Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

venerdì 13 settembre 2013

La venerazione al Crocifisso è virtù salvifica

Propongo ai lettori una breve storia del Crocifisso, il simbolo autentico della fede cristiana che ciascun battezzato dovrebbe portare sul petto con coraggio.

La Croce paleocristiana

Il segreto della Croce nel simbolo del pesce.

Percorso in nove punti.

1° Nei primi secoli del Cristianesimo non si "scorge" il segno della croce. La ragione del mistero è legata alla persecuzione dei primi Cristiani: occorreva camuffare con simboli misteriosi e incomprensibili l'appartenenza a quella religione.

2° Il simbolo maggiormente utilizzato fu il pesce-delfino: segno di riconoscimento di Cristo ed emblema cristologico per eccellenza. Pertanto, nel simbolo del pesce doveva celarsi il segreto della croce. Tuttavia, i teologi non sono riusciti a cavare un ragno dal buco: non è stato individuato l'emblema della croce nella figura del pesce.

3° Se per un attimo pensassimo che nel pesce non c'era alcuna attinenza con la crocifissione, ciò significherebbe che i primi cristiani giudicavano irrilevante l'atto più rilevante del Cristianesimo. Francamente, ci sembra un'ipotesi infondata. Dunque, proviamo a ricercare quel nesso occulto tra la figura del pesce-delfino e il simbolo della crocifissione.

4° Scartiamo innanzitutto il parallelismo tra parole e figure: l'acronimo greco ICQUC "Gesù Cristo di Dio Figlio Salvatore" è solo una forzatura che trasmigra dal disegno romano alle parole greche. Per di più, quelle parole non indicano la croce né l'episodio della crocifissione. Per gli stessi motivi vanno scartate quelle acrobazie esegetiche che si arrampicano sugli specchi per i significati eucaristici del pesce.

5° Seguiamo invece la strada più semplice per giungere al verosimile. L'elemento essenziale del simbolo-pesce è nel perimetro che costituisce l'essenza del segno catacombale. E nella sagoma della linea esterna è nascosta probabilmente la chiave del mistero.

6° Prima, però, occorre compiere un piccolo passo indietro sul tema della croce. Al tempo dei Romani erano in uso diverse forme di croci: 1) Il patibolo (crux simplex) 2) La croce a X  (del martirio di sant'Andrea) 3) La croce a T  (crux commissa) 4) La croce detta greca (con 4 bracci uguali). Non esisteva ancora la croce divenuta poi simbolo del Cristianesimo.

7° Esaminiamo brevemente la crux simplex: la più antica. Presso gli Assiri la crux simplex era adoperata come forca. Presso i Romani il palo era utilizzato come patibolo per legare il condannato. La crux simplex aveva una forma semplice, un tronco acuminato piantato sul terreno e sul quale venivano legate le mani e i piedi del condannato. Nella Legge di Dio c'era la lapidazione, mentre nella legge dei Romani la crocifissione. Cristo fu assassinato dai romani e non dagli ebrei, motivo per cui occorre risalire alla prassi dell'impero romano raffigurata nei dipinti dell'epoca per identificare il vero "palo" della crocifissione. Quando nell'Antico Testamento si parla di croce - dice Marucchi - si tratta di questa semplice croce "crux simplex" [Dictionn. de la Bibl.]. Il patibolo, strumento di supplizio, era chiamato in latino stipes, lignum o anche arbor – che invece San Girolamo (Bibbia del 405) tradurrà più volte per "cruce" = "croce". E da allora così è rimasto. Nella pagina dal palo alla croce si può notare una correzione della CEI sulla parola "cruce" nella Bibbia di San Girolamo. In ogni caso, ci sono anche altri riscontri testuali. Ad esempio, il Breviario Romano - nel riportare il martirio di san Marco e san Marcelliano (286 d.C.) - recita: "Ad stipitem alligati sunt, pedibus clavis confixis".  Significa che i fratelli Marco e Marcelliano furono legati ad un tronco e trafitti nei piedi con acuti chiodi. Infatti Seneca chiama il tronco "acuta crux". Quindi, in un'epoca successiva alla crocifissione di Cristo (Diocleziano), era normalmente in uso il palo presso i Romani. Lo stesso discorso vale per San Sebastiano, anch'egli martire sulla crux simplex. Inoltre, nel testo biblico c'è una particolarità descrittiva che converge con la tesi del palo, risalente a prima di Cristo.

