Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 11 novembre 2021

Silloge poetica n°050


LA FESTA D'INVERNO


Nella dimensione del sottosuolo
vivevano morti che conversavano al buio
e le persone fatte di buio
ghermivano le strade fredde dove la gente
cammina distratta e fuori dai sensi
davanti alle vetrine dei negozi di roba inutile
passando l'una accanto all'altra
quelle persone originali
che chi decide ritiene inutili
servono a rendere sopportabile
un transito di visione in un Natale abbacinato
tra il tramonto e l'alba
nella notte oscura delle anime
sono perspicaci le vedove
abbandonate da chi le amò e morì
sanno che il nulla
ha ogni volta che si avvicina
l'aspetto del passato che non c'è più
e nel mirare di ogni violenza nei telegiornali
è un nulla senza norme e rispetto
nemmeno per coloro che persuasi lo ergono
a demiurgo del proprio pensiero
la convinzione che siamo
materia che si spegne
e che svanisce
dentro le pieghe di una realtà inferma
nei dettagli forse un po' strani
della percezione che coglie tutto e niente
dal mondo l'inutilità di tutto
e di come la ricchezza e il profitto
servano solamente a renderci
sempre più mostruosi
peggiori dei malvagi che si servirono
degli ideali inflitti alle menti illuse
per portare collera dove le profonde radici
sono la vanagloria
e la superbia di quell'angelo prevaricatore
che nella sua pazzia intransigente
vide se stesso come l'alta stella del firmamento
e invidiò l'umanità per l'amore
di un nascituro sconosciuto che la chiamò
alla felicità di un giorno
senza più inizio e fine dove l'alba
è il raggiare dei sentimenti
attraverso l'infinito
dove l'alba è quell'infinito
che porta il riposo nell'assenza dei contrasti
e del desiderio che si colma di cupidigia
ogni Natale dove comprare
diventa il costume appropriato per le genti vane
dove il benessere nasce nella culla
e il presepe è una casa di sogni perduti
dove la povertà è lo specchietto per le allodole
quando sembrare solidali è attrarre
il dispiacere verso la fonte dell'interesse
e il menefreghismo l'unico credo
che rende la vita dal soddisfatto egoismo
come veramente la desideriamo
tolti di mezzo i fastidiosi prossimi
e superata l'accusa della nostra moralità
vita senza nessuno
e fatta di cose e di denaro
nel Natale dove si palesa la depressione
il senso di vuoto nelle case
in cui c'è tanto di quel consumismo
che ottenebra le feste fugaci
e ci fa sorridere come degli imbecilli
fossimo soltanto merce


IL TEMPO GRATO


Quei giocattoli sparsi sul pavimento
le biglie di vetro che scivolavano sulla ceramica
dentro ancora le luci che cambiavano
e il sole come veste di un patto sempiterno
le ali della fenice mi portavano oltre il fuoco acceso
dentro la cenere l'ombra del futuro
come il respiro di un attimo
ed io a cercare il perché dei segni
parlavano mentre cadeva l'orizzonte
e la sera ancora l'amore del giorno
quella voce era il vento
spariva nell'immediato per tornare dopo
l'infanzia nella vecchiaia di una barba bianca
ritornavano le ore con chi amai
guardavo e tornavano
era come il vuoto che si colmava di letizia

 

QUEL FILO SOTTILE

Ecco in alto degli aquiloni leggeri
che volteggiano nel vento
le loro cordicelle partono
da cuori di carne dall'afflato gentile
i loro moti sono le espressioni
del pensiero costante
di come vivono quelle madri
che diedero la vita
e vivono i vulnerabili nel tepore delle case
nel passato lontano la morte ardiva
era più presente
si moriva sempre di più alla nascita
e non nel grembo
poiché se non si crede nell'anima
non si vede con lo sguardo la realtà dell'umano
soltanto con la fede
la vita ha impresso il suo sigillo
il perché del rispetto
e l'inviolabilità
oggi la vita non ha più valore
e i vuoti recipienti dal basso sentire
sono le menti che la conculcano senza pietà
ma è soltanto la pietà
che ci rende veramente umani
la vita è degna quando qualcuno
piange per un altro
non quando un altro recide il filo dell'aquilone
e la vita si perde in un gretto sopruso
perché se credi nella vita
nel luogo dei sentimenti c'è il tuo posto
e nel cuore del mondo
dentro un significato perduto ogni risposta

 

