Sub tuum praesídium confúgimus,
sancta Dei Génetrix;

nostras deprecatiónes ne despícias in necessitátibus;
sed a perículis cunctis líbera nos semper,
Virgo gloriósa et benedícta.

giovedì 7 marzo 2013

Spes


Atto di speranza - Mio Dio, spero dalla bontà vostra, per le vostre promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io non resti confuso in eterno ”. La speranza è una delle tre virtù teologali, che ci coinvolgono nell’aspettativa della realizzazione delle promesse di Dio; il patriarca Abramo non vide il grande popolo eletto che sarebbe sorto dalle sue viscere come generazione di innumerevoli credenti, e oggi tutti considerano i credenti delle tre grandi religioni monoteistiche come discendenza di Abramo, difatti il Signore disse ad Abramo che la sua discendenza avrebbe eguagliato per numero l’incalcolabilità delle stelle del cielo, e così è avvenuto: cristianesimo, ebraismo e islam hanno Abramo come padre della fede, ma Abramo fu anche l’uomo nuovo della speranza, perché nutrì nei confronti dell’Altissimo una adesione e una fiducia ferma nelle sue straordinarie promesse, ancor prima di dirigersi verso la Terra promessa uscendo dalla sua patria natia, Ur dei Caldei. Abramo è padre di tutti i credenti in un unico Padre sommamente buono, che è Dio, ma è anche il capostipite della virtù della speranza che si è concretizzata nel tempo, fino alla pienezza dei tempi, con l’avvento del Messia, Gesù di Nazaret: Abramo vide il suo giorno e ne gioì grandemente, Gesù figlio di Davide, figlio di Abramo. Tutte le speranze di restaurazione del popolo di Dio, Israele, sono state compiute da Gesù con la fondazione della Chiesa, nuovo popolo universale di Dio nella nuova Alleanza, sancita con il sangue del Signore sulla Croce redentrice, ciò che si può intendere teologicamente come l’instaurazione dell’economia della salvezza; la Chiesa di Dio infatti compie la sua missione nella speranza del Regno, cui apparterranno tutti i battezzati e i giusti, sotto il dominio di un unico Re pastore, che è il Cristo risorto, un Regno che non è di questo mondo ma che si realizzerà nel mondo futuro, un Regno fuori dal vecchio ordine di cose, un Regno che avrà come cittadini le anime redente e immortali di tutti coloro che avranno accettato la salvezza: la nostra speranza è rivolta al futuro e non si chiude nel presente, come se le questioni della terra fossero le più importanti e definitive, le uniche che valessero qualcosa; come dice san Paolo Apostolo se pensassimo soltanto alle cose della terra saremmo nemici della Croce di Cristo, amanti del nostro ventre e i più miserabili tra gli uomini, secondo la Parola di Dio avere speranza in Cristo soltanto in questo mondo, è da rinnegati del santo Vangelo, della Verità rivelata. La speranza è uno slancio del cuore al futuro, a quanto ci attende oltre il muro del visibile, nella speranza si dischiude il significato stesso della escatologia cristiana, con quelle che la fede chiama Verità ultime o Novissimi, cioè la morte, il giudizio, l’inferno, il purgatorio, il Paradiso; la speranza di un fedele che crede sinceramente è di andare in Paradiso dopo la sua morte, questa virtù della speranza, come tutte le virtù, va coltivata accompagnandola con la preghiera, anzi alimentandola con la preghiera, nella fede in ciò che ci è stato insegnato da catecumeni che si disponevano a ricevere i sacramenti della Chiesa, per una carità verso Dio e verso il prossimo che non conoscerà mai tramonto, la luce diurna della beatitudine nel giorno senza fine: sperare significa affidarsi a Dio, aver fiducia nel suo Amore, è essenzialmente un atto di affidamento filiale.

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