Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 11 luglio 2024

Silloge poetica n°051


CHIAVE DI VOLTA

Quando guardo l'ordine
di ciò che esiste,
vigilo attento su questo mio conscio
capace di custodire la bellezza,
le leggi sapienti del tutto e la matematica,
in fondo a un labile cuore.
Quel mondo interiore che non si riesce a conoscere
è come l'universo della finitudine nell'effimero,
tanto vasto che noi a confronto diventiamo polvere
e la nostra amata Terra
qualcosa che ridimensiona molto
il nostro stupido orgoglio,
insignificanti e a breve chimica del suolo
che il vento soffiando porta via.
La grandezza è nell'anima
che è più grande dell'inanimato,
alcuni la negano
considerandola una banale mitologia
come il fuoco rubato alle divinità,
fuoco celeste che dovrebbe
darci l'immortalità,
ma è doloroso vedere i corpi esanimi
consumarsi e svanire,
dove sono quelle persone?
Nostri sinceri fratelli e nostre carissime sorelle,
ciascuna umanità che è mistero e psyché
– dei volti che ci sono nell'unicità, nell'individuo, nel cuore
con sentimenti come i viventi e speranze,
lacrime che nella combustione
evaporano assimilandosi alle acque degli oceani
e alle alte nuvole,
libere lacrime di dolore come i tanti pensieri nostalgici
che ci separano da coloro
che abbiamo amato e che ancora amiamo,
sono ovunque noi siamo.
La memoria forse viene ripristinata
dallo Spirito dell'Eterno
e siamo noi che sentiamo dentro
la beata compassione
non ancora estinta dei cuori razionali,
forse tutto viene ripristinato
nel pensiero sempiterno di Dio
che non scorda nessuno per quanto peccatore,
ma lassù dove c'è l'amore
e dove nulla di impuro può entrarvi
il dolore è per sempre svanito,
noi siamo pensieri, ricordi o persone?
Guardo le foto sulle tombe al cimitero sotto il chiaro di luna,
all'ombra degli alberi sempreverdi
– quei cipressi e pini le cui foglie nella stagione del freddo
non cadono mai
e non sono memorie ma sono persone come me,
con mozione di empatia li sento oltre il velo
di quell'apparenza informe,
ma non priva di sostanza che sfocia nel concreto
– vivono tra gli spiriti immortali
e quaggiù osservano i pellegrini in questa amara realtà
con sconfinata carità,
con le loro buone preghiere ci soccorrono
e muovono pietosi nelle città gli angeli santi a nostro favore
abbattendo le fortezze del male,
le roccaforti della morte.


VIAGGIO

Quando il pensiero
tornava all'eco di ogni momento,
nuova forza trasaliva da dentro il cuore
e il fanciullo nel mio animo
apriva le mani alla provvidenza,
sembrava tutto coerente
nel dimenticatoio della sensibilità
e del dispiacere.
Quando il fanciullo vedeva il sole
ridevano le altre luminose stelle lontane
e quando vedeva la luna
quel giusto martire nel disprezzo
osava ingiuriare chi l'aveva gratificato,
non c'era niente fuori dal di dentro
ma soltanto l'ombra
di una pietra onice ornata di vituperio,
come il calice del Cristo.
Nel fanciullo si nascondeva un tranello
perché vindice in lui stava il sole
che era già spento,
smorto
ed estinto,
e la luna era coperta di tenebra
nel suo lato appariscente,
gli opposti scrutavano lacrimanti
ciò che all'anima
occorreva per vivere,
niente a parte il fetore del lugubre cammino
intrapreso per conoscere
cosa vi sia alla fine.
Davvero ciò che l'infanzia scrutava
non era la vecchiaia
priva di prospettive future,
ma il bimbo nel grembo di sua madre
che sorrideva di gioia
all'alba del novissimo giorno,
sole nascente
e plenilunio nella notte
dei giorni trascorsi.


