Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 26 dicembre 2012

Quando la blasfemia è preghiera


I demòni vivono dentro di te, sono nel profondo, in quel sé profondo immutabile e atemporale, quel sé che sei tu e che non puoi cambiare: tu non senti quello che sei nella verità della tua essenza, ma loro ti conoscono e sanno tutto di te; la tentazione l’avverti vicina, la loro musica l’ascolti sempre e agisci più secondo quei dettami che secondo la tua volontà, senza nemmeno accorgerti; sei condizionato poiché le voci del profondo salgono dall’abisso tenebroso dell’essere: la morte ha il volto di tante connessioni che si palesano alla vita, connettono tra loro le ombre dei tuoi demòni, formando pensieri che ossessionano la coscienza, che gli tolgono l’opinione della cara morale, freno della malvagità. Demòni liberi, che da dentro infestano il mondo, che dai sogni vanno procedendo alla realtà e condizionano, alimentando paure, per prima la paura del vuoto e della nostra sorella morte, che uccide. Ed ora dalla fossa si alza una blasfema orazione: “ Padrone nostro, che sei nel nulla, sia santificato il tuo perverso nome, venga il tuo regno di morte, sia fatta la tua empia volontà, come nell’abisso così in terra; dacci oggi il nostro peccato quotidiano, e non perdonarci come noi non perdoniamo, portaci alla tentazione e facci cadere in essa, e non liberarci dal maligno ”. Questa è la preghiera dei dannati, recitata spesso con il cuore più che con le labbra, una preghiera che consiglia di evitare il bene, per portarsi sulle strade della cattiveria e dell’odio, secondo la volontà di satana, cioè colui che è il dio della numerosa parte dei cuori umani nel mondo che gli appartiene, che è suo. La “ virtù ” del male pervade molti esseri umani, pervertendoli fino alle midolla del loro ego: nessuno prega invocando il male come Padre nostro, eppure la vita dei più non è altro che egoismo, disprezzo del prossimo, ricerca del proprio interesse, vizi e passioni basse o violente; questa cancrena è parte della nostra cara umanità che risiede sulla nostra amata e amara terra.

I dieci comandamenti di chi sente nel proprio cuore che Dio non esiste e si abbandona colpevolmente all’empietà:

I - Dio non esiste e il nulla è sovrano
II - Con la morte finisce tutto e l’inferno è una favoletta stupida
III - Ogni malvagità è lecita per ottenere i propri scopi
IV – Se vuoi la felicità soddisfa le tue fami anche a danno degli altri
V - L’importante è vivere nel benessere e se gli altri soffrono fregatene
VI - Ogni menzogna è lecita per assecondare il proprio interesse
VII - Uccidere non è un peccato perché il peccato è una fantasia
VIII - Il piacere carnale è più importante delle virtù morali e dell’etica dell’anima
IX - L’egoismo è l’unica soluzione per dare significato alla vita
X - La malizia e la cattiveria con la vendetta sono il sale dell’esistenza nel mondo 

martedì 25 dicembre 2012

La provvidenza non verrà mai meno


“ Poi disse ai discepoli: per questo io vi dico: non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta. Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno ” (Lc 12,22-32). Quello che il Creatore vuole avviene sempre: dall’eternità Egli ha pensato alla vita di ogni essere umano, dal suo concepimento alla sua morte e ha stabilito ogni cosa sul destino di un’anima. Quello che accade nella vita di una persona è il frutto della volontà di Dio, nonostante la creatura conservi la propria libertà e decida da sé stessa la propria via; non siamo delle marionette controllate dal cieco arbitrio di una volontà despota; noi rimaniamo liberi e questa libertà concilia con tutto quello che ci accade, fatti concreti che Dio conosce dall’eternità del suo Essere. Tutto quindi è grazia, tutto quanto avviene nella vita del singolo e nella storia universale è grazia divina, cioè dono di Dio; paradossalmente anche la morte e ogni sofferenza: la sofferenza che purifica e affina l’anima e la morte che è la porta che apre al Cielo. Provvidenza e grazia sono parole che esprimono un significato parallelo e non opposto o differente; nel santo Vangelo si parla di queste potenze a favore della miseria umana, dell’attenzione che Dio ha verso di noi nonostante le apparenze di una sua totale assenza nel mondo degli esseri umani. Qualcuno ha detto che per vedere Dio è necessario morire, quindi Dio provvede con la grazia della morte a questo scopo e già Socrate diceva che nessuno sa se la morte non sia per l’umanità il più grande dei beni e non il peggiore dei mali, come è considerata dall’opinione comune. Dio provvede a tutto, ma la persona umana deve cooperare alla provvidenza di Dio, deve essere partecipe al disegno mirabile di Dio sull’umanità: la grazia agisce, ma ognuno deve aiutare la grazia ad agire, corrispondendo con la propria libertà, al bene da compiere ogni giorno della vita; provvidenza, grazia e carità sono perfetta unità in Dio e nell’uomo.

Il silenzio di Dio


Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato ” (Sal 29,8). Perché taci Signore, non ascolti il pianto e il gemito dei tuoi figli? Sei un Dio nascosto e silenzioso e molti si domandano se tu esista veramente: il tuo apparente non esserci, inganna la nostra debole e limitata sensibilità… è come se tu non ci fossi, perché sembra che il tuo intervento nelle vicende umane sia assente, l’assenza di un Dio nascosto e silenzioso. Un giorno, nel più grande campo di sterminio nazista, condannarono a morte varie persone per una tentata evasione, tra di essi c’era anche un giovinetto… li uccisero impiccandoli; uno degli osservatori, un internato che era dichiaratamente ateo, disse in lacrime a un compagno di idee differenti, mentre impiccavano i condannati: “ Dov’è Dio? ”; l’altro rispose indicando con lindice della mano il giovinetto che agonizzava e moriva: “ E’ là, appeso a quella corda! ”. Dio era là che moriva; un Dio che muore impiccato a una forca. Dio sta con i sofferenti e muore con chi muore: anche in queste estreme e tragiche circostanze si rivela la misteriosa presenza di Dio, per chi ha la capacità di vedere oltre le apparenze. 

lunedì 24 dicembre 2012

Il vero Giudice e la sua sentenza


“ Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna ” (Mt 25,31-46). La bilancia della giustizia è amministrata da Cristo, ognuno sarà giudicato personalmente sulla realtà delle sue azioni, buone o cattive e riceverà quello che si merita quando comparirà davanti al Tribunale di Dio, alla fine della propria vita; il criterio basilare su cui si fonda la giustizia è la relazione con il nostro prossimo, quello che avremo fatto di buono agli altri andrà a nostro merito per ereditare da Dio la vita eterna, quello che avremo fatto di cattivo andrà a nostra vergogna e infamia per ricevere quello che ci siamo meritati con le nostre scelte sbagliate, il supplizio eterno. La giustizia del Signore è infallibile e si compirà per tutti a tempo debito: il male che fanno i cattivi nella propria vita è registrato dagli Angeli a loro insaputa, alla fine del percorso gli sarà presentato il conto e non potranno avallare delle scuse, né tantomeno scappare perché Dio conosce i loro cuori… se vogliamo dirla schiettamente, tutti i peggiori peccatori sono vigliacchi senza onore, vorrebbero sempre farla franca, anche con Dio, ma questo non avverrà purtroppo per loro, in quanto la vita finisce e anche la malvagità con essa si conclude: il vaso di Pandora prima o poi viene chiuso e sigillato, e per ogni empio c’è il suo vaso, poiché il male procede principalmente dal cuore di quelli il cui libero arbitrio è malato e distorto. 

giovedì 20 dicembre 2012

Gli empi sono conosciuti dal male


Non fare il male, perché il male non ti prenda. Allontanati dall’iniquità ed essa si allontanerà da te. Figlio, non seminare nei solchi dell’ingiustizia per non raccoglierne sette volte tanto ” (Siracide 7,1-3). Il male si ritorce sempre prima o poi contro coloro che lo compiono o lo diffondono indirettamente, la stella sotto cui il male splende spettrale e funereo è la stella purpurea del tradimento; se una persona sceglie di convertirsi e abbandona il male commesso con ostinazione al proprio passato rinnegato consapevolmente, rompe un circolo vizioso che portava a pagare inevitabilmente le conseguenze delle proprie azioni prima nella propria anima, nel proprio cuore, poi nella vita di tutti i giorni, con una mente e il profondo inquinati dall’iniquità, cioè da ciò che è sporco e malsano, molliccio e maleodorante come fango putrido; la misura del male è l’immagine speculare di esso nell’interiorità umana, quanto più il male è orrido e mostruoso, più l’anima appare allo sguardo innocente di Dio come orrida e mostruosa, deforme e l’apparenza coincide con l’esistenzialità, la sostanza che si trasforma in sembianza cambiando coerentemente la propria natura interna, ma non l’identità della persona in esame, l’io rimane invariato. Un proverbio popolare dice così: “ Chi semina vento, raccoglie tempesta ”, e un altro simile dice ancora: “ Quello che uno ha seminato, raccoglierà ”; il male che si ritorce contro di noi incrementa con il tempo in modo esponenziale, nel senso che per noi il bilancio rimane sempre più in perdita, la crescita è nel senso del peggio nel peggio, il male per sua natura tende sempre al massimo danno possibile nel più vasto coinvolgimento potenziale, è una spirale serpentina che non si ferma mai. Quindi riguardo a tutto questo non bisogna dimenticare una importante verità dichiarata sopra, e cioè che il male torna sempre addosso a chi lo fa e lo fomenta, non si dimentica mai del suo vile padrone che gli ha dato origine, il male è una forza sì centrifuga, ma soprattutto centripeta, questa dinamica perversa molti non riescono a riconoscerla con chiarezza, perché il male ottenebra la luce della ragione e dell’intelletto, pensano di vedere ma in realtà sono cechi e guide di altri cechi: la peggiore maledizione per l’uomo è commettere il peccato e diventare suoi schiavi, diventare dei maledetti e non riuscire che a compiere naturalmente e spontaneamente l’empietà; il Signore è il solo che può vedere l’empietas con assoluta certezza di cognizione, con una visione perfetta nella sua essenza reale, e coloro che la sanno scorgere nella sua sconvolgente bruttezza sono i cuori puri che hanno da Dio questa grazia eccellentissima di discernimento. Essere dei benedetti significa rinnegare sempre con convinzione profonda ogni sorta di male; ogni giorno ci troviamo davanti a delle scelte che la nostra libertà deve compiere, queste scelte vertono sempre sulla distinzione tra il bene e il male, è una realtà su cui non si può transigere, a ciascuno di noi la decisione che si merita davanti alla propria coscienza e allo sguardo attento di Dio, e ciascuno di noi sia consapevole che ogni scelta porta con sé delle conseguenze: questa consapevolezza si chiama senso di responsabilità.