NOTTE SINISTRA

Quel bosco era dentro le tre della notte
la notte delle streghe seriose
che vegliano ai sabba
e danzano nel fumo del braciere
una notte strana
con figure contorte
quella che precorre il giorno di Ognissanti
una notte dove le ombre
alla luna rossa
fanno uscire spiriti diabolici
dalle voragini della terra sporca
nell'antico mondo ostile
di cerchi di pietra
quelle presenze oscure
che vagano ovunque
sono dove ogni peccato
sale alle nubi come richiamo
e le parole sono chiuse
tacciono le sciocchezze dei gaudenti
e il dolore attraversa l'etereo
come un nulla d'angoscia
la paura entro terrori silenti
che migrano tra le divinità grottesche
e la vergine cieca
guarda oltre la porta
vede arrivare l'ignoto come nebbia
e i fantasmi ridere arcigni
quella Croce confitta sul cranio
ossa di morto e il diavolo che inciampa
quella Croce come esorcismo
per liberare ovunque dalle insidie
quella Croce vittoriosa
come baluardo di fronte al male
e la notte passa
finalmente l'alba dalla luce sopita
termine di quella notte assurda
la luce di Cristo
e dei suoi santi nella gloria
la luce della vita
della cui luce anelano i giusti
la luce del risorgere
delle anime nella rinascita
di quel mondo nuovo
dei viventi nella carità invitta
è la luce
che non si estingue
è perpetua
per coloro che sono morti
che sono nella pace

 

LA FERMA VIRTU'

Ancora un po' lassù nel nulla
e dentro la tempesta si agiterà l'ansia
come il carro ardente di Elia
oltre le nubi del cielo
sotto un sole stanco e lacrimoso
nella coscienza sporcata
da decine di parole
sulle pagine del libro arcano
vivido ricordo tremolante
nella fuligginosa giornata trascorsa
salì quel fumo dalla brace
dell'anima votata alla notte
e sentinelle attente
volgevano lo sguardo
a settentrione
alla stella del nord
per naufragare nel mare dell'accidia
una stella bianca
senza calore per assopirsi
quella stella decrepita
che oramai muore sola nel crepuscolo
in ogni anfratto buio
che nasconde il volto del padre
un uomo autentico
dal cuore generoso ma rozzo
sempre attento al fare
scrupoloso nel giudicare
fermo nel compatire
guardando avanti ancora niente
non videro le mani che leniscono il dolore
quel punto focale in cui tutto tace
ma sempre ricordai
che ogni evento nella vita
è un presagio per il futuro che viene
nel passato una persona
oramai dimenticata
cambiata in un presente solitario
dove il moto del desiderio
è fermo sulla pietra del Calvario
dove le spine
acuminati tensori della superbia
celebrano l'umiltà
rifulgendo di onore e di dubbio
in un casto abbraccio
senza conoscenza e senza violenza
e forse senza la forza del perdono
ma quanto dimenticato
è già pace nel cuore
respirando calmo in uno spazio senza fine
come nei prati di Avalon
bevendo al calice del sangue reale

 

LA CITTA' DOLENTE

Solerte andavo per le strade della città
nei vicoli nascosti
trovavo la vita al limite
e la povera gente
che viveva senza una casa
sola tra tante solitudini
passavano gli angeli della misericordia
e consolavano i senzatetto
con parole fraterne
e un briciolo di psicologia
ma una soluzione per toglierli
da quella condizione
era lontana e un miraggio nel deserto
l'indifferenza cementifica
le pietre dei palazzi
e indurisce i cuori dei cristiani per bene
è la città del male
come Dite città dolente
dove quando scende la notte
arriva il freddo
e il pericolo della violenza
allora la paura fa tremare i polsi
e una tenda o una coperta
non bastano più
abbiamo abbandonato il Cristo piagato
e viviamo nei nostri culti disonesti
lontano dal suo cuore
e dalle membra del suo corpo
la religione è tale
quando una coscienza si scuote
e l'empatia diventa ancora e ancora
l'agire consueto dell'animo
e la perseveranza
una regola per fare vera giustizia
come si può vivere sereni
se qualcun altro patisce
e chiede aiuto
senza ricevere niente
la propria serenità
viene dalla condivisione
dallo stare accanto a coloro che Gesù predilige
coloro in cui si immedesima
non sono scelte ipocrite
ma l'invito di Dio alla coerenza
Gesù vive nell'abbandonato
nel fanciullo umiliato
e negli ammalati dimenticati
nei vecchi disprezzati
nel senzatetto che soffre il freddo
ecco dove trovare Gesù solo e affranto
se veramente lo amiamo
sono le croci portate controvoglia
che fanno rassomigliare a Gesù
uomo come noi negli uomini
confitti alle proprie croci
Gesù solo per vivere una particella
della sua dolorosa passione
Gesù nella città del male
nella Dite priva di scrupoli e pietà
oppresso dall'ingiustizia e in tanti volti
quei volti come il nostro
guardati dagli angeli come l'Agnello di Dio
non sugli altari di tronfi privilegiati
ma ai margini della strada
come ostie immolate nell'immondizia
che attendono un atto di fede
uno sguardo contemplativo
più profondo dell'apparenza in superficie
perché soltanto chi condivide
è capace di amare
perché conosce ed è capace di compassione
Dio ha davvero pochi amici ma buoni
ma quei pochi lo sanno sempre riconoscere
e non passano oltre ma gli vanno dietro
come se la loro vita non fosse
l'unica a valere
si fermano
e condividono con il Cristo i suoi tormenti
da cui scaturì la vita
la nostra vita che ci è stata data
per le vite altrui

 

