L’astuto Raineth era un demone minore, uno di quelli delle legioni e delle moltitudini, aveva
poco potere e poca influenza sui capi e i principi e sui loro affari; Lucifero lo chiamò al suo
trono scellerato per affidargli un incarico, qualcosa che lo facesse
distinguere dalle bestie da soma con le corna e la coda e dalle ali
spelacchiate, molto spesso incaricate delle medesime e consuete tentazioni
sulle marmotte, le creature umane inclini ai vizi e all’egoismo. Lucifero
affidò questo incarico a Raineth, tentare di superbia un semplice contadino che
lavorava la terra e fargli uccidere per invidia un pastore di greggi da tempo
suo amico e affettuoso confidente nelle serate conviviali del paese. Il piccolo
diavolo andò subito a fare visita al contadino e mostrò alla sua mente la dura
vita laboriosa che da sempre trascinava con sé, alla vista di tanta fatica e di
così magro guadagno si sentì umiliato e sciocco e così sentendo digrignò i suoi
denti dalla rabbia. Gli venne in mente l’amico e il suo gregge, che a detta di
tutta la gente del paese procurava al buon uomo un certo profitto, tanto da
avergli permesso di comprare un carro con due cavalli e un fucile per la caccia
alla selvaggina, la cercava nei boschi quando veniva la stagione e la carne
delle lepri sulla brace era davvero saporita per lui e la famigliola. Raineth
aveva inoculato nel cuore del contadino il veleno della superbia e infine
quello dell’invidia, un gioco da
novellini pensò lui tutto soddisfatto, mancava soltanto la grave colpa per
conquistarlo alla causa dell’inferno. Il contadino si svegliò preda degli
incubi nel buio della notte e pensò ancora al pastore, quello che provava dopo
settimane di gestazione era veramente un odio velenoso, un odio veemente che
nascondeva ai suoi cari ma che talvolta trapelava dallo sguardo quando il
pensiero si faceva lugubre e ossessivo, aveva persino cominciato a bestemmiare
sottovoce. Si stava consumando dentro dove il diavolo tentatore aveva preso a
dimorare, il diavolo si nutriva di lui. Ed ecco l’ennesima notte con i soliti
incubi e non facendocela più si vestì, corse alla porta e uscì dalla sua casa
incamminandosi per le viuzze del paese. Stava recandosi dal pastore, nemmeno
riusciva a capire il perché, aveva perso la capacità di razionalizzare. Dietro
quella curva c’era la casa di colui che per settimane aveva odiato con tanta
veemenza e senza una vera spiegazione, ma tutto a un tratto si fermò e
voltatosi a sinistra vide una pittura rappresentante la Madonna nell’atto di
benedire, con un cero votivo per terra alla colonna, un cero acceso che emanava
una luce tenue e bianca. Guardò l’immagine e rientrò in sé stesso domandandosi
cosa stesse per fare, anzi perché era uscito a quell’ora tarda della notte.
Disse semplicemente queste parole: “O Madre buona, perdonami…”, e ritornò a
casa sua con la mente calma, si rimise a letto e si riaddormentò. Il giorno
seguente incontrò il pastore nelle campagne attorno al paese, il grano era
maturo e il cielo sereno. Gli strinse la mano e gli disse: “Sono contento per la tua fortuna, per il tuo
lavoro, a me senz’altro andrà meglio il prossimo anno”. “Pregherò per te”, gli disse sorridendo il
pastore e lo abbracciò fraternamente. Quando Raineth, oramai cacciato dal
contadino, il quale fu liberato dalla sua invocazione alla Vergine, vide la scena
montò su tutte le furie e bestemmiò Colei che aveva riconciliato i due amici,
semplicemente con il suo sguardo materno, e la sua preghiera al Signore. Al suo
ritorno dalla terra, di nuovo all’inferno, il demone pusillanime Raineth
ricevette da Lucifero una dura punizione, cosa che faceva al suo solito con gli
inadempienti, perché i demoni sono vendicativi e non accettano la sconfitta o
il fallimento di un’impresa. Il diavolo compie la sua azione nefasta instancabilmente,
sono invece così diverse le ispirazioni che vengono da Dio, dal suo amore: è impossibile
fare confusione, è proprio vero che si distingue con facilità quel che è bene
da quel che è male.
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