martedì 18 dicembre 2012

Armi, l'innocenza tradita


Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli ” (Mt 18,10). Si sono susseguite in questi giorni recenti notizie di cronaca che parlavano di stragi di bambini e bambine nel mondo, provocate da diverse circostanze contigue a fenomeni  mentali di carattere psico e sociopatologico, legati alla violenza incontrollata latente e momentanea di taluni soggetti che non si fanno scrupolo nell’uccidere innocenti e inermi, per le più svariate e folli motivazioni; mi riferisco tra l’altro alla tragedia che ha colpito gli U.S.A. con la strage di alunni in una scuola della città di Newtown nello Stato del Connecticut, dove sono perite brutalmente ventotto persone tra cui venti bambini; l’autore del massacro è un ragazzo ventenne affetto dalla sindrome di Asperger, una personalità malata dalla natura chiusa e sociopatica: la sindrome di Asperger è una forma tra le più gravi di autismo che si prolunga per tutto il tempo della vita in forma cronica, i malati di Asperger non sono quasi mai violenti e non danno atto ad azioni così estreme e incontrollate; il ragazzo carnefice è stato trovato morto subito dopo l’azione, suicida. Questo orrore si poteva impedire, si poteva prevenire? probabilmente sì, anche se certi fatti inerenti a determinate persone portano in sé un alto fattore di imprevedibilità; la strage ha suscitato nuove e forti polemiche sulla facilità con cui si può accedere al possesso di armi negli Stati Uniti, la lobby della armi tanto potente negli U.S.A. dichiara sempre l’indiscutibilità del Secondo emendamento della Costituzione statunitense, che permette a tutti i cittadini di detenere armi da fuoco a scopo di legittima difesa; molti di quella lobby hanno espresso la convinzione che come deterrente a queste violenze occorre aumentare la distribuzione di armi letali, dotandone il personale addetto alla sicurezza nelle scuole, dove portarle è vietato dalla Legge e dove sono permesse soltanto armi non letali, come manganelli e taser; per questi signori distinti anche gli insegnanti e le maestre dovrebbero girare con un’arma mortale in bella vista, tutti pronti a far fuoco contro potenziali e incontrollati attentatori della loro vita e della vita degli scolari, pronti a difendersi con la violenza in risposta alla violenza di individui pericolosi e psicopatici… siamo al delirio! Chi ci garantisce che una qualsiasi persona dotata di un’arma per uccidere, prima o poi non impazzisca e si metta a sparare? L’unico modo per prevenire entro un certo margine queste stragi di innocenti, è limitare la libera circolazione delle armi, è attuare delle restrizioni radicali al loro possesso e al loro commercio, è l’attenta sorveglianza delle istituzioni competenti, ad esempio quella giuridica e quella sanitaria, in riferimento a coloro che richiedono la detenzione di anche una sola arma letale: le persone di cui si certifica l’instabilità mentale e l’inadeguatezza morale al possesso e all’uso di armi devono necessariamente essere interdette vita tempore, occorre una minuziosa e attenta sorveglianza da parte delle forze di ordine pubblico, ovunque le armi vadano a trovarsi; per detenere un’arma letale occorrono i requisiti idonei e questi requisiti debbono essere valutati con assoluta precisione, occorre il permesso regolamentato da una seria normativa scritta e da un patentino, un documento che affermi in modo inequivocabile questa possibilità come fattibile ai fini della sicurezza sociale; in caso contrario è l’anarchia delle armi, quasi il preludio a una guerra civile sommersa, il caos potenziale, cosa che con la libertà di autodeterminazione non ha proprio nulla a che fare. Faccio un appello ai legislatori  e ai governanti perché non scendano a compromessi con le lobby di potere, ma pensino soprattutto a salvare delle vite innocenti e a realizzare una migliore civilizzazione delle società. Ma gli Angeli di quei bambini si sono distratti? no! per niente, sono stati testimoni di quel martirio e questo è accaduto perché Dio lo ha permesso, quegli innocenti sono stati accompagnati proprio dai loro Angeli in Paradiso, tra le braccia della Madonna e nessuno potrà portargli via la loro beatitudine: il Signore permette che certe cose accadano, ma non le vuole… la sua volontà e la sua sapienza non possono essere soppesate dai nostri giudizi umani, dalla nostra prospettiva terrena, la sua mente è inconoscibile e il suo Amore una certezza.

lunedì 17 dicembre 2012

Non temere, ma testimoniare


Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna ” (Mt 10,26-28). La tendenza che caratterizza le persone empie quando commettono il male, è mantenere nascosta l’evidenza delle loro vigliaccate, è mascherarsi da benefattori e da persone dabbene alla luce del sole, invece quando sono nel buio e ignorati da tutti operano l’iniquità; ma prima o poi la verità viene a galla e il muro delle menzogne e dell’ipocrisia crolla miseramente, del male ci si può soltanto vergognare mentre del bene ci si può vantare, ma chi fa il bene per davvero non si vanta mai, si vantano e si gonfiano tronfi gli ipocriti che hanno bisogno dell’approvazione degli altri, della loro adulazione, per dare soddisfazione alla loro superbia, al loro orgoglio di vanagloriosi senza spina dorsale, lamor proprio dei reprobi: le persone così sono le più inclini a sparlare degli altri, a fare della maldicenza e a calunniare spudoratamente, insomma a gettare fango addosso a quelli che sotto sotto invidiano. La Parola di Dio non può essere timida e remissiva, deve essere coraggiosa e virile, per questo motivo la sua dinamica efficace è quella che si manifesta dal nascondimento alla divulgazione, dalla meditazione personale e intimistica alla predicazione nei riguardi di tutti coloro che la provvidenza mette sulla nostra strada e che incontriamo; la Parola di Dio è oggetto di avversione e di persecuzione da parte del mondo, da parte dei figli del diavolo, ma non bisogna avere paura di questa gente anche se come il padre loro che è il maligno, sono degli assassini nelle azioni e con il cuore: il bene più prezioso che possediamo è la nostra anima e questi malvagi non la possono toccare, essa è immortale e custodita incolume dalla grazia del Signore; il santo timor di Dio è la virtù che dobbiamo possedere, cioè la consapevolezza che Dio è onnipotente e può decidere della nostra sorte eterna; la Geenna è una valletta a sud ovest fuori dalle mura di Gerusalemme, dove si gettavano i rifiuti per essere consumati da cumuli di zolfo in continua combustione, immondizia d’ogni genere che per non diventare pestilenziale e portatrice di morbi, doveva ardere per essere resa sterile e innocua; la valle della Geenna prima di diventare la discarica di Gerusalemme, fu ancor più anticamente luogo di culti idolatrici e di sacrifici umani, era considerata residenza di spiriti maligni e quindi maledetta e interdetta agli abitanti della Città santa. Nostro Signore usa la Geenna come simbolo adeguato a rappresentare l’inferno e la condizione dell’eterna dannazione: una pattumiera puzzolente in cui si getta il ciarpame per essere bruciato; Dio è Colui che può far perire e l’anima e il corpo nella Geenna, soltanto Lui possiede questo potere supremo e nessuno può sfuggire alla sua mano, Egli va temuto non nel significato del terrore e della paura, ma di giustizia severa che non lascerà impuniti i cattivi, che quindi si compirà infallibilmente a suo tempo; il timore è nel senso reverenziale e filiale, e non nel senso di un disagio angoscioso che prelude inevitabilmente a una punizione dolorosa, il timore si accompagna all’amore e alla fiducia, è così che Dio vuole essere conosciuto, come infinitamente buono ed è così che Lui realmente è, buono. 

