Nel canone dell’Antico
Testamento l’anima era tutta la persona, cioè la sua vita corporale in questo
mondo, il bene più importante da conservare, la vita nella sua prosecuzione e
incolumità fisica; nel Nuovo Testamento, con l’avvento della Rivelazione di Cristo,
l’anima è la parte della persona più sacra e importante, la sua dimensione
spirituale in relazione al suo Creatore, la persona da redimere in vista della
vita eterna in comunione con Dio nell’al di là. Le anime sono più preziose di
tutto l’universo creato, sono il bene più amato dall’Autore della vita, per la
salvezza di una sola anima Dio si è fatto uomo ed è morto su una Croce, anche
se il suo sacrificio fosse stato compiuto per la redenzione di un’anima
solamente e non per innumerevoli; il concetto di anima collima con il concetto
di persona, quindi anima e persona sono elementi vitali e ontologici
equivalenti, l’anima non è altro che la persona con la sua unicità, distinta da
tutti e da tutto: nel Nuovo Testamento si specifica che le anime sono esenti
dalla possibilità di morire e sono distinte dal corpo, anche se a ciascun anima
appartiene un determinato corpo e soltanto quello; la vera vocazione di
un’anima umana è la comunione con Dio Carità, fuori da questa predestinazione
c’è la morte autentica, la caduta nelle tenebre e nel vuoto. Le anime sono
state create da Dio per Dio, da Lui provengono e a Lui ritornano, questo quando
parliamo della Casa del Padre in relazione al destino dei defunti, cioè di
coloro che nella vita transitoria hanno esercitato la propria funzione e
l’hanno esaurita, in relazione al Signore e al proprio prossimo, ogni persona
infatti non appartiene al caso, ma è innestata in un progetto che il Creatore
ha pensato e prefigurato dall’eternità, un progetto che deve realizzarsi nella
piena adesione alla volontà di Colui che ci ha creati, per il nostro vero bene
ed il bene dei nostri simili: ognuno è libero di non corrispondere al progetto
di Dio sulla sua vita e di scegliere un’altra strada, quindi di opporsi di sua
iniziativa all’amore di Dio per lui o per lei, questo porta il nome tanto
denigrato nei tempi moderni, di peccato. Le anime tendono naturalmente a ciò
che considerano il bene, la loro autentica felicità; quando il cuore è distorto
e la prassi del bene è tradita, un’anima si condanna all’autoesclusione dalla
sua autentica realizzazione, alla sua morte spirituale fuori dal disegno della
prescienza di Dio: l’inferno è l’unico plausibile fallimento per la creatura
umana, quello che il maligno desidera ardentemente nei confronti delle anime.
Molti non credono nell’esistenza dell’anima e dell’al di là, infatti sono delle
verità di Fede indimostrabili sul piano scientifico, ma non su quello della
razionalità: molti pensano che l’anima, comprese le sue facoltà, decada con il
disfacimento del sistema nervoso centrale e con il sopraggiungimento della
morte corporale, ma sono realtà queste da confutare, non soltanto da parte
dell’osservatore esterno, ma da parte soprattutto del partecipatore, cioè del
soggetto in questione, infatti certe esperienze non si possono partecipare agli
altri, ma vanno individualmente vissute per essere pienamente afferrate e
comprese, quindi la loro confutazione rimane alquanto dubbia, forse addirittura
insostenibile. L’anima sono io che afferro me stesso, nella piena
consapevolezza di esistere individualmente, separato dagli altri, cosciente di
essere persona vivente: chi può stabilire quando questo verrà meno? In verità,
nessuno.
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