Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 3 marzo 2021

Silloge poetica n°053


L'INCERTEZZA

Vedevo nuvole nel cielo che solcavano l'aria
decrepite scene di sconsiderata voluttà nelle vecchie dimore
persone spoglie di dignità sottratta dalla cattiveria

La grande carovana nei deserti dal caldo secco
viaggiava per le dune del non ritorno fuori da questo mondo
e la rosa di roccia dai petali taglienti scottava

Nuovi orizzonti nelle caldaie dell'inferno
quei demoni cercavano il peccato con cui rapire gli illusi
la negazione di Dio e la negazione del valore delle vite

A migliaia suicidatisi nel disprezzo per la compassione
stormi di uccelli migratori che volavano incontro al sole nascente
e le piume cadevano come dalle ali in cera di Icaro

Questione di costante studio e approfondimento
comprendere la vita biologica per disprezzare la favola dell'anima
e farsi portatori di domande con la falce del sapere

A volte tornavano le inquietudini nelle risa sarcastiche
come il ritorno della coscienza tra il bene e il male preconcetti
fare in proprio il riconoscere bellezza alla persona

Nelle menti ristrette di chi crede nel nulla e nell'adesso
la reale prospettiva è tanto ampia quasi come il canto degli angeli
e muovono le volontà verso lo scopo ultimo e la casta morte

 

IL PESO DEL TUO PIANTO

Lacrime cangianti sul volto della luna
l'emblema oscuro dei senza rimorso che tremano
le perdute genti che varcano il fato

Fuori dal cancello oltre e prima del tempo
nascono silenti le idee che conducono nell'eremo
un luogo solitario per anime che cercano

Molte lacrime versarono i nostri occhi ciechi
sempre pronti a guardare dentro la psiche luminosa
nelle tenebre sospiri di ignare libagioni

Un fuoco alacre ardeva nella prigione senza porta
una ricerca dietro l'altra ci dirigeva verso l'uscita nascosta
tennero consiglio gli oracoli che sentenziano

Ancora una notte in quel buio opprimente
pochi giorni passati in solitudine come i secoli dei giganti
sarà una nuova alba a prefigurare parole

Quelle parole dette con un sentimento di ironia
lasciando alle spalle un cuore ferito da tante spine acuminate
e il foglio bianco dell'anima su cui scrivere preghiere

Si fecero intrighi per allontanare le vanità del mondo
le recondite spirali di un provvidente artigiano che lavora
costruendo la persona nell'oblio del disordine

 

LA SORDITA' DI AUSCHWITZ

Molte persone presero quei treni
che portavano ad una destinazione muta
qualcuno pensava di andare lontano
lo stridere dei carri mieteva silenzio

Troppe volte stetti con l'ansia nel cuore
mentre i convogli si fermavano al capolinea
viaggiare per non sapere dove e perché
arrivare nel luogo dove tutto sembra opaco

Si fermava il treno e la gente scendeva
povera gente con le sue povere cose
stavano ferme quelle persone e aspettavano
poi arrivava chi le incamminava là dentro

I bambini stretti alle madri ma tranquilli
come se quella gelida pianura fosse sicura
non piangevano ed erano diligenti
ma oltre quegli edifici i camini fumavano

Alcuni erano deboli e inabili al lavoro
andavano da un'altra parte a morire subito
gli altri che erano forti avevano ancora giorni
e la macchina della morte più che efficiente

Si stagliavano ombre dalle case di mattoni
senza igiene e con poco cibo ci si smarriva
poi qualcuno piangeva e un altro consolava
ma nelle giornate vuote tanta disperazione

Qualcuno scrisse se questo è un uomo e nulla
quella terra senza pietà bagnata dal sangue
dove l'uomo denigratore dell'uomo si abbrutiva
e la caligine dei forni saliva fino alle nuvole

 

I GRANDI ANTICHI

C'è un luogo dove mesta muore la morte
fuori dal mondo e nella terra arida dei senza scrupoli
una casa maledetta infestata da legioni di demoni

Ed ecco un anfratto dove regna il caos calmo
fuori dal mondo e nelle stanze segrete di un maniero
un verdetto di giuste sentenze di condanna

Nel segreto di un rudere dove si spegne la luce del sole
nell'eterna notte dove i dannati si mordono rabbiosi a vicenda
la vendetta è la legge di quei miseri obbrobri

Un faro indica la fiamma nera ai devoti del peccato
e il monito di chi calpestava la pietà è scritto nell'avvilimento
quel luogo è carico di odio e di fantasmi diabolici

Niente sembra il medesimo nella paura di pentirsi
perché la coscienza è spenta nell'insensibilità del cuore
l'anima è qualcuno che ha compreso di esistere

L'antico è l'angelo caduto che miete le anime
un emissario di quel Dio che promise la felicità eterna
quando la stirpe umana venne ingannata

Ogni attimo passato in quel mostro dai mille incubi
ci ricorda nel rimorso quanto non abbiamo amato nel tempo
ogni Comandamento fu inciso su tavole di carne

 