domenica 16 dicembre 2012

La falce che non desta paura


Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile ” (Mt 3,12). Il Signore detiene il potere di mietere la terra; il ventilabro è la falce per la mietitura, Colui che la brandisce è il Signore che ha il potere assoluto sulla vita e sulla morte; la sua aia è appunto la terra dei viventi e pulirla significa dare atto alla mietitura del campo nella storia umana; il suo grano sono i buoni e i giusti, il granaio il Regno di Dio e la pula i malvagi destinati a bruciare in un fuoco inestinguibile, cioè l’inferno. Dio raccoglierà il suo grano nel granaio, il grano è suo, sono i suoi figli e le sue figlie, la pula che brucia nel fuoco è l’immagine dei dannati nell’eterno tormento, sono i figli del diavolo. Questo versetto del Vangelo di san Matteo indica l’autorità di Cristo di compiere il giudizio, di mietere l’aia con il ventilabro e di fare una cernita severa tra buoni e cattivi, giusti e empi, conferendo a ciascuna anima la propria retribuzione eterna, di salvezza o di condanna: Egli è il Giudice giusto che compie il tremendo giudizio. Dio non è un inquisitore spietato, ma un Padre buono e misericordioso, l’essere giudice supremo dei vivi e dei morti è un attributo specifico della sua giustizia che deve necessariamente compiersi riguardo a ogni creatura umana, nessuna esclusa: essere giusto è proprio di Dio, un uomo può sbagliare se giudica, Dio è infallibile in quanto a giustizia; essere giudicati da Dio significa aver accettato o meno il suo amore e accettare le conseguenze della nostra scelta. Dio non ha creato l’inferno, non ci ha mai nemmeno pensato, a farlo sono stati gli angeli caduti e i dannati, l’inferno è qualcosa che hanno realizzato le creature immortali nella loro libertà; l’Eterno Signore invece è il nostro Paradiso, per chi lo vuole accogliere con un libero atto d’amore che procede dal cuore, un atto d’amore salvifico. Non bisogna avere paura di Dio: si avvicina il santo Natale, chi avrebbe paura nel riconoscere Gesù bambino, il figlioletto neonato della Vergine Maria? chi può aver terrore di un Dio così? il Dio bambino che si affida alle cure materne della Madonna, un Dio piccolo e indifeso, che soffre il freddo della notte e che trova riparo in una stalla, adagiato in una mangiatoia, poverissimo, umilissimo e adorato da semplici pastori di greggi che si trovavano nelle zone limitrofe di Betlemme, che significa “ casa del pane ”, quasi a indicare misticamente il legame intimo con il pane Eucaristico dell’ultima cena, vera carne di Cristo nel corpo di un bimbo, quindi il consegnarsi di Gesù nelle mani di coloro che lo amano e che lo hanno accolto, come nascosto, mite e umile Signore sotto l’apparenza innocente del bambino di Betlemme e le sembianze candide dell’Eucaristia… non si può aver paura di un Dio così, è impossibile, un Dio così lo si può soltanto amare con tutto il cuore, con i più nobili sentimenti dell’anima, è un Dio che vuole donarsi sempre e che chiede anche solo una particella del nostro affetto, ma un affetto che sia sincero, simile all’affetto della Madonna, un affetto materno accogliente e protettivo che si desta nei nostri cuori intrisi di commozione e che permane come il segno reale della riconciliazione e della nuova vita di grazia. Dio è un bambino, in una cultura antica come quella giudaica della Palestina di circa duemila anni or sono, dove i bambini erano poco considerati e anche esposti, così come qualsiasi persona debole che doveva dipendere dagli uomini giovani e adulti, come le donne, le vedove e i malati anziani, ma Dio è quel bambino e nessun altro, perché così Lui ha scelto e voluto, solamente per amore di ciascuno di noi.

sabato 15 dicembre 2012

Mitezza e umiltà di Gesù


Imparate da me che sono mite e umile di cuore ”, dice Gesù nel santo Vangelo; la mitezza è lattributo singolare dell’agnellino che si consegna al pastore del gregge con abbandono e fiducia, la mitezza è un dono dello Spirito Santo, essere miti significa essere abitati da Dio, è uno dei segni esteriori di una personalità e di un carattere conforme allo Spirito di Dio, la mitezza è quella calma e quella serenità interiore espresse dalle persone di pace; l’umiltà è la virtù dei piccoli che confidano nel Signore, l’umiltà è espressione di un’altra eminente virtù che viene da Dio e cioè la sapienza, coloro che sono sinceramente umili si riconoscono per quello che realmente sono e cioè delle creature umane bisognose di tutto e dipendenti dalla carità e dalla provvidenza del Padre che è nei cieli; imparare da Gesù vuol dire prenderlo come esempio di vita, vuol dire andare alla sequela di Lui, quindi imitarlo in tutto per quanto ci è possibile, soprattutto nella mitezza e nell’umiltà. I vizi opposti sono la violenza e la superbia, espressioni della natura diabolica, essere violenti vuol dire lasciarsi facilmente prendere dalla collera, dalla rabbia, essere violenti è comportarsi con durezza e prevaricazione nei confronti del prossimo, in particolare nei confronti di chi è più debole, cosa degna di autentici vigliacchi: la violenza è quella cattiva consigliera che ci porta a essere nemici degli altri e a volere il loro male, a fare loro del male, la violenza è propria delle anime spiritualmente mediocri, il violento non abita negli altri, non comprende le loro difficoltà e le loro sofferenze, è un individuo propriamente ingiusto e arrogante, pronto a infliggere sofferenza e facile al rancore, all’odio e alla vendetta; la superbia è la convinzione di valere più degli altri, è sentirsi superiori arrogandosi il diritto criminale di fare di chi ci pare quello che vogliamo, è valutare la vita altrui come di nessun valore e come priva di significato e di pregi, è un vizio coerente con la più spietata ingiustizia, la sua dinamica consiste nel convogliare quello che ci è estraneo e che consideriamo un bene, secondo i parametri del nostro interesse e del nostro meschino tornaconto, esclusivamente al soddisfacimento delle nostre fami e del nostro egoismo. Mitezza e umiltà, come violenza e superbia sono virtù e vizi che non si vivono in sé stessi, nel proprio piccolo mondo interiore, ma si vivono in funzione degli altri, cioè nell’ambito delle relazioni quando queste sono sane o malate: i vizi e le virtù sono innanzitutto modalità prettamente relazionali, si realizzano in rapporto alle altre persone e non in solitudine, la loro pratica avviene nell’ambito dei rapporti interpersonali, in senso verticale con Dio e in senso orizzontale con il prossimo; tramite l’esercizio di vizi e virtù costruiamo noi stessi, la nostra realtà interiore e più profonda, per quanto riguarda le virtù impariamo da Gesù a imitarlo, a somigliargli e per quanto riguarda i vizi ci allontaniamo dalla perfezione di Gesù e ci facciamo simili al diavolo. Essere miti e umili è la condizione per piacere a Dio, i violenti e i superbi non piacciono a Dio, sono da Lui detestati fortemente e avversati dalla sua giustizia; essere miti e umili di cuore significa conformare il proprio cuore umano al Cuore del Signore, significa davvero comportarsi nella vita come suoi veri discepoli: Gesù non cerca ammiratori compiaciuti, ma discepoli sinceri che lo seguano sul suo esempio e che facciano la volontà del Padre suo e Padre nostro.

giovedì 13 dicembre 2012

Santa Lucia e la grazia del martirio


Oggi è santa Lucia; Santa Lucia da Siracusa (Siracusa, 283 - Siracusa, 13 dicembre 304) fu una martire cristiana, morta durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa; è venerata dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Lucia è un nome di origine latina che significa ‘luminosa, splendente’. Il nome veniva dato dagli antichi romani a quelle bambine che nascevano con le prime luci dell’alba o in giornate particolarmente luminose; è una santa molto venerata anche a Como: prima dell’edificazione della cattedrale della mia città, era presente sul luogo designato per la costruzione una chiesa tra le più importanti di Como antica, proprio dedicata a santa Lucia; per fare le debite proporzioni con la planimetria dell’attuale cattedrale, la chiesa romanica di santa Lucia si trovava dove ora sorge l’altare privilegiato dedicato alla Madonna, a destra dell’altare maggiore e della navata centrale, per chi guarda dal portale dingresso. A molti contemporanei non è dato di comprenderlo sul piano della ragione pratica, ma il martirio per i cristiani della Chiesa delle origini, la Chiesa apostolica primitiva, era una grazia e una chiamata a cui soltanto gli eletti erano destinati ad imitazione della Passione e della Croce di nostro Signore, per seguire Cristo con maggiore perfezione e in modo coerente al messaggio di salvezza contenuto nel santo Vangelo: per essere degni di Gesù occorre abbracciare la Croce come ha fatto Lui e morire per amore al suo Nome, confessandoLo con coraggio, con assoluta fedeltà alla sua Persona e rinnegamento di sé stessi, e dichiarando così pubblicamente il proprio credo; per entrare nel Regno di Dio è necessario essere pronti anche al sacrificio della vita per testimoniare Cristo e il suo Vangelo. La fede per i primi cristiani era una cosa molto seria, vi era in  gioco la salvezza eterna della propria anima e quindi è l’unica cosa che veramente deve avere valore e contare, per i discepoli e i fedeli di Gesù: qualcuno con grande acume ha detto che “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, dal sacrificio e dalla testimonianza di fede dei martiri è stata edificata la Chiesa di ogni epoca della storia, sul sangue dei martiri poggiano le fondamenta stesse della Chiesa universale. La testimonianza dei martiri è servita a convertire gli increduli e i lontani, la loro testimonianza di fede sincera è un potere misterioso che attinge direttamente alla Croce redentrice di Gesù, sorreggendo le sorti della missione e della predicazione, con essa la Chiesa destinata sul piano storico e umano a fallire nel suo mandato e a scomparire dal mondo, si è confermata sempre più forte e vittoriosa contro gli inferi: la promessa del Signore dopo la confessione di fede dell’Apostolo Pietro si è pienamente realizzata e cioè “le porte degli inferi non prevarranno sopra di essa”, per porte degli inferi si devono intendere tutte le potenze di morte che l’avversarono, l’avversano e l’avverseranno fino alla fine dei tempi, potenze umane e spirituali che hanno come signore il principe di questo mondo, il diavolo che combatte strenuamente contro l’edificazione del Regno di Dio, a perdizione delle anime. I martiri e le martiri innocenti hanno accettato la sofferenza e la morte perché hanno creduto fermamente in Gesù di Nazaret, Figlio di Dio, hanno confidato anche nella prova estrema del dolore nel Crocifisso risorto, perché lo hanno amato di un amore senza riserve e hanno così ottenuto la palma della vittoria, la partecipazione al Regno di Dio nel giorno glorioso della risurrezione e della vita nuova, la loro memoria è intramontabile, il loro ricordo vive nei secoli: per questi motivi la loro morte è il dies natalis, il giorno della nascita al Cielo. Alleluia.

sabato 8 dicembre 2012

L'Immacolata sempre vincerà!


