza amore,
vulnerabili a cui nessuno tende la mano,
a cui manca il necessario o la solidarietà fraterna,
così che non riescono a mangiare il pane d'ogni giorno,
per settimane e nemmeno nel Natale da calendario.

La culla è sporca di sangue,
è il sangue innocente della vittima di odio,
della ritorsione vendicativa,
dell'errore di giudizio che non s'accorge dell'altro come noi,
l'empatia che si tramuta in compassione –
non per miscredenza ma per mancanza di sensibilità.

La culla è vuota, non c'è nessuno,
perché il corpo esanime è stato seppellito –
non nella nuda terra,
ma nella disinformazione dei media,
nel populismo di certi governanti,
nel vuoto dei valori.

La culla riceve Gesù neonato,
adagiato con tenera mano e abbraccio sicuro da Maria,
la Vergine che meditò nel suo cuore le grandi cose di Dio –
ma quel neonato ha già i segni dei chiodi
e la trafittura di lancia nel cuore,
come i fanciulli morti nelle guerre insensate
è il suo sangue che riverbera
nel sangue vermiglio di tanti piccoli,
ignari delle macchinazioni sataniche dei potenti,
e i prati del Paradiso accolgono
quei martiri che senza saperlo diventano fiori profumati
e una corona di rose alla Madonna.

La culla di Gesù è vuota nel gelido casolare di Betlemme,
non c'è il calore dei corpi degli animali
a scaldare il Bambino divino,
gli angeli non sono apparsi ai pastori per dare testimonianza
e quaggiù gli spettri si aggirano ancora nelle città del male
dove il diavolo partorisce i suoi anticristi
come tanti frutti marci nel covo delle velenose serpi –
questo è il Natale delle culle abbandonate e sterili,
forse da qualche parte Gesù con la sua perfezione è nato
o sta nascendo nei giusti che non fanno rumore,
nella sconosciuta e dimenticata Betlemme del silenzio,
dal grembo della Vergine del silenzio –
ma non nel cuore degli ingiusti,
codardi schernitori sarcastici del puro amore oblativo.


EGLI È NATO

Quando dall'albero lacrimoso
e irto di spine del rimorso
nasce intatta la misericordia
per colui che ci offende,
ecco un nuovo giorno sorgere in alto
con il suo Sole fulgido
che illumina dentro,
nella lieta Natività del piccolo Gesù
sorgente di ispirazione
per le menti sagge,
segno di contrarietà e lutto
per i filosofi nichilisti
o scandalo di grande stupore
ma anche radice di speranza nell'Eternità
scesa in questo tempo miserevole,
fra la morte e la vita
egli è nato nella martoriata Palestina
dalla figlia di Sion,
nel nascondimento fra i popoli
a iniziare la vera storia di ciascun'anima
nella disciplina dell'amore,
a darci un significato e una risposta,
qualcosa di davvero compiuto
a questo effimero.


CONVERSIONE

Qualche filosofo scrisse che siamo angeli a metà
e che il corpo è un peso per l'anima,
invece la nostra carne è il cardine che ci redime
perché l'atteggiamento, le opere buone e la preghiera
sono veicolate dalle membra mortali così deboli.

Come filo spinato attorcigliato al cuore,
è tagliente e lo sento ferirmi nel silenzio della notte
questo insidioso personaggio,
desta inquietudine ma è soltanto un'apparizione
che mi offre il sacramento del vizio.

Non esiste alcuna figura di angelo o santo
in questa stanza dalle mura grondanti acqua benedetta,
dai miei occhi lacrime caustiche nel tempo
e fuori dal tempo il terrore relativo,
per loro la tenebra fredda è l'eterna beatitudine.

Lasciai la via della violenza e digiunai dal pane della paura,
ecco nuovi rabbiosi personaggi dileguarsi
quando il segno della croce è tracciato sul mio corpo,
questo segno sacro che richiama la Trinità divina
e attualizza la mia liberazione dal male
per mezzo della Carità perpetua e senza origine,
ricca di zelo per la mia salvezza,
segno che è l'unico esorcismo dentro le profezie.

Se i peccatori conoscessero come la sincera contrizione
e una preghiera semplice come l'Ave Maria
o il santo Nome di Gesù
sono la chiave nascosta ai disprezzatori
che apre assieme al Sangue di Cristo la porta aurea del Cielo,
ricorderebbero più spesso che una coscienza pacificata
che non mi rimprovera di alcun male,
piange invece per l'altro che entra nel mio mondo,
virtù dei benevoli che abbellisce l'anima
è vita di grazia che ad ogni attimo rinasce per la comunione.


SENILITÀ

La persona vecchia
è un culto per l'infante,
guarda al passato
mentre il presente gli scivola via
e la domanda è la stessa:
se si fermasse il cuore,
dove andrei
oltre che nella casa
in cui ho amato?
C'è qualche altro posto
dove sentirmi
tranquillo,
dove l'accoglienza
dei ricordi mi riporta laggiù,
in fondo, nel dirupo dell'anima?
E se morissi adesso
cosa ne sarebbe
del commuovermi guardando
gli affetti perduti delle fotografie?
Non c'è altro per noi vecchi,
a parte la gentilezza
di un indole compassionevole;
fuori da queste mura rumore
e in questa stanza
il sole di una presenza,
il silenzio dell'attesa,
il cuore rotto di nostalgia.


MEMENTO

La morte è l'unico rimedio al tedio...
se c'è lei la vita non dà segnali di frenesia
e se lei non c'è la vita è in attesa,
si accomoda ad aspettare l'inconoscibile
ed è paziente ma non nemica.
Forse si muore per nulla?
si muore soltanto per non sapere di essere morti,
quando lei c'è noi non ci siamo mai
e non dura ore, minuti o secoli da trascorrere
ma un istante, un solo istante,
quell'istante soltanto, muto e arcigno
che ti ruba tutto il tempo
e ti lascia solo con te stesso,
senza fare più niente
ad aspettare qualcosa che non ci sarà,
qualcosa subito
che ci dissipa nell'insensibilità.
Dopo è ancora vita?
nella cenere non si concede pace
il desiderio di morire ancora,
ma la vita forse ritorna ed è un altro difficile viaggio,
quello che accade qui è presente altrove
e ci attende nel paese dei fantasmi
dal fuoco che si estingue come l'araba fenice,
nel sogno forse risorge
ma soltanto nel sogno velato dal tramonto.