Un Compendio
del Catechismo su satana e gli angeli apostati, la loro funzione e le conseguenze per
di
Costanza Stagetti
“Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio
dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu
pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul
monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle
regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. E invece sei stato
precipitato negli inferi nelle profondità dell’abisso” (Isaia 14,12-15).
“È opinione comune, deducibile dal racconto biblico, che Dio abbia creato prima gli angeli e poi il cosmo. Il mistero della creazione del mondo materiale è certamente mirabile, in quanto procede dalla onnipotenza e sapienza di Dio; ma di sicuro raggiunge il suo significato solo quando avviene la creazione dell’uomo: perché è solo con la presenza dell’uomo che tutto il creato sensibile, a cui l’uomo appartiene, si ricongiunge a Dio, suo creatore.
L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio
(Genesi 1,26), essendo essere razionale, ha la possibilità di ricongiungersi al
suo Creatore e di comunicare con lui. Il mondo materiale invece, pur avendo la
sua origine da Dio, di per sé non può godere di uno scambio diretto e immediato
con il suo Creatore, da cui dipende totalmente e passivamente.
Gli spiriti celesti, ossia gli angeli, non sono sottoposti
di per sé, per la loro natura, a un rapporto immediato con questo mondo
materiale. Dinanzi alla loro intelligenza, di mano in mano che Iddio lo creava,
non comprendevano lo scopo. Loro erano puri spiriti; ai loro occhi il mondo
materiale non aveva un perché, anzi appariva sempre più come un’assurdità
completa fino a quando non comparve nel mondo la creatura razionale, l’uomo,
che aveva una relazione immediata con Dio, essendo un essere intelligente e
libero, ed era in grado di dare significato a tutto il mondo materiale,
servendosene a lode del Creatore.
Creati da Dio al vertice della perfezione e quindi
dotati di bellezza, bontà e splendore, alcuni angeli, per loro autonoma
decisione, sono divenuti cattivi. Tale caduta consiste nell’avere, questi
spiriti creati, con libera scelta, radicalmente e irrevocabilmente rifiutato
Dio e il suo Regno” (Catechismo C. C. 392).
Si può pensare che la ribellione di una parte
degli angeli sia precedente alla creazione dell’uomo. Una spiegazione possibile
è che una parte di angeli abbia trovato scandalo proprio dalla creazione del
mondo materiale, ossia prima che il cosmo fosse completato e nobilitato dalla
presenza dell’uomo. Essi, gli angeli ribelli, non lodarono Dio fin da
principio, ossia da quando egli andava creando il mondo materiale che, dal
punto di vista dei puri spiriti, sembrava un assurdo. Non seppero dar credito
alla divina sapienza, un po’ come può accadere a noi uomini di non dare credito
a Dio di fronte al problema del dolore. Da qui un possibile motivo della loro
ribellione.
Chi è satana? La tradizione rabbinica asserisce
che era lo spirito di maggior importanza davanti al trono di Dio, dotato di
dodici ali, ossia del doppio di quelle degli stessi serafini (cf. Pirkè di
Rabbi Eliezer, 13). Dio non ha creato satana, perché egli, infinitamente buono,
non poteva creare un essere malvagio. Satana è divenuto tale per scelta
propria, perché, «non avendo perseverato nella verità», come afferma Gesù (Gv
8,44), ha pervertito se stesso. «Il diavolo infatti e gli altri demoni sono
stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da sé stessi si sono trasformati in
malvagi» (S. Giovanni Damasceno).
Quando è avvenuto questo? S. Giovanni afferma che
«il diavolo è peccatore fin dal principio» (1 Gv 3,8). Certamente l’evento è da
collocare prima del peccato dell’uomo nel paradiso terrestre, perché in quel
momento satana è già in azione qui sulla terra. La Parola di Dio getta qua e là
raggi di luce su questa catastrofe originaria degli spiriti angelici, con la
quale è entrato il male nel mondo. Afferma infatti l’apostolo Pietro: «Dio… non
risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi
tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio» (2 Pt 2,4).
L’Apocalisse invece ci presenta uno scenario grandioso
in cui colloca la grande battaglia fra gli angeli buoni e quelli pervertiti: “Scoppiò
quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro, il
drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non
ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui
che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato
sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli” (Ap 12,7-9).