8° Proviamo adesso a rappresentare l'immagine della crocifissione sulla crux simplex confrontandola con i lineamenti del pesce-delfino delle catacombe. Il pesce ha mimetizzato il patibulum con una decodificazione simbolica. Il delfino era raffigurato in posizione orizzontale (tranne qualche sparuto caso), cosicché «l'eloquente» pesce era incomprensibile e silente, tanto necessario nelle persecuzioni. Per di più, in greco, il vocabolo pesce (Icthûs) permette di comporre un singolare acrostico, ossia: "Gesù Cristo figlio di Dio, Salvatore". La scelta del delfino, tra l'altro, ben si concilia con la pinna caudale spalancata sui due lobi che allude ai piedi divaricati dell'impalato. E per comprendere che nelle esecuzioni i piedi erano disposti ad angolo e non accavallati è sufficiente osservare la surrettizia evoluzione dei chiodi nel crocifisso cristiano. 

9° Il segreto della metafora del pesce, in quanto trasmesso oralmente, si è poi dissipato nel passaggio generazionale allorquando si è chiusa la fase della clandestinità. E nessuno ha più avuto bisogno di quel simbolo catacombale ormai trapassato e seppellito. Successivamente, i testi biblici hanno fatto da battistrada alle nuove icone plasmate sulla parola "croce" [con la Bibbia di San Girolamo], che hanno dato vita a molteplici anagrammi e acrostici eterogenei e discordanti tra loro, sia pur con la prevalenza della croce a X. Qualche secolo dopo [inizio IV d.C.], dopo l'editto di Costantino, si passò dalle catacombe alle chiese. In questo trapasso è stata concepita un'immagine più artistica per esaltare la "gloriosa croce": il simbolo a T per poi giungere alla croce latina. Nell'arco di questa transizione c'è stato il passaggio dal pesce catacombale alla fiction della croce attuale.

L’evoluzione della Croce a T

Nell'estetica e nel contenuto dal IV secolo al 1420 (Brunelleschi).

LA SAGOMA DELLA CROCE Dopo l'editto di Costantino (313 d.C.) si passò dalle catacombe alle chiese, una transizione che ha cambiato radicalmente il simbolo della croce. L'immagine della crux simplex - essendo rozza - non si accordava con un discorso artistico. Il pesce, con l'essenza figurata della croce, apparteneva a un simbolismo semplice della clandestinità. Ragion per cui, superata la fase della persecuzione, si è aperta la fase della raffigurazione artistica per la "glorificazione della forca". L'arte cristiana si è impossessata della croce a T con i primi dipinti del IV secolo. Tuttavia, successivamente l'ha arricchita sino a giungere all'attuale simbolo con il vettore verticale che si allunga sopra la trave orizzontale.

I CHIODI Premessa essenziale. Secondo i quattro Vangeli non c'è stata una crocifissione "privilegiata" per Cristo e una crocifissione "comune" per i ladroni. Cioè, Cristo è stato crocifisso come gli altri condannati: sullo stesso tipo di croce e nell'identico modo. Vero è che in qualche dipinto medievale Cristo appare legato con le corde. Ma già prima i chiodi avevano preso il sopravvento. Nelle prime due figure Gesù appare crocifisso mediante chiodi; i due ladroni invece sono legati con corde. I ladroni evidenziano il gradino iconografico precedente, le tracce della metamorfosi del Crocifisso. In un caso o nell'altro, i venerandi artisti hanno mentito. I chiodi comparvero per la prima volta sulle mani, mentre i piedi restarono liberi o annodati con una corda. In seguito, ciascun piede fu trapassato da un chiodo. In totale quattro chiodi (come nella croce della Chiesa Ortodossa). Infine, con la scuola di Margaritone e Cimabue, si passò a un solo chiodo sui due piedi accavallati. Così da giungere a tre chiodi complessivi, in ossequio al significato allegorico e esoterico del numero 3.

IL POGGIAPIEDI [suppedaneo] La croce, oltre ad essere uno strumento di tortura, aveva funzione "deterrente" per scoraggiare le rivolte (Spartacus 71 a.C.) e l'inosservanza delle leggi. In quell'ottica era del tutto illogico far riposare "comodamente" i piedi del condannato-torturato. Anche qui è utile comunque osservare la differenza tra Cristo e i due ladroni. Si riscontri la differenza tra i chiodi e le corde sui piedi dei tre condannati.

