Che cosa
significa pregare? Essenzialmente significa maturare la convinzione che in un
oltre fuori dai sensi e dalla nostra mente ci sono delle persone a cui ci
rivolgiamo che ascoltano le nostre parole e che ci vogliono bene. Purtroppo i
miscredenti interpretano questa convinzione come un delirio, quindi l’orante
non sarebbe altro che uno schizofrenico vittima dei suoi sintomi. Credere in
Dio, nel diavolo o nella Madonna sono forme di alienazione mentale, l’intelligenza
sana è in opposizione a qualsiasi credenza religiosa o misticismo. Ma nella
realtà è davvero così? Se Dio esiste me lo suggerisce la ragione in quanto Dio
ha creato ogni cosa esistente, ha creato anche me che non sono un prodotto del
caso. Pregare ha senso soltanto se si possiede il dono della fede, se invece si
pensa di essere animali con un cervello più sviluppato e che la morte sia la
fine di tutto, pregare è qualcosa di assurdo, la manifestazione di una
psicopatologia. Quelli che affermano di non credere e di esercitare la ragione
sono individui che vivono di quella superbia che li fa sentire al di sopra dei
poveri imbecilli che pregano, gente che non si lascia suggestionare dalle
favolette per poveri illusi, insomma persone intellettualmente superiori. Ma
sarà proprio così? Dalla prospettiva del diavolo sono solamente delle somme
insipienze, senza esserne consapevoli diventano le sue marionette. Se si prega
si deve credere necessariamente nel soprannaturale, si deve credere in quelle
che vengono definite dal teologo le verità di fede, si decide di comprendere
che il Vangelo non è una serie di racconti fantastici ma una cronaca di fatti
realmente accaduti, inseriti nell’arco temporale della storia umana. Pregare è
un esercizio della ragione, forse il più alto e nobile, non è un genere di
attività demenziale propria di coloro che hanno perso il contatto con la realtà.
La preghiera è fatta di parole e le parole sono intrise di significato, di
verità e di ragione, nella preghiera non ci si rivolge al vuoto ma a delle
persone vive che si trovano in una dimensione che non è quella terrena in cui
noi ci muoviamo tutti, che si trovano su un piano della realtà che non è il
nostro. Non esiste soltanto quello che cade sotto la percezione dei sensi, il
mondo è molto più ampio e complesso di quanto riusciamo a immaginare. L’atto di
pregare è un po’ capire che la nostra mente non è prigioniera del divenire e
dell’immediato, ma è fatta anche per qualcosa – o meglio per Qualcuno – che si
trova fuori di noi e del nostro mondo corruttibile. La preghiera ci suggerisce anche
che siamo amati da Dio, che Dio non è lontano da ciascuno di noi, estraneo e
indifferente, ma può risiedere nei nostri cuori attraverso l’amore con cui
amiamo il prossimo. La misura del credere è data dalla qualità della nostra
preghiera, dall’importanza che gli diamo nella vita quotidiana. Pregare non può
danneggiarci e non ha mai nuociuto a nessuno, vale la pena pregare perché dalla
medicina della preghiera può venirci soltanto del bene. Chi prega è razionale e
non scappa dalla realtà, prega per comprenderla meglio e per comprendere meglio
i suoi simili. Senza che ce ne accorgiamo la preghiera assidua fa crescere in
noi i suoi frutti preziosi, ci cambia interiormente e ci ottiene dall’Alto quel
soccorso con cui maturiamo nella conversione a Dio e quindi nell’esercizio
della moralità, delle virtù cristiane e innanzitutto della carità. Pregare ci
fa sempre del bene, prima ci libera, poi ci guarisce e infine ci salva, la
prima mozione della grazia è indurci a pregare frequentemente per toglierci al
peccato, mentre il nemico delle nostre anime tenta sempre di estinguere in noi
la preghiera per farci suoi e rovinarci eternamente. Chi ama Dio prega e chi
prega ama Dio, non è un cerchio chiuso perché con questa dinamica si ama il
prossimo e non si vive esclusivamente per sé stessi. Chi prega si salva.
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