Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 5 giugno 2023

Silloge poetica n°082


ANNOSO

Era tetra quella città
colma di vanità
lontana dallo sguardo accusatore
in essa vivevano anziani
era la città malvagia della morte bianca
ciò che si dimostra inutile
va tolto di mezzo
chi non è autosufficiente e un peso sociale
va violentato con la perizia dello sbirro
una città loquace tempo addietro
quando i bambini contenti cantavano filastrocche
per la morte che inseguiva i derelitti
e il caso che è la guida cieca del destino
mandava in frantumi i vasi di creta di corpi decrepiti
ogni azione per l'utopia di curare
era la decisione di un mostro antropofago
cecità di quel mostro è l'egoismo
e si decideva che si doveva necessariamente morire
la compassione malintesa di chi con irrevocabile sentenza
reclude nel braccio della morte chi non fece il male
finché sia compiuta l'ora dell'esecuzione
in questo edificio stretto
con la tenue luminosità oltre i vetri dell'uscio
come l'utero materno che custodì le nostre esistenze
e nella commozione dei ricordi
finisce l'amore che si diede ai propri cari
e incomincia una tremante forse canonica orazione
il Signore mi donò la vita ed è sua
dall'eternità mi ha pensato
un suo progetto
la mia bellezza di persona
unica e irripetibile per tutto il corso della storia
dove tutto in me è ancora presente
in una calligrafia indelebile
il mio valore per Gesù che mi ama
sono in verità prezioso
solamente per lui figlio dell'uomo
il suo fissare lo sguardo con valorosa pietà
e quella porta dell'infinita misericordia
per entrare beato nel suo Cielo
è Gesù il nostro Cielo
nel mio cuore gonfio che presto si confà
alla sua mitezza e alla sua umiltà
come il bel fiore campestre
e infine vegliardo
irrigato dall'acqua piovana della grazia
ecco che nasce una profonda pace


DRAMMA

Certo che è strano ripercorrere il passato
sembra quasi che i giorni si smarrirono ignari
nella damnatio memoriae senza possibilità di riscatto
qui e adesso il lupo fosco che divora tutto
nel crepuscolo degli dèi intriso dalle nebbie di Niflheimr
dove il male fagocita l'apprensione delle vergini per la virtù
e l'ultima parola la esige la rabbia del bestemmiatore
tra le onde della dimenticanza
quel mare procelloso mangia il re pescatore
non più anime ma un faro spento
che nega la direzione e inganna come le sirene
la barca degli eletti naufraga
e la verità si inabissa nella tenebra
quel gioco sinistro di chi scommette sulla vita
è l'ambiguo rimorso del peccatore
non più semi di sapienza
ma la cecità di chi non vede oltre le apparenze
così finisce l'orgia degli epicurei
baratro che inghiotte la concupiscenza
e restituisce la pena ai moribondi
altro era il guadagno
dall'ignorare la frode delle divinità norrene
dove si sollevò questo scrupolo
il grido dei deboli
adesso tinge di porpora l'abiezione
e tutto si estingue con il desiderio dei reprobi
nel ventre osceno del fuoco


PELLEGRINAGGIO

Quando medito nel mio mondo
riesce difficile desiderare altri sogni
troppe chimere si aggirano
nell'interiorità così ben nascosta

Cerco sempre delle risposte
senza conoscere oltrepassando
spesso una domanda implicita
ma le domande sono difficili

Quel vuoto nato dall'assenza
una spina sul capo del Cristo
trafigge e l'amara stilla di sangue
come un rubino tocca lassù

Gemiti di umile solitudine
nella stanza priva di pareti
dove gli angeli mi guardano
e i reietti fuggono via

Ancora passo dopo passo
in quel tragitto che conduce qui
e l'acre calice che bevo
il perché dell'esistenza umana

Non sapevo cosa fosse l'amore
sentendomi amato dall'ignoto
sono più sconosciuto a me stesso
che le rose in quieta primavera

Non vedrò quel sole lieto
sorgere sulle rovine dell'odio
ma domani vivrò una guerra
che porterà libertà agli smarriti

Combattere dentro la buia cecità
con le parole della ragione
condurrà chi amo e non c'è più
alla buona speranza del regno

