Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

lunedì 30 settembre 2024

Selezione di haiku n°105


Sciame di api,
miele selvatico sull'albero –
i fiori sorridono.

Con flemma la neve,
nel sole dal tenue bagliore –
presto un manto.

La mano scuote,
foglia secca che cade –
un brusio attorno.

Non c'è rumore,
il cane abbaia al nulla –
gemme sul ramo.

Arsura in bocca –
la pesca è oramai matura,
sull'albero vigile.

Onde di sabbia,
la pietra nel giardino –
quasi immobile.

Lassù il vento,
i monti cadono nel cielo –
canna danzante.

Sul tralcio triste,
il grappolo d'uva riposa –
nel tino sfibra.

Con i suoi filari ordinati,
di betulle oramai senza foglie –
il sottobosco marcio.

Quel monastero lontano,
ad ovest il compiersi del viaggio –
placidi ciliegi in fiore.

Le nubi scure e basse,
i monti sfumano all'orizzonte –
temporale sul lago.

Una pianta modesta,
il dolore della foglia urticante –
ortica per la tisana.

Il sole scende tardi –
fuochi d'artificio alla festa,
sguardo lieto.

Le api che vagano,
sotto il giardino forte tremore –
fiori dal cibo squisito.

Il frutto è aspro –
longanimità del cuore provato,
nessuna parola cattiva.

Cade come gli anni,
la ghianda dalla quercia in terra –
oneste e sagge ipotesi.

La roccia tra il mughetto,
tenace come i cedri del Libano –
non rende il sopruso.

Un profumo composito –
foglie di shiso mi accarezzano,
è l'erba nel mio riso.

Calura a tarda sera –
l'esodo delle lucciole sul fiume,
sono guide confuse.

Lo specchio d'acqua,
architettura dei fiori di pesco –
riflesso della luna.

Tutto dorme,
il freddo attraversa l'aria –
nevischio.

Semi del destino,
nei petali della pietà –
lacrima pulita.

Gelo nelle strade,
notte sempre più buia –
l'acero riposa.

La pietra è fredda,
cuore vile e meschino –
ancora nebbia.

Coricato sull'erba,
cielo terso come il vetro –
lumaca sulla pelle.

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