VOLTO ADDOLORATO E TESTA RECLINATA Nei primi dipinti troviamo un Cristo dal volto gioioso, occhi aperti e con il capo ritto. Quel volto esprimeva il concetto di redenzione nella beata sofferenza: il sublime appagamento per un'uccisione attesa che doveva compiersi. In verità il presagio beatificante è un falso, tant'è vero che Cristo prima di morire gridò al Padre "perché mi hai abbandonato?".

LA CORONA DI SPINE In nessun condannato è presente un anello spinato. Anzi, per lungo tempo sul capo di Cristo troviamo un'aureola, mentre solo più tardi comparirà la corona di dolenze. Il tutto per aggiungere maggior "dolore teologico". D'altro canto, i due temi (volto-gioioso/aureola e volto-addolorato/spine) sono intrecciati in una concezione diametralmente opposta. Entrambi, comunque, hanno una stessa finalità di fiction. Dal Messia sereno si è passato al Messia delle sofferenze mediante il trapianto di una corona di spine che ha aggiunto maggior evidenza ai triboli dell'espiazione, così da accrescerne la carica emotiva.

LA SIGLA JNRI Oltre ai dipinti possiamo avvalerci dei testi evangelici: Matteo 27,37 «Questi è il re dei Giudei»; Marco 15,26 «Il re dei Giudei»; Giovanni 19,19 «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei»; Giovanni 19,21 «Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei».

IL TITULUS CRUCIS: PERCHÉ LE PAROLE SONO STATE PUNTEGGIATE? A)  Il testo biblico depennato. Nel testo c'era la motivazione della condanna, così come prescritta dal diritto romano. L'iscrizione era in tre lingue: Greco, Latino ed Ebraico. (Luca 23,38) Così è scritto nella Vulgata, ma la Bibbia CEI ha cancellato queste parole. Perché? B)  Ragioni di contenuto. Il "Re di un popolo o di una nazione" è infinitamente lontano e immensamente discordante dal concetto di un Dio universale. Quel riferimento patriottico sconfessa il ruolo e l'essenza "dell'entità Assoluta" sovranazionale e soprannaturale. Qualcuno ha osservato che punteggiando la frase (JNRI) non viene richiamata alla memoria l'enunciazione, così che evitando di pronunciarla si evita di riflettere sull'incongruenza evocativa. Chiaramente, alla bisogna, sono state scelte le parole di Giovanni, giacché quelle di Matteo e di Marco sono ancor meno pregevoli.

L'ALTEZZA DELLA CROCE Le croci, secondo l'uso romano del tempo, non erano alte. Il condannato, tutt'al più, rimaneva coi piedi un palmo al di sopra del terreno. L'altezza della testa di Cristo si può desumere anche dalla canna di issopo sulla quale era stata infissa una spugna per inumidire le labbra di Gesù. L'issopo è infatti una pianta piuttosto bassa e la canna può misurare appena un piede [30 centimetri]. Cosicché la testa di Gesù era all'altezza di un uomo con un braccio elevato più una parte della lunghezza della canna: in tutto 220 - 230 cm circa: bassissima.

RICOPERTO I condannati, tra le varie crudeltà, subivano anche lo svestimento. Ma del Cristo ignudo non desideriamo parlare. Anzi, per deontologia, ci piace considerare "artisticamente corretta" l'alterazione dell'immagine. Da un discorso di un teologo agli artisti sull'idealismo della Croce: il problema plastico del Crocifisso. «Il primo fine dell'arte sacra deve essere l'espressione della nostra adorazione a Dio (…) sorpassando e trasfigurando la materia, anche oltre le sue leggi. L'arte sacra ha un secondo fine "ermeneutico", cioè deve essere la forma ausiliaria dell'eloquenza sacra: i pittori fanno per la religione coi loro quadri quanto gli oratori con i loro discorsi....»  Op. sopra cit. pagg. 50 e 51.

Nota

La trasfigurazione della Croce, pur falsificando il simbolo della venerazione, ha un valore del tutto marginale nell'ambito della dottrina divina. È una questione puramente profana; alla stregua della polemica sui preti-atei. Pur tuttavia, è la riprova che il vizio o la necessità della manipolazione sono presenti in molti passaggi della teologia biblica; finanche per quanto attiene al segno della Croce. Comunque per il credente è necessario sapere che Gesù si è sacrificato veramente su una Croce di legno costituita da un palo verticale e un patibolo orizzontale, come è scritto nei Vangeli storici e ha sofferto la sua Passione per amore di ciascuno di noi, per redimerci dal peccato e dalla morte.

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