Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

sabato 15 dicembre 2012

Mitezza e umiltà di Gesù


Imparate da me che sono mite e umile di cuore ”, dice Gesù nel santo Vangelo; la mitezza è lattributo singolare dell’agnellino che si consegna al pastore del gregge con abbandono e fiducia, la mitezza è un dono dello Spirito Santo, essere miti significa essere abitati da Dio, è uno dei segni esteriori di una personalità e di un carattere conforme allo Spirito di Dio, la mitezza è quella calma e quella serenità interiore espresse dalle persone di pace; l’umiltà è la virtù dei piccoli che confidano nel Signore, l’umiltà è espressione di un’altra eminente virtù che viene da Dio e cioè la sapienza, coloro che sono sinceramente umili si riconoscono per quello che realmente sono e cioè delle creature umane bisognose di tutto e dipendenti dalla carità e dalla provvidenza del Padre che è nei cieli; imparare da Gesù vuol dire prenderlo come esempio di vita, vuol dire andare alla sequela di Lui, quindi imitarlo in tutto per quanto ci è possibile, soprattutto nella mitezza e nell’umiltà. I vizi opposti sono la violenza e la superbia, espressioni della natura diabolica, essere violenti vuol dire lasciarsi facilmente prendere dalla collera, dalla rabbia, essere violenti è comportarsi con durezza e prevaricazione nei confronti del prossimo, in particolare nei confronti di chi è più debole, cosa degna di autentici vigliacchi: la violenza è quella cattiva consigliera che ci porta a essere nemici degli altri e a volere il loro male, a fare loro del male, la violenza è propria delle anime spiritualmente mediocri, il violento non abita negli altri, non comprende le loro difficoltà e le loro sofferenze, è un individuo propriamente ingiusto e arrogante, pronto a infliggere sofferenza e facile al rancore, all’odio e alla vendetta; la superbia è la convinzione di valere più degli altri, è sentirsi superiori arrogandosi il diritto criminale di fare di chi ci pare quello che vogliamo, è valutare la vita altrui come di nessun valore e come priva di significato e di pregi, è un vizio coerente con la più spietata ingiustizia, la sua dinamica consiste nel convogliare quello che ci è estraneo e che consideriamo un bene, secondo i parametri del nostro interesse e del nostro meschino tornaconto, esclusivamente al soddisfacimento delle nostre fami e del nostro egoismo. Mitezza e umiltà, come violenza e superbia sono virtù e vizi che non si vivono in sé stessi, nel proprio piccolo mondo interiore, ma si vivono in funzione degli altri, cioè nell’ambito delle relazioni quando queste sono sane o malate: i vizi e le virtù sono innanzitutto modalità prettamente relazionali, si realizzano in rapporto alle altre persone e non in solitudine, la loro pratica avviene nell’ambito dei rapporti interpersonali, in senso verticale con Dio e in senso orizzontale con il prossimo; tramite l’esercizio di vizi e virtù costruiamo noi stessi, la nostra realtà interiore e più profonda, per quanto riguarda le virtù impariamo da Gesù a imitarlo, a somigliargli e per quanto riguarda i vizi ci allontaniamo dalla perfezione di Gesù e ci facciamo simili al diavolo. Essere miti e umili è la condizione per piacere a Dio, i violenti e i superbi non piacciono a Dio, sono da Lui detestati fortemente e avversati dalla sua giustizia; essere miti e umili di cuore significa conformare il proprio cuore umano al Cuore del Signore, significa davvero comportarsi nella vita come suoi veri discepoli: Gesù non cerca ammiratori compiaciuti, ma discepoli sinceri che lo seguano sul suo esempio e che facciano la volontà del Padre suo e Padre nostro.

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