UN'ORA FRAGILE

Attendo anche oggi la pioggia
che pregando non arriva
e colmo di quella calma piatta
come per la superficie delle acque
getto lo sguardo dentro l'oscurità greve
dentro di me sopita e attraente
quando guardare non costa fatica
e la seducente illusione
riempie la mente di immagini
e allucinazioni gradevoli
forse l'unico modo per provare diletto
fuori dalla consuetudine quotidiana
che porta presto alla fuga
e rende meno leggero
il trascorrere del tempo futile
sognando quella fonte di acqua pura
non mi accorgo del marciume
che mi circonda
in tanti stolti egoismi
che travalicano dalle contraddizioni
e dal convincermi che tutto sia
una parte di quello che abbiamo già
nei sogni o negli incubi
siano essi peggiori di una realtà amara
quei sensi indolenti nel riposo
di una domenica pomeriggio
e la mattina l'alzarsi
prima che il sacrificio precorra la risurrezione
quelle note di un organo che suona
e la polvere dalle coscienze
ipocritamente scossa
vede la luce solare nel plenilunio
un lato oscuro dove si rifugiano i vagabondi
coloro che nella vita non trovarono altro
che poche monete
alle porte di una cattedrale gotica
in cui si celebrano i misteri
che accolti da incerti e vani pensieri superstiziosi
nel senno di persone incredule
fuorvianti miti oltre i cancelli dell'ignoto
laggiù solitario e silenzioso
il Cristo che insegna con la sua croce
perché la mia croce è l'unica via alla salvezza
come quei chiodi innumerevoli altri
nei luoghi dolenti più lontani
nell'ora del supplizio
una porta stretta che tutti attraversiamo
è la sentenza del tempo
dove sulla bilancia della giustizia
si pesano i cuori
con la misura dell'amore
sempre in quella terra amara
e valle di lacrime
che è il mondo in cui i disonesti
pretendono per sé la felicità
e i giusti muoiono
invocando la Madre con la preghiera dell'Ave
e piangendo per gli altri

 

IL GIORNO DI NEVE

La neve scende dalle nubi plumbee
morbida dai cristalli taglienti
lenta come le movenze del gatto
è fredda come il sorriso degli assassini
è bianca come l'abito della Madonna
il vento non soffia
e cade senza disordine
è la neve soffocata dalla malizia
su un mondo che la discioglie
ancor prima che tocchi il suolo
come i sogni dei bimbi in guerra
al confine degli stati
nel mare d'inverno
aspettando la neve di un giorno che non verrà
quel giorno la neve sarà secca
come la volontà di cadere
degli uomini che abbandonarono
la via della compassione
per volgere le loro menti traviate
al piacere disonesto e al lutto
dove l'igiene mentale
lascia spazio alle immagini
apparenza e costrutti di un orco
che con turpe desiderio guarda il candore
nel fitto della foresta nera
ecco lupi bianchi come la neve che mangiano
la carne tenera dei caprioli
e lassù nell'artico
a nord dei mari ghiacciati
la neve di altre ere
nel perenne contrasto
tra la terra e il cielo
dove l'aria è attraversata dall'odio
e gelida riarde la gola


L'ALBERO DELLA VITA

C'è un suolo intriso dal sangue prezioso
termine di conflitto fra l'inconoscibile e il vuoto
forse la strada verso nuove dicotomie
ed ecco il librarsi nel vento
la luce fulgida della stella del mattino
lassù come nel mio cuore decrepito
oramai stanco di vessazioni e accuse
vago nell'oscurità di un bosco dimenticato
e trovo la vita come stormo di corvi
il loro verso prelude al fantastico
mentre la realtà declina in un antro nero
è la cosmogonia antica fatta di divinità violente
sull'albero della vita grappoli di frutti prelibati
sono dolci al palato ma al cuore amari
li coglie la mano di una vergine
che ha dato la propria fedele consacrazione
alla legge eterna che ordina sia nella vita che nella morte
trovando tra gli opposti l'equilibrio
una bilancia su cui pesare le anime grette
e mandarle nel tetro senza amore
ma non è qualcuno che rigetta il perdono
da ebbre in tale stato non vogliono uscirne
è la loro beatificante negazione
del vero e del bello e del buono che marciscono
quando i giusti oppressi
sono liberati dai falsi miti delle religioni
per trovare pace nella nobile arte della compassione
assieme per essere trovati senza macchia
un cuore solitario si fonde con l'altro nell'univocità
quando comprende che cercare
è tendere la mano ai deboli
è soccorrere quanto l'interessarsi
è uscire da sé stessi per accogliere
niente di più umano dello sguardo d'amore
niente che affratelli di più
del tocco di un'anima arresa alla pietà
e ancora fantasmi nel mondo
che vogliono parlarci del futuro
uno scenario desolante
dove senza il rimorso e l'abbraccio fraterno
tutto è destinato a corrompersi
la vita trova senso
nel sentire che non siamo soli
ma che le creature innumerevoli che ci passano accanto
sono parte di noi e il nostro stesso destino

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