Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 17 luglio 2013

La compassione è un attributo sensibile

Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". E Gesù: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' lo stesso" ”. (Lc 10,25-37) La parabola che Gesù presenta al dottore della legge che conosce il nocciolo di tutta la Legge antica degli ebrei e cioè amare Dio e amare il prossimo, vuole spiegare agli ascoltatori chi sia in realtà questo nostro prossimo che abbiamo il dovere morale di amare come noi stessi; la parabola esprime due atteggiamenti fondamentali che riguardano il comportamento umano nelle relazioni con il prossimo, il primo atteggiamento è l’indifferenza verso gli altri come nel caso del sacerdote e del levita, e il secondo atteggiamento è l’empatia del buon samaritano che prova compassione verso l’altro, un interesse benevolo e amicale per gli altri che sfocia nella compassione operosa nei riguardi di un bisognoso che incontra sul suo cammino, nella vita reale; ci sono due tendenze contrapposte nella vita di ciascuno di noi che caratterizzano il nostro comportamento con il prossimo, l’indifferenza più spietata e l’interesse filantropico: l’indifferenza è un male spirituale e morale, e come dice implicitamente Gesù al dottore della legge, porta chi ne è portatore a commettere un grave peccato contro la carità che lede la nostra comunione con Dio, che ci toglie a Dio, ci separa da Lui e ci preclude la possibilità della vita eterna, della salvezza dell’anima; la compassione invece ci avvicina al prossimo e ci mette nella condizione di agire a suo favore, chi fa questo ottiene il dono della grazia da Dio, vive in comunione con Lui, è abitato dallo Spirito del Signore ed è degno di ereditare la vita eterna. Non si può amare Dio e non amare il prossimo, né amare il prossimo in modo autentico senza prima amare Dio, l’amore di Dio e l’amore verso il prossimo sono attitudini complementari che si intersecano tra loro e si mantengono vive a vicenda, chi ama Dio ama anche il prossimo e viceversa, questa è una regola aurea imprescindibile, è la natura stessa dell’amore che non si dirige in senso egocentrico nell’ambito di una chiusura ma in senso diffusivo, aprentesi all’esterno, che trascende l’ambito del proprio io, della propria persona e si rivolge a coloro che non sono noi, quindi Dio e gli altri, è la volontà al bene che si traduce in azione e si concentra sull’altro diverso da noi. La compassione di cui parla Gesù è la manifestazione più dolce e nobile dell’amore cristiano, non significa affatto pietismo, cioè il mettersi in rapporto condiscendente con l’altro, quasi che l’altro sia inferiore a noi e noi ci sentissimo in obbligo di aiutarlo, questa tendenza pietistica è alquanto meschina, la compassione vera invece è tutt’altra cosa, è diversa dalla pietà con una venatura di disprezzo e sufficienza comunemente intesa o dal pietismo, la compassione è sentire l’altro in noi stessi, è vivere la vita dell’altro, è mettersi al suo posto cercando di comprendere la sua vita, è un modo sincero di interessarsene e di parteciparne concretamente. Chi non ha compassione verso gli altri, chi non possiede questa intima sensibilità, non è un uomo o una donna riusciti, ma è una persona che nella sua evoluzione ha perduto inesorabilmente la parte migliore di sé, ha perduto l’accezione più bella della sua umanità. Se non si ha compassione di chi soffre come il buon samaritano della parabola, si è incompleti sul piano umano, si è miseramente insensibili, insomma duri di cuore e coloro che hanno il cuore di pietra non possono ereditare la vita eterna, poi il tutto si traduce nella vita quotidiana con le proprie scelte, la prima delle quali è essere disinteressati agli altri e alle loro sofferenze e diventare sempre più apatici: all’inferno è come un cimitero, nessuno guarda agli altri, si esiste totalmente ripiegati su sé stessi a piangere i propri peccati sommersi dai rimorsi e impregnati di quel sentimento contrario all’amore che è l’odio, odio che arde come le fiamme di una fornace e ci tormenta senza consumarci mai. Occorre educarsi alla compassione, è necessario “ soffrire con ”, farsi vicini a chi è nel dolore senza paura o ripugnanza, perché è giusto ed è quello che ci rende veramente umani: la sensibilità del cuore è un tratto caratteristico della persona umana, una persona è tanto umana quanto più è sensibile, empatica e compatisce il prossimo; chi non sente l’altro e vive nell’altro, è un diavolo dalle sembianze umane, i diavoli nella loro società inferina sono separati tra di essi, gli Angeli del Cielo vivono la comunione della Carità nel Signore, e le persone umane in carne ed ossa che amano e compatiscono, possiedono già in questa vita una porzione di Paradiso: le persone così buone esistono, anche se il chiasso del mondo le tiene nascoste ai molti che non conoscono ancora l’Amore di Dio, speriamo di incontrarle sul nostro cammino come l’uomo sfortunato ha incontrato il buon samaritano in viaggio sulla strada verso Gèrico, è il miglior augurio che si può fare a un amico che si vuole sano e salvo, anche se è a tutti gli effetti il nostro peggior nemico: se veniva da Gerusalemme era un ebreo e il samaritano un suo nemico, ma la compassione umana supera anche la più veemente inimicizia tra due uomini, questo è l’esempio da seguire che Gesù ci ha dato con questo racconto, la parabola ci insegna l’amore incondizionato, l’amore perfetto del superamento di sé, delle proprie legittime contrarietà o addirittura del desiderio di vendetta. Gesù è molto esigente, ma non ci chiede l’impossibile.

Nessun commento:

Posta un commento