Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

domenica 6 gennaio 2013

Peccato primo e archetipo fondamentale


Nel profondo della natura della nostra stirpe esiste un archetipo fondamentale, quello che si può rappresentare nella figura del dio pagano Abraxas, la personificazione manichea dell’equilibrio tra le forze del bene, la luce e le forze del male, le tenebre: in Abraxas sussistono e convivono tutte quelle realtà che sono simmetricamente contrapposte, come Dio e il diavolo; Abraxas è in realtà la forma dicotomica tra lo stato di grazia santificante e lo stato di peccato mortale, tra Paradiso e inferno, è la figura stereotipata della caduta dell’umanità primigenia nel peccato originale e al contempo il passaggio dalla perdizione alla redenzione, il primo uomo Adam e l’uomo nuovo, il Cristo Gesù, il primo l’artefice della rovina, il secondo l’artefice della restaurazione; in Abraxas converge questa dinamica di passaggio in una direzione e all’inverso, Abraxas è il dio dell’ordine cosmico, il dio del dualismo e dell’ordine perfettamente simmetrico. Ovviamente Abraxas è soltanto un mito antico ma rispecchia come molti altri miti antichi elementi dubbi e contraddittori della teologia più genuina, e nel caso specifico intendo la teologia del peccato originale e quella frattura spirituale che si riversa nella materia, portando ad essa un serio disordine che travalica ogni possibilità di comprensione e di analisi soddisfacente, cioè il mistero del male: un pianeta biologicamente fecondo tratto dall’orbita più conveniente alle condizioni della sua sussistenza, l’orbita della stella da cui trae energia per pulsare di vita, brucia nel calore più veemente o si spegne nel freddo più inesorabile, senza un ordine primario l’equilibrio è inevitabilmente compromesso: fuori dalla comunione con Dio c’è essenzialmente la morte, questo è il concetto chiave che spiega il peccato originale. Nella natura umana di ogni persona è presente l’archetipo derivante dal peccato delle origini, l’adversus Deus, l’opposizione al proprio Creatore, l’antitesi alla tesi dell’Amore, tutto quello che è riassumibile dal termine per molti scontato e comprensibile ma in verità molto ambiguo che è “ odio ”; l’avversione a Dio è la sostanza della natura che corrompendosi diventa substantia malum, non tanto la sostanza del male ma il male della sostanza, la demonizzazione dell’essere, della persona, la dissoluzione dell’essenza nel male, dove per essenza si intende la proprietà positiva dell’essere, la relazione di sussistenza con il Bene assoluto e la conseguente separazione da esso, come una stella morta che si inabissa nel vuoto oltre i bastioni dell’universo. Il mito di Abraxas è la sintesi riconoscitiva della natura in sé stessa divisa e in forte conflitto, una natura scissa tra due opposti in continua lotta, l’ispirazione beatificante è la voce buona della coscienza che ci vuole redimere, la tentazione subdola è il richiamo seducente del serpente che ci vuole perdere, che ci vuole portare lontano dalla salvezza, cioè dalla realizzazione della nostra natura nella comunione con il Bene sommo, Dio: il peccato originale ha indebolito la nostra libertà ma non l’ha del tutto annientata e Cristo, il nuovo Adam, ci fornisce la grazia per essere ancora più forti nella decisione e nella perseveranza del bene morale, la fonte autentica e reale della nostra beatitudine di redenti e figli di Dio; la realtà umana è la realtà interiore, è la dimensione del cuore, tutta l’azione evangelizzatrice di Cristo andava esortando le anime a scoprire e a valorizzare il mondo interiore, la dimensione delle virtù spirituali, è in quel territorio a cui soltanto ciascuno di noi personalmente può accedere, che si compie la salvezza o la perdizione della nostra anima, il cuore umano è il campo di battaglia tra le forze del bene e le forze del male, l’archetipo primordiale è la forma della prassi del nostro cuore creaturale, nient’altro è lecito per la persona che compiere il suo destino con l’ultimo approdo in Dio.

Nessun commento:

Posta un commento