SOCIALITÀ

Sento scorrere
così lenta l'acqua del tempo,
la sabbia cangiante
ridondante luce
che si abbandona
stanca
nell'abbraccio delle ultime ore
è adagiata
sul fondo del fiume,
dal suo greto i pallidi volti dei felici ricordi
bagnati dall'acqua ancora più fredda –
si stagliano arcaici
come gli avi
che risero del mio nome.
L'acqua trasparente è la mia immaginazione
e sembra ricoprire i miei occhi
che vedono figure,
queste sono enigmatiche e mute,
solitarie nel vasto orizzonte del mondo
e della sensibilità esacerbante,
alienazione che con costanza mi sfugge,
come quell'acqua
cambia i miei pensieri
e li rende talvolta ossessivi
e ancora rifiniti di caos,
da quei momenti non saprei come descrivermi –
ma l'acqua è nel seno materno
che rifulge di vita soave,
un lamento verso il divino
sempre lassù
ma anche un grido di spavento
per il diavolo il quale è morte che ghermisce
e mi vuole con sé.
L'acqua è ferma nel bel mezzo della vita
e bagna con serafico candore
le ferite che sanguinando
interiormente per l'odio,
il disprezzo
e la calunnia,
sono sangue misto ad acqua
dal cuore degli innumerevoli crocefissi
– la lancia del destino
ha trafitto una semplice lacrima
destinandola
a scordare il passato,
soltanto quella lacrima
ha bagnato il volto dell'amata sorte
il cui filato cardato è intessuto nell'amore materno,
nel profondo abbandono,
nella mansuetudine e da tanta umiltà,
quanto tepore in questa lana
che nell'inverno rigido
avvolge di speranza
ed è come la nascita dell'agnellino Gesù
in estrema povertà –
emarginato come i malati senza più la ragione,
senza niente
ai crocicchi delle strade,
fatte di sassi posati con metodo
– in deturpanti metropoli
dove oramai defunto
è un siffatto mutevole pathos.


BUIO

Ho il buio dentro,
è una malattia dell'anima?
della grezza materia a cui ho sostituito un sogno?
i tratti illusori e impersistenti della vita?
È solamente l'anima
e il suo nero,
in quel buio c'è tutto me stesso,
forse non so dove
e non ne conosco il motivo, la ragione
ma laggiù ci sono ancora io,
il mio cuore è polvere ora tramutato in chimica,
il mio volto svanito
forse nel dolore, nell'agonia del perdermi
e nessuno a parte quel buio,
la paura di rimanere solo per sempre.


15 AGOSTO

Una donna forte,
pregiata come l'ebano e il palissandro,
invincibile come l'arcangelo
e nemica del nemico,
dall'anima più che nobile
sovrastante anche
il nobilissimo sentimento
della Verità,
nel culto della sua arcana bellezza spirituale
e al di sopra
della purezza incontaminata
dei gigli accomunati nel Trisagion angelico
che si affacciano
alla vastità del mare ignoto,
stella del mare al volgere del mattino
che annuncia
l'età del luminoso tempo di primavera,
nella dormizione corporea
e nel beato transito alla salvezza
dopo le plurime spade
che trafissero il suo intimo,
morte dov'è il tuo strumento di stermino?
dov'è il pungiglione della morte?
adesso la Vergine è al di sopra del mutevole
e fuori dal mondano,
la sua integra persona è in Cielo
assisa alla destra
dell'unico suo figliolo nostro Salvatore,
senza peccato
e quindi senza morte alcuna,
eredità di tutti i figli della nostra stirpe...
ma quella spada
ha trafitto la sua innocentissima anima,
un lacerante dolore
ed ella dormì nell'abbraccio dell'eternità
per riabbracciare l'amato Gesù,
principe della pace,
una natura umana passibile
ma contro ogni colpa sempre vittoriosa,
beata e ancora di più Regina
nella gloria immortale del corpo e dell'anima.


GIUDIZIO

Se la sofferenza non ti parla dell'altro
hai perso tutto il tuo tempo,
se ti parla di Dio
hai ritrovato la tua coscienza
e forse il vuoto
si è riempito di senso,
se ti fa bestemmiare anch'essa è preghiera
forse come quella dei mistici
quando si accorgono dell'amore
puro e incondizionato,
che inchioda le tue mani e i tuoi piedi
ad un legno di croce.


D'AMOR PROPRIO

Quel fiore di primavera moriva
subito al mattino,
con la luce del sole,
con l'abbaglio delle anime illuse,
con il mesto desiderio
della compagnia,
i suoi petali erano quelli del narciso
tronfio di sé,
vuoto di principio
e diverso sarebbe stato con la generosità,
fiore dai colori attraenti
ma semplici e nobili di valore,
di sapienza e purezza
tanto vile dal significato d'amor proprio,
ripiegato nell'orgoglioso atteggiarsi
e maturo d'indifferenza,
fiore delle tombe per i romani
simbolo della rinascita per i cristiani,
il calore d'agosto
lo bruciava
nell'amore scambievole
e così onestamente moribondo
per il fantasma
di cui ha sempre vissuto,
spariva nei campi
oramai freschi di brina.

Nessun commento:

Posta un commento