Oggi è la festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, ricorre quindi la commemorazione di Colei che è stata concepita fin dal grembo materno, esente da ogni macchia di peccato, di iniquità, di male, Colei al quale i meriti della redenzione compiuta da Cristo sono stati applicati anticipatamente, perché il Figlio di Dio avesse ad assumere la natura umana dall’unica Madre degna di tale vocazione, e cioè la Madonna: l’onnipotenza di Dio ha potuto anche questo, per il bene e la salvezza del genere umano; il Padre crea le anime dal nulla e ha creato la Vergine immacolata, come la nuova Eva capostipite del popolo di Dio, del gregge dei redenti, Maria è la Donna nuova che inaugura con il suo concepimento il Regno di Dio. Nell’eternità la Madonna fu sempre presente nel cuore del Creatore, Dio ha pensato a Lei prima della creazione del mondo, come la più alta e perfetta delle sue Figlie, la Madre che il Signore si è scelto per farsi uno di noi, per diventare uomo e partecipare la vita di Carità a tutta l’umanità, per divinizzare con la risurrezione di Cristo l’umanità redenta dal peccato e dalla morte, liberata dalla schiavitù del maligno. La Madonna non è stata mai toccata dal peccato durante tutta la sua vita, su di Lei il maligno non ebbe mai alcun potere, nonostante sia stata tentata non cadde mai, non ebbe mai nessun tentennamento, Lei è la figlia di Sion che ha creduto fermamente nelle promesse del suo Signore; quando tutti persero la fede durante la passione e la crocifissione di Gesù, ella continuò a credere e a sperare, Lei confidò perfettamente nell’onnipotenza e nella misericordia di Dio, senza perdersi nella disperazione e fu la prima testimone dell’avvenuta risurrezione del suo Figlio, di Cristo: questo non è dato saperlo dai Vangeli storici, ma è presumibile. La Madonna non fu mai assoggettata al diavolo, Lei ebbe per grazia l’esenzione dal peccato originale che accomuna tutti gli appartenenti alla nostra stirpe: il demonio fece cadere nel peccato la prima donna, ma non poté nulla contro la nuova Donna, la Vergine potente contro il male è stata sempre vittoriosa su satana, la fede di Maria fu più grande della fede del patriarca Abramo. Quando prese tra le braccia per la prima volta il neonato Gesù, Lei contemplò l'Eterno suo Signore nella fragilità del suo bambino, conservando nel segreto del suo cuore questa sublime verità annunciatale dall'Arcangelo. La Madonna ebbe e ha in sommo grado la perfezione di tutte le virtù, in primo luogo della Carità, le virtù eroiche della Vergine fanno di Lei la più santa tra le creature, degna di essere riverita con il titolo di Regina degli Angeli, tutti noi l’acclamiamo beata e santissima; nostra Signora è rappresentata nell’iconografia cattolica come giovane e bellissima, con la mezzaluna sotto i piedi e un serpente a cui schiaccia la testa e dodici stelle sul capo, circonfusa di luce: la mezzaluna è il simbolo del tempo e della transitorietà, Lei è già immortale nel cuore della santissima Trinità, assunta in Cielo sia con l’anima purissima che con il corpo incontaminato; il serpente è il simbolo del maligno, Lei gli schiaccia il capo superbo con la sua umiltà e la sua obbedienza, Lei come è scritto nel Libro della Genesi è l’eterna nemica di satana, assieme a tutti i suoi figli e le sue figlie; le dodici stelle simboleggiano i dodici Apostoli di Cristo, quindi tutta la Chiesa di ogni epoca; la luce simboleggia la santità e la bellezza divina, soprannaturale. Preghiamo la Madonna e invochiamola come l’Immacolata, Lei ci proteggerà dalla malizia del diavolo e a chi la ama sinceramente è assicurata l’eterna salvezza.

Invocazione all’Immacolata

Cuore Immacolato di Maria, Cuore buono di Mamma, portami nei Tuoi sentimenti innocenti, come figliolo amato e prediletto, intercedi a mio favore presso Gesù altissimo, Tuo Figlio unigenito benedetto, ottenendomi dalla Vostra bontà e compassionevole Misericordia, ogni grazia a me necessaria; ricordati oh piissima Madre, che non si è mai udito al mondo che qualcuno sia ricorso alla Tua protezione e al Tuo aiuto, e sia stato da Te abbandonato. Fiduciosi a Te ricorriamo, Vergine Madre, con la consapevolezza che non saremo mai abbandonati, sempre soccorsi dal Tuo Cuore puro e innocente, in ogni necessità. Ave oh Maria, piena di grazia, invoca da Dio in noi la grazia dal santo Paradiso; oh clemente, oh pia, oh dolce vergine Maria. Gesù e Maria, siate benedetti, ora e sempre beneditemi. Amen.

giovedì 6 dicembre 2012

A ciascuno il suo Natale


Ogni Natale arriva con la solita baraonda di demenzialità consumistica, con le lucine delle strade e delle città che servono giusto a far apparire questo periodo dell’anno come fantasmagorico e al limite del fiabesco; in questo meraviglioso periodo invernale, senza motivo apparente ad alcuni prende la depressione reattiva e il desiderio smodato di scomparire; quando arriva Natale tutti si sentono più buoni e più miserabili grazie alla crisi economica in atto, che ha portato sul lastrico innumerevoli famiglie e persone singole, ma di questo aspetto del Natale non si parla, tutto è coperto e nascosto dalle luminescenti vetrine dei negozi con la loro merce da sogno in bella vista e dai media che parlano soltanto di facezie mondane e superficialmente adattate all’ambito del desiderato e piaciuto, insomma anche a Natale è la solita rassegna di egoistico interesse mercantile, dove gli altri fanno da fondale alla vita paffuta e soddisfatta dei soliti ricchi che se la passano alla grande nel menefreghismo generale. Questo è il Natale? Sì, questo è lo squallido e sciatto Natale del mondo, una semplice festa che rompe la routine del lavoro quotidiano, con lo scambio dei regali e la mangiata vorace che dura ore, tra individui più che indifferenti alle tragedie altrui, chiusi nel loro grottesco individualismo intrafamiliare, magari con la vacanza meritata e il sano divertimento: Natale con i tuoi, capodanno con chi vuoi!... per citare un famoso quanto mai stupido proverbio. Ma chi sa veramente che cos’è il Natale? Forse lo sapeva san Francesco d’Assisi, inventore del presepe, rappresentazione plastica della nascita di Gesù bambino, infatti il santo Natale è propriamente la memoria della nascita del bambino Gesù, dalla Vergine Maria. Il santo Natale non è rappresentato per nulla dallo squallido consumismo che circonda questa festività cristiana, io penso invece che sia rappresentato da diversi elementi della tradizione e dal cuore dei bambini e delle bambine, poiché è innanzitutto la festa della semplicità, dell’umiltà e dell’innocenza, ma è rappresentato soprattutto dalla cultura del presepe, rievocazione plastica del racconto sacro della Natività contenuto nel santo Vangelo: Natale è il messaggio di un Bambino nato per dare la speranza a chi l’accoglie amandolo nella preghiera e nella fede, confidenza in quel Dio tanto umile da consegnarsi a ciascuno di noi attraverso l’abbraccio tenero della sua Mamma: il Natale è essenzialmente Gesù incontrato nel nostro cuore e accettato come nostro Signore e salvatore, vivere il Natale significa rinnovare il nostro amore a Cristo, vero uomo e vero Dio, quindi insegniamo ai nostri bambini a conoscere e ad amare Gesù bambino e a sentirlo come loro intimo amico.

lunedì 3 dicembre 2012

La salvezza si trova nella Chiesa


Extra Ecclesiam nulla salus

Per la Chiesa cattolica e per ogni credente è verità di fede che “fuori dalla Chiesa non c’è salvezza”.