Quale fu il peccato per cui «l’astro è caduto dal
cielo sulla terra» (Ap 9,1), ricevendo le chiavi del pozzo dell’Abisso? Sul
peccato degli angeli esistono molte opinioni teologiche, anche apprezzabili,
ma, se esaminiamo la Bibbia con attenzione, ci sono tracce sufficienti per
comprendere con certezza quanto basta. A questo riguardo le parole rivolte dal
tentatore ai nostri progenitori sono molto eloquenti: “Diventerete come Dio” (Gn 3,5).
Che cosa significa? Ti rispondo con S. Tommaso
d’Aquino dicendo che satana desiderò di essere simile a Dio e partecipe della
sua beatitudine, non per dono di grazia, ma appropriandosene con le proprie
forze naturali. Geloso di Dio, volle ottenere lo splendore della divinità, non
accogliendolo con umile sottomissione, ma rapinandolo con orgogliosa presunzione.
Il suo peccato fu la brama di avere di più e di possedere di più. Si trattò
quindi innanzi tutto e soprattutto di un peccato di superbia, col quale
l’angelo tramutò se stesso in un demonio.
La maggioranza dei Padri videro quindi il
principio della caduta di satana nel suo orgoglio, nel volersi innalzare al di
sopra della sua condizione, nel voler affermare la sua indipendenza da Dio e
nel voler farsi credere Dio. Altre spiegazioni sono state avanzate nei secoli
seguenti. Tutte concordano nel vedere una libera e irreversibile ribellione a
Dio in cui satana si è trascinato dietro una quantità di altri angeli che, con
un atto perfetto di intelligenza e di libertà, lo hanno voluto seguire. Da qui
l’implacabile inimicizia verso Dio e, dopo la creazione dell’uomo (anch’esso
finalizzato a Dio), lo sforzo di sottrarlo a questo scopo e di coinvolgerlo
nella sua ribellione al Creatore.
Satana era quindi la creatura principale creata da
Dio, il principe di tutta la creazione. Una volta che si è ribellato a Dio,
coscientemente, con tutta la pienezza del suo essere e della sua volontà, con
una rivolta totale e perfetta, senza ritorno, è diventato l’essere più lontano
da Dio. Quel peccato di ribellione è rimasto inerente alla sua essenza e
rimarrà tale per l’eternità. La Bibbia lo indica con vari nomi: Satana,
Lucifero, Beelzebul, serpente antico, dragone rosso… Ma forse il nome più
esatto, che gli si addice è bestemmia. Il male, se può essere oggettivamente
personificato in qualcuno, ha in satana la sua perfetta ipostasi.
Quali sono state le conseguenze di questa
ribellione? Satana, per il primato e l’autorità che godeva, ribellandosi
all’ordine morale e spirituale di Dio, si è trascinato dietro quasi un sistema
planetario: gli angeli che hanno voluto seguirlo, con piena intelligenza e
libertà; e ora cerca di trascinarsi dietro più uomini che può, anche questi con
piena conoscenza e libertà. Dio non rinnega mai le sue creature: sarebbe come
rinnegare se stesso. Così la potenza che satana aveva la possiede ancora; era a
capo della creazione e lo sarebbe ancora: ecco perché è stata necessaria
l’incarnazione del Verbo, che è venuto a distruggere le opere di satana e a
ricapitolare tutte le cose col sangue della sua croce: quelle celesti e quelle
terrestri.
Ma satana rimane il “principe di questo mondo”,
come per tre volte lo chiama Gesù; o “il dio di questo mondo”, come lo
definisce s. Paolo. Da ordinatore del creato, come era costituito da Dio, ne è
diventato l’infaticabile distruttore; è come il corrispettivo morale di quei
“buchi neri” che esistono nel cosmo e inghiottono la materia. Da qui ogni forma
di male: il peccato, le malattie, la sofferenza, la morte. La salvezza operata
da Cristo ha reintegrato l’ordine dell’universo in modo ancora più meraviglioso
di come era stato stabilito in origine. La redenzione è il primo vero grande
esorcismo; Gesù è il primo degli esorcisti e da lui prende forza ogni lotta
contro il demonio.
