Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

martedì 1 ottobre 2013

La Confessione libera dalle catene del male

La Confessione ben fatta incatena il diavolo e non gli permette di agire nella nostra vita, non gli permette di influenzarci e di ingannarci, o peggio ancora di strumentalizzarci; come introduzione al discorso dico che ogni fedele deve considerare secondo verità che la Confessione non è una seduta psicoanalitica, ma è un evento soprannaturale che mette in rapporto reale l’anima umana con Dio. Per fare una buona Confessione occorrono le giuste disposizioni, interiori ed esteriori, le più importanti sono l’accusa scrupolosa di tutti i peccati mortali e anche veniali di cui ci ricordiamo, senza escluderne deliberatamente nemmeno uno per superficialità o vergogna, l’atto penitenziale pronunciato con fede nella misericordia di Dio che perdona tutto e sempre senza alcun limite, con la consapevolezza di aver sbagliato e di aver offeso il suo Amore per noi, possibilmente un sincero e sentito pentimento attraverso il rimorso della nostra coscienza, la volontà ferma e decisa di non commettere nuovamente quei peccati o altri peccati in avvenire, con il proposito di fare del bene per riparare al passato ed edificare la propria anima nelle virtù, innanzitutto nella Carità verso il prossimo, che il Signore ci chiede di amare, perché come dice l’Apostolo: “ Se non ami il prossimo che vedi, non puoi dire di amare Dio che non vedi ”, quindi chi dimostra di non amare gli altri è ovvio che non ama neppure Dio e se afferma il contrario, la Parola di Dio testimonia di costui che è un bugiardo. Queste sopraelencate sono le disposizioni cardine per confessarsi bene, poi viene l’assoluzione del sacerdote con le parole: “ Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo ”; chi assolve dai peccati non è un semplice uomo, forse oltretutto anche peccatore come noi, ma è Gesù stesso che agisce attraverso la persona del sacerdote, il ministro della Confessione agisce in persona Christi, nella Persona del Signore e non come un sostituto che possiede in sé stesso chissà quali poteri superiori, cosa che non è affatto così, ma come un suo strumento vicario, come lo strumento della sua eterna Misericordia: chi agisce e rimette i peccati tramite il sacerdote è Gesù stesso, la Parola di Dio lo conferma, chi assolve dai peccati è il Signore! In alcune rappresentazioni dell’arte che ritraggono il sacramento della Riconciliazione e del perdono, nel confessionale dinanzi al penitente inginocchiato è rappresentato proprio Gesù al posto del sacerdote confessore. Gesù ha fondato la Chiesa sui Dodici Apostoli e vi ha messo a capo l’Apostolo Pietro, il pescatore di Galilea, conferendo loro anche il potere di rimettere i peccati con tutto ciò che ne consegue per un’anima, cioè la sua eterna salvezza, infatti la missione principale della Chiesa consiste nel salvare le anime dall’inferno, dalla dittatura di satana, dalla schiavitù del peccato, liberandole e conferendo loro la grazia santificante, per consegnarle a Dio e al suo progetto di redenzione, che Gesù nel Vangelo chiama il Regno. Questa missione della Chiesa attraversa i secoli e la storia, e nel tempo questo potere salvifico conferito agli Apostoli è condiviso dai loro successori, loro ne sono gli amministratori e non i depositari che per il proprio ruolo possono permettersi tutto, quindi devono agire con saggezza, senso di responsabilità e soprattutto con profonda carità e compassione per le anime, specialmente dei peccatori, per cercare di avvicinarsi al più santo ideale dell’apostolato, per cercare di somigliare quanto più possibile al Maestro, a tal proposito alcune preci fanno riferimento al sacerdote definendolo come il palpito più tenero, amabile e sentito del  divino Cuore di Gesù, per questo motivo un sacerdote in peccato mortale è una ferita dolorosissima inferta al Cuore di Gesù; occorre ricordare che ogni peccato ferisce l’amore di Dio, ma il peccato di un sacerdote lo ferisce con particolare e acuta sofferenza, è un peccato in cui i dolori della Passione del Signore si rinnovano in modo acerbissimo e richiede una particolare riparazione. Alcune anime di cristiani vanno all’inferno non perché non si sono confessate prima della morte, ma perché si sono confessate nella vita e prima della morte in maniera tale da escludere quelle disposizioni essenziali per fare una buona Confessione, quindi perché si sono confessate male! Per attingere alla Sorgente della divina Misericordia occorre confessarsi bene, poiché sono molte le Confessioni sacrileghe che causano danno alle anime, addirittura ne provocano la perdizione eterna. Ogni volta che andiamo a confessarci rinnoviamo la nostra fede perché stiamo per celebrare un sacramento e sentiamoci come il figlio prodigo della parabola del Vangelo che ritorna alla casa paterna e diciamo con sincera contrizione: “ Padre, perdonami perché ho peccato ”; ricordiamoci anche della domanda di Pietro a Gesù: “ Quante volte dovrò perdonare al mio prossimo se pecca contro di me, fino a sette volte? ”, Gesù risponde: “ Ti dico non fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette ”, il Signore è così, perdona a ciascuno di noi fino a settanta volte sette, cioè sempre, senza computo e ci chiede di fare la stessa cosa con gli altri, anche se sono antipatici e ci hanno fatto dei torti, persino gravi… quindi Gesù ci dice: “ Se vuoi ottenere misericordia da me, sii misericordioso ”. Noi non abbiamo idea di quanti torti facciamo a Dio ogni giorno della nostra vita e Lui non perde mai la pazienza, è sempre calmo e longanime; proviamo a rifletterci seriamente, è un pensiero che può farci del bene.

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