La finalità precisa della Chiesa e il perché della sua istituzione, è appunto l’eterna salvezza delle anime, la missione della Chiesa di Cristo consiste nel comunicare alle anime il frutto proprio della redenzione, la vita di grazia in Dio: questa vita di grazia si può perdere con il peccato mortale anche da chi è stato battezzato e vive in seno alla Chiesa, come membro della comunità dei credenti ed è vero anche che lo Spirito Santo ha agito nelle anime create prima della fondazione della Chiesa e agisce dopo di essa, in molti che non conoscono il Vangelo e Gesù Cristo, nostro Signore; molti prima dell’Avvento di Cristo hanno aderito a Dio e sono vissuti in grazia, praticando il bene e la virtù, essendo giusti, cioè in amicizia con Lui in quella che la dottrina definisce comunione dei Santi, questo è avvenuto anche dopo in popoli e culture lontane dalla conoscenza di Cristo, del Vangelo e della Chiesa. L’espressione “fuori dalla Chiesa non c’è salvezza” è da intendersi così come è scritta, poiché è verità di fede che nella Chiesa di Gesù vi sono i mezzi efficaci per ereditare la salvezza, questo per coloro che in essa vogliono perseverare e perseverare nella Chiesa significa perseverare nella grazia santificante, significa vivere in grazia: ciò è possibile anche per coloro che in buona fede appartengono ad altre religioni o filosofie e che non hanno ricevuto il santo battesimo, perché come dice la Sacra Scrittura il Signore non fa preferenze di persona, ma tutti quelli che praticano la giustizia gli sono graditi e accetti. L’azione dello Spirito Santo non conosce frontiere, né di tempo, né di spazio, tutti possono essere toccati dal suo richiamo e ognuno è libero di aderirvi o di rifiutare: la Chiesa di Dio consiste nella comunione dei Santi, essere nella Chiesa significa essere in comunione con Dio, a questa Chiesa appartengono anime di ogni epoca, popolo, cultura, religione, convinzioni filosofiche, etc.; la Chiesa di Dio non conosce confini e la sua estensione va ben oltre le apparenze, la Chiesa è il Regno dei cuori che vivono nella grazia e sono amici intimi del Signore, la Chiesa ufficiale e storica, la Chiesa cattolica nella sua dimensione canonica è soltanto la parte esteriore e più evidente della Chiesa universale, che annovera in sé tutto il Regno di Dio senza confini di sorta: le vie del Signore sono infinite. 
Concilio di Firenze. La bolla Cantate domino di Eugenio IV e il Concilio ecumenico di Firenze del 1442 affermano: “La Santa Chiesa Romana… fermamente crede, professa e predica che ‘nessuno di quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non solo i pagani’, ma anche i giudei o gli eretici e gli scismatici, potranno raggiungere la vita eterna, ma andranno nel ‘fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli’ (Mt. 25, 41), se prima della morte non saranno stati ad essa riuniti”.
Tale posizione non lascia molti dubbi sia perché usa una formula impegnativa (“fermamente crede”), espressa da chi, come il papa e i concili ecumenici, ha l’infallibilità in materia di fede, sia perché elenca quasi con pignoleria chi sarà dannato (salvo non rientri nella Chiesa). Fra questi i giudei, gli eretici e gli scismatici, oltre ovviamente ai non cristiani di qualsiasi tipo (pagani).
Catechismo romano. In modo riassuntivo e imperativo conferma tale verità il Catechismo romano approvato dal Concilio di Trento a fine del § 114: “La Chiesa si dice…‘universale’ perché tutti coloro che vogliono conseguire la salvezza eterna devono aderire a essa; proprio come tutti quelli che ai tempi di Noè, per non perire nel diluvio, dovettero entrare nell’arca”.
E tale sarà la posizione ribadita dalla Chiesa nei secoli successivi.
Vaticano II, Catechismo del 1992, Compendio del 2005. Che fuori della Chiesa non c’è salvezza lo ripete anche il Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen Gentium del 1965, ma dando di tale affermazione una lettura diversa: Il santo Concilio “insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza… Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare”. Nel Catechismo del 1992 si attenua ancora di più mettendo un “non potrebbero” al posto di “non possono”, che torna invece nel Compendio del 2005.
Anche qui c’è un organo autorevole e dotato di infallibilità, tanto più trattandosi di una “costituzione dogmatica”, che usa una formula impegnativa (il concilio “insegna”). Ma cambiano le cose insegnate poiché esclusi dalla salvezza non sono tutti quelli fuori della Chiesa ma soltanto quanti, pur sapendo che la Chiesa è stata fondata da Dio come necessaria alla salvezza, non vi entrano o restano.
Ma a questo punto la frase sembra valere solo per chi, pur sapendo che la Chiesa è stata fondata da Dio e da Cristo, la rifiuta. Non può valere per giudei, scismatici, infedeli né si capisce perché dovrebbe valere per gli atei che non sanno, ossia non pensano, che la Chiesa sia stata fondata da Dio…
Ciò è confermato da un altro passo della Lumen gentium che dice: “quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch’essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio. In primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti… Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani… Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini… Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e… si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna”. Ma a questo punto quel “fuori dalla Chiesa non c’è salvezza” viene ad essere inteso in senso così riduttivo o malcerto, da diventare insignificante.
Come bisogna sintetizzare? La versione del Vaticano II, preoccupato di assicurare che tutti possono salvarsi – un po’ come la moderna dottrina secondo cui anche senza battesimo si può salvarsi – vanifica e rovescia quanto si è ritenuto per secoli verità di fede. E’ il Vaticano II a sbagliare? O sono stati i papi e i concili precedenti, per secoli? Nessuno sbaglia sull’argomento, ma ognuno dichiara implicitamente una parte di verità, integralmente contenuta nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. Sembra di dover concludere che la Chiesa, proclamandosi “infallibile” e “colonna e sostegno della verità” (Catechismo del 1992, § 2032) lo è davvero, e afferma un’investitura divina che realmente ha, confermando nella fede tutti i credenti in Cristo e annunciando la granitica e incontestabile Verità che in essa si trova la salvezza.

venerdì 30 novembre 2012

L'esistenza di Dio è innegabile


Baruch Spinoza 1632-1677
Testo tratto dall’Opera filosofica “ Etica 

Prop. 11.
Dio, ovvero una Sostanza che consta di infiniti attributi, ognuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita, esiste necessariamente.
Dimostrazione: Chi nega questa proposizione provi, se è possibile, a pensare che Dio non esista. La sua essenza, in questo caso, non implicherà l’esistenza (Ass. 7). Ma questo è assurdo (Prop. 7). Dunque Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Di ogni cosa si deve - se si voglia osservare il mondo in una prospettiva razionale - individuare la causa, o ragione, tanto dell’esistenza, quanto della non esistenza. P.es., se un triangolo esiste ci dev’essere una ragione, o causa, per cui esso esiste; e se non esiste deve parimente esserci una ragione, o causa, che impedisce che quel triangolo esista o che elimina la sua esistenza. Questa ragione o causa deve trovarsi o nella natura della cosa considerata o fuori di essa. P.es., la ragione per cui non esiste un circolo quadrato è indicata dalla stessa natura della cosa in esame: che, ovviamente, implica una contraddizione. Così ancora, sebbene all’inverso, la ragione dell’esistenza della Sostanza procede dalla sola sua natura, la quale appunto implica l’esistenza (Prop. 7). Ma la ragione per cui un certo circolo, o un certo triangolo, esiste, o non esiste, deriva non dalla natura di questi oggetti, ma dall’ordine di tutta quanta la natura materiale: dal quale infatti dipende che quella determinata forma triangolare o circolare o esista necessariamente, o non possa esistere. Queste cose sono evidenti di per sé. E da esse si deduce che ciò, a cui non ci siano ragioni o cause che impediscano di esistere, esiste necessariamente. Se perciò non può darsi alcuna causa o ragione che impedisca a Dio di esistere, o che sopprima la sua esistenza, si è costretti a concludere che egli esiste necessariamente. Ma se una tale ragione o causa ci fosse, essa dovrebbe trovarsi o nella stessa natura di Dio, o fuori di essa, cioè in un’altra sostanza di natura diversa (se infatti l’altra sostanza avesse la stessa natura, per ciò stesso si ammetterebbe che un Dio c’è): però una sostanza che fosse di natura diversa non potrebbe aver nulla in comune con Dio (Prop. 2), e quindi nemmeno potrebbe porre in alto o sopprimere la sua esistenza. Poiché dunque una ragione o causa che sopprima l’esistenza di Dio non può trovarsi al difuori della natura divina, essa dovrà necessariamente trovarsi, se Dio davvero non esiste, nella sua stessa natura, la quale di conseguenza implicherebbe contraddizione. Ma è assurdo affermare una tal cosa dell’Ente assolutamente infinito e sommamente perfetto: e dunque non si dà alcuna causa o ragione, in Dio o al difuori di Dio, che possa sopprimere la sua esistenza; ragion per cui Dio esiste necessariamente.
Altra dimostrazione: Poter non-esistere è un’impotenza (o un difetto), e al contrario poter esistere è una potenza (o una forza, o un vigore, o un dato positivo): la cosa è nota di per sé. Se quindi ciò che già esiste necessariamente non consiste in altro che in cose finite, si dovrà dire che degli enti finiti hanno maggiore potenza dell’Ente assolutamente infinito: cosa evidentemente assurda. Dunque: o non esiste alcunché; o l’Ente assolutamente infinito esiste, anch’egli, necessariamente. Ma noi, se non altro, esistiamo, o per nostro potere (cosa che conosciamo impossibile), o grazie all’esistenza di un’altra realtà che esiste necessariamente (Ass. 1; Prop. 7): e dunque un Ente assolutamente infinito, cioè Dio (Def. 6), esiste necessariamente.
Chiarimento: Nel passo precedente ho voluto dimostrare l’esistenza di Dio a posteriori, cioè utilizzando i dati dell’esperienza, al fine di rendere la dimostrazione meglio comprensibile: non già perché, sullo stesso fondamento, l’esistenza di Dio non possa dimostrarsi a priori, cioè utilizzando princìpi logici generali. Infatti, se poter-esistere è un potere, ne segue che quanto più di realtà compete alla natura di una cosa tanto più di capacità di esistere quella cosa ha in sé; e quindi ne segue che l’Ente assolutamente infinito, cioè Dio, possiede da sé un’assolutamente infinita capacità di esistere, e perciò esiste assolutamente. Molti forse, tuttavia, non riusciranno a vedere cosi facilmente la chiarezza di questa dimostrazione, perché sono abituati a considerare soltanto le cose che sono prodotte da cause esterne: e, fra queste cose, sembra a loro che quelle che si producono in breve tempo, ossia che esistono facilmente, altrettanto facilmente periscano, mentre, al contrario, essi giudicano difficili a prodursi, ossia non capaci di esistere così facilmente, le cose che a loro sembrano più complesse. Invero, per liberarli da questi pregiudizi, non ho bisogno di spiegare in questa sede sotto quale aspetto è vero il detto ciò che si fa presto, presto anche si disfa, e nemmeno di decidere se, considerando la totalità della natura, tutte le cose siano, o no, egualmente facili: mi basta soltanto notare che io qui parlo non delle cose che sono prodotte da cause esterne, ma delle sole sostanze, le quali (Prop. 6) non possono essere prodotte da nessuna causa esterna. Le cose ordinarie, cioè quelle che sono prodotte da cause esterne, constino esse di molte parti o di poche, debbono alla forza e al potere della causa esterna tutto ciò che hanno di perfezione e di realtà: e perciò la loro esistenza deriva non da una loro perfezione, ma dalla sola perfezione della causa esterna. Una sostanza, invece, non deve ad alcuna causa esterna la qualsiasi perfezione che essa possieda: per la qual cosa anche la sua esistenza - che quindi non è altro che la sua essenza - deve procedere dalla sola sua natura. La perfezione di una cosa, quindi, non si oppone alla sua esistenza, ma anzi ne è la condizione; mentre al contrario l’imperfezione di una cosa ne rende incerta l’esistenza: e pertanto non possiamo essere sicuri dell’esistenza di alcuna cosa più di quanto siamo sicuri dell’esistenza dell’Ente assolutamente infinito ovvero assolutamente perfetto, che è Dio. Dato infatti che l’essenza di Dio esclude ogni imperfezione ed implica la perfezione assoluta, questo stesso fatto elimina ogni ragione di dubitare della Sua esistenza e ne dà anzi la certezza suprema: come sono sicuro che apparirà evidente a chiunque vi rifletta un poco.