LA MALATTIA E' UN ORACOLO

Quel mostro che spaventa è la malattia che corrompe
sembra il decreto di un dio cattivo e dispettoso
che recide la speranza e apre senza pietas un baratro
nella malattia siamo persi davanti a noi stessi

Credere che la malattia non abbia senso è anche vero
e che sia la caparra di un pazzo che ci ha vilmente tradito
non se ne va per farci cogliere l'orrore senza ragione
l'inguaribilità è avere un po' di tempo ma sempre poco

Nella malattia il nostro sguardo buono è di chi ci ama
rimangono con noi nella solitudine e nell'angoscia disabitata
aprono il cuore con le loro parole che leniscono
e le preghiere fatte assieme confortano quanto una carezza

Vogliamo guarire e la medicina forse serve a questo
ma poi qualcuno ci dice che non è possibile
e l'abisso dove si sprofonda si apre in fretta nella tristezza
perché le lacrime lavano gli sbagli del passato

Su quel letto ci rigiriamo coscienti di notte
e nell'intimità della stanza ci convinciamo del destino
come se il dolore non avesse alcun significato
l'abbiamo fuggito tutta la vita e ora eccolo

Appeso al muro c'è un crocefisso di legno
quando lo guardiamo sappiamo che un altro ha sofferto
forse non era il creatore ma un uomo dabbene
qualcuno dice che mentre moriva ci amava

Questo dolore e questa solitudine sembrano fermarsi
nel tempo senza tempo di una visita amichevole
la malattia noi la combattiamo ma lei vincerà
e allora le piaghe di quel crocefisso ci interrogano

 

LA PACE DI CRISTO

Era un viaggio a senso unico quel mistero riscoperto
in ogni barlume di verità vedevo le persone con la loro amarezza
ad ogni incontro cercavo di scorgere mia madre e mio padre

Sono diventati vecchi con il trascorrere degli anni
la loro canizie e le rughe con lo sguardo un po' stanco
persone che mi diedero davvero tutto e la mia vita

Scrutando la malvagità della gente vile che si nasconde
occhi perfidi di odiatori perversi dalla mente sempre degenerata
senza rispetto per la dignità del debole e arroganti

Quando accadde che morissero piansi molte lacrime
e lo scherno degli stolti che vivono come bestie diaboliche
assembrava la mia testa insieme ai pensieri nostalgici

Nelle mani di mio padre vedevo il lavoro fatto di fatica
nello sguardo di mia madre l'innocenza come di bambina
e sempre quelle risa sarcastiche di chi gode del male

La sola ipotesi che solcava i miei ricordi era naufragata
come una barca in mezzo al mare nel temporale delle incertezze
e l'iride e la pupilla piangevano per quei morti lontani

Quelle voci sono nei campi elisi della risurrezione
perché la Pasqua non è una triste nascita ma la grazia del Vivente
mi aspettano e mi hanno amato nella serenità di Cristo

 

DIPENDERE DA QUALCUNO

Lascio ad altri la loro anima bella e stonata
il loro pensare fasullo su schemi fissi e preconcetti
e nell'accogliere il diverso un lento abbraccio

Oltre le rimanenti frasi costruite per svago
ci sono le parole sempiterne di una coscienza pura
trasparente come vetro che cattura la luce

Cercando tra la gente il perché di tanti conflitti
vidi la solidarietà celata dentro gli anfratti dell'egoismo
la gente è ordinariamente buona e paziente

Le parole e i discorsi d'odio che travalicano
segnano un solco tra gli eguali di diritti e feriscono
non c'è qualcuno che desideri la concordia

Guardo sugli abiti dei poveri il peso dello scarto
e negli abiti dei benestanti l'odore del denaro che tutto può
come se il possesso dipendesse dalla forza

Non ci sono nuove libagioni per gli emarginati
è il solito vino dell'ira che bevono i tracotanti che biasimano
nel resto delle persone l'arte di vivere rinunciando

Quando l'orgoglio e il sopruso colmano il mondo
non c'è misericordia per l'adulto vulnerabile che cerca soccorso
la fiera delle vanità è per le strade e nelle case


LA CLASSE OPERAIA

Quanti fiori bianchi sul selciato
come le vittime e le ombre della sera
che coprono le fatiche di chi lavora
e stendono un velo sulla giornata

Ancora guadagni con mani avide
e l'operaio con il suo pane di sudore
vive il tempo come immoto
e ogni momento come impegno

Certi fanatici hanno detto basta
il lavoro è sempre un diritto
ma mai del bambino sfruttato
e del suo tempo di gioco

Gli uomini e le donne nelle fabbriche
un salario minimo se rivendicato
la serietà del lavoro e la sua dignità
nel guadagnarsi da vivere

C'è qualcuno che cerca il diritto
ma il lavoro è la norma della giustizia
una società giusta per tutti
dove il proletario ottiene il necessario

Dove i suoi figli studiano per l'avvenire
mentre le ragioni dello Stato
surclassano il valore del comprare
dove avere è indice di verità

Chi lavora ha conquistato la vita
le sue mani garantiscono per la famiglia
ma la povertà non porta a nulla
la sapienza è di chi agisce per risolversi

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