Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

domenica 29 luglio 2012

Dal Messale del popolo di Dio, estratto n°1


Dopo il criterio negativo di comunione (1,5-2,2): “non peccare”, Giovanni presenta quello positivo: l’osservanza dei Comandamenti, dei quali il centro è la Carità verso Dio (vv. 3-6) e verso il prossimo (vv. 8-11). Il cristiano che realizza tale amore “dimora nella Luce” (v. 10; Gv 14,23-24) e la sua conoscenza di Dio è norma di vita e uniformità nella condotta pratica alla Parola di Dio, principio attivo che rimane in noi e che dobbiamo osservare (Gv 5,38). Se possiamo esistere come Lui esiste, essere trasformati con Lui, possiamo anche dire che siamo in Lui. Cristo è la vite e noi i tralci (Gv 15,1-5). Il nostro rapporto di interiorità con Dio deve essere capito alla luce del rapporto di interiorità trinitario. Colui che dimora in Dio ha dentro di sé un senso interiore di dovere che lo spinge ad imitare Cristo (v. 6, 3,3.7.16; 4,17; Gv 13,15; 15,10). L’insegnamento che Giovanni trasmette è il riassunto pratico ed etico della vita cristiana: è la Parola incarnata (Gv 1,14), “che avete udito” come manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini; è un Comandamento nuovo perché dobbiamo amarci come Gesù ci ha amato (Gv 13,34; 15,12) e perciò sempre da riscoprire. Chi “non ama” il prossimo è “tenebra”, e non vede la “Luce del mondo” (Gv 8,12).

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, da questo sappiamo d’avere conosciuto Gesù: se osserviamo i suoi Comandamenti. Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi Comandamenti, è bugiardo e la Verità non è in lui; ma chi osserva la sua Parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in Lui. Chi dice di dimorare in cristo, deve comportarsi come Lui si è comportato. Carissimi, non vi scrivo un nuovo Comandamento, ma un Comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il Comandamento antico è la Parola che avete udito. E tuttavia è un Comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in Lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera Luce già risplende. Chi dice di essere nella Luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella Luce e non v’è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

La vera conoscenza di Dio si attua nella pratica dei suoi Comandamenti, in uno sforzo generoso di comportarsi come Gesù, modello perfetto di ogni cristiano. Chi afferma di conoscerlo ma non osserva la sua Legge, mente, ha una conoscenza errata di Dio. La Parola di Dio non è tanto un messaggio culturale, quanto una proposta vitale. La conoscenza di un dovere che non diventi impegno coerente di vita, ci rende colpevoli. Il Comandamento per eccellenza, quello che riassume tutti gli altri, è l’amore. Un Comandamento antico e sempre nuovo che dobbiamo “riscoprire” ogni giorno, per vivere nella Luce, lottando contro le tenebre del “non amore”, che impedisce di vedere nel prossimo un figlio di Dio, il volto stesso di Cristo che è la “Luce del mondo” (Gv 8,12). Amare vuol dire donarsi, dimenticare noi stessi, cercare il bene degli altri fino a sacrificare il nostro tempo, i nostri interessi, i nostri desideri, la vita stessa, come Gesù che è morto per la salvezza di tutti. “Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come Lui si è comportato” (v. 6).

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