“ Egli ha in mano il
ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma
brucerà la pula con un fuoco inestinguibile ” (Mt 3,12). Il Signore detiene il
potere di mietere la terra; il ventilabro è la falce per la mietitura, Colui
che la brandisce è il Signore che ha il potere assoluto sulla vita e sulla
morte; la sua aia è appunto la terra dei viventi e pulirla significa dare atto
alla mietitura del campo nella storia umana; il suo grano sono i buoni e i
giusti, il granaio il Regno di Dio e la pula i malvagi destinati a bruciare in
un fuoco inestinguibile, cioè l’inferno. Dio raccoglierà il suo grano nel
granaio, il grano è suo, sono i suoi figli e le sue figlie, la pula che brucia
nel fuoco è l’immagine dei dannati nell’eterno tormento, sono i figli del
diavolo. Questo versetto del Vangelo di san Matteo indica l’autorità di Cristo
di compiere il giudizio, di mietere l’aia con il ventilabro e di fare una
cernita severa tra buoni e cattivi, giusti e empi, conferendo a ciascuna anima la
propria retribuzione eterna, di salvezza o di condanna: Egli è il Giudice
giusto che compie il tremendo giudizio. Dio non è un inquisitore spietato, ma
un Padre buono e misericordioso, l’essere giudice supremo dei vivi e dei morti
è un attributo specifico della sua giustizia che deve necessariamente compiersi
riguardo a ogni creatura umana, nessuna esclusa: essere giusto è proprio di
Dio, un uomo può sbagliare se giudica, Dio è infallibile in quanto a giustizia;
essere giudicati da Dio significa aver accettato o meno il suo amore e
accettare le conseguenze della nostra scelta. Dio non ha creato l’inferno, non
ci ha mai nemmeno pensato, a farlo sono stati gli angeli caduti e i dannati, l’inferno
è qualcosa che hanno realizzato le creature immortali nella loro libertà; l’Eterno
Signore invece è il nostro Paradiso, per chi lo vuole accogliere con un libero
atto d’amore che procede dal cuore, un atto d’amore salvifico. Non bisogna
avere paura di Dio: si avvicina il santo Natale, chi avrebbe paura nel riconoscere
Gesù bambino, il figlioletto neonato della Vergine Maria? chi può aver terrore
di un Dio così? il Dio bambino che si affida alle cure materne della Madonna,
un Dio piccolo e indifeso, che soffre il freddo della notte e che trova riparo
in una stalla, adagiato in una mangiatoia, poverissimo, umilissimo e adorato da
semplici pastori di greggi che si trovavano nelle zone limitrofe di Betlemme,
che significa “ casa del pane ”, quasi a indicare misticamente il legame intimo
con il pane Eucaristico dell’ultima cena, vera carne di Cristo nel corpo di un
bimbo, quindi il consegnarsi di Gesù nelle mani di coloro che lo amano e che lo
hanno accolto, come nascosto, mite e umile Signore sotto l’apparenza innocente
del bambino di Betlemme e le sembianze candide dell’Eucaristia… non si può aver
paura di un Dio così, è impossibile, un Dio così lo si può soltanto amare con
tutto il cuore, con i più nobili sentimenti dell’anima, è un Dio che vuole
donarsi sempre e che chiede anche solo una particella del nostro affetto, ma un
affetto che sia sincero, simile all’affetto della Madonna, un affetto materno
accogliente e protettivo che si desta nei nostri cuori intrisi di commozione e
che permane come il segno reale della riconciliazione e della nuova vita di
grazia. Dio è un bambino, in una cultura antica come quella giudaica della
Palestina di circa duemila anni or sono, dove i bambini erano poco considerati
e anche esposti, così come qualsiasi persona debole che doveva dipendere dagli
uomini giovani e adulti, come le donne, le vedove e i malati anziani, ma Dio è
quel bambino e nessun altro, perché così Lui ha scelto e voluto, solamente per
amore di ciascuno di noi.
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