giovedì 29 novembre 2012

Il Segno benedetto della Croce su di noi


Prima di ogni preghiera cristiana, compresa la santa Messa, tutti noi anteponiamo il Segno della Croce, ciascuno di noi fa il Segno della Croce prima di pregare e termina con esso la propria preghiera; per fare il Segno della Croce occorre tracciare con la mano destra i due bracci della Croce prima dall’alto verso il basso e poi da sinistra verso destra, invocando la Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, il Padre e il Figlio sul braccio verticale mentre lo Spirito Santo sul braccio orizzontale, significando la dinamica vitale e di circumsessione tra le tre Persone divine, lo scambio eterno di Amore tra il Padre e il Figlio, il cuore stesso della vita di Dio; con il Segno della Croce che tracciamo sul nostro corpo vogliamo significare la nostra intima consacrazione a Dio, il nostro appartenere a Cristo con tutto ciò che ne consegue relativamente all’ambito della nostra personale redenzione; il Segno della Croce può essere considerato un esorcismo minore, in quanto porta in sé la virtù liberatrice dal maligno che Cristo ci ha partecipato con la sua vita, morte e risurrezione, la Croce quindi è il Segno della vittoria su satana, sul peccato e sulla morte, con il Segno della Croce attualizziamo sulla nostra persona o sul nostro prossimo questa vittoria, che appartiene sì a Cristo ma che Egli ci comunica in quanto battezzati e figli di Dio, suoi discepoli.

Invocazione alla Croce

Croce vittoriosa, vessillo glorioso di Cristo Gesù redentore, con la tua Luce eterna e gloriosa, nel nome di Gesù santissimo e di Maria santissima, liberami da ogni influenza del maligno e dei demòni, dalle loro vessazioni e dalle loro ossessioni, dai condizionamenti e dalle strumentalizzazioni: il Segno della santa Croce reprima e faccia fuggire satana, il demonio maledetto e tentatore; eterno Padre infondi potere ed efficacia benigna al mio Segno di Croce. Che con esso, con l’amore e il sacrificio di Gesù, tuo Figlio morto e gloriosamente risorto per noi, per donarci la vita eterna, possa io sconfiggere il maligno e i suoi seguaci, anche umani, ed ottenere dalla Grazia la vittoria del bene, dell’amore e della giustizia. Spirito Santo, potenza eterna d’amore, possa la tua effusione di Luce purissima divina, scaturire dal mio Segno di Croce e dissolvere in chiunque e ovunque le tenebre del male. Invoco Te, beata Vergine Maria, Madre di Dio immacolata, con la tua preghiera e potente intercessione, infondi forza ed efficacia al mio Segno di Croce:
  nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, amen.

martedì 27 novembre 2012

Il saggio sceglie il bene


I libri sapienziali della sacra Bibbia affermano che la vecchiaia, la longevità di anni, non corrisponde affatto all’essere diventati saggi, il numero di anni non è corrispondente al grado eminente di saggezza in una persona, ci sono vecchi che sono stolti e giovani o giovanissimi che sono saggi; la maturità psicologica e mentale in un individuo da che cosa è data veramente? penso sia data dalla Grazia spirituale a cui quella persona ha aderito con la propria libertà durante il tempo della sua vita, breve o lungo che sia è indifferente, non è per niente una questione di neurone, il bene e il male sono forze che esulano dai condizionamenti della materia organica, insomma è un grande mistero la differenza che passa tra un soggetto ed un altro sul piano morale, è il mistero della libertà. Un Salmo recita pressappoco questa frase: lo stolto ha detto nel suo cuore, non c’è Dio… tutti si sono corrotti, tutti sono deviati… non c’è chi faccia il bene, neppure uno; in fondo il principio della vera sapienza viene dalle virtù morali, tra cui la fede, sono le virtù che ci rendono veramente umani, l’uomo non è soltanto un animale sociale, per dirla come il grande filosofo, ma è soprattutto un animale virtuoso, a condizione che lo voglia, che lo decida tramite l’esercizio della sua libertà. Essere saggi significa ponderare con intelligenza, ragione e virtù le diverse situazioni della vita, la propria persona e le altre persone nelle situazioni e nei diversi contesti e saper agire di conseguenza a fin di bene; essere stolti è la totale incapacità di prendere decisioni vantaggiose non soltanto per sé stessi, ma anche per chi ci è vicino, per chi ci è prossimo o per i lontani la cui vita e il cui destino dipende anche da noi; essere stolti è l’equivalente dell’essere irresponsabili e dannosi, essere saggi è l’esatto contrario, quindi la saggezza consiste nella piena responsabilità delle proprie azioni con la finalità precisa del bene, proprio e altrui, la saggezza è la virtù delle persone buone. Quando una persona dimostra la sua totale stoltezza? Quando compie il male, ma il male ha talmente accecato la sua coscienza che non se ne rende consapevole, pensa con convinzione di fare la cosa giusta, vive nella tenebra più fitta e non è in grado di provare alcun rimorso per gli errori commessi, poiché non li ritiene tali! anzi cerca continuamente delle giustificazioni che sedino quel barlume di dolore che ancora si fa sentire nel suo profondo. La peggiore stoltezza è essere incamminati senza saperlo sulla via della perdizione, il diavolo conosce perfettamente le dinamiche di questo inganno estremo e le attua con cura e diligenza, le anime catturate nella rete non se ne avvedono finché non giungono a destinazione, cioè nell’inferno, la maggior parte di loro è convinta che esso non esista, che sia soltanto una fantasia o una superstizione religiosa, non essendo nemmeno capaci di applicare un minimo di intelligenza critica, poiché l’inferno lo vivono già al presente. La saggezza è quella forza sorgiva dell’uomo virtuoso e di pace, dell’uomo misericordioso e compassionevole, insomma dell’uomo buono, una persona buona è una persona veramente saggia; come si fa a diventare buoni? basta volerlo, facendo sempre la scelta giusta, scegliendo sempre il bene nella propria vita; come si distingue il bene dal male? è una differenza scritta nel cuore di ciascuno, ognuno di noi lo sa nella verità del suo mondo interiore, sono pochi i folli che vivono nell’ignoranza etica, tutti nascono con la bussola morale, anche se talvolta risulta tarata in modo erroneo a causa della natura umana corrotta, o a causa della propria cattiva volontà reiterata nel tempo; il bene e il male, la saggezza e la stoltezza sono le vie su cui ci incamminiamo nella vita, da cui non possiamo disertare, a noi la scelta di che cosa preferiamo seguire, di che cosa ci sembra più proficuo per il nostro destino.

