Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

mercoledì 15 gennaio 2014

I poveri dimenticati

Una persona illuminata come madre Teresa di Calcutta diceva che la più grande povertà è la solitudine, lo diceva una donna umile che ha dedicato la vita a lenire le sofferenze dei più poveri tra i poveri; ho cercato di valutare quanto contino i poveri nella Chiesa e nella società e sono giunto alla conclusione che non contano proprio nulla, sono messi ai margini e circondati dalla più assoluta indifferenza, sono abbandonati a sé stessi; la povertà è disprezzata e i poveri lo sono altrettanto, la nostra infatti è una civiltà postmoderna che accentua le differenze e genera separazioni, altro che villaggio globale, chi è povero di solito rimane per sempre nella sua condizione, anche perché la cosiddetta carità solidale non è altro che una meschina elemosina che non risolve alcun problema delle persone e delle famiglie in stato di necessità; mi duole dirlo ma anche la Chiesa concede soltanto elemosine garantendo per sé e per il clero, per le proprie strutture interne continuità, solidità e benessere mentre a chi è nel bisogno e dev’essere aiutato, concede banali contentini nell’immediato che hanno il sapore dell’elemosina più umiliante fatta da delle crocerossine, questa è l’amara verità e lo sanno bene gli economi delle diocesi e i vescovi che amministrano il patrimonio della Chiesa, lo sanno perché in cima alla gerarchia ci sono loro con le loro disposizioni che della vera carità cristiana, finalizzata a salvare e a togliere definitivamente dal disagio i sofferenti e che dovrebbe prendere in considerazione dei seri progetti per le persone in stato di miseria e per il sostentamento delle famiglie bisognose, forse si disinteressano fin troppo perché sull’andante della mentalità del mondo, che guarda agli ultimi con disprezzo; i poveri sono socialmente insignificanti persino per la Chiesa, la quale in tempi antichi ha avuto Papi santi che hanno affermato con coerenza e decisione, con grande coraggio evangelico, che i poveri sono il più grande tesoro della Chiesa madre, tuttavia sappiamo che non è sempre stato così in altre epoche e anche oggi purtroppo non è più così: la Chiesa è un’organizzazione religiosa fatta da uomini e da donne, ha una origine soprannaturale ma è fatta da individui difettosi e colmi di malizia, e la corruzione morale rientra come fenomeno negativo in tutti gli ambiti comunitari dell’umanità, gli esseri umani ordinariamente sono rapaci, egoisti e disinteressati al prossimo, anche se il Vangelo dice cose diverse, insegna l’amore fraterno e ogni domenica alla santa Messa tutti noi dai pulpiti sentiamo predicare ipocritamente l’amore con la “ A ” maiuscola, come se fosse la solita clericalata… ma dov’è questo sconosciuto introvabile, dov’è quest’Amore? Voglio citare le parole coraggiose di madre Teresa che adesso è una santa della Chiesa, prese da una antologia di suoi scritti, da un libro del 1988 intitolato: “ Le mie preghiere, pensieri e meditazioni per ogni giorno dell’anno ”, titolo originale dell’opera: “ Jesus the word to be spoken ”. Dall’ottavo mese, 20. « Miei cari figli, senza la sofferenza, il nostro lavoro sarebbe soltanto una attività sociale, molto encomiabile e d’aiuto, ma non sarebbe l’opera di Gesù Cristo, non una parte della sua redenzione. Gesù volle aiutarci condividendo la nostra vita, la nostra solitudine, la nostra agonia e la nostra morte. Tutte queste cose Egli prese su di sé e le porto con sé in quella notte terribilmente buia; soltanto essendo una cosa sola con noi ci ha riscattati, consentendoci di fare lo stesso; tutta la desolazione dei poveri, non soltanto la loro povertà materiale, ma anche la privazione spirituale devono essere riscattate e noi dobbiamo condividerle ».

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