Ma perché la redenzione si applichi ad ogni uomo,
e così la liberazione dal potere del maligno, occorre che la grazia portata da
Cristo sia accolta. «Andate in tutto il mondo… Rendete mie discepole tutte le
genti… Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo»: il battesimo è il primo atto
di liberazione dal potere di satana e di innesto in Cristo; perciò include un
esorcismo. Nel frattempo il demonio continuerà la sua opera perché, come si
esprime il Vaticano II, sconfitto da Cristo, satana combatte contro i suoi
seguaci; la lotta contro gli spiriti maligni continuerà e durerà, come dice il
Signore, fino all’ultimo giorno (cf. GS 37).
Il carattere irrevocabile della scelta: Qualcuno
ha pensato che satana possa convertirsi, se non altro alla fine del mondo
quando, come afferma l’apostolo Paolo, «Dio sarà tutto in tutti» (1 Cor 15,28).
Persino spiriti fra loro così lontani nel tempo come Origene e Papini lo hanno
supposto. Ma contro questa ipotesi c’è l’insegnamento della Scrittura e del
Magistero della Chiesa sull’eternità dell’inferno. Quel «Via, lontani da me,
maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt
25,41) solennemente pronunciato da Gesti, risuona con troppa chiarezza per
poter essere occultato o soltanto addomesticato.
Altri si chiedono perché mai satana e i suoi
angeli non siano stati perdonati dopo la loro colpa, mentre per l’uomo c’è
stata la redenzione e si domandano se non siamo di fronte a un difetto della
misericordia di Dio. A questo riguardo va risposto che sia gli angeli come gli
uomini, prima di essere ammessi all’incommensurabile dono della visione beatifica
di Dio, devono passare necessariamente attraverso una prova.
Per l’angelo, data la sua natura spirituale, lo
status viatoris, cioè il tempo della prova, dura un solo istante, nel quale
egli, purissimo spirito, è in grado di prendere una decisione in una maniera
irremovibile e immutabile. Fatta questa scelta con perfetta comprensione e
assoluta libertà, il tempo della prova per gli angeli termina ed essi rimangono
irremovibili in ciò a cui hanno aderito. Per questo motivo, osserva S. Tommaso
d’Aquino, gli angeli buoni, avendo aderito irrevocabilmente al bene, sono
confermati in esso, mentre quelli cattivi, avendo peccato, rimangono ostinati
nel male.
Per l’uomo invece è diverso. Il suo peccato è meno
grave di quello angelico, perché egli è uno spirito incarnato e la sua volontà
aderisce ad una cosa in maniera instabile, conservando la facoltà di staccarsi
da essa per aderire alla cosa contraria. Tu ti accorgi, attraverso la tua
esperienza personale, di quante scelte buone hai bisogno per divenire stabile
nel bene. Allo stesso modo l’uomo diviene malvagio non tutto in un momento, ma
compiendo un passo dopo l’altro sulla via del male.
Per questo motivo lo status viae, cioè il tempo
della prova concesso all’uomo, è molto più lungo e dura tutto l’arco del suo
pellegrinaggio sulla terra. Ma anch’egli, nel momento della morte, rimarrà
eternamente stabile nella scelta maturata in vita e cioè nell’umile e filiale
accettazione dell’amore di Dio oppure nel suo irrevocabile rifiuto.
Noi viviamo in un passaggio storico in cui si ha
paura delle scelte irrevocabili. Esse invece fanno parte dell’economia divina.
Gesù pone più volte i suoi ascoltatori davanti alla decisione della fede,
mediante la quale si ha la salvezza oppure la perdizione eterna. Per i
purissimi spiriti tutto si è risolto in un solo istante, per noi uomini invece
la vicenda si svolge nel tempo pur sempre breve della vita. Con Dio bisogna
venire al dunque. Avendoti dato il libero arbitrio, egli ti pone di fronte alle
scelte supreme, con le quali decidi per l’eternità.
Non ti suoni perciò troppo severo questo
insegnamento della Chiesa: «A far sì che il peccato degli angeli non possa
essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un
difetto dell’infinita misericordia divina. Non c’è possibilità di pentimento
per loro dopo la caduta, come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini
dopo la morte» (Catechismo C.C. 393).
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