Dentro
quell’abisso vedevo me stesso e nello specchio dell’anima il mondo delle
relazioni, tutto quello che è passato da me come materia percettiva, il mio
interagire con la realtà e la mitologia interiore; senza considerare il
passaggio da uno stato all’altro della coscienza c’è solamente il vuoto, un
oscuro labirinto dove le persone sono fantasmi che cercano la direzione giusta
e senza quella bussola che venne prima della mia nascita e mi attende dopo la
morte, tutto quel procedere a casaccio e i tentativi di uscirne sono la
metafora dell’istinto e del desiderio. Trovavo curioso faticare per contendere
l’egoismo con i miei simili che dell’egoismo hanno fatto il loro idolo implacabile
e la divinità delle tenebre divenne un varco verso la luce di nuovi orizzonti,
anelavo allo splendore di un oceano scarlatto fuori dal vetusto interesse per l’appagamento
delle fami del corpo, sempre nel discernere il bene dal male facevo male il
bene e bene il male, ma non era confusione, era la mia volontà che deviava l’assoluto
al relativo e disprezzava il prossimo per ergersi a padrona dell’unico valore
che conta nella vita, l’affermazione del senso di supremazia nella libertà di
una grande favola come il futuro. Questo presente è il tempo della vocazione,
il tempo propizio per suscitare idee senza pregiudizi e accettare la diversità
senza farne una colpa e senza cedere all’odio o al disprezzo, voci rancorose
che si ergono violente sulle alte montagne della fragilità e della
transitorietà, voci che come un canto senza nobiltà e melodia adescano le prime
luci dell’alba ad ogni generazione e rendono vane le aspettative di coloro che
generano la vita e danno figli al mondo. Quando sullo schermo quello spettacolo
teatrale di gente inferma placava l’ingordigia di perversità degli spettatori
assenti e nascosti dietro il sipario della loro falsa vita, ingannando il
prossimo e facendosi benefattori nonostante il rimanere dei lupi rapaci che
divorano le carni di quelli a cui vogliono togliere il dovuto che è l’interesse
che soddisfa l’attaccamento alla terra, madre di un incerto procedere nel vuoto
dei valori cristiani, nella morte della civiltà cristiana e l’amore per il
prossimo che si manifesta con l’operosa compassione e il rinnegamento dell’indifferenza,
amore che lentamente muore con l’avvento del nemico della nostra salvezza,
sempre all’ombra dell’albero della conoscenza del bene e del male e fuori da
quel giardino la perdita dell’albero della vita, i cui frutti sono le sante
virtù che come gemme preziose incastonate nell’oro puro abbellivano il tempio
della risurrezione. Sempre si scrissero libri su molti miti, sogni e fantasie
che racchiudevano la speranza di tornare all’innocenza perduta quando la prova decisiva
e difficile tolse alle persone la visione beatifica e le rinchiuse in un mondo
privo di senso dove nella carne dell’anima rimanevano gli archetipi che nella
storia riaffiorano per scandalizzare le menti e convincerle di avere perduto
la felicità; ad ogni guerra e ad ogni disordine ecco la volontà benigna di
ricercare la riconciliazione e la pace che vennero soltanto con quella Croce che
tolse agli inferi la preda e restituì le anime all’amore senza misura del loro
Creatore, senza un riscatto così sublime saremmo rimasti tutti prigionieri
delle tenebre ed eredi del vuoto, arsi in ogni fibra dell’essere dal fuoco
eterno della Geenna, ma quel giorno volle che la porta del Paradiso si
spalancasse e gli antichi sospiri di liberazione si concretizzassero, nella
mitologia della redenzione che spiega come l’umanità decaduta trovi rifugio
nelle piaghe misericordiose del nazareno e il suo sangue prezioso come linfa è
lavacro delle colpe, la via verso la piena realizzazione dei nostri progetti di
vita scritti dagli angeli nei libri del destino, quando un giorno dalla polvere
delle nostre tombe e dalle nostre ceneri ci alzeremo per una nuova vita, senza
lacrime e senza dolore, quando la morte morirà e dove era il nulla saranno le
anime, permeate dalla luce di un Sole immarcescente, la luce della Carità perfetta
senza tramonto.
✠ Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
sancta Dei Génetrix;
nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.
venerdì 4 giugno 2021
Le sembianze dell'inspiegabile
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