lunedì 26 novembre 2012

La preghiera è il respiro dell'anima


Delle persone illuminate hanno affermato che la preghiera è il respiro dell’anima, senza preghiera l’anima appassisce; le persone che non vogliono pregare si consegnano inevitabilmente tra le grinfie del maligno e lui non esita a strumentalizzarle, a fare di loro le sue marionette per perpetrare il male, il peccato. Ogni preghiera è buona, dalle formule alla preghiera spontanea, ma la preghiera migliore è quella che viene dal cuore, quella sincera colma di sentimento di pietà e d’amore: con la preghiera incontriamo la persona di Dio e diventiamo suoi intimi amici, entriamo in confidenza filiale con Lui. Pregare significa parlare a delle persone viventi come Gesù e la Madonna, avere con loro un contatto e porsi nella condizione di riceverne risposta: con la preghiera il Cielo entra nella nostra vita, trasformandola e facendoci diventare degni del perdono del Signore, della sua smisurata Misericordia, attraverso la preghiera riceviamo la benedizione di Dio sulla nostra vita; con la preghiera possiamo chiedere ciò di cui abbiamo bisogno, sia sul piano materiale che su quello ancor più prezioso della salute e del vero bene della nostra anima, la Grazia santificante. Dio ci viene già incontro con la sua provvidenza e noi con la preghiera ci abbandoniamo ad essa nella massima fiducia, con la convinzione che il Padre buono non ci farà mancare niente di cui abbiamo bisogno: ogni cosa che ci necessita la possiamo chiedere nella preghiera a Dio, sapendo che Egli ci ascolta e che non ci farà mancare mai il suo aiuto; per ottenere dal Signore con la preghiera occorre una grande fede, la virtù della fede è oggetto di ammirazione e ricompensa da parte di Dio. Possiamo pregare con fiducia anche la Madonna, poiché Gesù, il suo Figlio divino, ha stabilito che tutte le grazie, sia di ordine materiale che di ordine spirituale, passino dal cuore e dalle mani della sua Madre santissima che intercede a nostro favore presso la Santissima Trinità: Maria, la Madre di Gesù, è il tramite di ogni nostra preghiera, è la via di comunicazione tra Dio e i suoi figli sulla terra, quindi pregare la Madonna significa ricevere senz’altro le grazie che domandiamo. Talvolta non ci viene concesso quello che chiediamo con la nostra preghiera personale, perché Dio che è più sapiente di noi dispone le cose nella vita di quaggiù, per il nostro vero bene, per un bene più grande che adesso non comprendiamo ancora e cioè le realtà eterne, e per prima la salvezza eterna della nostra anima; se chiediamo con fede comunque riceviamo, forse non subito, forse non quello che vogliamo a tutti i costi, ma per il nostro bene riceviamo sempre dal Signore, ricordiamoci che Lui ci ha dato la vita, ci ha creati dal nulla e ci ama di un Amore eterno e intramontabile. La preghiera è relazione con Dio, significa nutrirsi del suo Amore, mangiare di Lui: chi sa pregare veramente è una persona che rinnova la sua vita ogni giorno, che è capace di edificarsi nel bene, in quanto lo Spirito Santo la trasforma e la rende bella e gradita al suo Signore; la preghiera infonde pace interiore e coloro che pregano sanno superare anche i traumi e i disagi psicologici, piccoli e grandi, la preghiera possiede una capacità intrinseca di guarigione, è un potenziale altamente terapeutico che purifica la mente e il cuore da scorie e sporcizia: se si desidera un contatto autentico con il soprannaturale e riceverne dei benefici, è indispensabile pregare con fede e con amore; pregare significa parlare ad altre Persone e non sentirsi mai soli, vuol dire infrangere il muro della solitudine per entrare in comunione con le Persone che ci amano sul serio, Dio, la Madonna, gli Angeli e i Santi e i Beati del Paradiso, pregare significa essere sempre in compagnia del Signore nel proprio cuore, accoglierLo nel proprio cuore come nel suo tempio di elezione. Le modalità della preghiera sono tante, ma la più eminente è quella fatta con atti di amore sinceri e perfetti, è la relazione d’amore con le Persone di Gesù e della Madonna, che è anche la chiave di volta della vita spirituale, della mistica: si può pregare per adorare, per chiedere, per ringraziare etc. ma si deve pregare soprattutto per amare! L’amore è il vero senso della preghiera, altrimenti la preghiera diventa preghiera parolaia, vuota e sterile, priva di quella dinamica di carità che è comunicazione e relazione con Dio; la preghiera parolaia è priva di valore, può forse addolcire la mente, ma non può cambiare il cuore infondendo le virtù benefiche dello Spirito Santo: chi prega davvero ama e chi ama non può fare a meno di pregare, in quanto amare Dio e il prossimo è il più alto atto d’orazione, è la preghiera che si incarna nella persona, che diventa persona e agisce per il bene, non potendone più fare a meno, tutto questo rappresenta la dinamica dell’emendazione dal passato e della conversione autentica, è la risurrezione di un’anima alla vita di Grazia.

sabato 24 novembre 2012

La guerra, arte del disordine innato


Sapete quali sono le cause più gettonate dell’accendersi di nuove guerre nel mondo? La prima causa è l’interesse dei grandi potentati economici internazionali che vedono nelle dinamiche di un conflitto in atto, ottime possibilità di fare guadagni; la seconda causa è la medesima, con l’aggravante che a fare il proprio interesse sono i pochi sulla pelle dei tanti, cioè gli oligarchi del potere appoggiati dall’economia dei mercati, la finanza snob, cinica e disumana delle piazze affari e dei palazzi d’oro, enti più o meno occulti che strumentalizzano le forze militari, raccontando la storiella non sempre coerente al vero, della necessità di realizzare interventi armati, per garantire la sicurezza di un Paese sovrano ed esportare ai miserabili stranieri la loro favolosa democrazia libertaria; la terza e ultima è la medesima di quelle sopracitate con la specificità della logica di vendetta, dove sangue chiama altro sangue, questo è il caso dei genocidi dell’epoca moderna, dove chi ammazza lo fa esclusivamente per spasso e… nel proprio piccolo anche per ladrocinio; c’è anche un’altra causa, poco conosciuta e cioè l’insindacabile necessità di combattere l’incremento demografico della popolazione mondiale, come? mietendo più vittime che si può, ovviamente, per la serie “ umanità parassita ”… a questo scopo esiste anche il meraviglioso strumento dell’aborto, nonché quello dell’eutanasia: le risorse per sopravvivere non bastano per tutti, un’altra menzogna inflazionata nata per coprire la cupidigia di pochi, sull’indigenza dei molti; è opinione comune che l’assetto socioeconomico del villaggio globale ha bisogno di un forte equilibrio e le analisi propongono sempre nuovi schemi che integrano soluzioni condivise: la verità è che la teoria dei giochi ha un solo comune denominatore, il caos imprevedibile. Tutto questo orrore evidenzia un suo fondamento, che va ricercato nella natura umana: l’uomo è ordinariamente una creatura malvagia che non smentisce la sua cattiveria, su questa semplice verità si può credere che le cose riguardo alle guerre nel mondo, non cambieranno praticamente mai; l’uomo porta in sé un elemento perverso di autodistruttività, il fatto che sia dotato di intelligenza lo rende pericoloso non soltanto per sé, ma anche per la natura del pianeta sul quale vive e per le altre specie animali: ovviamente la dignità dell'uomo non è quella del parassita, egli è il custode al quale Dio ha affidato la creazione e il Signore lo considera degno della sua fiducia, nonostante si dimostri molto spesso un irresponsabile. Nessuno conosce la cura risolutiva alla malattia “ uomo ”… sarà forse l’estinzione? Può darsi, siamo infatti sulla buona strada perché ciò si verifichi quanto prima. In natura l’uomo è indubbiamente il peggiore parassita del pianeta, un vero flagello della creazione, chissà se con il tempo riusciremo a invertire la tendenza, la nostra innata distruttività, se non ci riusciremo sarà davvero la fine, tutta la vita nell’universo scomparirà e noi la seguiremo nel suo eclissarsi; le guerre sono la dimostrazione tangibile che l’umanità è malata, ma non dobbiamo disperare dell’immenso potere taumaturgico che si cela in essa, l’umanità può guarire se lo vuole: auguriamoci che questo accada, noi siamo la malattia, ma siamo anche la cura.

