Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 14 agosto 2023

Silloge poetica n°032


PIETÀ

Quando cercai di arrivare
alla fine della mia storia
ecco presentarsi
all'occhio della mente pietrificata
il motivo per cui l'aria
bruciava di rancore fetido
come radicato da certezze
che si rivelano col tempo sempre più fallaci
è il gemito di un prigioniero
che mi riesce di conoscere
le catene della mia amara schiavitù
quando il mio cuore pesante cento chili
abbandonò l'odio covato per anni
l'angelo della clemenza
mi donò la pace di chi desiste
e io mi arresi
alle lacrime che lavarono il buio
quel buio nascosto
che mi faceva stare male con me stesso
e il perdono lo diedi innanzitutto al mio spettro
che si tramutò in risuscitato alla vita
perché volevo farmi beneficare
quindi scorgere nel peccato il peccatore
accorgermi della persona
anche se celata sotto tutto quel marciume
una porta stretta e difficile
ma praticabile
quella del cambiamento
una porta aurea se ben compresa
quella del perdono evangelico senza misura
che libera un prigioniero
sono proprio io
la mortificazione libera l'amore
che vede in chiunque
il proprio fratello dolente e la propria sorella spaurita
carne della mia carne
sangue del mio sangue
un cuore che batte come nel mio petto
finalmente esco dallo stolto egoismo
per conoscere quel qualcuno
la sua fragilità e i suoi errori
le sue lacrime ancor prima che si deturpasse
e in quel mondo infranto
vedo la persona
e la nemesi della sua anima
nella luce della grazia
prospettiva questa dentro di essa
di una pietas veridica e una giusta commiserazione
quella fiducia di Colui che soltanto
ci conosce nel profondo
che nel segreto giudica ad ogni istante
e concede a coloro che con sincerità lo amano
la medesima visione
tesoreggiando l'empatia che ci fa vedere
l'invisibile contenuto dell'interiorità
il tocco umano
di queste mie mani


CREAZIONE

La tempesta lassù domina gli eventi
i sogni degli uomini nascono da folgori incontaminate
e il rumore dell'immaginazione
si diffonde nell'etere dal luminare dei tuoni
quest'acqua che cade impressiona i tranquilli
e dirige le sorgenti verso i mari vasti
nel suo percorso chiude la bocca agli orgogliosi
che con il loro pretestuoso sapere
fanno deviare dalla verità superna i semplici
e l'eremo dei monaci studiosi
apre i suoi libri antichi al pozzo della conoscenza
da quel profondo sale a noi l'ignoto
che rifulge di intelligenza e di ragione nelle menti
non c'è motivo per avere paura
perché la sicurezza sta' nel fidarsi degli angeli nascosti
nei mondi lontani la bellezza del demiurgo
quaggiù sulla terra se casta quanto lacrimante
gli orizzonti delle stagioni
e le creature fantasiose
la cognizione di coloro che seppero oltre il negazionismo
il recondito significato della vita
e il suo valore alla luce della carità dei santi


TENEBRA

Nel giardino degli alberi pensosi
abita il fallace tessitore delle storie lugubri
vive di vuoto nel caos
e di quelle oscure presenze
mentre i suoi devoti
alimentano l'odio con propositi omicidi
quell'antro è la misura dell'ego
la stella morente che collassa su sé stessa
fuori da quelle pareti a strapiombo
tanto imbrattate di confabulante cattiveria
le voci dei malati di oscenità
riecheggiano di livore vendicativo
e cade l'uomo tra le spire del serpente
che avvolge il cuore
e lo miete di orrore cupido
senza la sua anima
la persona diventa una marionetta
il diavolo la usa e poi la getta nella fornace
queste marionette prive di ragione
vivono come i vermi
che mangiano il frutto marcio
poi cadono nel terreno
e spunta la radice inferina
l'iniquità s'alza vanitosa come lo stelo
mentre il letame
fa crescere rigogliosi i vizi
e il fiore del male
secca alla luce della bellezza diurna


