Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 24 ottobre 2012

La santità dei laici, in un medico esemplare


San Giuseppe Moscati, medico e laico; nato a Benevento il 25 luglio 1880, morto il Martedì santo del 12 aprile 1927 a Napoli.

Queste che seguono sono parole colme di significato, tratte da alcuni suoi scritti risalenti a diversi frangenti della sua vita, che manifestano il suo cuore e la sua personalità.
Il suo più alto insegnamento: “Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio”.
Il 17 gennaio 1922 scrive: “Gli ammalati sono le figure di Gesù Cristo. Beati noi medici, tanto spesso incapaci di allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che oltre ai corpi abbiamo di fronte delle anime immortali, divine, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi”.
A Lourdes il 6 agosto 1923: “Attorno alla grotta non manca mai gente. Durante queste funzioni l’immagine della Vergine, al punto stesso ove appare, diviene supremamente bella”.
A Torino, davanti alla statua dell’Addolorata: “La vita è per me un dovere; voi radunate le mie scarse forze per convertirle in apostolato. Troppo la vanità delle cose, l’ambizione forse, mi hanno deviato, mi hanno fatto apparire più forte d’intelletto e di scienza di quello che sono!”.
Quando durante i suoi viaggi all’estero non può fare la comunione eucaristica, annota nel suo diario: “Oggi, mio Dio, sono stato senza di te”.
Nel giorno di Pentecoste del 1919: “Il vostro amore, o Gesù, mi volge non verso una creatura, ma verso tutte le creature, all’infinita bellezza di tutti gli esseri creati a vostra immagine e somiglianza”.
Lettera del 6 ottobre 1921: “Quali che siano gli eventi, ricordatevi di due cose: Dio non abbandona nessuno. Quanto più vi sentite solo, trascurato, vilipeso, incompreso, e quanto più vi sentirete presso a soccombere sotto il peso di una grave ingiustizia, avrete la sensazione di un’infinita forza arcana, che vi sorregge, che vi rende capace di propositi buoni e virili, della cui possanza vi meraviglierete, quando tornerete sereno. E questa forza è Dio! Di un’altra cosa dovrete ricordarvi, ed è che non bisogna accasciarsi, ma mettere in pratica una delle quattro virtù cardinali, la fortezza. Accasciarsi significa giustificare le ragioni, che gli altri accampano per imporci un orientamento piuttosto che un altro”.
Dal diario, un momento di grande difficoltà: “Io sono in preda ad un estremo esaurimento e una stanchezza mortale, perché dagli anni della guerra ad oggi è un continuo lavoro e una serie di emozioni per me! […] Passo le notti insonni; ho lasciato trascorrere l’opportunità della ratifica della docenza. Forse la conseguirò nella prossima tornata del corso superiore”.
Da una lettera datata 22 luglio 1922: “Non la scienza ma la carità ha trasformato il mondo… Solo pochissimi uomini sono passati alla storia per la scienza, mentre tutti potranno rimanere imperituri se si dedicheranno al bene”.
Da un frammento trovato da un biografo: “Il dolore va trattato non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima, a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore, la carità”.
Da una lettera del 1921 ad un suo allievo: “Ricordatevi che, seguendo la medicina, vi siete assunto la responsabilità di una sublime missione. Perseverate, con Dio nel cuore. […] con amore e pietà pei derelitti, con fede e con entusiasmo, sordo alle lodi e alle critiche, tetragono alla invidia, disposto solo al bene”.
Da una lettera scritta pochi giorni prima di morire: “Come mi commuove, maestro, la vostra fede nella nobile missione della nostra scienza! E come la parola vostra si riscalda e si avviva di luce quando la invocate non solo nei pensieri di sollievo fisico, ma di bontà, ed educatrice di morale. Leggendovi, io penso ai sublimi detti di S. Paolo: ‘Potete muovere le montagne, ma se non avete la fiamma della carità, voi non valete niente!’. Tanti maestri frigidi, impregnati di scienza alemanna, taciturni, che non stimolano all’entusiasmo, che non trascinano nei momenti opportuni gli allievi all’amore per lo studio e la ricerca, che non sanno educare… svaniranno dalla memoria!”. 

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