Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

sabato 15 dicembre 2018

E' ancora Natale nel bambino dimenticato

Qualche uomo di Dio del passato disse alla gente che adorare il Signore nelle chiese, magari nel Santissimo Sacramento che all’apparenza è semplice pane, non ha alcun senso se si lasciano soli e abbandonati i deboli, gli ammalati e gli indigenti perché Gesù vive soprattutto e preferenzialmente in quelle persone, noi dobbiamo riconoscerlo in loro con la nostra compassione come se riconoscessimo una persona amata nell’Ostia crocifissa che tanto ci ha amato da dare la sua vita per acquistare a così caro prezzo le nostre anime. Se Cristo non lo si riconosce in coloro che incontriamo e che necessitano del nostro aiuto e della nostra comprensione, significa che siamo ancora sotto il potere del diavolo. A Natale come ogni giorno dell’anno viviamo chiusi nel nostro egoismo, nelle nostre case addobbate a festa e con la tavola imbandita di vivande. Se Dio vive negli altri che ci chiama a servire, quella chiusura che ci porta al gruppo esclusivo e all’esclusione di chi non ci piace o ci infastidisce, non è secondo lo spirito del Natale e occorre ricordare che il racconto del Natale è scritto nel Vangelo, il bambino Gesù nasce rifiutato da chi se ne stava al caldo di una dimora confortevole, nasce in un luogo a parte e viene deposto in una mangiatoia, era la stalla degli animali. C’è chi un Dio così non lo vuole perché estraneo alle nostre aspettative e al nostro orgoglio, c’è invece chi lo accoglie sapendo che si tratta di un bambino. Tutti i bambini vanno accolti perché sono un dono di Dio, ad ogni nascita Dio ci dice che non si è mai stancato di noi, che è sempre disposto a scommettere su ciascuno di noi. Questo sarà il solito Natale ma forse qualcuno si accorgerà di quanto sia bella la vita e di come sia conforme a un progetto, è un invito che riceviamo tutti e che il Vangelo da secoli ci propone, è l’invito a uscire dal nostro egoismo e ad accorgerci che il prossimo forse non trascorrerà un Natale felice come il nostro tra tanta roba e tante vuote risate, ma piangerà come quel piccolo Gesù nel fieno della mangiatoia, confortato dalla voce benevola di sua mamma e scaldato dal tepore del suo corpo. Chi trascorrerà il Natale che è un giorno come un altro, farà esperienza della vanità e dell’indifferenza e il giorno dopo tornerà ad essere quel mostro che è sempre stato. Chi adesso amerà Gesù con una preghiera spontanea che viene dal cuore e tenderà la mano a chi soffre nel bisogno avrà vissuto il Natale mille volte, se cambia vita e deciderà di praticare i Comandamenti avrà vissuto il Natale anche diecimila volte, se perdonerà e si pentirà del male commesso avrà vissuto il Natale un milione di volte, e tutto questo in un momento, solamente un istante nell’eternità, breve e fugace, che sarà stato sufficiente a far conquistare al Paradiso la sua anima così tanto preziosa e per cui quel bimbo di Betlemme è nato al mondo circa duemila anni orsono, quel bimbo è Dio che ha assunto in sé la natura umana, da quell’istante in poi ogni bimbo che è nato al mondo e che nascerà appartiene al Dio della vita e della risurrezione. Questo è il Natale di chi decide di amare Dio, è una nuova visione della realtà, è comprendere e fare propria la verità di quel Bambino, non si accetta superficialmente di credere ma bensì si viene conquistati dal fascino della fede, è Dio che ci conquista e pregare diventa una espressione di bellezza, se ti fa stare bene ti rende contento.

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