Nel cuore
di Kai abitavano due draghi dagli straordinari poteri, uno bianco e uno nero;
quello bianco era nato dal suo amore per una fanciulla di nome Leixia, un amore
vissuto facendo sublimare il desiderio e nella coesistenza della tenerezza, del
rispetto e del sentimento, un amore puro fatto di reciproco dono di sé, un
amore equilibrato e maturo; il drago nero era nato dalla paura che con il
passare del tempo divenne rabbia, la rabbia con il vile abbandono dell’anima si
tramutò presto in odio; i due draghi non guerreggiavano ma bensì scrutandosi
cercavano la via per comprendersi e per studiare una strategia che rendesse l’altro
vulnerabile, una strategia non per prevalere sull’altro ma piuttosto per
controllarlo e asservirlo ai dettami di una volontà indagatrice del nascosto e
scrutatrice del lontano. Kai sentiva dentro di sé la viltà e il coraggio che si
scontravano per cambiare la sua attitudine a sentire il mondo esteriore, fatto
di innumerevoli conflitti senza soluzione, un mondo troppo chiassoso e
nebuloso; uno dei due draghi invece portava la luce della conoscenza e del
progresso, era il drago bianco che assieme a Kai conduceva i suoi pensieri a
luoghi di sconfinata bellezza e pace; il drago nero odiava Kai e lo guardava
sempre con odio tetro, quel drago era impassibile a tutto e possedeva una
pazienza senza fine, sapeva attendere il suo momento. Venne il momento quando il
giovane apprese della morte prematura della sua amata Leixia, morì
repentinamente a causa di una malattia ignota, morì soffrendo e lui lo seppe.
Kai guardò ancora una volta dentro di sé e quel drago bianco cominciò
inesorabilmente a svanire, svanì intriso dalle lacrime amare che bagnarono il
suo voltò, svanì nell’inconsolabile desiderio di abbracciarla per l’ultima
volta, di abbracciare Leixia a cui aveva donato un frammento del suo cuore, la
parte migliore della sua anima. Poi guardò verso il drago nero che sogghignava
e udì una voce roca che gli diceva: “Perdi
te stesso e sii per sempre libero”. La disperazione e il nulla lo gettarono
tra quelle fauci, e il suo cuore diviso fu tenebra all’infinito; non aveva mai
provato la morte e quel drago nero gli disse: “Io sono la morte”. Kai quel giorno comprese quanto è tortuosa la
strada che conduce da abisso in abisso, non vide più la luce, al di là del bene
e del male, e si allontanò dall’amore del Signore e non volle più ascoltare la
voce del Signore. Kai non provava più ombra di emozione, voleva soltanto fare
il male e volgendosi oltre la prigione entro cui si era chiuso, vedeva il
prossimo come uno strumento per esercitare la sua malvagità. La mente di Kai
era contorta, il suo cuore secco come il deserto, il suo sguardo come lame d’acciaio:
non poteva risorgere perché non voleva. Forse quell’amore oramai dimenticato
poteva scuoterlo dalla paralisi del suo cuore? Con la vita era finito anche l’amore,
senza amore non può sussistere la vita. Dal mondo celeste Leixia pregava e le
sue preghiere intrise di dolore per l’amato Kai, andarono a ferire come lance acuminate
il Cuore benignissimo dell’Eterno: quel drago nero si estinse nel comprendere
che l’amore ha senso soltanto quando è rivolto al prossimo indistintamente,
quando non è esclusivo e quindi chiuso da muri alti e freddi che ci separano da
molti cuori che meritano il nostro affetto e la nostra dedizione. La
risurrezione di Kai fece risvegliare da un sonno millenario un secondo drago
bianco, un drago forte e immortale, un drago che si risveglia dove Dio è amato
e ha il volto delle persone che incontriamo sul nostro cammino, un drago
luminoso perché specchio che riflette la luce del Paradiso. Kai imparò ad amare
e da quel momento in poi fu davvero libero dalla schiavitù del maligno, Kai
imparò la compassione per le altre creature, Kai imparò il sacrificio e a
considerare gli altri fratelli e sorelle, Kai diventò veramente un uomo e la
sua stella continuò a rifulgere senza che i fantasmi del passato l’avvolgessero
nell’oblio: il suo tesoro fu presso Dio e nessun drago nero poté portarglielo
via, in quel meraviglioso giardino riabbracciò Leixia.
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