Non ho un posto nella mia città
è la città del male come Dite velenoso
fuorviante per soteriologica purità
ma la carne si salva dov'è putridume


MISTERO

Sopra quella Croce spoglia
albero secco intriso di sangue che lava le anime
di colore rosseggiante e tanto prezioso
qui la resina vitale dell'antico cedro
le membra nel rigor mortis sono state divelte in fretta
e dal sepolcro lasciato vuoto
la stirpe umana è entrata nella beatitudine
dall'inizio delle età per ogni uomo che nasce e muore
quella Croce è la porta ad una vita nuova
saremo come gli angeli santi in Cielo
tra i figli e le figlie di Dio
la carità che delinea il volto dei risorgenti
un mondo invisibile fuori dall'esperienza sensibile
quando la preghiera muove le azioni
è il Cielo che opera nel mondo
una macchina ostile per dissipare la preghiera
e vanificare la grazia
dove il cuore smette di battere
un corpo del tutto esanime
diventato adesso cosa si mischia agli elementi
dell'aria e della terra
e l'acqua torna lassù nelle nubi e infine nelle sorgenti
il calore lascia il posto al freddo e all'inerte
quelle molecole e quegli atomi
serviranno a costituire altre realtà o anch'esse cambieranno
il nulla non si disperde nel vuoto ma rimane quaggiù
l'anima è veramente morta
se come tralcio di vite viene recisa
e il legno poi secco brucia nel fuoco che non consuma
quei campi sono da mietere oggi
e le anime come buon grano sono da condurre nel granaio
l'amore e la compassione definiscono l'utilità
il cuore puro definisce il valore
cuore esente da malizia il cui egoismo è stato estirpato
la buona radice dei giusti innestata nella Croce
ha portato il suo frutto imperituro
dopo germogli di carità e di sacrificio nel tempo
la sabbia nella clessidra non scorre
è scritto dall'eternità e nella carne il cessare dei battiti
alla sera della vita porteremo oltre
solamente l'amore e chi abbiamo amato
le lacrime della penitenza


UMANITÀ

Sono trascorsi decine di millenni
e si sono dissolte nella terra
miliardi di persone
che sono ancora nostri fratelli e sorelle
guardando alla nuda terra
forse non si ode più
il suono delle voci nell'infinito
e il gemito dei ricordi
giace in un vuoto spaventevole
ma dove vive adesso il tempo insicuro
nella memoria è morto
rimane la carne delle generazioni presenti
e lo spirito dell'indifferenza
forse l'amore ha portato il prossimo a una speranza
quello che trascorre è un'illusione
il progresso coriacea radice estirpata che dissecca
questo mostro di civiltà all'ingrasso
che nuoce a te che sei debole
quasi tu fossi niente o ancora meno di un verme
e innalza gli stolti come i cedri solenni
vive nel mio cuore pulsante
e nel sangue ancora carico di tepore
quel numero sconfinato di generazioni
vivrà nei nostri discendenti
e forse domani
un altro cuore umano
si ergerà tronfio di orgoglio
su tutte le creature
per poi nella sua vanità scomparire divorato


COMPIERSI

Le montagne dalle nevi perenni
cadono nell'oceano
quando la guerra dei pacifici
contro l'ignominia dei potenti che derubano
dei loro affetti più cari
della vita sacrea
del valore di una dignità inascoltata
quegli innocenti che gridano
da quel nulla
ridefiniti come nulla senza un perché
egoismo spietato che non crede alla probità
ma qualcuno abbraccia un fanciullo
e la sua compassione
giunge nelle dimore eterne
bellezza immarcescibile
sensibilità della coscienza
per chi ancora piange con chi versa lacrime
e rialza dalla polvere
l'agnello dianzi al macello
una creatura simile agli angeli
le cui ali leggere
toccano con il loro spirito libero
le avversità e il triste destino
fuggendo dalla legge della mortalità
che con i suoi abiti fuligginosi
prima veste di angoscia
poi scruta i sentimenti della verità
lassù sul Calvario
ebbro di sangue ma esente dai corpi
finalità dell'equo sacrificio
che ogni giorno si compie per amore
incruento e nascosto
un mistico giglio
vittoriosa e invitta potenza
che sorregge come Sole nascente ogni realtà
ma gli occhi della carne
non vedono se non
con il cuore terso del cherubino

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