MORTE

La morte è come un sonno
si sogna come persone in stato di veglia
perennemente coscienti
sembra che le immagini oniriche
siano attorno a quell'involucro che ci racchiudeva
come se il corpo
perduto nell'ultimo dei respiri sopiti
fosse ancora un possedimento
è cambiata la sequenza del tempo
si è estremamente dilatato
e quel luogo che era il mondo naturale
è diventato il sentirsi qui ed ora
lo stare ovunque e al contempo ma fuori da tutto
pensavo alla notte eterna
a un buio fitto come l'eclissi
pensavo scomparissi nel nulla
dissolto come la carne e il sangue
nelle sostanze infinitesimali
nella vastità della materia inanimata
di cui sono fatte anche le stelle
incandescenti con quella luce bellissima
ma ci sono
e non credevo il perché
significasse qualcuno che mi pensa
da sempre
in quell'attimo imperituro
nell'eternità dei più profondi misteri
in un amore tanto grande
e così recondito


STRANIERO

C'è questo mare imperioso
che separa il mito pagano dalla realtà evangelica,
attraverso i suoi flutti naviga la speranza
e il desiderio di una vita nuova,
lasciammo la nostra patria perché
in quel mare talvolta calmo talvolta tanto cattivo
ed emblema della taciturnità,
risiede quel pericolo che costa un prezzo minore.
Quasi la libertà entrerà
nelle vite tanto tribolate dei viandanti nelle tratte,
migrare è insito nella natura umana
e tutta la terra si riempì di lingue e culture diverse
grazie a Babele che disperse le molte genti
portando il loro dolore dappertutto,
quel muro sordo di incomunicabilità
e il grido disperato dell'espropriato apolide
ovunque nel mondo,
l'abbandono celere della propria casa e della famiglia,
di una terra oramai lontana
arsa dalle carestie, dalle guerre e dalla diseguaglianza.
Ho visto partire da così lontano
madri con nel grembo i nascituri verso un orizzonte pio,
e in quel mare divenuto sepolcro
i loro corpi esanimi scendere nelle acque abissali e fredde,
non c'è pietà nel nostro tanto scellerato mondo del benessere
dove l'idolo del denaro o la moneta di Caronte
vale di più della vita di un fanciullo nero
o del nitore e avvolgente amore di una madre.
Ghirlande di fiori bianchi per ricordare tanto patire
ma nella memoria ogni speranza è sradicata,
ogni lecita speranza è nelle mani di gente ostile
che nello straniero vedono una minaccia,
ma non si può fermare il migrare delle genti
perché in verità tutto cambia
e la vita troppo preziosa non ha prezzo,
neanche il prezzo di una traversata
quando il mare procelloso è il mostro che inghiotte corpi,
che famelico divora anche la fatica e le lacrime,
il dovere indisponibile di leggi antiche
di coloro che soccorrono restando ancora umani.


GUERRA

La guerra è il ritorno dello zero così tanto vile,
è dentro di noi e guarda al nostro cuore pavido
per ghermire la virtù della conciliazione,
sembra che la gente di buona indole sia in attesa
e ami la pace, la collaborazione, l'amicizia,
ma poi la cecità del demone
conduce all'odio, alla violenza e alla vendetta.
Non c'è rancore nella mano di chi lavora,
per il suo pane e per il trionfo della civiltà matura
che non conobbe la fiamma dell'ira,
quella degradazione della distruzione oltre misura,
la gente vuole davvero la pace ma il potente ha sete di sangue
ed è il sangue del fratello e della sorella in umanità,
che non hanno colpa a parte la patria e l'appartenenza,
di quale popolo la generazione che siamo,
manovrano i pochi con ferocia belluina
e con malizia vogliono indottrinarci alla cultura del nemico,
nascondono i crimini con astuta impostura.
È facile amare, è più saggio, più proficuo,
ma l'angoscia del futuro ci rende l'animo cattivo,
quanto debole è la pace
quando la legge del più forte domina le menti
e la lama dell'iniquità trafigge il diritto,
quanto sciocco riconciliarsi
dove il perdono è perdere il privilegio
e il sopruso diventa legge di arma senza discriminazione.
Le guerre tolgono il sonno ai poveri
ma fanno dormire sicuri nell'avidità i signori delle nazioni,
quel fanciullo non si ridesterà alla luce diurna
e il suo riposo è lassù nei prati del mondo celeste,
il suo peso lo porta il Cristo sulla via dolorosa,
fuori dalle mura di Gerusalemme
che come lacrime gronda il sangue degli indifesi
e attende l'angelo della giustizia.

Nessun commento:

Posta un commento