L'anima e il suo senso come persona


La natura dell’anima umana va cercata in Dio, Egli è capace di perpetuarla oltre le porte della morte fisica, sul piano dei riscontri empirici e delle evidenze scientifiche essa è mortale; l’anima umana secondo l’Antico Testamento è da considerarsi la vita dell’uomo stesso, la vita naturale, biologica, il suo bene più prezioso, è soltanto con il Nuovo Testamento che la Rivelazione cristiana pone l’accento sull’immortalità dell’anima umana, sulla sua natura spirituale e separata dalle funzioni e dai processi del corpo; l’anima è stata considerata da molte culture antiche naturalmente immortale e la morte nient’altro che la separazione dell’anima dal corpo, le filosofie e le religioni di diversi tempi della storia umana hanno accettato all’unanimità questa verità sull’anima; soltanto con l’era moderna e con l’affermarsi dei valori dell’illuminismo e del scientismo ateo, del pensiero positivo, l’anima ha subito un forte deprezzamento ed è stata considerata un mito religioso, una fantasia filosofica per sognatori sprovveduti, una semplice idea con l’aggravante che si tratta di un’idea falsa e sviante dalla verità. Per credere nell’esistenza dell’anima è necessario credere anche in Dio, e soprattutto credere nella sua onnipotenza, soltanto una visione di fede può indurre una persona a credere che l’uomo sia qualcosa di oltre rispetto alla sua corporeità, alla sua carne, senza la fede che non è fideismo, quindi semplicemente un credere nebuloso in un Dio fuori dal tempo e dallo spazio, che sia inconoscibile e lontano, non è possibile accettare l’immortalità dell’anima e la sua partecipazione alla vita di Dio, ma con la fede che è Rivelazione sì, quindi l’ingresso della Verità nella storia umana e nella coscienza di ciascuno di noi, una Verità dogmatica che afferma delle certezze che fondano la loro credibilità in fatti storici, accertati da testimoni oculari affidabili e condivisi da innumerevoli credenti, che sono tutt’altro che sprovveduti e che hanno accettato con l’uso della propria ragione e della propria intelligenza, la Rivelazione nel Dio del Vangelo, in Gesù di Nazaret. L’anima è semplicemente la persona, il soggetto con la sua identità e la sua unicità, non è una eterea sostanza disincarnata che vive da antagonista in relazione ad un corpo, quindi l’anima umana è anche il suo corpo con le sue specificità salienti, con quei tratti che caratterizzano l’individuo; la linea di demarcazione tra anima e corpo in questa visione concreta della persona, è una linea molto sottile e poco ben definita, è la linea che non separa ma unisce, è la linea di congiunzione e la congiunzione rappresenta la persona, anzi la sua anima nella sua vera natura e identità; l’anima è un mistero che si svela alla luce della fede nel Dio della Rivelazione, l’al di là è il mistero sublime delle anime ed è la realizzazione dell’incontro definitivo con Dio nell’eternità: la mistica dell’anima concerne la relazione tra la persona umana e l’amore di Dio, l’immanenza con il soprannaturale, soltanto in questa chiave è possibile comprendere il mistero dell’immortalità e della natura spirituale delle anime; senza Dio che è il fondamento ad ogni mistero, l’uomo viene deprezzato e cosificato, ridotto ad una rete meccanica di pulsioni inerenti causa ed effetto, questa perversione della visione dell’uomo è propria del materialismo ateo dell’era contemporanea e apre la porta alla più totale anarchia sul piano etico, è la più pericolosa ideologia nemica del genere umano e contraria alla Verità, il nichilismo proprio di questa ideologia apre la strada ad ogni genere di crimine contro l’umanità ed è il preambolo al crepuscolo della vita, alla morte come definitiva razio dell’esistenza e della realtà, il trionfo del nulla. La fede in Dio e nell’anima immortale nobilita l’umanità e la colma di autentico valore e significato, oltretutto è coerente con la Verità, con quella Verità oggettiva conquistata tramite l’esercizio delle facoltà di fede e di ragione all’unisono, che sono le due grandi ali che permettono all’anima di volare verso l’orizzonte altissimo del suo stesso essere, verso il compimento del senso di tutte le cose che la riguardano; ognuno deve dire a sé stesso: “ La mia anima sono io e nessun’altro! ”.

giovedì 22 novembre 2012

La pena capitale o sentenza di morte

Negli ordinamenti giudiziari di molti Stati del mondo è contemplata come condanna più severa per i crimini di maggiore entità, la pena capitale o pena di morte; la pena di morte implica per lo Stato un diritto e cioè quello di disporre in caso di grave reato della vita di un suo cittadino, con la possibilità effettiva di togliergli la vita, di ucciderlo. Ma questo diritto per lo Stato è giusto o è sbagliato? Non esiste nulla di alternativo a questo genere di soluzione drammatica? La sentenza di morte per una persona, significa sostanzialmente il fallimento dello Stato di diritto, significa che la società a cui quell’individuo appartiene ha fallito nei suoi impegni di civilizzazione e di umanità, significa decretare la disponibilità assoluta della vita dei cittadini nei confronti dell’ordinamento statale, cosa che può accadere soltanto nei regimi totalitari e antidemocratici: la vita dei cittadini a disposizione dei dettami costitutivi di una nazione sovrana. Non serve a niente uccidere persone che si sono macchiate di crimini efferati, di delitti odiosi, anche nel caso estremo che non si possano recuperare alla vita civile, è sufficiente quindi togliere loro la libertà di agire a danno degli altri cittadini e della società: assassinare i criminali non è giusto, è semplicemente un atto di vendetta che non ripara nulla del danno perpetrato alle vittime, significa abbassarsi allo stesso livello dei malvagi e diventare praticamente come loro, quindi uno Stato criminale con tanto di boia muniti di strumenti per infliggere la morte al solo scopo della vendetta; la giustizia implica una riparazione per il danno inferto alle vittime, ma anche la possibilità per il reo di emendarsi quando ciò sia veramente possibile: l’emenda come si definiva nel passato, o emendazione, significa il recupero di una persona dalla sua condizione di colpa, significa un cambiamento radicale di mentalità e attitudini, dalla condizione di malvagità a quella di colpa espiata, di bontà acquisita e realizzata, ciò implica l’espiazione attraverso una sofferenza, ma nella sofferenza anche una dinamica di rinnovamento, la nascita di una persona nuova dalle ceneri di quella vecchia, malvagia. Ci sono persone che non intendono cambiare e se viste garantite nel reiterare le proprie colpe, non se lo fanno chiedere due volte prima di cadere nuovamente nei crimini del loro passato: noi dobbiamo dimostrare di essere migliori di loro, di essere autenticamente giusti e umani; per questi individui recidivi è sufficiente la reclusione o pene alternative che ne garantiscano l’innocuità sociale, rispettando la loro dignità di esseri umani, quindi anche il loro diritto alla vita, cosa che questi calpestarono più volte disprezzando il loro prossimo… indubbiamente questo comportamento giuridico e legislativo per uno Stato civile e democratico, è l’espressione di una profonda maturità etica, di un progresso autentico in campo umanitario e sociale, dell’affermarsi della logica evangelica del perdono sulla logica della vendetta, dell’occhio per occhio e dente per dente: è la via difficile e maestra della verità, su quella facile e comoda del compromesso e della menzogna. Gesù è morto in croce, condannato da un tribunale civile di una sperduta provincia dell’impero romano di quell’epoca, è stato condannato a morte per opera della giustizia umana di uno Stato, Lui che era innocente assieme a due malfattori, sarebbe meglio affermare che il Signore è morto in croce per opera dell’ingiustizia di uno Stato, uno tra i più evoluti per quell’epoca; ma la sua risposta a questa ingiustizia fu il silenzio e la mansuetudine, la totale remissività da ogni tentativo di difendersi dalle calunnie e dall’arroganza dei suoi accusatori. Gesù è morto in croce perché ad Egli è stata applicata la legge dei romani sulla pena capitale, è morto crocifisso per l’ingiustizia e la barbarie di uno Stato che si reputava faro di tutte le civiltà moderne, ma che in realtà era uno Stato criminale: se oggi il Signore dovesse subire un processo penale analogo, noi lo condanneremmo alla medesima pena? Quale sarebbe la sentenza del tribunale? La risposta a questa domanda è impressa e scritta a chiare lettere, nello sguardo di ogni condannato a morte dell’era contemporanea, uomini e donne, di ogni popolo, lingua e nazione, colpevole e anche soprattutto innocente: diciamo di no alla violenza e sosteniamo l’ideale di una giustizia giusta, a misura di un’autentica morale umana contro la vendetta, a favore della possibilità dell’emendazione… forse proprio come nelle parole del Profeta, un giorno anche il leone potrà abitare con l’agnello e l’infante giocare sulla tana dell’aspide.

lunedì 19 novembre 2012

La liturgia universale delle creature


L’universo è la grande voce delle creature che con il loro esistere lodano incessantemente il Creatore, la liturgia dell’universo è il grande canto della vita al Signore della vita: liturgia significa letteralmente “ cosa pubblica ” o “ funzione pubblica ”, la sua semiotica è data dal contenuto stesso dell’atto liturgico, cioè lode, onore, gloria e ringraziamento a Dio sommo bene, le forme espressive della liturgia universale sono il respiro e il palpito del cuore di tutte le creature, compreso l’uomo; il canto al Dio unico e creatore è l’insieme di tutte le esistenze degli esseri, il cui stesso esistere è un espressivo e intenso atto di culto. Gli Angeli del Paradiso cantano il Sanctus come atto di culto solenne al loro Signore e Padre: santo, santo, santo è il Signore, Dio degli eserciti! La Chiesa di Dio peregrinante in terra commemora la Passione, la Croce e la Risurrezione del Figlio di Dio, Gesù Cristo nel mistero che si perpetua sugli altari di tutte le chiese del mondo e cioè il sacrificio incruento della Santissima Eucaristia, il mistero sublime dell’Amore di Dio e della nostra redenzione, centro cultuale di tutta la vita della Chiesa e centro dell’universo materiale e spirituale: il culto dell’Eucaristia è il centro della liturgia terrestre che procede dalla liturgia celeste e che tra di esse si integrano a vicenda e si scambiano virtuosamente; nella celebrazione dell’Eucaristia è presente tutto l’esercito celeste e vi converge tutta la creazione materiale, tutte le creature sono attorno all’altare per adorare il Dio nascosto e per alzare a Lui un perfetto canto di lode e di amore. La liturgia continua nella vita di ciascuno nella pratica della preghiera personale e soprattutto della virtù di carità, fuori dal culto comunitario della santa Messa; Dio è il centro dell’esistenza e noi sussistiamo in funzione di Lui, senza di Lui cadremo inevitabilmente nel nulla, nella morte eterna… l’azione e il rendimento di grazie che si attua nella liturgia sono il cuore della vita, la forza palpitante del nostro stesso essere, senza questa energia c’è il nulla, ma il nulla realmente non esiste perché esiste l’Essere supremo in cui tutto nasce e si compie e noi siamo per l’immortalità nell’eternità del Signore. Tutti partecipano alla liturgia universale e nessuno può autoescludersi da questa condizione naturale, senza incorrere nel dramma dell’inferno, senza perdere tragicamente sé stesso; l’umanità è stata creata per partecipare alla vita di Dio, per essere tratta dalla condizione caduca e animale, e essere deificata nello Spirito del Signore: la Risurrezione del Cristo testimonia ai credenti questa meravigliosa Verità, noi siamo per il Regno del Padre proclamato dal Vangelo.