La condizione della normalità
esiste o è una chimera? Coloro che vengono considerati normali rientrano in
certi canoni, in certe regole, comunemente condivise dalla collettività, quelli
che non rientrano nelle classi precostituite, sono fuori norma, sono gli
estranei, i fuori casta; ma chi fa le regole per dichiarare una persona
normale? Le regole sono fatte e trasmesse da coloro che influenzano la massa,
fissate nella mente in modo tale da esercitare un potere di esclusione,
condivise dalla debolezza dei singoli nella massa. Il branco di appartenenza è
sicurezza, è forza, è sopravvivenza, mentre gli altri sono quelli estranei,
quelli di fuori, gli anormali; la realtà è che la normalità è soltanto un
criterio formale di valutazione, mentre le diversità sono l’autentica
molteplicità della realtà, vista da una prospettiva consona e propria; l’essere
normale è per il singolo un criterio preconcetto di esclusione, per il branco è
un criterio di esclusione massificato, quindi escludere ed emarginare sono
l’azione vincente per affermare la cosiddetta normalità di condizione. Gli
anormali sono i diversi e la forza con cui li si allontana da sé è il
pregiudizio, un pregiudizio in cui sono inclusi egoismo e violenza, un
pregiudizio fatto di comportamento chiuso ed autarchico, sempre nel contesto
dei gruppi e della massa; tutti sono anormali perché ognuno è diverso dagli
altri e possiede delle caratteristiche proprie e uniche, in quanto persona, ma
chi cerca protezione, rifugio e sicurezza nella massa tende a stare alle norme
di quella casta e ad escludere, perché si sente debole ed esposto fuori dal
contesto del branco, del gruppo sociale formalizzato e rientrante in
determinati schemi. Bisogna avere il coraggio dell’individualità e affermarla
con decisione nonostante le risposte negative da parte degli altri, che si sono
adeguati a dei paradigmi sociali e vivono nell’illusorietà che l’egoismo
focalizzato nell’appartenenza, sia segno di libertà e affermazione: il coraggio
di essere individui esprime al meglio la propria personalità e la propone agli
altri con buon senso e misura, con rispetto e mitezza; chi accetta la diversità
dà una forte dimostrazione di maturità psicologica e si rende autentico amico
dell’umanità altrui. Normalità e anormalità sono soltanto formalità preconcette,
non esistono né normalità né anormalità, ma esiste la persona umana, con la sua
originalità, con i suoi propri attributi e occorrono per costruire la civiltà,
rispetto e accettazione, quello che comunemente in una parola antipatica, viene
definita tolleranza: non si tollera, ma si propone la propria solidarietà, un
segno grande di maturità e di civiltà, in un ambito massificato di adeguamento
sociale. Le norme della normalità, devono diventare le norme a favore della
diversità estranea al pregiudizio, le regole del vivere civile, una nuova
coscienza civile, se così possiamo intendere.
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