Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

domenica 16 dicembre 2012

La falce che non desta paura


Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile ” (Mt 3,12). Il Signore detiene il potere di mietere la terra; il ventilabro è la falce per la mietitura, Colui che la brandisce è il Signore che ha il potere assoluto sulla vita e sulla morte; la sua aia è appunto la terra dei viventi e pulirla significa dare atto alla mietitura del campo nella storia umana; il suo grano sono i buoni e i giusti, il granaio il Regno di Dio e la pula i malvagi destinati a bruciare in un fuoco inestinguibile, cioè l’inferno. Dio raccoglierà il suo grano nel granaio, il grano è suo, sono i suoi figli e le sue figlie, la pula che brucia nel fuoco è l’immagine dei dannati nell’eterno tormento, sono i figli del diavolo. Questo versetto del Vangelo di san Matteo indica l’autorità di Cristo di compiere il giudizio, di mietere l’aia con il ventilabro e di fare una cernita severa tra buoni e cattivi, giusti e empi, conferendo a ciascuna anima la propria retribuzione eterna, di salvezza o di condanna: Egli è il Giudice giusto che compie il tremendo giudizio. Dio non è un inquisitore spietato, ma un Padre buono e misericordioso, l’essere giudice supremo dei vivi e dei morti è un attributo specifico della sua giustizia che deve necessariamente compiersi riguardo a ogni creatura umana, nessuna esclusa: essere giusto è proprio di Dio, un uomo può sbagliare se giudica, Dio è infallibile in quanto a giustizia; essere giudicati da Dio significa aver accettato o meno il suo amore e accettare le conseguenze della nostra scelta. Dio non ha creato l’inferno, non ci ha mai nemmeno pensato, a farlo sono stati gli angeli caduti e i dannati, l’inferno è qualcosa che hanno realizzato le creature immortali nella loro libertà; l’Eterno Signore invece è il nostro Paradiso, per chi lo vuole accogliere con un libero atto d’amore che procede dal cuore, un atto d’amore salvifico. Non bisogna avere paura di Dio: si avvicina il santo Natale, chi avrebbe paura nel riconoscere Gesù bambino, il figlioletto neonato della Vergine Maria? chi può aver terrore di un Dio così? il Dio bambino che si affida alle cure materne della Madonna, un Dio piccolo e indifeso, che soffre il freddo della notte e che trova riparo in una stalla, adagiato in una mangiatoia, poverissimo, umilissimo e adorato da semplici pastori di greggi che si trovavano nelle zone limitrofe di Betlemme, che significa “ casa del pane ”, quasi a indicare misticamente il legame intimo con il pane Eucaristico dell’ultima cena, vera carne di Cristo nel corpo di un bimbo, quindi il consegnarsi di Gesù nelle mani di coloro che lo amano e che lo hanno accolto, come nascosto, mite e umile Signore sotto l’apparenza innocente del bambino di Betlemme e le sembianze candide dell’Eucaristia… non si può aver paura di un Dio così, è impossibile, un Dio così lo si può soltanto amare con tutto il cuore, con i più nobili sentimenti dell’anima, è un Dio che vuole donarsi sempre e che chiede anche solo una particella del nostro affetto, ma un affetto che sia sincero, simile all’affetto della Madonna, un affetto materno accogliente e protettivo che si desta nei nostri cuori intrisi di commozione e che permane come il segno reale della riconciliazione e della nuova vita di grazia. Dio è un bambino, in una cultura antica come quella giudaica della Palestina di circa duemila anni or sono, dove i bambini erano poco considerati e anche esposti, così come qualsiasi persona debole che doveva dipendere dagli uomini giovani e adulti, come le donne, le vedove e i malati anziani, ma Dio è quel bambino e nessun altro, perché così Lui ha scelto e voluto, solamente per amore di ciascuno di noi.

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